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I principi del Restauro

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I Principi del Restauro
• Il restauro, a partire dal Settecento, difficilmente è stato inteso come conservazione 
dello stato in cui l'opera ci è pervenuta; generalmente si è spinto ad affermare la 
necessità di una reintegrazione fino alla ricostruzione dell'immagine. Da queste basi, 
nacque l'esigenza di superare le contrapposizioni delle due concezioni, fondando una 
chiara impostazione teorica del problema.
• Cesare Brandi, nato a Siena nel 1906 e morto nel 1988.
• Si occupò dei problemi della critica e della teoria dell'arte, scrisse numerosi articoli e 
saggi, fu uno dei più acuti studiosi dell'arte senese e lasciò importanti monografie su 
alcuni artisti moderni. 
• Nel 1939 fondò l'Istituto Centrale di Restauro a Roma, che diresse fino al 1960.
• Il frutto di tale esperienza, fu il suo libro intitolato la Teoria del restauro, del 1963, 
creato dal lavoro svolto e dalle esperienze fatte.
• I primi anni di direzione dell'Istituto furono difficili, perchè rendere efficiente una 
struttura del tutto nuova proprio al momento dell'entrata in guerra dell'Italia, 
complicava l'approvvigionamento di materiali ed attrezzature, per non parlare dei 
limiti economici.
• L'intenzione del Brandi era quella di elaborare una definizione teorica della 
problematica del restauro, non solo dei manufatti pittorici e scultorei, ma anche di 
quelli archeologici ed architettonici. 
CESARE BRANDI
L'ISTITUTO CENTRALE DI ROMA ED IL LABORATORIO DELLA FORTEZZA 
DA BASSO DI FIRENZE
• Il primo degli scritti brandiani sul restauro, con l'intento di una definizione teorica, è del 1848, ma 
sarà pubblicato nel I°Bollettino dell'Isituto Central e di Restauro, soltanto nel 1950*.
• Credeva in un rapporto diretto tra concetto di opera d'arte - restauro e dunque nel momento in cui 
un oggetto artistico viene riconosciuto dalla coscienza umana nelle sue qualità e nella sua 
materializzazione, solo allora è possibile ipotizzarne un eventuale restauro.
• "...il momento metodologico del riconoscimento dell'opera d'arte, nella sua consistenza fisica e 
nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro".
• Il restauro non deve interferire minimamente sui significati dell'oggetto artistico, ma deve 
interessarsi unicamente dei suoi componenti materiali, cioè i materiali costitutivi dell'opera, che 
concorrono alla percezione ed alla sua rivelazione.
• Il rispetto della storicità di un dipinto vuol dire che esso continua a sussistere potenzialmente 
come un tutto unico anche in ciascuno dei suoi frammenti e dunque il restauro deve mirare allo 
ristabilimento della unità potenziale, senza cancellare i segni del passare del tempo.
• Questo significa che l'intervento deve essere di conservazione dell'oggetto, nello stato in cui si 
trova in quel determinato momento, senza voler falsare con ritocchi od altri rifacimenti le lacune 
che si sono venute a creare.
• * CESARE BRANDI, Teoria e storia del restauro, in "Bollettino dell'Istituto Centrale di 
Restauro", I, 1, Roma, 1950, pp. 5-12.
• Egli auspicava metodi di restauro basati sull'utilizzo di materiali 
reversibili con integrazioni che rendessero possibile un 
riconoscimento delle zone non originali dalle altre. 
• Risolse il problema inventando il sistema della campitura a 
tratteggio e ad acquarello che assicurava una riconoscibilità anche a 
distanza ed una gran facilità nella rimozione grazie alla possibilità di 
eliminare tutto con l'acqua.
• Quando il Brandi parla di materia o di unità potenziale dell'opera 
d'arte, significa che tutti i componenti di questo oggetto, anche il 
telaio ed il supporto, sono parti essenziali di esso. 
• Privare una tavola del suo supporto ligneo ad esempio, significa
deturpare per sempre la sua integrità artistica e modificare il 
significato che aveva al momento della sua creazione.
• La pubblicazione del libro Teoria del restauro, segnò un evento 
cardine del dibattito sui problemi della conservazione e del restauro 
del patrimonio artistico, al punto da farlo diventare un indispensabile 
riferimento, codificato nei principi sanciti dalla Carta del restauro del 
1972.
• Questo Decreto Ministeriale è tuttora vigente come guida al 
restauro, alla manutenzione ed alla conservazione per le 
soprintendenze in Italia.
• La nascita del laboratorio di 
restauro della Fortezza di 
Firenze, avvenne per motivi 
diversi.
• A causa della terribile alluvione 
che nel 1966 colpì la città, i 
monumenti, e tutti i palazzi e le 
chiese del centro storico 
vennero danneggiati. 
•I successori del Brandi, Pasquale Rortondi e Giovanni Urbani, che dal 
1960 in poi si occuparono dell'Istituto di Roma, potenziarono i laboratori 
con nuove e più sofisticate apparecchiature scientifiche, per approfondire 
il campo delle ricerche sulla conservazione e sul restauro.
• L'acqua penetrando negli edifici portava con sè fango e catrame ed 
a causa delle difficoltà incontrate dai soccorsi, molte opere tra cui 
alcuni capolavori di pittura, rimasero per giorni immerse in questa 
melma.
• Tra queste vi erano 230 dipinti su tavola dei secoli XIV, XV, XVI che 
a causa della loro particolare sensibilità all'acqua, vennero portate 
alla Limonaia di Boboli, come primo ricovero d'urgenza.
• In seguito, nel 1975, grazie ad un provvedimento, vennero unificati il 
già esistente laboratorio di restauro lapideo, cioè l'antico opificio 
lorenese con gli spazi della Fortezza da Basso ed il risultato fu il 
potenziamento dei laboratori e la possibilità di intervenire con mezzi 
migliori e più adeguati ai guai provocati dal disastro.
S. Niccolò del Ceppo dopo l’alluvione
• Per i primi soccorsi, i restauratori avevano adottato mezzi di fortuna sulle opere 
applicando velinature, a protezione del colore che con il rigonfiamento della 
preparazione minacciava di cadere ( molte tavole avevano già enormi mancanze).
• Per farlo, avevano usato materiali che in seguito si rivelarono molto difficili da 
eliminare; come ad esempio il silicone, iniettato al di sotto dei sollevamenti del colore-
preparazione, per impedire a questi "sbollamenti" di frantumarsi.
• Il silicone, seccando si induriva e formava degli spessori di materiale durissimo.
• Purtroppo, gli interventi eseguiti in un secondo tempo, non sempre hanno garantito il 
pieno recupero delle opere e molte hanno subito la drastica tecnica di stacco del 
colore dal supporto.
• Dopo la nascita del laboratorio della Fortezza da Basso, in quella sede venne istituita 
la attuale scuola di restauro fiorentina. 
• La formazione degli allievi ed i principi di base sono simili a quelli impartiti presso 
l'Istituto Centrale, ma a Firenze anche oggi gli studenti si specializzano in un 
particolare settore: affreschi, dipinti, lapidei..., mentre a Roma la preparazione è più
generale.
• Umberto Baldini, direttore della scuola e dei laboratori di Firenze, teorizzò e propose 
un metodo per l'integrazione pittorica delle lacune di colore, simile al rigatino romano, 
ma più elaborato.
• Il rigatino consiste in una serie di tratteggi monocromatici, di un tono leggermente più
basso dell'originale, evitando la ricostruzione della forma, ma seguendo il profilo delle 
lacune.
• La selezione cromatica, proposta dal Baldini ed adottata dai restauratori fiorentini, 
può definirsi lo sviluppo del rigatino e consiste nella ricostruzione della forma che, 
giustapponendo i quattro colori fondamentali, devono seguire il modellato.
• Le due scuole si differenziano l'una dall'altra, perchè quella toscana predilige i 
materiali tradizionali, quelli sperimentati in passato e tratti da antichi ricettari, al posto 
dei materiali moderni di sintesi, come ad esempio le resine sintetiche che vengono 
sperimentate a Roma.
• Il teorema brandiano della non ricostruttibilità non viene condiviso, ma si tenta diridare all'opera una sua leggibilità ed una dignità d'insieme, garantendone il rispetto 
dell'autenticità, il riconoscimento in rapporto alle parti rifatte e la reversibilità degli 
interventi[4].
•
[1]Enciclopedia Europea, vol. II, Milano, 1976, p. 535.
• [2]CESARE BRANDI, Teoria del restauro, Torino, 1963.
• [3]CESARE BRANDI, Teoria e storia del restauro, in "Bollettino dell'Istituto Centrale 
di Restauro", I, 1, Roma, 1950, pp. 5-12.
• [4]AA. VV., Firenze restaura. Il laboratorio nel suo quarantennio, Firenze, 1972.
I Princìpi del Restauro
• Riconoscibilità
• Reversibilità
• Compatibilità
• Intervento minimo
Riconoscibilità
• Ogni intervento deve essere riconoscibile, differenziandosi dalla materia 
originale, per evitare la falsificazione.
• distinguendosi dalla materia originale
• senza recare disturbo alla visione di insieme.
Reversibilità
• Qualsiasi elemento / materiale applicato in fase di 
Restauro deve poter essere facilmente rimosso 
senza arrecare danno alcuno alla materia originale.
Compatibilità
• I materiali utilizzati nel Restauro dovranno essere 
scelti compatibilmente alla materia originale 
dell’oggetto su cui si interviene.
• Le tecniche d’indagine e l’analisi degli elementi sono 
gli strumenti utili per lo studio dei materiali di cui le 
opere si compongono.
Intervento minimo
• L’intervento di Restauro deve essere strettamente 
commisurato alle esigenze di ogni singola opera.
• Questo principio si applica anche singolarmente a 
ciascuna fase di intervento.