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A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 1 P o n t i f i c i a U n i v e r s i t à G r e g o r i a n a F a c o l t à d i T e o l o g i a R o m a Cristologia Soteriologia Rev. Padre Amaury Begasse de Dhaem s.j. Odin Nota Pag 215nullnullnull A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 2 CR ISTOLOGIA E SOTER IOLOGIA TP 1008 -‐ PADRE AMAURY BEGASSE DE DHAEM S . J . PREGHIERA INIZIALE Anima di Cristo, santificami. Corpo di Cristo, salvami. Sangue di Cristo, inebriami. Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, confortami. O buon Gesù, esaudiscimi. Dentro le tue ferite nascondimi. Non permettere che io mi separi da te. Dal nemico maligno difendimi. Nell’ora della mia morte chiamami. Comandami di venire a te, perché con i tuoi Santi io ti lodi nei secoli dei secoli. Amen. A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 3 INTRODUZIONE GENERALE Padre Begasse è di Liegi, gesuita, teologo a Bruxelles e a Parigi con tesi di dottorato. Professore a Bruxelles in seminario con esperienza in Cile. Prima volta che propone questo corso in termini magistrali. “Ma voi chi dite che io sia?” (Mt. 16,15 – Mc. 8,29 – Lc. 9,20) Il corso aiuterà a rispondere a questa domanda che ci rivolge il Signore. IMPOSTAZIONI DEL CORSO E PROBLEMATICA CRISTOLOGICO – SOTERIOLOGICO • E disse loro: "Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini". (Mt 4,19) • Disse loro: "Venite e vedrete". (Gv 1,39). Confronto nei vangeli sinottici. Gesù non pone questa domanda all’inizio (disse solo “Venite dietro me” o “venite e vedrete”). Gesù ha posto questa domanda solo dopo un certo tempo e solo dopo quando si è fatto conoscere dai discepoli che lo seguono. I discepoli ricevono questa domanda solo dopo che hanno visto agire Gesù, in un certo modo lo conosco già bene ed inoltre da vicino essendo stati con Lui alcuni anni. Questa domanda viene fatta prima di annunciare la Sua passione e arrivo a Gerusalemme. La confessione corretta di Gesù non cade dall’alto ma presuppone già una famigliarità con la sua persone e della sua vita pubblica; se non c’è questa conoscenza la risposta sarebbe vuota, senza senso salvifico ovvero soteriologico. Pietro risponde giusto ma subito dopo Gesù lo chiama “satana” perché non accetta il motivo della sua chiamata (Mc 8,33 e Mt 16,23) Ma visto che questa domanda viene fatta prima di arrivare a Gerusalemme, anche se la risposta è giusta può essere solo confermata nel mistero pasquale: passione e risurrezione. Da battezzati abbiamo già una conoscenza di Gesù e dovremmo seguirlo nei suoi avvenimenti pubblici e privati fino alla passione e solo allora si potrà rispondere a livello cristologico e soteriologico. La parte cristologica e soteriologica sono distinte ma in Gesù la persona e la missione non sono separate. La teologia dogmatica, che riflette sul mistero di Dio che si comunica a noi, richiede la teologia spirituale, ovvero l’esperienza intima che abbiamo di Dio. Bisognerà indagare i dubbi, gli interrogativi dell’uomo rispetto a Dio e a Gesù perché non si può escludere chi riceve la buona novella: l’unico destinatario è l’uomo. LA FIGURA DI GESÙ NELLA SACRA SCRITTURA • “Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi” (Lc 24,44); • E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui (Lc 24,27) • Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me (Gv 5,39) • Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me (Gv 5,46) • la trasfigurazione, con Mosè ed Elia cioè il Tabor (Mt 17,1-‐9; Mc 9,2-‐8; Lc 9,28-‐36) A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 4 Gesù non ha detto “tu” ma ha detto “voi” cioè si rivolge al gruppo e non al singolo; ancora oggi nel battesimo e nella veglia pasquale è “credete” e non “credi”. Gesù con questo “voi” cerca una confessione del primo gruppo di discepoli; cerca una confessione che manifesti l’unità particolare di questo primo gruppo di discepoli ed anche una confessione che distingua loro dagli altri. La confessione è sempre personale ed ecclesiale per cui anche noi dobbiamo ripercorrere 2000 anni di Chiesa perché è dentro questa tradizione che si può inserire la professione di fede che Gesù richiede al singolo e alla Chiesa. Gesù non dice “per voi chi sono” ma “chi dite che io sia” ovvero come parlate di me quando mi dovete annunciare agli uomini; l’interrogazione verte sul linguaggio, sull’annuncio, sul dire e parlare di Gesù e non solo su un approccio personale. La domanda non è rivolta solo ai discepolima anche ai missionari che sono inviati a predicare la buona novella. Ne costituì Dodici, che chiamò apostoli, perché stessero con lui e per mandarli a predicare (Mc 3,14). Il nostro modo di parlare di Gesù rispecchia come viviamo la relazione con Lui; conoscere Cristo ci permette di entrare in relazione più diretta e precisa con gli altri. Con questa domanda si entra nell’essere di Gesù e traspare nella concretezza della sua carne la sua essenza più profonda “chi dite voi che io sia?”. IL VOLTO DI GESÙ NELLA TRADIZIONE DELLA CHIESA Prima di questa domanda Gesù chiede cosa pensano la gente di Lui. • Chi dicono gli uomini (o la gente o le folle) che io sia? (Mt 16, 13; Mc 8,27; Lc 9,18). Questo significa che la nostra confessione si fa sempre con il contrasto di altre opinioni parziali, inadeguate e in certi casi false ed erronee e se vere sono parziali. La nostra confessione di fede speso si fa in queste condizioni anche con immagini poco vere. La risposta della gente era: Giovanni Battista, Elia o uno dei profeti. Questa risposta è importante perché comunque avevano riconosciuto in Gesù un profeta, come succede anche oggi che molti lo considerano un buon uomo e profeta ma così non si coglie tutta la sua ampiezza. La confessione è sempre personale ed ecclesiale per cui anche noi dobbiamo ripercorrere 2000 anni di Chiesa perché è dentro questa tradizione che si può inserire la professione di fede di Gesù. Specialmente si tratteranno i primi 1000 anni con i 7 concili più importanti. In questo cammino troveremo delle falsità della fede chiamate “eresia” che vuol dire in greco “scegliere” ovvero ognuno fa la propria scelta. Un’eresia sceglie un aspetto giusto di Gesù, ma unicamente quello e pertanto tronca la figura di Gesù come salvatore. Non si arriverà solo a dire chi è Gesù come persona ma anche chi è Gesù per il singolo uomo ovvero sia a livello cristologico che soteriologico. RIPRESA SISTEMATICA Sarà una risposta di attualizzazione di questa domanda. A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 5 IMPOSTAZIONE DEL CORSO E PROBLEMATICA CRISTOLOGICA E SOTERIOLOGICA FEDE E TEOLOGIA La teologia è scrutare il senso della rivelazione di Dio nella storia utilizzando tutti i mezzi che Dio ci ha dato proprio per conoscerlo con strumenti naturali (intelligenza, volontà, memoria, ecc.) e mezzi soprannaturali (grazia cioè presenza personale di Dio in noi). La teologia cristiana si radica nella fede non solo appresa ma anche vissuta personalmente e ecclesiasticamente. La teologia nasce nella fede per viversi nella fede e tornare nuovamente nella fede. La teologia include la preghiera del teologo, la sua santità personale e l’esperienza spirituale propria e di tutta la chiesa nei secoli fino ad oggi. La teologia mira a formare discepoli di Cristo, questa è la sua finalità tramite l’intelligenza della fede (intellectus fidei) cioè comprendere la Trinità con l’intelligenza. La teologia mira a formare discepoli e pertanto il metodo è quello pedagogico di Gesù che ha sempre formato discepoli, sviluppando una scienza rigorosa ma anche gustosa, ampia ma anche saporita nello scoprire la figura di Cristo che è una scoperta inesauribile. La teologia deve nutrire mente e spirito e corrisponde più o meno a tutta la grazia che si chiede nella seconda settimana degli esercizi ignaziani. Chiedere un conoscimento interiore del Signore che per me si è fatto uomo, perché lo ami e lo segua di più1. TEOLOGIA ECCLESIALE: SENTIRE CUM ET IN ECCLESIA E PRESUPPOSTO FAVOREVOLE Sentire “cum et in ecclesiae” cioè con e nella Chiesa. La teologia cristiana presuppone la fede vissuta tramite la trasmissione della Rivelazione e di cui ogni generazione deve appropriarsi; pertanto il teologo cattolico pensa nella chiesa, nella comunità dei battezzati e in comunione con i pastori della Chiesa a cui è stata affidata la cura delle anime. Per mirare giusto in tutto, dobbiamo sempre tenere che quello che io vedo bianco, [devo] credere che sia nero, se la Chiesa gerarchica lo determina così, credendo che tra Cristo nostro Signore, lo sposo, e la Chiesa, la sua sposa, vi è lo stesso spirito che ci governa e ci sorregge per la salvezza delle nostre anime, perché, per lo stesso Spirito e Signore nostro che diede i dieci comandamenti, la nostra santa madre Chiesa è retta e governata2. Dobbiamo notare che “io vedo” di Sant’Ignazio è personale e non coinvolge la Chiesa perché la Chiesa ha una visione più ampia e precisa, ma la convinzione di Sant’Ignazio è fondata nel rapporto Sposo-‐Sposa e sull’unità dei due testamenti A.T. e N.T.: una visione dell’unità della storia della salvezza con lapresenza continua e attiva dello Spirito Santo. È necessario presuppore che ogni buon cristiano debba essere più disposto a salvare l’affermazione del prossimo che a condannarla; e se non la possa salvare, cerchi di sapere quale significato egli le dia; e, se le desse un significato erroneo, lo corregga con amore; e, se non basta cerchi tutti i mezzi adatti perché, dandole il significato giusto, si salvi3. 1 IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi spirituali, 104. 2 IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi spirituali, 365. 3 IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi spirituali, 22. A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 6 Non bisogna caricatura il pensiero altrui ma arrivare a decifrare il raggio di verità. Questo atteggiamento è insito nella benevolenza di Dio e si vede quando si dice che: “non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta” (Mt 12,20, citando Is 42,3). Ogni eresia è […], allo stesso tempo, ‘cifra’ di una verità perenne che noi dobbiamo solo conservare insieme con altre affermazioni contemporanee valide, separata dalle quali essa offre una visione falsa. In altre parole, tutte queste affermazioni, più che cippi funerari, sono pietre per costruire una cattedrale, che servano però unicamente quando non restano da sole, ma vengono inserite in una realtà più grande. Allo stesso modo, anche le formule accolte positivamente valgono soltanto quando mantengono al contempo la consapevolezza della loro insufficienza4. Ratzinger dice che a volte gli attuali dogmi sono stati in passato criticati e condannati da Concili. L’atteggiamento da avere quando si incontrano delle eresie, obiezioni, ecc. è di cercare sempre di cogliere il raggio di verità e risituandolo in un contesto più ampio per esprimere il concetto di Dio. TEOLOGIA PASTORALE E MISSIONARIA La teologia è intrinsecamente pastorale e missionaria e il sinodo della nuova evangelizzazione lo ricorda. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato (Mt 28,19-‐20). I discepoli devono testimoniare “qui e adesso” nei contesti dove sono immersi prechè il Signore ci precede sempre (anche nelle nazioni e luoghi più isolati) e quindi diventa necessario conoscere i cuori dei destinatari dell’annuncio, l’orizzonte del significato con il quale si coglierà il messaggio cristiano. Le problematiche cristologiche e soteriologiche si sono rinnovate molto negli ultimi 50 anni; le obiezioni, i pensieri, le problematiche non sono solo quelle dei teologici ma anche quelle dei nostri contemporanei. A volte sono anche i nostri dubbi, le nostre obiezioni dove si alimentano, personalmente e senza rendersene conto, delle “eresie” che sono presenti nell’ambiente in cui si è cresciuti, specialmente in ambiti di forte secolarizzazione come il XX e XXI secolo. La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine. Questo piano scaturisce dall'amore nella sua fonte, cioè dalla carità di Dio Padre. Questi essendo il principio senza principio da cui il Figlio è generato e lo Spirito Santo attraverso il Figlio procede, per la sua immensa e misericordiosa benevolenza liberatrice ci crea ed inoltre per grazia ci chiama a partecipa re alla sua vita e alla sua gloria; egli per pura generosità ha effuso e continua ad effondere la sua divina bontà, in modo che, come di tutti è il creatore, così possa essere anche «tutto in tutti» (1 Cor 15,28), procurando insieme la sua gloria e la nostra felicità. Ma piacque a Dio chiamare gli uomini a questa partecipazione della sua stessa vita non tanto in modo individuale e quasi senza alcun legame gli uni con gli altri, ma di riunirli in un popolo, nel quale i suoi figli dispersi si raccogliessero nell'unità.5 L’eretico non è sempre l’altro, il primo discernimento è personale per smascherare tutte le complicità che si possono avere e i propri “dogmi” che non sono in linea con ciò che sostiene la Chiesa. «Sotto il profilo giuridico-‐ecclesiastico, eretico è definito colui che, dopo il battesimo, e conservando il nome di Cristiano, ostinatamente si rifiuta o pone in dubbio una delle verità che nella fede divina e cattolica si devono credere»6 4 JOSEPH RATZINGER, Introduzioneal cristianesimo, Brescia, Queriniana, 2005, 162. 5 AD GENTES n.2 6 KARL RUNHER, Che cos’è l’eresia?, Paideia 1964 A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 7 SCRITTURA E TEOLOGIA Il Concilio Vaticano II ha chiesto che la Sacra Scrittura sia l’anima della teologia: La sacra teologia si basa come su un fondamento perenne sulla parola di Dio scritta, inseparabile dalla sacra Tradizione; in essa vigorosamente si consolida e si ringiovanisce sempre, scrutando alla luce della fede ogni verità racchiusa nel mistero di Cristo. Le sacre Scritture contengono la parola di Dio e, perché ispirate, sono veramente parola di Dio, sia dunque lo studio delle sacre pagine come l'anima della sacra teologia.7 Le discipline teologiche, alla luce della fede e sotto la guida del magistero della Chiesa siano insegnate in maniera che gli alunni possano attingere accuratamente la dottrina cattolica dalla divina Rivelazione, la penetrino profondamente, la rendano alimento della propria vita spirituale e siano in grado di annunziarla, esporla e difenderla nel ministero sacerdotale. Con particolare diligenza si curi la formazione degli alunni con lo studio della sacra Scrittura, che deve essere come l'anima di tutta la teologia. Premessa una appropriata introduzione, essi vengano iniziati accuratamente al metodo dell'esegesi, apprendano i massimi temi della divina Rivelazione e ricevano incitamento e nutrimento dalla quotidiana lettura e meditazione dei libri santi.8 La scrittura del A.T. e N.T. che nasce da una tradizione orale sospinta dallo Spirito Santo ci porta al massimo apice della verità della fede. “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità”. (Gv. 1,14) È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. Gesù è presente, infine, quando la Chiesa prega e salmeggia, lui che ha promesso: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20) Per realizzare un'opera così grande, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, «offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti», sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro» (Mt 18,20). Effettivamente per il compimento di quest'opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale l'invoca come suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all'eterno Padre. Giustamente perciò la liturgia è considerata come l'esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa, la santificazione dell'uomo è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi; in essa il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa ne uguaglia l'efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado.9 Sensi della Sacra Scrittura: 1) Letterale 2) Morale 3) Allegorico 4) Anagogico 7 DEI VERBUM n.24 8 OPTATIAM TOTIUS n.16 9 SACROSANTUM CONCILIUM n.7 A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 8 L’aspetto storico – critico è importante per capire il contesto nel quale Gesù è vissuto ma la prospettiva del corso è un approccio canonico (maggiormente apprezzabile dagli esegeti) ovvero come il redattore finale ha scritto senza essere troppo soggetti a deformazioni storiche. Benedetto XVI si rifà ad una esegesi spirituale pur conoscendo la ricerca contemporanea. Interpretare la scrittura, con la scrittura, nella scrittura per trovare l’unità di come Cristo ha sempre parlato: ”Dio è uno che ci parla in tutta la scritttura”. • Ricordatevi che uno solo è il discorso di Dio che si sviluppa in tutta la Sacra Scrittura ed uno solo è il Verboche risuona sulla bocca di tutti gli scrittori santi, il quale essendo in principio Dio presso Dio, non conosce sillabazione perché è fuori del tempo10 • Nella Sacra Scrittura, Dio parla all'uomo alla maniera umana. Per una retta interpretazione della Scrittura, bisogna dunque ricercare con attenzione che cosa gli agiografi hanno veramente voluto affermare e che cosa è piaciuto a Dio manifestare con le loro parole.11 FILOSOFIA E TEOLOGIA La teologia utilizza spesso il linguaggio comune ma a volte un linguaggio filosofico e a volte vocaboli propri alla teologia che sono nati nell’oriente cristiano con influssi platonici, stoici e aristotelici e queste formulazioni quindi sono marcate dalla filosofia greca ma spesso si continua ad utilzzare i termine greci per salvaguardare il significato della fede da una desellenizzazione. Questo serve per capire e cogliere dentro un ambito ellenistico l’originalità cristiana. • Sostanza (ousia) • consustanziale (homoousios) • ipostasi (hypostasis) • persona (prosôpon) • natura (phusis) • volontà (boulèsis) • operazione (energeia) La filosofia riflette ciò che l’uomo in certe epoche ha vissuto in relazione a molti aspetti sia rispetto al mondo e sia rispetto Dio. Questo ci aiuta a conoscere meglio chi è il soggetto umano oggi. Un dato importante della fede è l’incarnazione e questo porta un dono tra natura e grazia. La grazia non toglie (non tollat) la natura, ma la perfeziona (perficiat)12. La fede presuppone (praesupponit) la conoscenza naturale, come la grazia presuppone la natura.13 La grazie non è estranea ed esteriore alla realtà della creazione, la grazia presuppone la natura; la grazia non toglie la natura e quindi questa relazione tra discorso filosofico e teologico ha una ragione teologica profonda; non si può prescindere e tenere troppo separata questa relazione. C’è chi possiede una filosofia esplicita (i filosofi, studiosi, ricercatori, ecc.) e poi c’è anche una filosofia implicita (gente comune); la gente comune che spesso non sa di averla ma la possiede perchè un certo modo di pensare e di vedere la vita è intrinseca ed è come l’aria che si respira. La gente respira dalla cultura in cui è immersa a seconda dei territori e delle epoche storiche. 10 SANT’AGOSTINO, Enarratio in Psalmum 103,4,1 11 CATECHISMO CHIESA CATTOLICA n.109 12 TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologica I, q.1, a.8, ad 2. 13 TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologica I, q.2, a.2, ad 1. A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 9 Spesso c’è gente che vive delle filosofie di grandi pensatori senza saperlo o rendersene conto. Paul Ricoeur ha definito alcuni filosofi come “maestri del sospetto” (Marx, Nietzsche, Freud) perché da un lato hanno posto domande radicali ma allo stesso tempo hanno introdotto un certo sospetto rispetto alla Chiesa, alla fede cristiana e ad alcuni valori. Pur essendo esponenti di dottrine diverse fra di loro, anzi opposte su molti punti, Marx, Nietzsche e Freud sono accomunabili nell’opposizione ad una fenomenologia del sacro come propedeutica alla rivelazione del senso. La loro critica è occasione per “liberare l’orizzonte per una parola piú autentica.14 Più che la scuola della reminescenza, questo fatto è indubbiamente vero per la scuola del sospetto. La dominano tre maestri che in apparenza si escludono a vicenda, Marx, Nietzsche e Freud. [...] Se risaliamo alla loro intenzione comune, troviamo in essa la decisione di considerare innanzitutto la coscienza nel suo insieme come coscienza «falsa». Con ciò essi riprendono, ognuno in un diverso registro, il problema del dubbio cartesiano, ma lo portano nel cuore stesso della fortezza cartesiana. Il filosofo educato alla scuola di Cartesio sa che le cose sono dubbie, che non sono come appaiono; ma non dubita che la coscienza non sia così come appare a se stessa; in essa, senso e coscienza del senso coincidono; di questo, dopo Marx, Nietzsche e Freud, noi dubitiamo. Dopo il dubbio sulla cosa, è la volta per noi del dubbio sulla coscienza. [...] Ciò che distingue quindi Marx, Freud e Nietzsche è l’ipotesi generale riguardante insieme il processo della «falsa» coscienza e il metodo di decifrazione. Le due cose vanno insieme, in quanto l’uomo che sospetta compie in senso inverso il lavoro di falsificazione dell’uomo che giuoca d’astuzia. Freud è penetrato nel problema della falsa coscienza attraverso il doppio atrio del sogno e del sintomo nevrotico; la sua ipotesi di lavoro implica gli stessi limiti dell’angolatura di attacco: si tratterà [...] di una economica degli istinti. Marx affronta il problema delle ideologie nei limiti dell’alienazione economica, nel senso questavolta dell’economia politica. Nietzsche, il cui interesse è imperniato sul problema del «valore» -‐ della valutazione e della transvalutazione -‐, cerca nell’aspetto della forza e della debolezza della Volontà di potenza la chiave delle menzogne e delle maschere. In fondo, la Genealogia della morale nel senso di Nietzsche, la teoria delle ideologie nel senso marxiano, la teoria degli ideali e delle illusioni nel senso di Freud, rappresentano altrettante convergenti procedure della demistificazione. Questo forse non è ancora la cosa più forte che hanno in comune; la loro parentela sotterranea procede più lontano; tutti e tre iniziano col sospetto sulle illusioni della coscienza e continuano con l’astuzia della decifrazione, e, infine, anziché essere dei detrattori della «coscienza», mirano a una sua estensione. Ciò che Marx vuole è liberare la praxis mediante la conoscenza della necessità; ma questa liberazione è inseparabile da una «presa di coscienza» che replichi vittoriosamente alle mistificazioni della falsa coscienza. Ciò che Nietzsche vuole è l’aumento della potenza dell’uomo, la restaurazione della sua forza; ma quel che vuol dire Volontà di potenza deve essere ricuperato dalla meditazione delle cifre del «superuomo», dell’«eterno ritorno» e di «Dioniso», senza di che quella potenza sarebbe solo la violenza del di qua. Ciò che Freud vuole e che l’analizzato, appropriandosi del senso che gli era estraneo, allarghi il proprio campo di coscienza, viva in migliori condizioni e sia infine un po’ più libero e, se possibile, un po’ più felice. Uno dei primi omaggi resi alla psicoanalisi parla di «guarigione ad opera della coscienza». L’espressione è esatta.15 La storia della Tradizione e per conoscere le varie epoche ed anche per conoscere elementi di fede; a questo proposito è importante, nonché fondamentale e necessario, prendere in considerazione il binomio filosofia e teologia. 14 PAUL RICOEUR, De l’interprétation. Essai sur Freud, Paris, 1965, trad. it. Dell’interpretazione. Saggio su Freud, di E. Renzi, Il Saggiatore, Milano, 1967, pagg. 46-48 15 PAUL RICOEUR, De l’interprétation. Essai sur Freud, Paris, 1965, trad. it. Dell’interpretazione. Saggio su Freud, di E. Renzi, Il Saggiatore, Milano, 1967, pagg. 46-49 A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 10 STORIA E TEOLOGIA Noi crediamo in un Dio che si è rivelato nella Storia (Israele, Gesù e noi), storia e teologia sono intrinseche perché Dio si è rivelato nella storia degli uomini. Il profilo e metodo storico ha trovato una problematica quando la storia ha iniziato ad applicare delle teorie proprie inerenti la storia della Chiesa facendo nascere correnti come il modernismo (fine 1800 -‐ inizi 1900) dove si vede in modo chiaro la spaccatura tra storia e dogma ed uno degli autori più riconosciuti è il francese Blondel (1904). La ricerca storica è evoluta tantissimo non per relativizzare la rivelazione ma per mettere in risalto la rivelazione stessa rispetto alle altre religioni specialmente orientali (che contaminavano il cristianesimo) e poi ha aiutato a capire la storia della Palestina (con l’archeologia), dei Concili (con i documenti originali) e del cristianesimo fin dalle origini sia dell’A.T. che del N.T. Ma mentre Cristo, «santo, innocente, immacolato» (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr. 2 Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr. Eb 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento. La Chiesa «prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio», annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cfr. 1 Cor 11,26)16 Jaques Bossuet, vescovo e grande predicatore del Seicento, diceva: "Dio scrive dritto nelle righe storte degli uomini". Un´immagine suggestiva che ben rende l´idea: sei tu che tracci quella riga storta. Dio però può far trasformare un atto negativo in un disegno superiore. La storia ci ha aiutato a capire che la storicità delle definizioni dogmatiche entrando in una ermeneutica delle definizioni dogmatiche tiene sempre conto del loro contesto storico. Sebbene la Chiesa abbia grandemente contribuito al progresso della cultura, l'esperienza dimostra tuttavia che, per ragioni contingenti, l'accordo fra la cultura e la formazione cristiana non si realizza sempre senza difficoltà. Queste difficoltà non necessariamente sono di danno alla fede; possono, anzi, stimolare lo spirito ad acquisirne una più accurata e profonda intelligenza. Infatti gli studi recenti e le nuove scoperte delle scienze, come pure quelle della storia e della filosofia,suscitano nuovi problemi che comportano conseguenze anche per la vita pratica ed esigono nuove indagini anche da parte dei teologi. Questi sono inoltre invitati, nel rispetto dei metodi e delle esigenze proprie della scienza teologica, a ricercare modi sempre più adatti di comunicare la dottrina cristiana agli uomini della loro epoca: altro è, infatti, il deposito o le verità della fede, altro è il modo con cui vengono espresse, a condizione tuttavia di salvaguardarne il significato e il senso profondo.17 Molti sono gli apporti della ricerca storica ma anche i limiti devono essere considerati, specialmente quando si parla di un personaggio come Gesù. Come mai quando si parla di Platone o Aristotele si prende tutto per buono, giusto, corretto ed invece quando si parla di Gesù si pongono sempre dubbi e perplessità? Ci sono limiti della scienza storica quando si parla di Gesù perché Gesù non è solo un personaggio storico ma bensì è metastorico ovvero supera la storia essendo senza spazio e senza tempo. Non bisogna avere paura della scienza storica perché la verità è una e può aiutare ma bisogna essere vigilanti affinchè rimanga corretta e seria. Karl Rahner diceva: “Possiede il passato solo chi lo conquista come il proprio presente”.18 16 LUMEN GENTIUM n.8 17 GAUDIUM ET SPES n. 62, citando Giovanni XXIII durante il discorso di apertura del Concilio l’11 ottobre 1962 18 K. RAHNER, Corso fondamentale sulla fede: introduzione al concetto di cristianesimo, Cinisello Balsamo (MI), Edizioni Paoline (L'abside 1), 1990, 279. A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 11 CULTURA E TEOLOGIA Gesù ha avuto un impatto molto grande: Wirkungsgeschichte (gli effetti di Gesù nella storia). Nel documento della PCB L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa è scritto che l’approccio letterario della Wirkungsgeschichte è particolarmente efficace per avvicinare un testo biblico alla grande Tradizione ecclesiale. Utilizzandolo, si avrà non solo la possibilità di collocare la ricerca all’interno di quella tendenza esegetica che da qualche tempo vede la Wirkungsgeschichte come un momento importante per la comprensione di un testo biblico, ma si potrà anche focalizzare l’attenzione sul fenomeno dell’interpretazione dei testi dal punto di vista del reader response criticism: la Wirkungsgeschichte è infatti uno dei modi più efficaci per «misurare l’evoluzione dell’interpretazione nel corso del tempo in funzione delle preoccupazioni dei lettori».19 Ogni teologo è interrogato da questi effetti, dall’impatto che Gesù ha avuto in tutta la cultura del mondo come ad esempio nell’arte, nella letteratura, al cinema, nelle canzoni, alle relazioni con giudei e mussulmani, nella filosofia, nell’ateismo, ecc.. Non si possono escludere questi effetti nel discorso della persona di Gesù Cristo. SOTERIOLOGIA E CRISTOLOGIA Messia (meschiah, maschiah) = Cristo -‐-‐-‐ cristo-‐logia Cristo significa l’unto, colui che ha ricevuto l’unzione, abitato dalla presenza di Dio. Gesù come Messia ha una propria missione, Messia è un titolo che rappresenta la sua persona. “Gesù è il Cristo” è la forma corretta ma oggi è diventato un nome unico “Gesù Cristo”. Gesù significa “Dio salva” Salvare (sôzein); salvatore (sôter) -‐-‐-‐ soterio-‐logia. Salvatore è più nella missione, Gesù è più nella persona ma non si possono separare le due cose. Il vangelo di San Luca è ricco di definizioni di Gesù, ecco quelle del cap. 1: • Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. (v.31) • "Benedetto il Signore, Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo (vv.68-‐69) • salvezza dai nostri nemici (v. 71) • servirlo senza timore (v.74) • per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati (v.77) Ma anche il cap. 2, sempre del Vangelo di San Luca, può essere un buon strumento di ricerca: • oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. (v.11) • Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo. (v.21) • Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo (vv. 26-‐27) • Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti19 Il collegamento tra la Wirkungsgeschichte e la pragmatica viene sottolineato anche da J.P. DELVILLE, “L’Europe de l’exégése” XV, quando questi scrive che la valorizzazione dello studio della storia dell’interpretazione di un testo «se dégage de la pragmatique du langage». A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 12 aspettavano la redenzione di Gerusalemme (v.38) Si può iniziare a scoprire Gesù come persona e poi come salvatore o viceversa; Gesù si è rivelato ai suoi discepoli come Figlio del Padre e come Colui che sana, perdona e fa risorgere i morti. Facendo così rivela entrambe le sue caratteristiche: umana e divina. Nel vangelo di San Matteo troviamo due definizioni: una dice che Gesù è colui che dà la sua vita come riscatto della moltitudine e la seconda, situata nell’ultima cena, viene definito come colui che versa il sangue per i peccati del mondo. • Come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (Mt.20,28) • perché questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati.(Mt. 26,28) In Gv. 4,42 troviamo ancora una definizione del Salvatore: “Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”. La cristologia è capire chi è Gesù per ogni singola persona. L’argomento soteriologico è essenziale in cristologia. Si è iniziato a riflettere come Gesù è prima di tutto salvatore, questo è stato fatto per dimostrare la verità a coloro che dubitano sulla sua divinità contro le tante eresie. Gesù è vero uomo perché solo un uomo può salvare un altro uomo, Gesù è vero Dio perché solo Dio salva. Dopo l’anno 1000 si sono staccati i due aspetti e la trattazione si è diversificata; prima del Concilio Vaticano II si parlava o solo dell’incarnazione “De Verbo Incarnato”, o solo del mistero della salvezza “De Christo Redentore” o della risurrezione con “apologetica”. Abbiamo bisogno di una nuova apologetica, adatta alle esigenze di oggi, che consideri che il nostro compito non consiste nel conquistare argomenti, ma anime, nell'impegnarci in una lotta spirituale, non in una disputa ideologica, nel difendere e promuovere il Vangelo, non noi stessi.20 Apologetica: si intende quel settore della teologia che si occupa di difendere (donde appunto il termine apologia, dal greco "difesa") la verità della fede cristiano-‐cattolica, dimostrando le ragioni della fede cattolica ed esponendo le prove storiche della rivelazione divina agli uomini. Il presupposto dell’apologetica cristiana è costituito per l’appunto dalla consapevolezza del pieno valore della ragione, che consente al cristiano di dialogare senza paure con chi cristiano non è, ma ammetta lui pure il valore della ragione. Dio non è un concetto astratto, non è un'Entità lontana e indifferente che può essere percepita soltanto dall'intelletto umano. Il Signore si è mostrato a noi tramite Suo Figlio ed è un dato di fatto che il personaggio storico Gesù di Nazareth sia Dio a tutti gli effetti. La fede cristiana, quindi, non è un mito, un'intuizione, un sentimento; essa poggia su un Evento storico accaduto duemila anni fa ed ha una sua logica razionale che si spinge fino a dove comincia il Mistero divino, impenetrabile ad ogni creatura. 20 GIOVANNI PAOLO II, discorso ai vescovi della Conferenza Episcopale delle Antille, 7 maggio 2002 A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 13 PRIMA PARTE -‐ IMPOSTAZIONE E PROBLEMATICA PROBLEMATICA CRISTOLOGICA E SOTERIOLOGICA ODIERNA Solo la Scrittura ha il titolo di “norma normans, non normata”. Noi crediamo, insegniamo e confessiamo che la sola regola o norma secondo cui devono essere valutati e giudicati tutti i dogmi e tutti i dottori è quella degli scritti profetici e apostolici dell’Antico e del Nuovo Testamento (...). Quanto agli altri scritti (...) non devono mai essere posti sullo stesso piano delle sacre Scritture. Devono essere tutti subordinati a esse e non es-‐ sere citati che a titolo di testimonianze che attestano in che modo e in quali luoghi la dottrina dei profeti e degli apostoli è stata integralmente conservata dopo l’epoca apostolica.21 La trasmissione della rivelazione avviene solo mediante un gioco combinato dei suoi elementi fondamentali tra Scrittura, Tradizione e magistero. Perciò, è impossibile chiarire la questione della normatività della Scrittura mediante una determinazione della relazione quantitativa o esclusiva dei singoli elementi. Qui appare chiaramente anche il modo di pensare del Concilio quando afferma: La sacratradizione e la sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa; nell'adesione ad esso tutto il popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera assiduamente nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle orazioni (cfr. At 2,42 gr.), in modo che, nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si stabilisca tra pastori e fedeli una singolare unità di spirito. L'ufficio poi d'interpretare autenticamente la parola di Dio, scritta o trasmessa, è affidato al solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo. Il quale magistero però non è superiore alla parola di Dio ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone a credere come rivelato da Dio. È chiaro dunque che la sacra Tradizione, la sacra Scrittura e il magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti che nessuna di queste realtà sussiste senza le altre, e tutte insieme, ciascuna a modo proprio, sotto l'azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime.22 La sacra teologia si basa come su un fondamento perenne sulla parola di Dio scritta, inseparabile dalla sacra Tradizione; in essa vigorosamente si consolida e si ringiovanisce sempre, scrutando alla luce della fede ogni verità racchiusa nel mistero di Cristo. Le sacre Scritture contengono la parola di Dio e, perché ispirate, sono veramente parola di Dio, sia dunque lo studio delle sacre pagine come l'anima della sacra teologia. Anche il ministero della parola, cioè la predicazione pastorale, la catechesi e ogni tipo di istruzione cristiana, nella quale l'omelia liturgica deve avere un posto privilegiato, trova in questa stessa parola della Scrittura un sano nutrimento e un santo vigore.23 21 R. FABBRI (a cura di), Le confessioni di fede nelle Chiese cristiane, EDB, Bologna 1996, n. 658. 22 DEI VERBUM n.10 23 DEI VERBUM n.24 A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 14 SFIDE DEL NUOVO CONTESTO CULTURALE Ci sono 3 importanti sfide: • Gesù storico e Cristo della fede (questione storica) • Maestri del sospetto (questione filosofica) • Questione cristologiche e soteriologiche IL “GESÙ DELLA STORIA”, IL “GESÙ STORICO” E IL “CRISTO DELLA FEDE” Questa separazione è apparsa prima nel contesto protestante e poi in quello cattolico. Il Gesù della storia è diverso dal Gesù storico ed anche dal Cristo della fede. • Gesù della storia: è l’uomo prima della Pasqua anche nella sua missione evangelizzatrice; questo uomo è nato in un momento della storia dell’impero romano, sotto Augusto ed è morto 33 anni dopo sotto Tiberio e il procuratore era Ponzio Pilato (presente nel Credo). Uomo che ha vissuto come i suoi contemporanei potevano conoscerlo e incontrarlo. Di questo uomo abbiamo solo una conoscenza indiretta perché non ha scritto nulla tranne che una volta nella sabbia, non ha lasciato nessuna opera d’arte e non sappiamo nulla del suo ritratto. Lo conosciamo tramite i testimoni oculari della sua vita e morte ed anche della sua risurrezione e proprio per questo hanno dato la loro fede con una predicazione orale prima e poi scritta. • Gesù storico: è una ricostruzione storica della vita di Gesù. E’ come viene percepito Gesù dalla storia critica moderna prescindendo dalla fede e questo Gesù è molto più povero di quello della storia perché avendo poche tracce non si può dire nulla o poco di certo e scientificamente provato. Il punto di vista e di analisi è unicamente la storia. • Cristo della fede: chiamato anche post-‐pasquale, è il Gesù Cristo, Signore e Figlio di Dio. Un Cristo visto (della storia) e rivalutato con la resurrezione, apparizione e alla luce dello Spirito Santo della Pentecoste. Al libro su Gesù, di cui ora presento al pubblico la prima parte, sono giunto dopo un lungo cammino interiore. Al tempo della mia giovinezza – negli anni Trenta e Quaranta – vennero pubblicati una serie di libri entusiasmanti su Gesù. Ricordo solo il nome di alcuni autori: Karl Adam, Romano Guardini, Franz Michel Willam, Giovanni Papini, Jean Daniel-‐Rops. In tutti questi libri l’immagine di Gesù Cristo venne delineata a partire dai Vangeli: come Egli visse sulla terra e come, pur essendo interamente uomo, portò nello stesso tempo agli uomini Dio, conil quale, in quanto Figlio, era una cosa sola. Così, attraverso l’uomo Gesù, divenne visibile Dio e a partire da Dio si poté vedere l’immagine dell’uomo giusto. A cominciare dagli anni Cinquanta la situazione cambiò. Lo strappo tra il “Gesù storico” e il “Cristo della fede” divenne sempre più ampio; l’uno si allontanò dall’altro a vista d’occhio. Ma che significato può avere la fede in Gesù Cristo, in Gesù Figlio del Dio vivente, se poi l’uomo Gesù era così diverso da come lo presentano gli evangelisti e da come lo annuncia la Chiesa a partire dai Vangeli? I progressi della ricerca storico-‐critica condussero a distinzioni sempre più sottili tra i diversi strati della tradizione. Dietro di essi, la figura di Gesù, su cui poggia la fede, divenne sempre più incerta, prese contorni sempre meno definiti. Nello stesso tempo le ricostruzioni di questo Gesù, che doveva essere cercato dietro le tradizioni degli Evangelisti e le loro fonti, divennero sempre più contraddittorie: dal rivoluzionario nemico dei romani che si oppone al potere costituito e naturalmente fallisce al mite moralista che tutto permette e inspiegabilmente finisce per causare la propria rovina. Chi legge di seguito un certo numero di queste ricostruzioni può subito constatare che esse sono molto più fotografie degli autori e dei loro ideali che non la messa a nudo di una icona diventata confusa. Nel frattempo è sì cresciuta la diffidenza nei confronti di queste immagini di Gesù, e tuttavia la figura stessa di Gesù si è allontanata ancor più da noi. A.A. 2012-‐13 Claudio Luigi Fasulo 15 Tutti questi tentativi hanno comunque lasciato dietro di sé, come denominatore comune, l’impressione che noi sappiamo ben poco di certo su Gesù e che solo più tardi la fede nella sua divinità ha plasmato la sua immagine. Questa impressione, nel frattempo, è penetrata profondamente nella coscienza comune della cristianità. Una simile situazione è drammatica per la fede perché rende incerto il suo autentico punto di riferimento: l’intima amicizia con Gesù, da cui tutto dipende, minaccia di annaspare nel vuoto. * * * Ho sentito il bisogno di fornire ai lettori queste indicazioni di metodo perché esse determinano la strada della mia interpretazione della figura di Gesù nel Nuovo Testamento. Per la mia presentazione di Gesù questo significa anzitutto che io ho fiducia nei Vangeli. Naturalmente dò per scontato quanto il Concilio e la moderna esegesi dicono sui generi letterari, sull’intenzionalità delle affermazioni, sul contesto comunitario dei Vangeli e il loro parlare in questo contesto vivo. Pur accettando, per quanto mi era possibile, tutto questo ho voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il vero Gesù, come il “Gesù storico” nel vero senso della espressione. Io sono convinto, e spero che se ne possa rendere conto anche il lettore, che questa figura è molto più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni. Io ritengo che proprio questo Gesù – quello dei Vangeli – sia una figura storicamente sensata e convincente. Solo se era successo qualcosa di straordinario, se la figura e le parole di Gesù superavano radicalmente tutte le speranze e le aspettative dell’epoca, si spiegano la sua crocifissione e la sua efficacia. Già circa vent’anni dopo la morte di Gesù troviamo pienamente dispiegata nel grande inno a Cristo della Lettera ai Filippesi (2, 6-‐8) una cristologia, in cui di Gesù si dice che era uguale a Dio ma spogliò se stesso, si fece uomo, si umiliò fino alla morte sulla croce e che a lui spetta l’omaggio del creato, l’adorazione che nel profeta Isaia (45, 23) Dio proclamò come dovuta a lui solo. La ricerca critica si pone a buon diritto la domanda: che cosa è successo in questi vent’anni dalla crocifissione di Gesù? Come si giunse a questa cristologia? L’azione di formazioni comunitarie anonime, di cui si cerca di trovare gli esponenti, in realtà non spiega nulla. Come mai dei raggruppamenti sconosciuti poterono essere così creativi, convincere e in tal modo imporsi? Non è più logico anche dal punto di vista storico che la grandezza si collochi all’inizio e che la figura di Gesù fece nella pratica saltare tutte le categorie disponibili e poté così essere compresa solo a partire dal mistero di Dio? Naturalmente, credere che proprio come uomo egli fosse Dio e fece conoscere questo avvolgendolo nelle parabole e tuttavia in un modo sempre più chiaro, va al di là delle possibilità del metodo storico. Al contrario, se a partire da questa convinzione di fede si leggono i testi con il metodo
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