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Permacultura (D.Holmgren, 2002) - ITA

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1 Osserva e interagisci
La	bellezza
è	negli	occhi	di	chi	guarda
2 Raccogli e conserva energia
Prepara	il	fieno	finché	c’è	il	sole
3 Assicurati un raccolto
Non	si	può	lavorare	a	stomaco	vuoto	
4 Applica l’autoregolazione 
e accetta il feedback 
I	peccati	dei	padri	ricadranno	sui	figli		
fino	alla	settima	generazione
5 Usa e valorizza risorse e servizi rinnovabili
Lascia	che	la	natura	segua	il	suo	corso	
6 Evita di produrre rifiuti 
Un	punto	a	tempo	ne	risparmia	cento
Non	desiderare	se	non	vuoi	sprecare
7 Progetta dal modello al dettaglio
Gli	alberi	non	sono	la	foresta	
8 Integra invece di separare
Molte	mani	rendono	il	lavoro	leggero
9 Piccolo e lento è bello
Più	sono	grossi	e	più	rumore	fanno	cadendo
Con	lentezza	e	costanza	si	vince	la	corsa
10 Usa e valorizza la diversità
Non	mettere	tutte	le	uova	nella	stessa	cesta
	
11 Usa e valorizza il margine 
Smetti	di	pensare	di	essere	sulla	buona	strada	solo		
perché	è	molto	frequentata
12 Reagisci ai cambiamenti e usali 
in modo creativo 
Bisogna	imparare	a	vedere	le	cose	non	solo	come	sono	
ma	anche	come	saranno
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L’autore
David	Holmgren	è	nato	a	Fremantle,	in	Australia	occidentale,	nel	1955.	Figlio	di	operai	attivisti	politici,	Holm-
gren	è	stato	profondamente	influenzato	dalla	rivoluzione	sociale	degli	anni	’60	e	dai	primi	anni	’70.	Nel	1973,	
durante	un	viaggio	in	Tasmania,	si	innamorò	del	paesaggio	tipico	di	quell’isola	ed	entrò	a	far	parte	dell’innovativa	
Environmental Design School	di	Hobart.	Nei	tre	anni	successivi	collaborò	intensamente	con	il	suo	mentore	Bill	
Mollison	ideando	il	concetto	di	permacultura,	concetto	che	ha	plasmato	la	sua	vita	futura.	Coautore	con	Mollison	
di	Permaculture One,	uscito	nel	1978,	Holmgren	si	è	dedicato,	da	allora	in	poi,	ad	approfondire	concretamente	le	
sue	abilità	nella	progettazione	e	nella	realizzazione	di	stili	di	vita	autosufficienti.
In	seguito,	Holmgren	ha	scritto	altri	libri,	ha	progettato	e	organizzato	varie	tenute	agricole	usando	i	principi	del-
la	permacultura,	condotto	laboratori	e	corsi	in	Australia,	in	Nuova	Zelanda,	in	Israele	e	in	Europa.	Negli	ultimi	17	
anni	ha	vissuto	e	lavorato	a	Hepburn	Springs,	nella	parte	centrale	dello	stato	di	Victoria.	In	qualità	di	consulente,	
ha	sviluppato	una	profonda	competenza	nel	campo	dei	territori	a	clima	temperato	tipici	dell’Australia	sud-orientale,	
approfondendo	il	concetto	di	bioregionalismo	in	relazione	al	territorio	locale.	
Insieme	alla	partner	Su	Dennett	e	al	figlio	Oliver	conduce	il	podere	Melliodora,	uno	dei	più	noti	siti	dimostrativi	
di	permacultura	applicata	in	Australia.	Negli	ultimi	sette	anni	si	è	dedicato	intensamente	alla	progettazione	e	allo	
sviluppo	del	Fryer’s Forest Eco-village.	Nel	contesto	internazionale	del	movimento	sviluppatosi	in	base	ai	principi	
della	permacultura,	Holmgren	è	noto	e	stimato	per	aver	sempre	sottolineato	l’aspetto	pratico	dei	progetti	di	per-
macultura.	Attraverso	l’esempio	personale	e	l’impegno	concreto,	ha	dimostrato	e	dimostra,	con	il	suo	percorso	di	
vita,	che	la	permacultura	rappresenta	una	radicale	–	ma	anche	attraente	–	alternativa	al	consumismo	dilagante.	
Questo	libro	è	la	testimonianza	di	una	vita	vissuta	secondo	i	principi	della	permacultura.
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Premessa
Se	 i	principi	di	permacultura	proposti	da	David	Holm-
gren	in	questo	libro	di	grande	rilevanza	venissero	applicati	
a	tutto	ciò	che	facciamo,	saremmo	già	a	buon	punto	sulla	
strada	della	realizzazione	di	una	società	sostenibile	e	forse	
più	avanti	ancora.	E	oltre	a	questo	ci	liberemmo	del	senso	
di	colpa,	che	fa	sempre	capolino	ogni	qualvolta	pensiamo	al	
mondo	che	stiamo	per	lasciare	ai	nostri	figli.
La	permacultura	si	basa	su	valori	e	prospettive,	progetti	e	
metodi	di	gestione,	che	possiamo	a	buon	diritto	definire	oli-
stici,	specialmente	per	quanto	concerne	le	nostre	concezioni	
bio-ecologiche	 e	 psicologiche.	 In	 particolare,	 è	 importante	
sottolineare	 l’aspetto	 legato	 alla	 progettazione	 e	 riprogetta-
zione	dei	metodi	di	gestione	delle	risorse	naturali,	al	fine	di	
garantire	la	salute	e	il	benessere	delle	attuali	e	future	gene-
razioni.	Ciò	che	meraviglia	è	che,	mentre	tutti	gli	ingegneri	
(persone	che	operano	soprattutto	con	materiali	 inerti,	non	
viventi)	studiano	i	principi	della	progettazione,	quasi	tutti	i	
laureati	in	agraria	e	coloro	che	si	specializzano	in	campi	atti-
nenti	al	vivente	continuino	a	non	ricevere	alcuna	formazione	
per	quanto	concerne	la	progettazione:	a	questa	competenza	
cruciale	di	solito	non	viene	dedicata	alcuna	attenzione.	Il	non	
riconoscere	la	rilevanza	della	progettazione	nel	contesto	delle	
interazioni	tra	specie	e	della	biodiversità	all’interno	degli	eco-
sistemi	sostenibili	è	responsabile	della	mancanza	di	compe-
tenze	specifiche	nel	campo	della	progettazione	di	ecosistemi;	
tutto	questo	non	fa	che	peggiorare	 la	situazione	e	acuire	 i	
problemi	della	gestione	delle	risorse	naturali.
La	permacultura	può	essere	descritta	in	diversi	modi	com-
plementari.	Per	un	verso,	è	l’espressione	di	una	fase	–	che	deve	
ancora	in	gran	parte	manifestarsi	–	nell’evoluzione	della	gestio-
ne	delle	risorse	naturali,	soprattutto	per	quanto	riguarda	l’agri-
coltura.	Quest’ultima	è	ancora	per	lo	più	ferma	a	uno	stadio	
evolutivo	che	non	trova	più	rispondenza	con	i	tempi,	uno	sta-
dio	evolutivo	contrassegnato	da	specializzazione,	monocolture	
e	rotazioni	molto	limitate,	che	denotano	un	modo	di	considera-
re	l’agricoltura	improntato	a	un	ingannevole	semplicismo	pro-
gettuale.	Questi	metodi	progettuali,	i	problemi	da	essi	causati	
e	le	soluzioni	controproducenti	spesso	adottate	per	risolverli,	
hanno	causato	la	perdita	di	suolo	fertile,	la	perdita	della	capacità	
del	suolo	di	trattenere	umidità,	la	perdita	di	fertilità,	produtti-
vità,	resilienza,	habitat	naturali,	biodiversità	e,	in	ultima	ana-
lisi,	la	crisi	dei	meccanismi	naturali	di	controllo	dei	parassiti	e	
del	patrimonio	genetico,	che	supportava	a	livello	naturale	tali	
meccanismi.	Per	chi	segue	i	principi	della	permacultura,	que-
ste	conseguenze	sono	del	tutto	prevedibili,	come	è	prevedibile	
la	crescente	dipendenza	dei	sistemi	agricoli	da	fonti	esterne	di	
energia.	Il	lavoro	dell’agricoltore	dipende	sempre	più	dall’ester-
no;	non	solo	per	quanto	riguarda	le	fonti	energetiche,	ma	an-
che	per	il	controllo	dei	parassiti	e	delle	malattie;	ciò	si	ripercuote	
anche	sull’accumulo	di	rifiuti	e	sul	loro	smaltimento,	causando	
un	crescente	impatto	ambientale	dell’operatore	agricolo.	Que-
sto	insieme	di	problemi,	davvero	desolante,	potrebbe	essere	fa-
cilmente	affrontato	adottando	i	principi	della	permacultura	de-
lineati	nelle	pagine	del	presente	libro.	Invece	di	sprecare	com-
petenze,	tempo,	energia	e	risorse	nel	tentativo	di	risolvere	–	con	
immenso	affanno	–	detti	problemi,	la	permacultura,	con	un	
deciso	scatto	in	avanti,	potrebbe	permetterci	con	pochi	sforzi	di	
prevenirli	e	minimizzarli	dando	il	giusto	risalto	a	iniziative	di	
progettazione	e	riprogettazione	innovative.	La	mia	particolare	
esperienza	in	questo	campo	si	è	concentrata	sul	controllo	dei	
parassiti	e	sulla	gestione	del	suolo.
Il	 concetto	di	permacultura	 riflette	 anche	 le	 trasforma-
zioni	intervenute	nei	sistemi	di	valori	e	di	conoscenza.	La	
permacultura	 recepisce	 gli	 influssi	 e	 le	 sfide	 provenien-
ti	 dalle	 tendenze	più	 recenti	 nell’evoluzione	del	 pensiero:	
post-modernismo,	 poststrutturalismo,	 movimenti	 femmi-
nisti	ed	ecofemministi,	ecologia	sociale,	ecologia	profonda,	
ecopsicologia,	post-normal science,	olismo,	bioregionalismo,	
sostenibilità,	comunitarismo,	spiritualismo	e	sistemi	di	co-
noscenza	indigeni.	Molti	fattori	hanno	contribuito	all’evolu-
zione	della	permacultura.	I	principali	sono:	
	sincronicità	e	collaborazionenella	differenza,	come	nel	
caso	dell’associazione	casuale	tra	David	Holmgren	(sem-
plice,	riflessivo,	coerente,	pratico)	e	Bill	Mollison	(propu-
gnatore	di	idee	controcorrente	e	al	contempo	personag-
gio	pubblico	carismatico);
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8 Permacultura
	la	capacità	di	avere	immaginato	la	permacultura	come	
movimento	internazionale;
	come	condizione	per	poter	insegnare	nei	corsi,	richiedere	
agli	insegnanti	di	avere	una	vasta	formazione	ed	esperien-
za	sul	campo	per	mantenere	viva	l’esperienza	pratica;
	integrazione	di	tutti	gli	aspetti,	pratici,	teorici	ed	etici,	
nella	pratica	della	progettazione.
Questa	 impostazione	 organica	 e	 le	 sue	 profonde	 ri-
percussioni	sul	processo	della	progettazione	e	dell’azio-
ne	 olistica	 hanno	 impedito	 a	 molti	 di	 avvicinarsi	 alla	
realtà	 della	 permacultura.	 Così	 come	 la	maggior	 parte	
delle	persone	preferisce	prendere	un’aspirina	piuttosto	
che	andare	alle	radici	del	mal	di	 testa	mettendo	ordine	
nella	propria	vita,	molti	agricoltori	e	orticoltori	preferi-
scono	la	dipendenza	dalla	chimica	per	risolvere	i	mal di 
testa	generati	dai	loro	sistemi	produttivi	malprogettati	e	
malgestiti.	Quanti	invece	hanno	avuto	il	coraggio	di	fare	
il	 salto,	 trovando	 soluzioni	 permanenti	 ai	 problemi	 at-
traverso	la	progettazione	delle	loro	proprietà	–	soluzioni	
che	bisogna	mettere	in	pratica	una	volta	per	tutte	–	mai	
ritorneranno	alla	dipendenza,	all’inefficienza	e	all’illuso-
rietà	delle	“pallottole	magiche”	che	tutto	risolvono.	
In	questo	libro	David	Holmgren	ha	fornito	un	chiaro,	
sistematico	e	documentato	apporto	basato	sulla	propria	
grande	esperienza	nell’applicazione	dei	criteri	chiave	del-
la	permacultura,	dando	il	giusto	spazio	alle	competenze	
intellettuali	indispensabili	per	svilupparne	i	principi.	Chi	
volesse	avvicinarsi	alla	permacultura	deve	mettere	neces-
sariamente	insieme	competenze	intellettuali	ed	esperien-
za	 pratica.	Ciò,	 idealmente,	 potrebbe	 essere	 fatto	 come	
apprendista	sotto	la	guida	di	un	mentore	come	David,	ma	
dovrebbe	 includere	 anche	 lo	 sperimentare	 liberamente	
da	soli	e	con	audacia,	senza	supervisione.	
Questa	seconda	parte	dell’opera	dovrebbe	concentrarsi	su	
ciò	che	io	chiamo	“piccole,	significative	iniziative,	che	una	per-
sona	può	impegnarsi	a	portare	a	compimento”.	Tali	iniziative	
dovrebbero	 tendere	 a	 ridurre	 al	minimo	 le	possibilità	di	un	
impatto	negativo,	dovuto	a	una	inadeguata	progettazione	e,	di	
conseguenza,	anche	il	senso	di	sfiducia	e	fallimento,	che	impe-
direbbe	di	impegnarsi	in	successivi	progetti	su	larga	scala.
In	 quanto	 pensatore	 olografico	 –	 aperto	 all’idea	 che	
qualsiasi	cosa	una	persona	osserva	in	un	luogo	qualsiasi	
può	avere	espressioni	parallele	in	qualunque	altro	luogo	
–	sono	portato	ad	andare	oltre	i	soliti	confini	che	vengono	
imposti	alla	permacultura.	Quando	vivevo	in	Nord	Ame-
rica,	condussi	dei	workshop	per	permaculturisti	intitolati	
Permacultura del paesaggio interiore.	Lo	feci	perché	mi	ero	
reso	conto	che	molte	di	quelle	persone	erano	limitate	non	
dalle	conoscenze	dei	sistemi	esteriori,	ma	dal	bisogno	di	
guarire e ridisegnare	i	loro	sistemi	interiori.	Era	come	far	
rimarginare	una	ferita.	Allo	stesso	modo,	incoraggio	voi	
lettori	ad	applicare	i	principi	della	permacultura	a	qual-
siasi	area	che	potrebbe	trarre	beneficio	da	questa	teoria	e	
pratica	di	progettazione	olistica.	Le	aree	che	mi	vengono	
spontaneamente	in	mente	sono	quelle	che	includono	gli	
insediamenti	umani	e	le	imprese	commerciali,	i	sistemi	
politici	ed	economici,	il	settore	della	salute,	l’allevamento	
dei	bambini	e	i	contesti	educativi.
Quello	che	vi	accingete	a	leggere	è	il	testo	più	avanzato	di	
presentazione	dei	principi	della	permacultura	che	io	cono-
sca.	I	12	principi	sono	stati	ampiamente	verificati	non	solo	
dall’autore	–	che	è	 il	 coideatore	della	permacultura	–	ma	
anche	da	migliaia	di	permaculturisti	in	tutto	il	mondo.
Se	 la	 permacultura	 per	 voi	 è	 un	 argomento	 nuovo,	
questo	volume	vi	fornirà	una	straordinaria	introduzione	
all’approccio	olistico	alla	progettazione	del	paesaggio.	Se	
siete	da	tempo	un	permaculturista	o	un	docente	di	per-
macultura,	è	probabile	che	questo	sia	il	libro	che	stavate	
aspettando,	per	mettere	alla	prova	o	affinare	le	vostre	idee	
o	per	utilizzarlo	come	testo	base	dei	vostri	corsi.	
Spero	che	il	libro	vi	piaccia	e	che	ne	facciate	–	come	ho	
fatto	io	–	il	vostro	testo	di	riferimento.
Prof.	Stuart B. Hill
Foundation	Chair	of	Social	Ecology
University	of	Western	Sydney	NSW	
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Scopo del libro
La	permacultura	è	molto	più	di	un	metodo	di	agricol-
tura	biologica.	Il	mio	scopo,	nello	scrivere	questo	libro,	
è	quello	di	spiegare	 la	permacultura	a	un	pubblico	più	
vasto	di	quello	che	potrebbe	sentirsi	attratto	dal	termine	
“agricoltura	biologica”.	Il	libro	è	rivolto	in	special	modo	
ad	 attivisti,	 progettisti, docenti,	 ricercatori,	 studenti	 e	 a	
quanti,	interessati	ai	temi	ormai	arcinoti	della	sostenibili-
tà,	chiedono	di	andare	oltre	e	abbracciare	altri	campi.
Permaculture One1	è	stato	scritto	più	di	25	anni	fa;	all’epoca,	
avevo	vent’anni.	Gran	parte	delle	mie	pubblicazioni	più	re-
centi	si	è	occupata	di	casi	specifici,	e	in	essi	i	principi	teorici	
che	stanno	dietro	al	lavoro	concreto	sono	solo	accennati.	
Vorrei	approfittare	dei	punti	di	forza	e	dei	successi	accu-
mulati	in	venticinque	anni	di	lavoro	e	di	elaborazione	te-
orica	in	Australia	e	nel	mondo,	per	fornire	ai	lettori,	con	
il	presente	libro,	un	più	ampio	quadro	dei	principi	pratici	
e	teorici	su	cui	si	basa	la	permacultura.	Nel	fare	questo	
lavoro	spero	anche	di	dare	un	contributo	che	rinvigori-
sca	il	dibattito	interno	al	movimento	della	permacultura,	
soprattutto	per	quanto	concerne	alcuni	temi	controversi,	
veri	o	presunti	punti	deboli	del	movimento.
Dopo	25	anni	passati	ad	applicare,	scrivere	e	insegnare	
i	principi	della	permacultura,	ho	capito	che	le	persone,	di	
una	teoria,	utilizzano	ciò	che	trovano	rilevante	e	significa-
tivo,	tralasciando	il	resto.	A	quanti	sono	alla	ricerca	di	un	
sistema	completamente	organico	e	logico	chiamato	perma-
cultura	meglio	chiarire	subito	che	tale	ricerca	è	inutile.	Più	
che	tentare	di	definire	o	mettere	sotto	controllo	la	perma-
cultura,	io	la	descrivo	semplicemente	come	uno	strumen-
to	ulteriore	per	capire,	per	dare	un	significato	a	parole	e	
cose	in	un	mondo	pieno	di	incertezze.
Evoluzione del progetto
Questo	progetto	è	nato	su	suggerimento	del	collega	Ian	
Lillington,	 il	 quale	mi	 consigliò	 di	 pubblicare	 la	 raccolta	
commentata	di	quanto	avevo	scritto	nel	corso	degli	ultimi	
venti	anni.	L’obiettivo	sarebbe	stato	quello	di	fornire	a	quanti	
fossero	interessati	alla	permacultura	il	punto	di	vista	di	det-
ta	corrente	di	pensiero	su	vari	temi	e	contesti.	Con	questo	
libro,	fra	l’altro,	si	sarebbero	messi	in	evidenza	gli	sviluppi	e	
l’evoluzione	delle	idee	e	delle	applicazioni	dell’autore	meno	
noto	della	permacultura2.
Quando	 eravamo	 quasi	 alla	 fine	 del	 lavoro,	 Ian	 si	
rese	 conto	 che	mancava	 una	 parte	 che	 spiegasse	 in	
modo	diretto	i	principi	della	permacultura,	più	o	meno	
come	li	spieghiamo	durante	i	nostri	corsi	residenziali.	
Non	appena	gli	sentii	dire	questa	cosa	capii	che	aveva	
perfettamente	ragione,	ma	sentii	allo	stesso	tempo	un	
tuffo	al	cuore	perchè	mi	resi	conto	che	il	compito	non	
era	così	semplice	come	sembrava.	L’idea	di	mettermi	
subito	al	 lavoro	per	preparare	un	testo	di	questo	tipo	
rimase	quindi	in	sospeso.
Tre	anni	dopo,	il	progetto	conobbe	una	ulteriore	tra-
sformazione	su	input	di	Janet	Mackenzie,	giornalista	e	
attiva	 permaculturista.	 Il	manoscritto	 intanto	 era	 cre-
sciuto,	nel	tentativo	di	dare	una	nuova	e	più	profondainterpretazione	dei	principi	della	permacultura.	L’anto-
logia	di	scritti,	invece,	era	rimasta	allo	stadio	di	testi	di	
riferimento	da	consultare	a	parte.	La	raccolta3	è	stata	poi	
pubblicata	sotto	forma	di	CD	ed	è	disponibile	sul	sito	
web	dell’Holmgren Design Services.
Formato del libro
In	 sintonia	 con	 i	 corsi	 residenziali	 di	permacultu-
ra	da	noi	organizzati	negli	ultimi	cinque	anni,	l’inizio	
della	trattazione	prevede	un	capitolo	sui	principi	etici.	
Seguono	12	capitoli,	uno	per	ognuno	dei	principi	gui-
da	della	permacultura.
Ogni	principio	viene	sintetizzato	in	una	breve	frase	(il	
titolo	del	capitolo)	associata	a	una	icona	e	a	un	proverbio	
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10 Permacultura
o	modo	di	dire,	che	esemplifica	al	meglio	il	principio	che	
dà	l’impronta	al	capitolo.	Bisogna	dire	che	la	frase	mette	
l’accento	sugli	aspetti	positivi	della	permacultura	nel	suo	
lavorare	in	sintonia	con	la	natura;	il	detto	o	proverbio	–	una	
sorta	di	monito	o	avvertimento	–	ci	mette	in	guardia	verso	i	
limiti	e	le	costrizioni	che	la	natura	stessa	ci	detta.
Ogni	principio	viene	spiegato,	specificando	come	si	
realizza	nel	vasto	mondo	della	natura	e	come	si	è	rea-
lizzato,	in	termini	di	progettazione	e	uso	del	territorio	
da	parte	delle	comunità	tradizionali	prima	dell’avvento	
della	Rivoluzione Industriale.	Poi	passo	 ad	 analizzare	 i	
modi	in	cui	la	nostra	energivora	società	industriale	ha	
trasformato,	 ignorato,	oppure	 stravolto	 il	principio,	 in	
particolare	quando	ciò	può	servire	a	confermare	la	vali-
dità	universale	di	quello	stesso	principio.
Ogni	 capitolo	 contiene	 esempi	 di	 applicazione	 del	
principio,	nella	prospettiva	della	creazione	di	una	socie-
tà	ecologica.	Volendo	essere	il	più	possibile	comprensi-
bili	e	concreti,	 le	applicazioni	del	principio	prevedono	
esempi	tratti	dall’orticoltura,	dall’utilizzo	del	territorio	e	
dall’ambiente	urbanizzato,	 senza	 escludere	 i	 temi	più	
complessi	e	controversi	relativi	al	comportamento	delle	
persone	e	delle	organizzazioni	sociali	ed	economiche.
Per	illustrare	ogni	principio	utilizzo	anche	la	mia	
fattoria,	 documentata	 nel	 libro	Melliodora (Hepburn 
Permaculture Gardens)4.	Ogni	capitolo	contiene,	inol-
tre,	dei	 riferimenti	ai	vari	articoli	pubblicati	nel	CD	
dei	 miei	Collected writings 1978-20005,	 se	 servono	 a	
illustrare	aspetti	concernenti	il	principio	trattato	nel	
capitolo.	Quando	è	stato	possibile,	ho	fatto	riferimen-
to	ad	altre	pubblicazioni	che	potessero	contribuire	a	
rendere	più	chiari	i	concetti	densi	e	complessi	enun-
ciati	in	ogni	capitolo.
Come	 sempre,	 quando	 si	 utilizza	 la	 logica	 lineare	
implicita	 nella	 scrittura	 nel	 trasmettere	 contenuti	 di	
tipo	olistico,	la	divisione	tra	i	temi	e	le	prospettive	che	
rientrano	nella	trattazione	dei	singoli	capitoli	è	arbitra-
ria.	Le	mie	scelte	–	e	di	conseguenza	anche	i	principi	
stessi	–	sono	semplicemente	strumenti	utili	a	svilup-
pare	prospettive	molteplici	sul	modo	stesso	di	pensare	
in	modo	olistico.	Per	 legare	un	principio	all’altro	–	e	
quindi	anche	un	capitolo	all’altro	–	ho	inserito	dei	ri-
mandi	che	sottolineano	i	nessi	più	importanti.	In	que-
sto	senso,	ogni	principio	va	interpretato	come	una	del-
le	tante	porte	che	immettono	nel	labirinto	del	pensiero	
olistico.
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Ringraziamenti
Devo	dire	grazie	a	Ian	Lillington	per	il	suo	pensiero	stra-
tegico	e	per	il	persistente	incoraggiamento	a	proseguire	sulla	
strada	che	ha	portato	alla	realizzazione	di	questo	libro.	Le	sue	
indicazioni	–	per	quanto	parzialmente	mutate	nel	tempo	–	
hanno	fatto	in	modo	che	il	progetto	del	presente	libro	andasse	
avanti.	Fra	gli	altri	amici	permaculturisti	che	hanno	fornito	
ispirazione,	 incoraggiamento	e	consigli	preziosi	devo	citare	
Jason	 Alexandra,	 Stephen	 Bright,	 Andrea	 Furness,	 Stuart	
Hill,	Sholto	Maud,	Kale	Sniderman	e	Terry	White.	Ringrazio	
in	particolare	Janet	McKenzie	per	aver	generosamente	pre-
stato	il	suo	tempo	e	le	sue	doti	professionali	a	questo	progetto	
e	per	avermi	trasmesso	la	fiducia	e	la	voglia	di	andare	avan-
ti	quando	io	pensavo	che	tutto	fosse	già	finito.	Ringrazio	Ri-
chard	Telford	per	le	sue	idee	originali	e	per	aver	prestato	la	
sua	opera	di	artista	nella	realizzazione	delle	icone	relative	ai	
principi.	Ringrazio	Luke	Mancini	per	la	rielaborazione	grafica	
dei	miei	disegni;	ringrazio	Rob	e	Terttu	Mancini	per	aver	fatto	
in	modo	che	questo	libro	si	trasformasse	in	una	iniziativa	di	
carattere	economico	per	la	comunità	locale.	Voglio	anche	rin-
graziare	tutti	i	colleghi	e	gli	allievi	che	hanno,	con	pazienza,	
atteso	l’uscita	di	questo	libro.
Su Dennett
Gli	autori	di	opere	letterarie,	tradizionalmente	ringrazia-
no	le	loro	spose	o	compagne	per	averli	sostenuti	nelle	lun-
ghe	e	a	volte	difficili	prove	che	hanno	preceduto	il	parto	del	
libro.	Tutto	ciò	si	addice	perfettamente	al	mio	caso.	Anch’io	
ringrazio	qui	 la	mia	compagna	Su	Dennett,	 che	per	oltre	
vent’anni	mi	ha	accompagnato	nelle	mie	esperienze	di	vita.
Nei	primi	tempi	della	nostra	vita	insieme	era	frustrante	
percepire	che	Su	fosse	ritenuta	dai	più	una	semplice	segua-
ce	del	mio	stile	di	vita,	una	che	metteva	 in	pratica	 le	mie	
idee,	e	questo	solo	perché	Su	non	si	era	messa	in	vista	in	atti-
vità	di	insegnamento,	scrittura	o	perché	non	parlava	in	pub-
blico.	La	cosa	più	ironica	era	che	queste	opinioni	venivano	
espresse	proprio	da	donne,	che	erano	al	contempo	femmi-
niste	e	seguaci	della	permacultura.	In	realtà,	è	stata	proprio	
Su,	con	il	suo	impegno	e	la	sua	costanza	nel	perseguire	un	
ideale	di	alta	frugalità	e	uno	stile	di	vita	semplice,	a	spingere	
anche	me	a	impegnarmi	di	più	nel	rendere	coerenti	le	idee	
professate	e	lo	stile	di	vita	praticato.
Il	contributo	di	Su	alla	realizzazione	di	questo	libro	non	
va	ricercato	in	idee	particolarmente	elaborate,	ma	essenzial-
mente	nell’avermi	spinto	ad	andare	oltre	i	miei	limiti;	limiti	
che	rischiavano	di	fare	di	questo	libro	un	trattato	di	meta-
fisica	astratta,	esageratamente	razionale.	Avevo	già	ampia-
mente	sperimentato,	in	esperienze	precedenti,	come	fossi	
personalmente	predisposto	a	considerare	le	cose	sotto	tutti	i	
possibili	punti	di	vista	e	prospettive,	per	impedire	a	me	stes-
so	di	agire	in	modo	affrettato.	Questo	atteggiamento	ha	però	
prodotto	in	me	una	sorta	di	paralisi per troppa analisi,	ossia	la	
tendenza	a	esaminare	fin	nei	minimi	dettagli	un’idea	prima	
di	metterla	in	pratica.	La	mia	vita	con	Su	mi	ha	aiutato	a	libe-
rarmi	di	questa	tendenza	e	a	recuperare	fiducia	nel	mio	lato	
intuitivo,	il	che	a	sua	volta	mi	ha	aiutato	ad	ampliare	la	mia	
capacità	di	comprensione	e	di	azione	in	senso	olistico.
La	positiva	influenza	esercitata	da	Su	si	è	riversata	anche	
nel	 rendere	meno	 pesante	 e	 più	 abbordabile	 un	 compito	
non	facile	come	la	pubblicazione	in	proprio	di	questo	libro.
Oliver Holmgren
Dal	momento	della	sua	nascita,	avvenuta	in	casa,	Oliver	
si	è	sempre	 trovato	 immerso	 in	progetti	di	permacultura,	
anche	quando	a	15	anni	ha	 lavorato	 in	aziende	biologiche	
italiane.	Come	accade	a	tutti	gli	adolescenti,	le	sue	opinioni	e	
il	suo	comportamento	sono	una	costante	sfida	per	i	genitori,	
ma,	negli	anni	dedicati	alla	stesura	di	questo	libro,	il	modo	
di	pensare	e	di	agire	di	Oliver	mi	ha	spinto	ad	affinare	la	mia	
concezione	di	permacultura.	Attraverso	Oliver	ho	capito	che	
ci	vuole	più	di	una	generazione,	per	creare	una	nuova	cultu-
ra	ecologica.	Molti	concetti,	che	io	ho	fatto	fatica	a	compren-
dere,	sono	stati	da	lui	assimilati	con	facilità.
Gerard Holmgren
Mio	fratello	Gerard	mi	ricorda	spesso	la	valenza	politica	
della	permacultura	e	non	solo	con	la	sua	passione,	il	suo	
intelletto	e	il	suo	agire.	La	dura	strada	della	sua	esperienza	
serve	a	ricordarmi	che	il	percorsoche	porta	a	un	mondo	
migliore	 non	 sarà	 necessariamente	 fortunato	 e	 positivo	
come	il	mio.
Venie Holmgren
Visto	che	mi	sono	spinto	così	in	là	nel	parlare	dei	miei	
familiari,	un	aneddoto	su	mia	madre	è	d’obbligo.	Una	vol-
ta	un	tipo,	durante	un	incontro	pubblico	sulla	permacultu-
ra,	entusiasta	esclamò,	rivolto	a	mia	madre:	«E	così	lei	è	la	
madre	di	David	Holmgren!».	Al	che,	mia	madre	rispose:	
«No.	È	lui	che	è	mio	figlio».
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Prefazione
La permacultura nell’era dell’incertezza
L’incertezza	 è	 una	 delle	 caratteristiche	 che	 defini-
scono	la	nostra	epoca	e	deriva	da	varie	fonti:
	le	scienze	teoretiche	hanno	innalzato	l’incertezza	da	
risultato	di	un’informazione	inadeguata	a	qualcosa	
che	è	implicito	in	tutto;
	lo	scontro	tra	 le	molteplici	 tradizioni	culturali	pre-
senti	al	mondo	e	la	modernità	fa	sì	che	molta	gente	
sia	o	diventi	insicura	dei	propri	valori	e	del	proprio	
ruolo	nella	società;
	la	valanga	di	prove	e	di	 informazioni	sull’instabili-
tà	praticamente	di	qualsiasi	aspetto	della	 società	e	
dell’economia	moderna	–	instabilità	dovuta	soprat-
tutto	 alla	 minaccia	 di	 sconvolgimenti	 ambientali	
epocali	–	mina	alla	base	qualsiasi	senso	di	certezza	
sulla	continuità	della	vita	quotidiana;
	allo	stesso	tempo,	le	accelerazioni	della	tecnologia	e	
il	continuo	emergere	di	nuove	idee,	di	nuovi	modi	
di	vedere	ed	essere,	di	nuovi	movimenti,	di	percorsi	
spirituali	e	di	sottoculture	hanno	allargato	le	possi-
bilità,	le	speranze	e	le	paure	oltre	ogni	immaginabi-
le	orizzonte.
Il	 concetto	 di	 permacultura	 e	 il	 movimento	 stesso	
della	permacultura	fanno	parte	di	questa	realtà	cultura-
le	globale,	una	realtà	che	alcuni	chiamano	postmoderni-
smo,	in	cui	ogni	significato	è	relativo	e	contingente.
Il	concetto	di	permacultura	è	il	prodotto	di	una	inten-
sa,	ma	relativamente	breve,	relazione	di	lavoro	tra	Bill	
Mollison	e	chi	scrive	alla	metà	degli	anni	’70.	Era	una	ri-
sposta	alla	crisi	ambientale	che	stava	di	fronte	alla	socie-
tà	moderna	del	tempo.	La	pubblicazione	di	Permaculture 
One	nel	1978	rappresentò	il	culmine	di	questo	inizio	di	
lavoro	e	un	nuovo	punto	di	partenza,	da	cui	si	sviluppò	
il	movimento	della	permacultura	a	livello	mondiale.	Bill	
Mollison	ha	descritto	la	permacultura	come	una	rispo-
sta	positivistica6	 alla	 crisi	 ambientale.	Questo	 significa	
che	tale	risposta	dipende	più	da	ciò	che	vogliamo	e	pos-
siamo	fare,	che	da	quelle	idee	che	vorremmo	far	cam-
biare	 agli	 altri.	Questa	 risposta	 o	 reazione	può	essere	
definita	sia	etica	che	pragmatica,	sia	filosofica	che	tecni-
ca.	Come	ogni	idea,	la	permacultura	si	fonda	su	alcuni	
presupposti	 fondamentali,	 che	 rimangono	 cruciali	 sia	
per	comprenderla	che	per	giudicarla.	Questi	presuppo-
sti,	indicati	per	la	prima	volta	in	Permaculture One,	non	
sono	cambiati	e	vale	la	pena	ripeterli.
	La	crisi	ambientale	è	reale	e	le	sue	dimensioni	sono	
tali	che	certamente	trasformeranno	la	moderna	so-
cietà	 industriale	 in	 modo	 irriconoscibile.	 Questo	
processo	metterà	in	serio	pericolo	il	benessere	e	la	
stessa	sopravvivenza	della	popolazione	mondiale,	in	
costante	aumento.
	L’impatto	globale	–	quello	già	presente	e	quello	futuro	
–	della	società	industriale	e	dell’enorme	popolazione	
sulla	meravigliosa	biodiversità	della	 terra	 sarà	 sicu-
ramente	molto	più	vasto	degli	enormi	cambiamenti	
registrati	negli	ultimi	secoli.
	L’uomo,	 anche	 se	 creatura	 abbastanza	 insolita	 nel	
contesto	del	mondo	naturale,	 è	 soggetto	 alle	 stesse	
leggi	scientifiche	che	governano	 l’universo	materia-
le	e	l’evoluzione	delle	forme	di	vita,	in	primo	luogo	
quelle	relative	al	bilancio	energetico.
	Lo	sfruttamento	dei	combustibili	fossili	durante	l’era	in-
dustriale	è	la	causa	primaria	della	spettacolare	esplosio-
ne	della	popolazione	umana,	delle	conquiste	tecnologi-
che	e	di	ogni	altra	caratteristica	della	società	moderna.
	Sebbene	 sia	 quanto	meno	 difficile	 prevedere	 quali	
saranno	 gli	 sviluppi	 della	 società	 umana	 successivi	
all’esaurimento	delle	risorse	energetiche	di	tipo	fos-
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13Prefazione
sile,	è	 indubbio	che	 i	prossimi	decenni	vedranno	 il	
ritorno	ai	modelli	osservabili	in	natura	e	nelle	società	
preindustriali	e	cioè	a	modelli	sociali	dipendenti	da	
energie	e	risorse	rinnovabili.
Anche	se	sono	molti	i	teorici	che	hanno	messo	in	cir-
colazione	queste	idee,	per	quanto	mi	concerne	il	pen-
satore	verso	il	quale	riconosco	apertamente	di	essere	in	
debito	è	l’ecologo	americano	Howard	Odum7.	L’influen-
za	di	Odum	sull’evoluzione	delle	mie	idee	risulterà	chia-
ra	anche	dalle	ripetute	citazioni	in	questo	libro,	nonché	
da	quelle	contenute	in	Collected writings8.	
Alcune	delle	previsioni	fatte	negli	anni	’70	sull’esauri-
mento	delle	risorse	e	sul	conseguente	collasso	dell’econo-
mia	si	sono	dimostrate	errate,	almeno	per	quanto	riguar-
da	i	tempi.	Nonostante	ciò,	risulta	sempre	più	evidente	
agli	occhi	di	 tutti	 che	 le	 risorse	naturali	 stanno,	già	at-
tualmente,	ponendo	un	serio	limite	all’espansione	dello	
sviluppo	economico	e	questo	dopo	circa	300	anni	di	cre-
scita	e	50	anni	di	crescita	a	livelli	molto	accelerati.	Anche	
le	ricorrenti	crisi	del	petrolio	sono	un	chiaro	segnale	che	
l’era	dell’energia	a	basso	prezzo	è	in	via	di	esaurimento9.	
I	modelli	basati	sui	sistemi	naturali	suggeriscono	che	si	
ritornerà	a	sistemi	a	basso	utilizzo	di	energia	e	di	risorse	
(per	lo	più	rinnovabili)	e	che	si	assisterà	probabilmente	a	
una	riduzione	della	popolazione	mondiale.	All’interno	di	
questo	scenario	generale	sono	considerati	plausibili	infi-
niti	percorsi	e	possibilità	locali,	da	quelli	più	ottimistici	ai	
più	marcatamente	catastrofici.
Coloro	che	invece	sono	spinti	dall’ottimismo	e	dalla	
fiducia	nella	scienza	e	nella	tecnologia	sostengono	che	
siamo	all’inizio	di	una	nuova	rivoluzione	industriale	e	
biologica,	che	porterà	a	una	nuova	età	dell’oro	di	benes-
sere	materiale.	Anche	in	questo	caso	si	possono	produr-
re	solide	prove.	Le	più	credibili	sono	le	idee	di	Amory	
Lovins	 sul	 capitalismo naturale	 e	 su	 esempi	 incontro-
vertibili	di	come,	con	un	giusto	approccio,	la	scienza	e	
l’industria	possono	ottenere	di	più	con	risorse	minori	e	
meno	energia10.	
Per	quanto	inevitabile	possa	apparire	un	futuro	in	cui	si	
riduca	il	consumo	di	energie	e	risorse,	questo	futuro	resta	
tuttora	incerto	o	per	lo	meno	indeterminato.	La	transizio-
ne	da	un	modello	ad	alto	consumo	di	energia	a	un	altro	
in	cui	il	consumo	viene	ridotto	il	più	possibile	ha	già	i	
suoi	portavoce.	Le	idee	e	i	modelli	di	Lovins,	ad	esem-
pio,	hanno	avuto	e	hanno	una	notevole	influenza,	per-
ché	possono	essere	applicati	all’interno	di	una	cornice	
capitalistica	di	economia	di	mercato	senza	aspettare	che	
intervengano	 trasformazioni	 radicali	nel	 campo	socia-
le	e	politico	o	nel	campo	culturale	relativo	a	comporta-
menti	e	abitudini	dei	cittadini.
La	permacultura	è	una	risposta	progettuale	creativa	a	
un	mondo	contrassegnato	dal	declino	delle	disponibili-
tà	energetiche.	In	quanto	tale,	ha	molti	punti	in	comune	
con	i	modelli	di	Lovins	e	la	loro	giusta	enfasi	su	processi	
e	progetti	derivati	dai	cicli	naturali.	L’interesse	centrale	
della	permacultura	per	la	terra	e	la	gestione	delle	risorse	
naturali	è	complementare	all’interesse	industriale	per	la	
cosiddetta	“tecnologia	verde”	o	sostenibile	(green tech).	
Vi	sono	però	alcune	differenze.
La	permacultura:
	dà	priorità	all’utilizzo	delle	risorse	attualmente	dispo-
nibili	al	fine	di	ricostituire	il	capitale	naturale11,	in	parti-
colare	alberi	e	foreste,	come	patrimonio	per	sostenere	
l’umanità	in	un	futuro	con	minor	utilizzo	di	combusti-
bili	fossili;
	sottolinea	l’importanza	di	processi	di	bottom-uprede-
sign12,	in	cui	si	parte	dall’individuo	visto	come	unità	
produttiva	e	motore	di	trasformazione	per	arrivare	
a	 trasformare	il	mercato,	 la	comunità	e	 il	contesto	
culturale	più	ampio;
	postula	l’imminenza	di	un	crollo	o,	in	qualche	mi-
sura,	di	una	grave	crisi,	di	 tecnologia,	economia	e	
società,	elemento	che	manca	per	lo	più	nel	green tech	
–	di	natura	fondamentalmente	ottimista	–	e	che	in-
vece	è	una	realtà	palpabile	per	molta	gente	in	tutto	il	
mondo;
	considera	 le	 società	 sostenibili	 preindustriali	 come	
modelli,	in	cui	si	riflettono	i	processi	di	progettazione	
generali,	osservabili	in	natura,	che	potrebbero	assu-
mere	grande	rilevanza	per	i	sistemi	post-industriali.
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14 Permacultura
Nella misura in cui riuscirà a fornire una risposta ef-
ficace alla necessità di limitare l’uso di energia e risorse 
naturali, la permacultura perderà il suo attuale status di 
“risposta alternativa alla crisi ambientale” per assumere 
quello di modello condiviso sociale ed economico dell’era 
postindustriale. Se sarà ancora chiamata permacultura o 
in qualche altro modo, è un fatto secondario13,	14.
Il	concetto	e	il	movimento	della	permacultura	hanno	
già	cambiato	la	vita	di	migliaia	di	persone	e	modificato	
forse	milioni	di	vite	in	mille	modi	diversi15.	Ciò	è	acca-
duto	senza	alcun	tipo	di	sostegno	da	parte	di	istituzioni	
pubbliche,	aziende	o	governi.	Alcuni	hanno	attribuito	
la	forza	del	movimento	al	carisma	di	Bill	Mollison,	alla	
sua	instancabile	energia	e	al	suo	intelletto.	Il	suo	ruo-
lo	nella	diffusione	iniziale	a	livello	globale	del	concetto	
di	permacultura	è	stato	senza	dubbio	fondamentale;	la	
persistenza,	l’evoluzione	e	l’influenza	della	permacultu-
ra	devono	essere	però	attribuite	alla	rilevanza	che	essa	
ha	assunto	per	la	vita	delle	persone.
Dopo	aver	sottolineato	la	rilevanza	della	permacultura	
per	un	futuro	con	meno	energia,	quale	potrebbe	essere	
la	sua	importanza,	invece,	in	un	eventuale,	fantascien-
tifico	mondo	in	cui	non	vi	fossero	problemi	di	sorta	di	
approvvigionamento	energetico	(per	effetto	dell’energia	
nucleare,	dell’ingegneria	genetica,	delle	colonie	spaziali	
o	 di	 qualche	 altra	 diavoleria,	 da	 alcuni	 auspicata	 e	 da	
altri	temuta)?	In	quel	caso,	sospetto	che	l’impatto	della	
permacultura	sarebbe	limitato	alla	vita	di	qualche	indi-
viduo	o	di	pochi	gruppi	di	individui	isolati,	persone	che,	
per	ragioni	etiche,	sarebbero	spinte	a	scegliere	un	mini-
mo	consumo	di	energia	e	di	risorse.
Come	definire	che	cos’è	e	cosa	non	è	la	permacultura	
è	una	questione	che	tormenta	diverse	persone.	Il	suo	ca-
rattere	molto	sfaccettato	ha	permesso	la	sua	progressi-
va	evoluzione	in	una	integrazione	piuttosto	ecumenica	
di	molte	alternative ecologiche.	Anch’io	ho	contribuito16	a	
questa	espansione,	ma	riconosco	anche	che	il	tentativo	
di	creare	una	teoria	al	cui	interno	possa	starci	di	tutto	–	
oltre	a	presentare	qualche	rischio	–	è	un	po’	come	saper	
fare	un	po’	di	tutto,	ma	non	essere	bravi	in	niente17,	op-
pure	come	reinventare	la	ruota	dal	nulla,	quando	intor-
no	a	noi	il	mondo	è	pieno	di	ruote.	Nonostante	questi	li-
miti,	la	progressiva	evoluzione	della	permacultura	come	
punto	di	 forza	nell’influenzare	 la	natura	 capricciosa	e	
vibrante	dei	cambiamenti	sociali	è	un	dato	di	fatto.
La terza ondata di ambientalismo
L’emergere	della	coscienza	ecologica	nell’ultimo	quarto	
del	XX	secolo	può	essere	considerato	come	l’espressione	
di	fasi	di	attività	molto	intensa	seguite	da	fasi	più	lunghe	e	
più	lente	di	consolidamento.	Queste	fasi	di	nuova	attività	
tendono	a	coincidere	con	altre	di	recessione	economica18.	
La	 permacultura	 come	 alternativa	 ambientalista	 emerse	
durante	la	prima	grande	fase	di	presa	di	coscienza	dei	pro-
blemi	ambientali,	che	coincise	con	il	rapporto	del	“Club	di	
Roma”	del	1972	e	le	crisi	petrolifere	del	1973	e	del	1975.
Dopo	la	crescita	economica	degli	anni	’80	–	segnata	
nei	Paesi	a	capitalismo	avanzato	dalla	rivoluzione	Rea-
gan-Thatcher	–	la	presa	di	coscienza	pubblica	dell’effet-
to	serra,	sul	finire	della	stessa	decade,	portò	alla	nascita	
di	una	seconda	fase	di	ambientalismo,	con	un	accentua-
to	interesse	per	la	permacultura.	Negli	anni	’90,	men-
tre	l’attenzione	generale	era	puntata	sulle	nuove	tecno-
logie	e	sull’affermarsi	della	globalizzazione,	si	verificò	
un’altra	fase	di	consolidamento	dell’ambientalismo.	Nel	
1999,	si	avvertirono	i	primi	segni	di	una	nuova	fase.	In	
questa	 terza	 fase	possiamo	aspettarci	che	si	arrivi	alla	
diffusione	di	molte	 innovazioni	di	 impronta	ecologica	
comparse	nella	seconda.	La	passata	esperienza	sugge-
risce	però	che	ogni	nuova	fase	getta	nuova	luce	anche	
su	 quelle	 precedenti	 e	 su	 principi	 che	 si	 davano	 per	
scontati.	Questo	libro	è	il	mio	contributo	alla	terza	fase	
dell’ambientalismo.
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È	con	grande	piacere	che	L’Accademia	Italiana	di	Per-
macultura	accoglie	l’edizione	italiana	del	libro	Perma-
cultura - Principi e percorsi oltre la sostenibilità	di	David	
Holmgren,	di	cui	ha	promosso	la	pubblicazione	presso	
Arianna	Editrice.
A	tre	anni	dall’uscita	del	manuale	Introduzione alla Per-
macultura	di	Bill	Mollison	e	Reny	Mia	Slay	 (Edizioni	
AAM	Terra	Nuova,	2007),	questo	libro	esce	ora	come	
indispensabile	 contributo	 intellettuale	 per	 chi	 voglia	
accostarsi	al	mondo	della	Permacultura	e	comprender-
ne	a	fondo,	oltre	alle	indicazioni	pratiche	e	operative,	
anche	 le	 motivazioni	 etiche	 e	 filosofiche.	 Di	 questo	
infatti	si	 tratta:	un’analisi	 lucida	e	precisa	delle	dina-
miche	che	regolano	e	condizionano	il	nostro	moderno	
mondo	 globalizzato,	 e	 l’indicazione	 di	 possibili	 per-
corsi	di	 salvezza	ad	un’umanità	 che	pare	 schiava	del	
consumismo	e	della	dipendenza	dai	combustibili	fos-
sili.	Holmgren	ci	offre	una	chiave	di	lettura	della	realtà	
contemporanea	attraverso	i	12	principi	fondanti	della	
Permacultura	e,	grazie	alla	sua	straordinaria	capacità	
di	utilizzare	il	pensiero	sistemico,	allarga	la	visuale	fi-
no	 ad	 abbracciare	 e	mettere	 in	 relazione	un	 lontano	
passato,	un	 ipotetico	 futuro,	esotici	paesi	 lontani	e	 il	
giardino	di	casa	propria,	in	una	danza	di	tempi	e	luo-
ghi	che	affascina	e	avvince	il	lettore.	Ci	porta	su	percorsi	
che	vanno	“oltre	la	sostenibilità”	per	non	accontentarci	
di	mantenere	l’esistente	ma	spingerci	invece	a	ricostruire	
attivamente	il	capitale	naturale	già	pesantemente	intac-
cato,	in	primo	luogo	l’humus	del	suolo.
Ma	il	 libro	di	Holmgren	si	spinge	oltre	l’analisi	delle	di-
namiche	ecologiche	e	sociali,	e	ci	offre	spunti	critici	e	di	
riflessione	sulle	scelte	effettuate	dalla	politica	e	dall’econo-
mia	sulla	nostra	vita	quotidiana.	Nel	corso	degli	ultimi	due	
secoli,	l’umanità	si	è	affrancata,	almeno	formalmente,	dal-
la	schiavitù	dell’uomo	sull’uomo.	Ha	sostituito	gran	parte	
del	lavoro	svolto	con	enorme	fatica	da	persone	ed	animali	
con	l’apporto	energetico	incredibilmente	economico	e	fun-
zionale	di	macchine	e	prodotti	chimici	derivati	dai	com-
bustibili	fossili.	Ha	sviluppato	la	“civiltà	del	petrolio”	che	a	
partire	dalla	Rivoluzione	Industriale	ha	sconvolto	e	trasfor-
mato	capillarmente	la	vita	su	tutto	il	globo,	sia	nei	paesi	
industrializzati	 che	 da	 questo	 salto	 energetico	 traggono	
diretto	beneficio,	sia	nei	paesi	definiti	eufemisticamente	
“in	via	di	sviluppo”	o	emergenti,	cioè	più	poveri,	che	ne	
subiscono	maggiormente	i	danni.	La	nuova	società	indu-
strializzata	ha	investito	in	pieno	il	settore	dell’agricoltura	
trasformandola	nel	settore	produttivo	più	dipendente	dai	
combustibili	fossili.	Per	lunghissimo	tempo,	è	parso	che	
questo	modello	di	sviluppo	non	imponesse	prezzi	da	pa-
gare	e	potesse	consentire	alla	 ristretta	élite	mondiale,	di	
cui	noi	 facciamoparte,	di	 ignorare	 le	conseguenze	delle	
proprie	azioni	e	vivere	in	un’eterna,	irresponsabile	e	vizia-
ta	adolescenza.	Ma	non	è	così.	Il	riscaldamento	globale,	la	
devastazione	dell’ambiente,	la	perdita	di	fertilità	dei	suoli,	
la	biodiversità	in	pericolo,	le	ricorrenti	crisi	economiche,	la	
scarsità	delle	materie	prime	–	primo	tra	tutti	proprio	del	
nostro	deus-ex-machina,	il	petrolio	–	ci	costringono	a	fare	i	
conti	con	problemi	di	portata	così	enorme	da	lasciarci	sen-
za	fiato	e	senza	forze,	sentendoci	impotenti	e	frustrati	di	
fronte	a	possibili	scenari	futuri	che	non	vorremmo	davvero	
augurare	ai	nostri	figli	e	nipoti,	né	ad	alcun	altro.
L’autore	non	offre,	con	le	sue	pagine,	soluzioni	sem-
plici	 o	 consolatorie	 per	 chi	 sta	 prendendo	 coscienza	
Prefazione all’edizione italiana
“Non andare dove conduce il sentiero, 
va’ invece dove il sentiero non c’è e lascia una traccia”
Ralph Waldo Emerson, poeta e scrittore (1803 - 1882)
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16 Permacultura
della	vastità	dei	problemi	che	abbiamo	davanti.	Indica	
però,	in	modo	chiaro	e	convincente,	un	cammino	fatto	
di	consapevolezza,	azione,	autocritica,	dubbi	e	capaci-
tà	di	evolversi	 imparando	dai	nostri	stessi	errori,	che	
possa	portare	verso	una	futura	società	della	decrescita	
conseguente	alla	discesa	energetica.	Questa	è	la	gran-
de	sfida:	come	risponderà	il	mondo	a	noi	conosciuto	
alla	ridotta	disponibilità	di	combustibili	a	basso	costo,	
inevitabile	una	 volta	 raggiunto	 e	 superato	 il	 picco	di	
estrazione	del	petrolio?	Sarà	la	tecnologia,	il	sogno	tec-
nologico	come	l’autore	lo	definisce,	a	salvare	un’uma-
nità	e	un	pianeta	sull’orlo	del	collasso,	o	sarà	piuttosto	
una	trasformazione	“dal	basso”,	generata	dalle	miglia-
ia	di	azioni	e	progetti	sviluppati	nel	territorio	dai	“pro-
gettisti	–	permacultori”	a	partire	dalla	porta	di	casa,	e	
collegati	e	potenziati	dalla	loro	capacità	di	fare	rete?	Ai	
posteri	l’ardua	sentenza,	ma	il	celebre	slogan	“pensare	
globalmente	e	agire	localmente”	trova	nel	libro	di	Hol-
mgren	un’eccellente	applicazione	teorica	e	pratica.
I	12	principi	della	Permacultura	ci	mantengono	però	
saldamente	 (e	 saggiamente)	 ancorati	 al	mondo	 della	
natura	e	delle	leggi	dell’energia	a	cui	nulla	sfugge	e	a	
cui	dobbiamo	tornare	a	guardare	con	un	po’	di	umiltà	
per	 tentare	 di	mettere	 ordine	nella	 confusione	 e	 nel	
frastuono	 che	 ci	 circondano.	 I	 percorsi	 e	 le	 strategie	
pratiche	 che	 l’autore	 ci	 indica	 spaziano	 dall’ambito	
agricolo	 e	 rurale	 a	 quello	 urbano,	 dalla	 gestione	 del	
territorio	alle	relazioni	sociali,	dalla	scala	umana	a	noi	
familiare	a	quella	enorme	dell’intero	pianeta,	e	a	quella	
microscopica	della	trasmissione	genetica.		
La	Permacultura	è	progettazione,	e	la	capacità	di	pro-
gettare	 e	 riprogettare	 la	nostra	 vita	 in	modo	 adegua-
to	e	consono	alla	situazione	e	alle	sfide	attuali	è	nelle	
nostre	mani.	La	Permacultura	è	anche	l’arte	di	tessere	
relazioni	utili	tra	gli	elementi	di	sistemi	a	volte	talmen-
te	complessi	da	ricordare	le	immagini	prodotte	dai	ca-
leidoscopi,	 o	 dai	 frattali.	 È	 necessario	 conoscere	 per	
capire,	 capire	 per	 amare	 e	 amare	 per	 proteggere.	 La	
complessità	 dinamica	 e	 l’incessante	 evoluzione	degli	
ecosistemi	naturali	 e	umani,	 che	Holmgren	 affronta	
e	descrive	nelle	sue	pagine,	affascina	come	un	raccon-
to	fantascientifico	e	commuove	al	pensiero	di	quanto	
poco	sappiamo	e	capiamo	dell’ecosistema	Terra,	da	cui	
tutti	 dipendiamo.	 Manca,	 egli	 lamenta,	 una	 scienza	
ecologica	globale	in	grado	di	fare	previsioni	attendibili	
sul	futuro	che	ci	attende.	L’esito	dei	nostri	sforzi	rima-
ne	incerto,	ci	ammonisce,	ma	abbiamo	il	dovere	mora-
le	e	civile	di	impegnarci	al	meglio	e	da	subito,	perché	la	
strada	verso	una	reale	sostenibilità	è	lunga	ed	il	tempo	
a	nostra	disposizione	è	breve.	
Alla	 lucida,	 e	 talvolta	 spietata,	 profondità	 di	 lettura	 del	
presente,	 l’autore	 unisce	 una	 capacità	 di	 anticipazione	
dei	tempi	quasi	preveggente.	All’età	di	23	anni	collaborò	
con	Bill	Mollison	alla	creazione	e	definizione	della	Per-
macultura,	 uno	 dei	 più	 significativi	 contributi	 intellet-
tuali	offerti	dal	suo	paese,	 l’Australia.	Da	allora,	egli	ha	
incessantemente	sviluppato	ed	applicato	i	principi	della	
Permacultura	alla	propria	 vita,	 sia	nella	 sua	piccola	 (in	
termini	australiani)	fattoria	di	Melliodora	sia	nelle	azien-
de	agricole	a	cui	offre	consulenza,		riunendo	nella	collana	
Collected writings 1978-2000	gli	studi	e	le	ricerche		alla	ba-
se	di	questo	libro,	pubblicato	nel	2002	in	Australia.		Già	
allora	mise	in	evidenza	tendenze	che	si	sarebbero	svilup-
pate	negli	anni	successivi,	e	avrebbero	aperto	la	strada	a	
movimenti	emergenti	oggi	attivi	in	molti	paesi,	come	le	
“Transition	Towns”	 iniziate	nel	 2007	dal	permacultore	
inglese	Rob	Hopkins.	 Il	movimento	della	 “Decrescita”,	
sostenuto	 dall’economista	 e	 filosofo	 francese	 Serge	 La-
touche,	 affonda	 le	 radici	nel	 lavoro	dell’economista	 ru-
meno	Nicholas	Georgescu-Roegen	 (ideatore	 della	 bioe-
conomia)	e	passando	per	ragionamenti	di	natura	molto	
diversa	giunge	a	conclusioni	analoghe.	
Entrambi	i	movimenti	hanno	trovato	in	Italia	un	terre-
no	fertile	e	sensibile.	
Le	Transition	Towns,	da	cui	è	nata	la	rete	“Transition	
Italia”,	 nascono	 dalla	 grande	 intuizione	 che	 la	 sfida	
energetica	riguarda	anche	e	 innanzittutto	gli	abitanti	
delle	città	e	delle	periferie,	e	che	un	radicale,	seppur	
graduale,	cambiamento	degli	stili	di	vita	deve	necessa-
riamente	 coinvolgere	 tutti,	 pena	 l’inefficacia.	 Portare	
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17Prefazione all’edizione italiana
città	e	villaggi	verso	la	transizione	ad	un	modello	socia-
le	a	basso	impatto	ambientale	e	a	basso	assorbimento	
energetico	è	uno	sforzo	senza	precedenti	che	richiede	
la	partecipazione	attiva	di	tutti	le	componenti	della	so-
cietà,	chiamate	a	contribuire	al	grande	cambiamento	
con	creatività	e	senso	di	responsabilità	verso	le	proprie	
comunità	locali.
La	filosofia	della	Decrescita	ha	generato	 in	Italia	due	
correnti	di	pensiero,	collegate	alla	“Rete	per	la	Decre-
scita”	e	al	“Movimento	per	la	Decrescita	Felice”,	acco-
munate	dalla	consapevolezza	della	totale	insostenibili-
tà	del	modello	di	sviluppo	occidentale	e	dell’assoluta,	
pressante	necessità	di	ridurre	consumi,	sprechi,	velo-
cità	e	 ritmi	di	 vita.	La	decrescita	è	 la	grande	“eresia”	
che	terrorizza	economisti	e	politici	insieme,	perché	se-
condo	il	modello	economico	occidentale	senza	crescita	
non	c’è	sviluppo,	e	senza	sviluppo	si	rischia	di	cadere	
fuori	dalle	Colonne	d’Ercole	della	civiltà.	Peccato	che	
già	oggi	lo	studio	dell’impronta	ecologica	evidenzi	con	
dati	oggettivi	che	i	paesi	del	primo	mondo	stanno	divo-
rando	il	capitale	naturale	della	Terra,	danneggiando	il	
pianeta	–	in	modo	forse	irreparabile	–	senza	nemme-
no	accorgersene.	La	Permacultura	ci	porta	ad	osservare	
la	natura	e	gli	ecosistemi,	facendoci	comprendere	che	
non	esiste	alcun	modello	naturale	di	crescita	eterna	ed	
illimitata,	ma	piuttosto	una	costante	costruzione	di	si-
stemi	complessi,	che	crescono	fino	al	raggiungimento	
della	massima	stabilità,	ed	in	questo	stato	perdurano	
per	tempi	talmente	lunghi	da	sembrare	–	per	la	scala	
umana	–	permanenti	ed	eterni.
È	 inoltre	 molto	 attiva	 la	 Rete	 Italiana	 dei	 Villaggi	
Ecologici	–	RIVE,	che	dal	1996	riunisce	le	principali	
esperienze	di	 vita	 comunitaria	 ed	 ecologica	 in	 Italia.	
Le	comunità	 intenzionali,	gli	 eco-villaggi	ed	 i	gruppi	
di	co-housing,	a	cui	si	fa	ampiamente	riferimento	nelle	
pagine	del	 libro,	rivestono	per	Holmgren	grande	im-
portanza	come	esempi	positivi	di	 integrazione	socio-
ecologica	degli	elementi	della	vita	umana,	nella	ricerca	
di	ricrearequel	senso	di	appartenenza	e	condivisione	
che	scarseggia	nella	struttura	sociale	organizzata	per	
nuclei	 frammentati	 e	 separati.	 Le	 comunità	 –	molte	
delle	quali	seguono	e	sviluppano	i	principi	della	Per-
macultura	–	sono	veri	e	propri	laboratori	che	offrono	
alla	 società	 idee	 e	 strumenti	 innovativi	 e	 adeguati	 al	
percorso	di	discesa	energetica.	
L’Accademia	Italiana	di	Permacultura,	nata	nel	2003,	
continua	la	propria	azione	di	formazione	e	promozio-
ne	 sia	 attraverso	 i	 Corsi	 di	 Progettazione	 in	 Perma-
cultura	sia	con	 le	 tutorie	offerte	dai	suoi	diplomati	a	
chi	 voglia	 conseguire,	 dopo	 un	 percorso	 biennale	 di	
apprendimento	attivo,	il	Diploma	di	Progettazione	in	
Permacultura.	 Ha	 visto	 costantemente	 crescere	 nel	
corso	degli	 anni	 l’interesse	del	pubblico	 e	dei	media	
per	questa	nuova	scienza	progettuale	che	abbraccia	e	
comprende	 tutte	 le	 attività	umane,	 e	 in	primo	 luogo	
la	produzione	del	 cibo	quotidiano	senza	cui	 la	vita	è	
impossibile.	Prendersi	 la	propria	 responsabilità,	 aver	
cura	della	Terra	e	delle	persone,	imparare	a	condivide-
re	il	surplus	per	creare	una	diffusa	solidarietà	sociale,		
sono	 le	basi	etiche	della	Permacultura,	che	ci	spinge	
all’azione	 attraverso	 l’insegnamento	dei	principi	pro-
gettuali	 e	 delle	 strategie	 per	 una	 buona	 gestione	 del	
territorio	e	delle	 risorse.	Cercare	un’alta	qualità	della	
vita	per	questa	generazione	e	quelle	future	non	è	solo	
un	generico	diritto	di	tutti	gli	esseri	umani	ma	un	im-
pegno	da	assumere,	da	oggi,	in	prima	persona.
Dall’Australia	Holmgren	lancia	il	suo	messaggio	anche	
all’Italia,	paese	che	egli	conosce	ed	ama,	e	ci	auguriamo	
che	il	lettore	italiano	accolga	l’invito	all’azione	che	la	pia-
cevole	e	stimolante	lettura	di	queste	pagine	ispira.	
Ringraziamo	Arianna	Editrice	per	avere	pubblicato	il	
libro,	Giuseppe	Chia	per	il	suo	lavoro	di	traduzione	e	
le	note	esplicative,	e	tutte	le	persone	che	portano	avan-
ti	attivamente	progetti	per	rendere	visibile	e	tangibile	
intorno	a	noi	un	modello	sociale,	economico	ed	ecolo-
gico	profondamente	sostenibile,	solidale	e	gioioso.			
Lucilla Borio, Stefano Soldati, Massimo Candela
Accademia Italiana di Permacultura
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18 Permacultura
Siti	web	di	riferimento:
Accademia Italiana di Permacultura: http://www.permacultura.it
Transition Italia: http://transitionitalia.wordpress.com
Rete per la Decrescita: http://www.decrescita.it
Movimento per la Decrescita Felice: http://www.decrescitafelice.it
Rete Italiana Villaggi Ecologici – RIVE: http://www.ecovillaggi.it 
Gruppi di co-housing in Italia: http://retecohousing.org, http://www.cohousingintoscana.it
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Introduzione
Che cos’è la permacultura?
Ho	già	 detto	 che	non	 è	mia	 intenzione	definire	 o	
limitare	il	concetto	di	permacultura,	ma	devo	almeno	
dare	 alcuni	 chiarimenti	 per	 spiegare	 il	 contenuto	 di	
questo	libro.
La visione
Il	termine	permacultura	fu	coniato	da	Bill	Mollison	e	
da	me	a	metà	degli	anni	’70	per	descrivere	«un	sistema	
integrato	in	evoluzione	di	specie	animali	e	vegetali,	pe-
renni	o	a	diffusione	spontanea,	utili	all’uomo»19.	Un’al-
tra	definizione	di	permacultura,	che	riflette	il	progressi-
vo	allargarsi	delle	prospettive	dopo	la	pubblicazione	di	
Permaculture One	è	questa:	«Paesaggi	consapevolmente	
progettati,	 che	 imitano	modelli	e	 relazioni	presenti	 in	
natura	e	forniscono	cibo,	fibre	ed	energia	per	soddisfare	
i	bisogni	locali».	Le	persone,	le	loro	abitazioni	e	i	modi	
in	cui	organizzano	le	loro	comunità	sono	di	importanza	
centrale,	in	permacultura.	In	tal	modo,	la	prospettiva	di	
una	agricoltura	permanente	(per	definizione,	sostenibi-
le)	si	evolve	spontaneamente	nella	realizzazione	di	una	
cultura	permanente	(anch’essa	sostenibile).
Il sistema di progettazione
Per	molte	persone,	me	 compreso,	 la	 concezione	di	
permacultura	evocata	nelle	 righe	che	precedono	è	 tal-
mente	globale,	nella	prospettiva	che	delinea,	da	limitar-
ne	l’utilità.	Precisando	meglio,	io considero la permacultu-
ra come l’utilizzo di sistemi di pensiero e principi di proget-
tazione che forniscano la cornice organizzativa per mettere 
in pratica la prospettiva o visione delineata sopra20.	È	come	
mettere	insieme	tutte	quelle	idee,	le	capacità	e	i	modi	di	
vita	diversi	che	bisogna	riscoprire	e	sviluppare,	per	darci	
la	possibilità	e	la	forza	di	trasformarci	da	consumatori	
dipendenti	in	cittadini	responsabili	e	produttivi.
Se	consideriamo	le	cose	da	questo	punto	di	vista	più	
limitato	–	ma	probabilmente	più	 importante	–	 la	per-
macultura	non	è	più	solo	la	cura	del	paesaggio,	l’abilità	
dell’orticoltore	biologico,	l’allevamento	secondo	metodi	
sostenibili,	 la	 costruzione	 di	 edifici	 o	 ecovillaggi	 effi-
cienti	dal	punto	di	vista	del	fabbisogno	energetico.	
È	tutto	questo	e	anche	di	più:	è	 la	capacità	di	pro-
gettare,	 rendere	praticabili,	 gestire	 e	migliorare	 tutte	
queste	 cose	 insieme	 e	 ogni	 altro	 sforzo	di	 individui,	
famiglie	e	comunità,	nel	tentativo	di	costruire	un	fu-
turo	sostenibile.
Il	 fiore della permacultura	 illustrato	 nella	 Figura 1 
mostra	le	principali	aree	che	bisogna	trasformare	per	
creare	un	futuro	sostenibile.	Storicamente,	la	perma-
cultura	 si	 è	 concentrata	 sulla	 cura	 della	 terra	 e	 della	
natura,	sia	come	fonte	di	principi	etici	e	organizzativi	
che	come	applicazione	degli	stessi.	
Si	possono	applicare	gli	stessi	principi	anche	a	quel-
le	altre	aree	dell’attività	umana	che	sono	le	risorse	ma-
teriali	ed	energetiche	e	l’organizzazione	delle	comuni-
tà	umane	(nei	nostri	corsi	di	permacultura	spesso	chia-
miamo	queste	aree	di	intervento	strutture invisibili)21.	I	
settori	specifici,	i	metodi	progettuali	e	le	soluzioni	che	
con	il	tempo	sono	stati	associati	a	una	visione	più	al-
largata	della	permacultura	si	trovano	alla	periferia	del	
fiore.	La	spirale	evolutiva	in	forma	di	freccia	ha	il	suo	
punto	di	partenza	nella	corolla	centrale	dei	principi	eti-
ci	e	connette	i	vari	settori,	inizialmente	a	livello	indi-
viduale	e	locale	e	poi	in	senso	sempre	più	collettivo	e	
globale.	La	spirale	un	po’	ondivaga	a	tela	di	ragno	sug-
gerisce	il	carattere	incerto	e	variabile	di	tale	processo	
di	integrazione.
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20 Permacultura
Figura 1 – Il fiore della permacultura.
PrinciPi etici 
e organizzativi 
della Permacul-
tura
Evoluzione dei 
sistemi progettati
in senso 
permaculturale
Cura di terra e natura
Agricoltura biologica 
e biodinamica
Silvicoltura
Spigolare, raccogliere allo 
stato selvatico
Raccolta 
e conservazione semi
Ambiente 
costruito (edifici)
Bioarchitettura
Case di terra 
e paglia
Case autocostruite
Solare passivo
Strumenti 
e tecnologie
Energie rinnovabili
Tecnologie 
appropriate
Trasporti su 
bicicletta
Riutilizzo/riciclo
Cultura 
e istruzione
Riutilizzo/riciclo
Leggere il 
paesaggio/
spiritus loci
Istruzione in casa/
pedagogia steineriana
Arti e musica aper-
te alla partecipazione
Salute 
e benessere 
spirituale
Yoga e altre discipline per 
corpo/mente/spirito 
Medicina olistica
Parto in casa/
Morire con dignità
Economia e finanza
LETS22
WWOOF
Agricoltura 
su sottoscrizione23
Investimenti etici
Possesso della terra e 
governo della comunità
Risoluzione 
dei conflitti
Ecovillaggi-
co-housing
Cooperative, 
enti giuridici 
e fondazioni
La rete
La	permacultura	è	anche	una	rete	con	movimenti	diffusi	
a	livello	mondiale,	fatti	di	individui	e	gruppi	che	lavorano	in	
Paesi	ricchi	e	poveri	per	dimostrazione	e	diffonderne	i	prin-
cipi	di	progettazione	pratica.Questi	movimenti	sono	per	lo	
più	autonomi	e	non	finanziati	da	Stati,	governi	e	imprese	
private;	le	persone	che	ne	fanno	parte	sono	testimoni	di-
retti	di	un	futuro	ecocompatibile	organizzato	direttamente	
intorno	alle	loro	vite	in	base	ai	principi	della	permacultura.	
In	tal	modo	queste	persone	si	fanno	promotrici	di	cambia-
mento,	all’interno	delle	loro	realtà	locali;	questi	anche	pic-
coli	cambiamenti,	a	loro	volta,	influenzano	in	maniera	più	
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21Introduzione
o	meno	diretta	ulteriori	altre	trasformazioni	in	altri	ambiti,	
come	 la	 gestione	 dell’ambiente,	 l’agricoltura	 biologica,	 la	
scelta	di	tecnologie	appropriate,	la	fondazione	di	comunità	
improntate	a	principi	di	salvaguardia	della	natura.	A	distan-
za	di	vent’anni,	la	permacultura	è	diventata	il	prodotto	cul-
turale	d’esportazione	più	significativo	dell’Australia.
Il corso di progettazione in permacultura
La	maggior	parte	delle	persone	coinvolte	nel	movimen-
to	della	permacultura	ha	in	qualche	modo	svolto	un	cor-
so	speciale	di	preparazione.	Da	oltre	quindici	anni,	questi	
corsi	sono	stati	il	principale	veicolo	d’espansione	del	movi-
mento	in	tutto	il	mondo.	Nel	1984	siamo	riusciti	a	codifica-
re	un	curriculum	con	vari	argomenti	e	materie.	In	seguito,	
però,	per	effetto	dei	diversi	approcci	seguiti	dai	vari	docen-
ti,	la	forma	e	il	contenuto	di	questi	corsi	hanno	prodotto	
esperienze	 e	 concezioni	differenziate	 anche	 in	base	 alle	
realtà	locali.	All’inizio	degli	anni	’90,	ho	cominciato	a	te-
nere	regolarmente	dei	corsi	di	permacultura,	adottando	il	
curriculum	cui	ho	già	accennato.	Anch’io,	però,	ho	adatta-
to	il	formato	del	curriculum	dando	maggiore	importanza	
alle	mie	esperienze,	concezioni	e	priorità.	Ho	anche	con-
tribuito	alla	discussione	e	al	dibattito,	all’interno	del	movi-
mento,	su	come	insegnare	i	contenuti	della	permacultu-
ra24.	In	anni	recenti,	questo	dibattito	si	è	fatto	più	intenso.	
Bill	Mollison	e	altri25	hanno	dichiarato	che	il	non	aderire	al	
curriculum,	l’includere	in	esso	la	trattazione	di	temi	di	tipo	
religioso	che	esulino	da	quelli	classici	della	permacultura	
come	scienza	della	progettazione	e	la	non	aderenza	ai	prin-
cipi	e	alle	teorie	fanno	perdere	valore	e	forza	al	senso	stesso	
dei	corsi	di	permacultura.	Personalmente,	sono	abbastan-
za	d’accordo	con	alcune	di	queste	affermazioni	relative	ai	
corsi,	ma	ho	sempre	pensato	che	anche	nel	caso	della	per-
macultura	uno	dei	principali	valori	debba	essere	la	diver-
sità,	pure	quando	–	come	nel	caso	delle	erbacce	–	questa	
diversità	assume	forme	che	possono	non	piacerci.
Diffusione del concetto di permacultura
In	 molti	 Paesi	 il	 concetto	 di	 permacultura	 è	 noto	
soltanto	a	quel	ridotto	numero	di	persone,	che	hanno	
partecipato	a	qualche	corso	di	progettazione	o	sono	at-
tivamente	coinvolte	in	progetti	specifici.	In	Australia	la	
cosa,	per	ovvie	ragioni,	è	del	tutto	diversa:	è	qui	che	è	
iniziata	la	storia	della	permacultura	ed	è	qui	che,	attra-
verso	i	 tanti	progetti	avviati,	 i	principi	della	permacul-
tura	hanno	trovato	diffusione	e	apprezzamento	presso	
larghe	fasce	di	popolazione	di	orientamento	ambientali-
sta26,	grazie	anche	alla	sensibilità	dei	mass	media.
Molti	considerano	la	permacultura	come	un	sistema	
di	orticoltura	o	uno	stile	di	vita	ispirato	alla	controcultura.	
Tali	 interpretazioni	popolari	possono	implicare	sia	van-
taggi	che	svantaggi,	ma	in	entrambi	i	casi	contribuiscono	
ad	allargare	il	contesto	di	trattazione	di	questo	mio	libro.
La permacultura come orticoltura
Molta	gente	in	Australia	vede	la	permacultura	in	modo	
positivo,	come	una	forma	di	ambientalismo	da	accettare	
perché	basata	sul	buon	senso.	Gli	effetti	dei	programmi	
televisivi	 su	giardinaggio	e	simili,	 i	 video	e	 i	 libri27	 che	
propagandano	il	fai	da	te	in	questo	campo,	i	progetti	av-
viati	 in	molte	 scuole,	 gli	 orti	 comunali,	 i	 LETSystem	e	
l’inclusione	come	opzione	in	corsi	standard	di	orticoltu-
ra	hanno	contribuito	a	scatenare	un	vero	entusiasmo	nei	
confronti	della	permacultura.
Il	processo	di	soddisfacimento	dei	bisogni	della	gen-
te	secondo	modalità	sostenibili	richiederebbe	una	vera	
rivoluzione	culturale.	Imporre	alla	gente	un	tale	passo	
come	prerequisito	di	adesione	alla	permacultura	non	fa-
rebbe	che	allontanarla,	inibendo	anche	il	crearsi	di	una	
mentalità	positiva	che	punti	al	cambiamento	sociale	e	
personale.	In	tal	modo,	la	permacultura	ha	evitato	alcu-
ni	degli	ostacoli	e	delle	opposizioni,	che	altre	idee	rivolu-
zionarie	hanno	incontrato	sulla	propria	strada.
Il	movimento	della	permacultura	e	la	comprensione	
seppur	rudimentale	di	molti	suoi	concetti	fondamentali	
da	parte	del	grande	pubblico	dimostrano	che	è	possibi-
le,	per	 idee	 rivoluzionarie	complesse	e	anche	astratte,	
esercitare	una	marcata	influenza	sull’opinione	pubblica	
a	partire	dal	basso.	È	un	esempio,	che	potrebbe	fungere	
da	linea	guida	anche	per	altri	concetti	connessi	alla	so-
stenibilità	ambientale,	al	contrario	di	quanto	è	accaduto	
ad	esempio,	per	il	Summit della Terra	di	Rio,	che	ha	ten-
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22 Permacultura
tato	senza	successo	di	mettere	in	moto	dei	meccanismi	
di	partecipazione	popolare	e	di	cambiamento	culturale	
a	partire	dall’alto.
La permacultura come controcultura
Anche	la	percezione	della	permacultura	come	parte	del	
fenomeno	più	generale	della	 controcultura,	 con	 regolari	
riunioni,	riviste,	newsletter	e	gruppi	 locali,	ha	avuto	degli	
aspetti	positivi.	In	quanto	tale,	la	permacultura	ha	fornito	
una	cornice	olistica	per	riorganizzare	gli	stili	di	vita	e	i	va-
lori	di	una	piccola	minoranza	pronta	a	trasformazioni	più	
radicali.	Ciò	si	è	dimostrato	particolarmente	vero	per	la	mi-
noranza	di	giovani	disillusa	dalla	cultura	consumistica	gio-
vanile	della	fine	degli	anni	’9028.	In	altri	casi,	la	permacul-
tura	ha	portato	un	messaggio	di	speranza	nella	lotta	contro	
ingiustizie	ambientali	e	sociali29.	I	corsi	di	progettazione	
in	permacultura,	specialmente	quelli	che	durano	due	setti-
mane,	sono	stati	particolarmente	efficaci	nel	promuovere	
cambiamenti	radicali	e	offrire	nuove	prospettive	di	vita	ai	
partecipanti,	fornendo	loro	anche	un	senso	di	appartenen-
za.	Questo	aspetto	controculturale	della	permacultura	ha	
facilitato	la	sperimentazione	di	nuovi	stili	di	vita,	in	cui	pre-
domina	l’imperativo	ecologico30.
Le reazioni del mondo accademico, 
delle professioni e delle autorità pubbliche
Queste	reazioni	sono	state	più	diversificate	rispetto	a	
quelle	riscontrate	nel	largo	pubblico.	Nel	piccolo	numero	
di	professionisti	e	accademici,	che	alla	fine	degli	anni	’70	
tentarono	di	integrare	nel	loro	lavoro	il	pensiero	ecologi-
co	nei	suoi	vari	aspetti	etici,	pragmatici,	filosofici	e	tecni-
ci,	Permaculture One	produsse	qualche	commento	entu-
siastico.	Ad	esempio,	Earle	Barnhard31	del	New Alchemy 
Institute32	scrisse:	«La	permacultura	fornisce	una	cornice	
concettuale	preziosa	per	società	del	futuro	sane	e	sosteni-
bili».	Bill	Mollison,	invece,	sottolineò	il	fatto	più	generale	
che	«la	comunità	dei	professionisti	si	arrabbiò	molto,	per-
ché	avevamo	combinato	l’architettura	e	la	biologia,	l’agri-
coltura	e	la	silvicoltura,	e	la	silvicoltura	con	l’allevamento.	
Molti	specialisti	di	questi	campi	si	sentirono	offesi	da	tale	
approccio»33.	 La	permacultura	 stessa	 fu	 concepita	 all’in-
terno	 di	 ambienti	 accademici.	 Molte	 figure	 impegnate	
nell’agricoltura	su	grande	scala	e	nelle	politiche	del	territo-
rio	definirono	la	permacultura	teorica,	utopica	e	poco	pra-
tica,	difficile	da	applicare	nel	prevalente	contesto	sociale,	
politico	ed	economico34.	Sin	dalla	comparsa	del	movimen-
to	della	permacultura,	essa	è	diventata	oggetto	di	studio	
da	parte	del	mondo	accademico,	con	varie	accentuazionidi	
impronta	sociologica,	educativa,	politica,	ecologica	o	sem-
plicemente	agricola35.	Alcuni	docenti	universitari	utilizzano	
testi	di	permacultura	e	altre	fonti;	ad	esempio,	nel	1992	un	
intero	elaborato	sulla	permacultura,	redatto	dal	sottoscritto,	
venne	incluso	nel	primo	corso	australiano	post-laurea	con	
specializzazione	in	agricoltura	sostenibile36.
In	altri	Paesi	sono	stati	proprio	gli	accademici	a	pro-
muovere	l’apprezzamento	della	permacultura37.	Un	altro	
accademico	molto	attivo	è	stato	Stuart	Hill,	che	ha	inseri-
to	la	permacultura	fra	le	discipline	connesse	al	concetto	
di	sostenibilità38.	Quella	che	Hill	chiama	prospettiva	della	
sostenibilità profonda	 rafforza	 le	motivazioni	 che	 stanno	
alla	base	di	scelte	radicali	come	la	permacultura.
«La	mia	analisi	della	situazione	–	scrive	Hill	–	
è	primariamente	psicosociale,	piuttosto	che	sola-
mente	politica,	ed	è	esattamente	questo	che	rende	
difficile	accettarla,	perché	essa	richiede	come	pri-
ma	cosa	che	ognuno	riconosca	le	proprie	responsa-
bilità	e	agisca	di	conseguenza	cambiando	se	stesso	
prima	di	puntare	come	al	solito	il	dito	in	direzione	
degli	altri,	o	che	almeno	si	facciano	contempora-
neamente	le	due	cose.	Ciò	non	ha	lo	scopo	di	nega-
re	le	ineguaglianze	e	le	oppressioni,	che	esistono	
e	che	devono	essere	risolte	all’interno	della	nostra	
società,	ma	quello	di	riconoscere	che	ineguaglian-
ze	 e	 oppressioni	 possono	 essere	 fatte	 risalire	 ai	
nostri	modelli,	personali	e	collettivi,	di	comporta-
mento.	Questi	modelli	di	comportamento,	se	non	
verranno	radicalmente	trasformati,	continueranno	
a	causare	disastri	e	a	offendere	il	nostro	prezioso	
pianeta,	la	nostra	società	e	il	nostro	benessere	in-
dividuale.	 Inoltre,	 io	credo	che	quanto	più	 infor-
mato,	cosciente,	competente	e	chiaro	riguardo	ai	
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23Introduzione
propri	valori	ognuno	di	noi	è,	tanto	più	saremo	in	
grado	di	portare	a	termine	le	trasformazioni	strut-
turali	e	istituzionali	di	cui	abbiamo	urgentemente	
bisogno.	Tentare	di	fare	queste	ultime	cose	senza	
cambiare	i	nostri	modelli	di	comportamento	non	
farà	che	portare	al	fallimento	delle	nostre	iniziati-
ve,	proprio	a	causa	del	fatto	che,	così,	non	riusci-
remo	a	rimuovere	le	cause	dei	nostri	problemi.	Al	
massimo,	riusciremo	a	ridurre	solo	di	poco	i	livelli	
di	non	sostenibilità	e	di	degrado»39.
Le	opinioni	di	Hill	si	basano	sulla	sua	esperienza	nel	
campo	dell’agricoltura	ecologica	e	della	ricerca	entomolo-
gica	alla	McGill University	del	Canada	e	sulle	conoscenze	
delle	pratiche	agricole	biologiche	ed	ecologiche	di	varie	
parti	del	globo	che	Hill	ha	accumulato.
La	permacultura	ha	dunque	avuto	un	discreto	grado	
di	riconoscimento	e	generato	un	forte	interesse	negli	stu-
denti,	tanto	che	è	stata	inclusa	come	opzione	in	molti	cor-
si	standard	connessi	all’agricoltura.	Persiste	però	il	pre-
concetto	che	la	permacultura	non sia degna di un rigoroso 
sforzo intellettuale,	ed	è	questa	un’immagine	assai	diffusa	
che	impedisce	che	venga	presa	seriamente	in	considera-
zione	dagli	accademici.
Anche	Mollison	ha	contribuito	al	verificarsi	di	questa	
situazione.	Da	una	parte,	ha	diffuso	diffidenza	nei	con-
fronti	del	mondo	accademico;	dall’altra	la	sua	personalità,	
il	suo	carisma	e	il	modo	netto	e	graffiante	in	cui	si	pone	
nei	confronti	dei	media	lo	hanno	imposto	all’attenzione	
dell’opinione	pubblica.	La	sua	immagine	di	zio	irriveren-
te	ed	eccentrico,	con	idee	precise	e	nette	ha	fatto	breccia	
in	molti	australiani;	egli	è	diventato	così	un	vero	guru,	
per	 i	 sostenitori	 della	 permacultura.	 Il	 dr.	 John	Wam-
sley40,	un	altro	ambientalista	con	tratti	da	iconoclasta,	ha	
svolto	un	ruolo	simile	a	quello	di	Mollison,	nel	sensibiliz-
zare	e	scuotere	l’opinione	pubblica.	Ovviamente,	questa	
radicalizzazione	produce	automaticamente	un’atmosfera	
di	 sospetto	e	 rifiuto	 in	molte	persone,	anche	se	queste	
stesse	 persone	 accettano	 la	 radicalità	 delle	 posizioni	 di	
leader	riconosciuti.	Inoltre,	l’occasionale	uso,	da	parte	di	
Mollison,	di	dichiarazioni	piuttosto	forti	per	smuovere	le	
acque	e	infrangere	pregiudizi	molto	radicati,	ha	prodot-
to	nella	comunità	scientifica	e	accademica	–	già	per	suo	
conto	sospettosa	degli	approcci	olistici	e	gelosa	del	pro-
prio	orticello	–	un	atteggiamento	non	certo	benevolo.
Un eccesso di promozione
Si	è	verificato,	a	volte,	che	alcuni	progetti	di	perma-
cultura	si	siano	rivelati	in	retrospettiva	ingenui,	malrea-
lizzati	e	controproducenti.	La	mancanza	di	adeguate	ri-
sorse	finanziarie,	di	adeguate	informazioni	e	di	capacità	
ha	portato	molte	buone	idee	a	naufragare	più	o	meno	
miseramente.	 Robert	 Gilman	 –	 redattore	 della	 rivista	
In Context	–	ha	detto41	che	«l’opinione	pubblica	è	stata	
vaccinata	contro	le	buone	idee»	dal	fatto	che	quelle	idee	
sono	state	promosse	e	approvate	molto	prima	di	averne	
verificato	l’efficacia	nella	pratica.	Altre	volte	è	avvenuto	
che	l’etichetta	di	permacultura	sia	stata	affibbiata	a	pro-
getti	grandiosi,	che	avevano	poco	o	nulla	in	comune	con	
i	suoi	principi	etici	e	ambientali.
Il	 fatto	che	 la	permacultura	sia	stata	catapultata	sul	
palcoscenico	troppo	in	fretta	può	aver	prodotto	una	sor-
ta	di	corto	circuito,	che	ha	impedito	una	sua	ulteriore	
evoluzione	intellettuale.	Tale	processo	può	essere	para-
gonato	 al	 concetto	di	 sviluppo	 sostenibile,	 che	 è	 stato	
screditato	e	annacquato	dalla	sua	 troppo	rapida	proie-
zione	nel	mondo	delle	politiche	istituzionali	e	dei	con-
sulenti	aziendali.	Qualunque	percorso	seguano,	tutte	le	
idee	devono	 sporcarsi	 le	mani	 con	 il	mondo	 reale,	 se	
vogliono	avere	vita	e	utilità.
I principi della permacultura
In	Permaculture One	 (1978),	Mollison	e	 io	delineammo	
la	teoria	e	alcune	applicazioni	iniziali	della	progettazione	in	
permacultura,	senza	con	questo	elencare	un	vero	e	proprio	
insieme	organico	di	principi.	L’albero della permacultura42	pre-
sentava	il	concetto	paragonandolo	a	un	albero,	che	germoglia	
a	partire	dal	seme,	dando	vita	a	radici	e	strutture	aeree	inter-
dipendenti.	La	germinazione	dell’idea	genera	sia	la	realtà	fi-
sica	dei	sistemi	di	sostegno	dell’ecologia	umana	che	l’intera	
cornice	concettuale	di	conoscenza	olistica.
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24 Permacultura
In	Permaculture: a designers’ manual	(1988),	Bill	Mollison	
ha	realizzato	una	trattazione	enciclopedica	dei	fini	e	delle	
possibilità	della	progettazione	permaculturale,	aggiungen-
do	anche	un	allargamento	della	teoria	e	dei	principi	di	pro-
gettazione	alla	base	delle	varie	applicazioni	pratiche.	I	ca-
pitoli	2	e	3	che	trattano	di	queste	fondamenta	concettuali	
sono	pieni	di	intuizioni	e	suggerimenti,	ma	non	arrivano	a	
fornire	un	chiaro	e	ben	definito	elenco	di	principi.	
In	Introduction to permaculture	(1991),	Mollison	e	Reny	
Slay	hanno	presentato	i	principi	in	modo	molto	più	sem-
plice,	seguendo	un	formato	attribuito	al	docente	di	per-
macultura	americano	John	Quinney.	Questo	 formato	è	
stato	da	allora	largamente	utilizzato	o	adattato	da	molti	
altri	docenti.
Il valore e l’utilizzo dei principi
L’idea	che	sta	dietro	ai	principi	della	permacultura	è	
che	si	possono	derivare	dei	principi	di	ordine	generale	
dallo	studio	del	mondo	naturale	e	delle	società	prein-
dustriali	e	che	si	possono	applicare	questi	principi	in	
modo	universale,	per	accelerare	lo	sviluppo	postindu-
striale	in	senso	sostenibile	di	terre	e	risorse.	
Il	processo	attraverso	cui	si	riesce	a	fornire	all’interno	
di	limiti	ecologici	ciò	che	serve	a	soddisfare	i	bisogni	di	
una	comunità	di	persone	richiede	una	rivoluzione	cul-
turale.	Inevitabilmente,	essa	porterà	con	sé	confusioni,	
false	piste,	rischi	e	inefficienze.	Sembra	davvero	che	il	
tempo	a	disposizione	per	detta	rivoluzione	sia	molto	li-
mitato.In	questo	contesto	storico,	l’idea	di	un	semplice	
elenco	di	linee	guida	che	abbiano	un’applicabilità	molto	
ampia	o	addirittura	universale	è	davvero	attraente.
I	principi	della	permacultura	sono	brevi	dichiarazioni	o	
slogan,	che	possono	essere	ricordati	quasi	fossero	parti	di	
un	promemoria	per	sintetizzare	le	complesse	opzioni,	che	
abbiamo	davanti	quando	si	 tratta	di	progettare	e	attuare	
un	sistema	ecologico	improntato	a	criteri	di	sostenibilità.	
I	principi	vanno	considerati	universali,	anche	se	 i	meto-
di	che	li	esprimono	variano	molto	in	base	ai	luoghi	e	alle	
situazioni.	 Espandendoli	 ulteriormente,	 i	 principi	 sono	
applicabili	anche	alla	riorganizzazione	della	nostra	vita	in	
senso	personale,	economico,	sociale	e	politico.	Come	illu-
strato	nel	Fiore	della	Permacultura,	possono	essere	divisi	
in	principi	etici	e	principi	di	progettazione.	I	principi	etici	
sono	un	distillato	dei	principi	etici	comunitari	adottati	in	
epoche	precedenti	da	gruppi	religiosi	e	cooperativi43.	Fin	
dall’emergere	della	permacultura,	l’etica	–	soprattutto	l’eti-
ca	collegata	all’ambiente	–	è	diventata	un	campo	di	studio	
molto	attivo,	sotto	vari	punti	di	vista.	Ciò	è	la	prova	che	i	
problemi	etici	sono	il	cuore	della	crisi		che	l’umanità	ha	di	
fronte	alla	fine	del	secondo	millennio	dalla	nascita	del	Cri-
stianesimo.	La	stessa	permacultura	è	diventata	argomento	
di	studio	nel	contesto	dell’etica	ambientale44.
I	filosofi	morali	possono	argomentare	che	dare	alla	per-
macultura	una	valenza	di	questo	tipo	–	senza	più	generali	
riferimenti	all’etica	ambientale	e	senza	entrare	nel	contesto	
della	filosofia	–	è	pericoloso	dal	punto	di	vista	etico	e	pra-
tico.	Sono	d’accordo	sul	fatto	che	l’ignoranza	della	storia	ci	
condanna	a	ripeterla,	ma	credo	sia	difficile	andare	molto	
lontano	con	i	paradigmi	etici	senza	che	al	tempo	stesso	si	
agisca	nel	mondo	reale,	sviluppando	in	modo	olistico	 la	
nostra	personalità.	I	pericoli	di	isolamento	del	pensiero	fi-
losofico	rispetto	a	una	vita	integrata	sono	grandi	quanto	i	
pericoli	di	ignoranza	della	storia	di	filosofia	e	morale.
Nel	mondo	moderno,	regno	dell’incertezza	e	delle	do-
mande,	anche	i	principi	etici	della	permacultura,	pur	così	
semplici,	possono	 facilmente	essere	 interpretati	 in	vari	
modi.	La	mia	stessa	comprensione	di	questi	principi	eti-
ci	è	 influenzata	da	una	varietà	di	fonti,	che	risalgono	a	
prima	e	a	dopo	aver	scritto	Permaculture One.	Per	altri,	
più	addentro	all’etica	ambientale,	sarà	più	facile	collocare	
queste	idee	in	un	contesto	più	ampio.
Nel	tentativo	di	essere	più	esplicito	a	proposito	di	que-
sti	principi	e	della	 loro	applicazione,	nel	presente	 libro	
mi	troverò	a	percorrere	un	altro	terreno	minato	filosofico	
senza	quasi	conoscere	i	dettagli	di	questi	pericoli.	Molti	
accademici45	giudicheranno	l’utilizzo	di	energetica e teoria 
dei sistemi	per	capire	e	dare	una	 forma	ai	 concetti	 etici	
–	 impliciti	nella	permacultura	e	 resi	 espliciti	 in	questo	
libro	–	una	visione	della	realtà	pericolosamente	determi-
nistica.	Perfino	all’interno	del	movimento,	alcuni	non	si	
sentono	a	 loro	agio,	quando	si	confrontano	con	 le	mie	
interpretazioni	dei	principi	di	etica	e	progettazione.	
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25Introduzione
Prodotti terziari
Prodotti secondari
Prodotti primari
Realizzazione 
del sistema
Medium II
Medium I
Sintesi
Discipline
Rami (radici)
Dati non compresi
Categorie
Radici
Frutti Sequenza (tempo)
Di
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Prodotti della perm
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Carburanti
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dell’erosione
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Decompositori humus
 
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Superficie equipotenziale Reale
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 Diversità Stabilità Margine Racco
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Ecologia Paesaggio 
progettazione
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Evoluzione 
dei sistemi
Progettazione 
permaculturale
Germinazione 
 Idea dell’idea Evento
Scienze ambientali
Evoluzione e interazione 
dei sistemi
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Figura 2 – L’albero della permacultura.
Offro	i	miei	pensieri	con	la	fiducia	che	il	disagio,	so-
prattutto	il	disagio	morale,	sia	una	salutare	alternativa	
alla	certezza	ideologica.
I principi di progettazione
Il	fondamento	scientifico	dei	principi	della	progettazio-
ne	in	permacultura	si	trova	nella	moderna	scienza	dell’eco-
L’inform
azione produce una più alta int
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 integrazione degli ecosistem
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La conoscenza accumula potenzial
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n’idea ed evolvono dalla conoscenza
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26 Permacultura
logia	e,	più	in	particolare,	in	quella	branca	dell’ecologia	che	
si	chiama	ecologia dei sistemi.	Altre	discipline	intellettuali,	so-
prattutto	la	geografia	del	paesaggio	e	l’etnobiologia,	hanno	
apportato	concetti	che	sono	stati	adattati	ai	vari	principi.	
Fondamentalmente,	i	principi	permaculturali	di	pro-
gettazione	derivano	da	un	modo	di	percepire	il	mondo,	
spesso	descritto	come	systems thinking	e	design thinking	(v.	
Principio 146).	Esponenti	di	questa	corrente	di	idee	sono:
	la	Whole Earth Review,	 il	cui	prodotto	più	noto	è	 il	
Whole Earth Catalogue,	pubblicato	da	Stewart	Brand.	
La	Whole Earth Review	si	è	adoperata	davvero	tanto	
per	far	conoscere	 il	pensare	e	progettare	per	siste-
mi	come	strumento	fondamentale	della	rivoluzione	
culturale,	di	cui	la	permacultura	fa

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