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LA PRIMA LEZIONE
Oggi cominciano le lezioni di italiano: è il primo giorno di lezione. Gli studenti sono già in classe.
Ora entra l’insegnante e saluta gli studenti:
“Buongiorno, ragazzi! Il mio nome è Anna Maria Fermi”.
La signora Anna Maria Fermi desidera conoscere gli studenti e chiede il loro nome e la loro nazionalità.
Ci sono studenti brasiliani e argentini. C’è anche una signora cilena. Tutti abitano in Brasile, a Salvador.
Loro studiano e lavorano. Desiderano imparare l’italiano per il loro lavoro.
I VIAGGI
Oggi viaggiare non è costoso come in passato: per questo motivo molte persone passano così le loro vacanze.
Oggi viaggiare è facile: le agenzie di viaggio danno tutte le informazioni necessarie e, se lo desideriamo, prenotano per noi il posto in treno o in aereo e la camera in albergo. 
Anche molti giornali hanno una “pagina dei viaggi” e danno consigli e informazioni ai lettori.
Ci sono molti modi di viaggiare: in auto, in treno, in aereo, in nave. Molti preferiscono viaggiare in auto, perché desiderano essere completamente liberi. Ma anche gli altri mezzi offrono dei vantaggi: il treno è comodo e non troppo costoso, l’aereo è adatto per i lunghi viaggi; un viaggio in nave non è molto veloce, ma è interessante e divertente.
 LETTURA
Rio è una città. Anche Roma è una città. Rio e Roma sono due grandi città. Roma è una città italiana. Rio è una città brasiliana. Il Brasile è un paese, anche l’Italia è un paese, Il Brasile e l’Italia sono due paesi amici. L’Italia è un paese d’Europa, il Brasile è un paese dell’America Latina. Londra è una città dell’Inghilterra: è una città inglese, Parigi è una città della Francia: è una città francese. Roma ha quasi due milioni di abitanti. Rio ha quasi cinque milioni di abitanti. Napoli ha un milione di abitanti. Petropolis non è una grande città, neanche Teresopolis. Petropolis e Teresopolis sono due città brasiliane. Petropolis è una città piccola. Teresopolis e Petropolis sono due piccole città. Dove stanno gli italiani? Gli italiani stanno in Italia. Dove stanno i brasiliani? I brasiliani stanno in Brasile. Il Po è il fiume più grande d’Italia. Il fiume São Francisco è un fiume brasiliano. Anche l’Amazonas è un fiume, è il più grande del mondo. Il lago di Como, il lago Maggiore, il lago di Garda sono i laghi italiani più belli. Itaparica è un’isola, anche la Sicilia e la Sardegna sono isole. Capri e Ischia sono isole italiane piccole. Gli studenti brasiliani molte volte quando parlano invece di dire come dicono como. Como è un lago italiano molto bello e c’è anche una città che si chiama Como. La città di Como ed il lago di Como sono vicini alla Svizzera. La Svizzera è una nazione piccola, molto pulita e molto piena di soldi, ma c’è molto poco sole. L’ideale sarebbe dare alla Svizzera un po’ di sole del Brasile, e la Svizzera dare al Brasile un po’ dei suoi soldi. La difficoltà è del Brasile che non sa come mandare il sole in Svizzera. La colpa è sempre dei paesi sottosviluppati, mancanza di tecnologia!
 LETTURA
* La famiglia Traiano
Romolo Traiano è un uomo, è un italiano. Nadir Traiano è una donna, è brasiliana. Anna Luisa è una ragazza, anzi una signorina. Flavio è un ragazzo. Susanna è una bambina. Leonardo è un bambino, anche Renata è una bimba. Susanna, Leonardo e Renata sono bambini. Susanna e Renata sono bambine. Romolo e Nadir Traiano sono sposati. I signori Traiano e Anna Luisa, Flavio, Susanna e Renata sono una famiglia. La famiglia Traiano è una famiglia numerosa. La prima figlia si chiama Anna Luisa, ma in casa il babbo la chiama Annalisa. Il secondo figlio si chiama Flavio; la terza figlia si chiama Susanna; il quarto figlio si chiama Leonardo e la quinta ed ultima figlia si chiama Renata, ed è la coccolina. I figli dei signori Traiano hanno tutti nomi italiani. Quanti figli maschi hanno Romolo e Nadir Traiano? I signori Traiano hanno due figli maschi. Quante figlie? Hanno tre figlie. In totale i signori Traiano hanno cinque figli. Chi è Nadir Traiano? È la moglie del signor Traiano. E chi è il signor Traiano? È il marito di Nadir Traiano. Quanti fratelli ha Susanna? Susanna ha due fratelli. Quante sorelle ha Flavio? Flavio ha tre sorelle. Flavio chiama il signor Traiano di papà o babbo e gli dà del tu. Susanna chiama la signora Traiano di mamma e le dà del tu. La famiglia Traiano è una famiglia italo-brasiliana. Per la legge italiana tutti i figli del signor Traiano sono italiani, anche quelli nati in Brasile. La signora Nadir Traiano è italiana anche lei, pur essendo nata a Rio da genitori brasiliani. In Italia, c’è la legge del sangue, in Brasile al contrario c’è in vigore la legge della terra. La famiglia Traiano vive felice, meno i giorni in cui c’è la partita Italia e Brasile. In quei giorni soltanto Annalisa ed il babbo tifano per l’Italia, tutti gli altri fanno il tifo per il Brasile.
Lo Stato del Vaticano
Lo Stato del Vaticano (o città del Vaticano) è lo stato più piccolo del mondo. Il suo territorio si estende su una superficie di 0,44 chilometri quadrati. Ha 1225 abitanti. Nasce con gli accordi dell’11 febbraio 1929 (trattato lateranense) fra il Papa e l’Italia (all’epoca governata da Mussolini). Questo Stato comprende come territorio, al centro di Roma, sulla riva destra del fiume Tevere, i palazzi Vaticani, alcuni meravigliosi giardini e piazza San Pietro, normalmente aperta al pubblico. Piazza San Pietro, con la famosa basilica, e i Musei Vaticani (con collezioni artistiche inestimabili) sono visitati da turisti di tutto il mondo. La bandiera dello Stato è bianca e gialla con lo stemma pontificio. Lo Stato possiede una centrale elettrica, una emittente radiofonica e una piccola stazione ferroviaria. Mantiene rappresentanze diplomatiche in quasi tutte le nazioni del mondo. Il sovrano dello Stato è il Papa; la sua autorità spirituale si estende sui milioni di cattolici presenti in tutto il mondo.
La piazza
In Italia, la piazza rappresenta una parte integrante della vita, e una bella statua o una bella fontana contribuiscono spesso alla sua bellezza. Per un caffè, per un appuntamento, per una discussione o per un po’ di musica, un italiano va generalmente in piazza dove c’è spesso un teatro famoso, un monumento, una statua importante, un bar o un ristorante con un’orchestra. Famosa in tutto il mondo è la Piazza San Pietro, a Roma, con il Vaticano e con una fontana a destra e una fontana a sinistra. A Venezia, Piazza San Marco è stupenda, e a Firenze Piazzale Michelangelo offre un magnifico panorama di tutta la città.
La regola francescana
I frati francescani, in alcuni giorni dell’anno, fanno quaresima: infatti non mangiano carne nei loro conventi. Ma quando sono in viaggio, possono mangiare tutto ciò che la gente gli dà poiché devono vivere di elemosina. Un giorno due di questi frati, durante un loro viaggio, arrivano in una osteria dove incontrano un mercante.
Il mercante e i due frati siedono alla stessa tavola e chiedono al padrone di portare quello che ha da mangiare. Ma il padrone dell’osteria ha solo un pollo, e così lo prepara e lo porta a tavola. Il mercante ha molta fame e, quando vede che il pollo è piccolo ed è poco anche solo per lui, dice ai frati: “se io ricordo bene, voi in questi giorni non potete mangiare nessun tipo di carne nei vostri conventi.”
Poiché queste parole sono vere, i frati prima rimangono in silenzio e poi devono dire la verità: è vero, la loro regola, non gli permette di mangiare carne.
Così il mercante può mangiare tutto il pollo da solo, mentre i poveri frati non mangiano niente.
Dopo il pranzo, tutti i tre, i due frati e il mercante, escono dall’osteria e continuano il viaggio insieme. 
Dopo un certo tempo arrivano vicino ad un fiume molto largo. Tutti e tre sono a piedi, i frati perché sono poveri e il mercante perché è avaro, e non c’è né una barca né un ponte per attraversare ilfiume. 
Allora uno dei due frati, poiché ha ai piedi solo gli zoccoli senza le calze, dà i suoi zoccoli in mano al mercante e lo prende sulle sue spalle, anche se il mercante pesa molto.
Quando questo frate con il mercante sulle spalle arriva in mezzo al fiume, ricorda la sua regola; allora alza la testa verso il mercante e gli chiede: “hai soldi addosso?”
“Tu sai bene – risponde il mercante - che li ho. Come può un mercante importante come me andare in giro senza soldi?”
“Ohimé – dice il frate – la nostra Regola ordina che noi frati non possiamo portare soldi addosso.”
E subito butta il mercante nell’acqua.
Il mercante diventa rosso in faccia, ma ride perché capisce l’azione del frate. Poi escono tutti dal fiume e continuano il viaggio insieme.
Leonardo da Vinci 
 �� DA DOVE VIENE LA LINGUA ITALIANA?
L’italiano, come il catalano, il francese, il portoghese, lo spagnolo e il rumeno, fa parte di quelle lingue chiamate lingue romanze. Le lingue romanze hanno origini nel latino. L’aggettivo “romanzo” deriva da una parola latina che significava nella maniera dei romani. L’italiano ha molto in comune con queste altre lingue, comunque ha una grammatica tutta sua. L’italiano si è evoluto dal latino medioevale (chiamato latino volgare). Durante il Medioevo, l’Italia era diversa geograficamente e linguisticamente dall’Italia di oggi. L’italiano di oggi non esisteva ancora: in diverse zone d’Italia, c’erano diverse parlate o volgari, ad esempio, il volgare toscano, quello di Milano, ecc. Queste parlate erano in continua evoluzione. Una, però, quella toscana, o con precisione, quella fiorentina si è imposta anche come lingua letteraria.
L’italiano che parliamo oggi è il volgare o la lingua evoluta che si parlava in Toscana (regione al centro ovest della penisola italiana). Perché il toscano? Perché il fiorentino (parte del toscano) è stato la base letteraria della lingua italiana. Infatti, i padri della letteratura italiana, Dante, Petrarca e Boccaccio erano fiorentini. Sebbene ci siano state molte polemiche, questa variante linguistica si è poi evoluta ancora e si è arrichita con il tempo. Solo nel Cinquecento, nel 1525 con le prose della volgar lingua del grande e primo ufficiale grammatico italiano Pietro Bembo, è avvenuta la prima codificazione di questo modello comune chiamato poi l’italiano.
�� LA PARTITA
Non ho voluto prendere appuntamenti; Ho raccontato una bugia al capo e non sono andato con lui al concerto; Ho fatto uscire mia moglie con i figli, in macchina, contro ogni regola di prudenza (non mando mai mia moglie sola, in macchina, con i miei figli).
Sono così passato sopra ai doveri di amico e di padre di famiglia. Ho fatto tutto questo, perché oggi l’Italia gioca contro il Brasile e la partita è trasmessa per televisione.
Sono le 14 e 15 minuti. Mancano cinque minuti al grande momento. Io sono pronto: le sigarette sono sufficienti e sono al loro posto, vicino a me, fedeli amiche nei momenti importanti; C’è anche la bottiglia del cognac per aiutare il cuore, se ci sarà bisogno. Controllo ancora una volta: sigarette, fiammiferi, portacenere dalla parte e alla distanza giusta, bottiglia e bicchiere. Tutto è a posto.
È cominciato l’incontro. Con la palla che parte per la sua corsa pazza si sono aperte tutte le mie speranze. Passa tra gioia e paure il primo tempo. Nulla di fatto: siamo ancora zero a zero. Per quarantacinque minuti ho gridato, ho sofferto, ho mangiato unghie e fazzoletti.
Secondo tempo. Le due squadre si affrontano con forze nuove; c’è odore di goal nell’aria.
Suonano alla porta. Sono andato di corsa ad aprire, pronto a riprendere il mio posto; ma è la signora dell’appartamento accanto che ha finito lo zucchero e che mi ha domandato se sono gentile, tanto gentile da prestarle non molto, soltanto un poco, solo un poco di zucchero; basta una tazza, ma non una grande, una piccola e domani senz’altro, posso stare sicuro, domani me la ridarà. Mentre ho gettato mezzo chilo di zucchero nella tazzina, dalla sala è arrivato alle mie povere orecchie il grido che annuncia il goal.
Saluto la signora con un sorriso triste. Lei si è scusata per avermi disturbato ed io Le dico che non mi ha affatto disturbato e che non deve fare complimenti. La porta che chiudo alle sue spalle è servita a salvarla da mille pensieri cattivi che Le invio e che non Le ho potuto dire.
Così perdo l’unico goal della partita. Comincio a capire quelli che uccidono per motivi considerati di poca importanza.
�� Un poco di geografia
Il signor Andreotti insegna italiano alla signora Fanfani.
Oggi, la lezione è di geografia.
Il professore spiega alla signora Fanfani la divisione politica del paese. Dice che l’Italia è una repubblica che ha venti regioni, che si suddividono in province. Ogni regione ha il suo capoluogo, che di solito è la città maggiore e più conosciuta, come: Milano, Torino, Firenze, Bari, Napoli, Palermo, ecc.
- Quanti abitanti ha l’Italia?
- L’italia ha 57.110.144 abitanti.
- Dove si trova Roma?
- Roma è la capitale d’Italia e si trova nella regione del Lazio nell’Italia centrale.
I geografi dividono l’Italia in quattro zone distinte: L’Italia settentrionale, l’Italia centrale, l’Italia meridionale ed infine l’Italia insulare, cioè le grandi isole italiane, la Sardegna e la Sicilia. Ognuna di queste zone non si riconosce soltanto per le caratteristiche geografiche e climatiche, ma anche per il carattere degli abitanti, la natura dei dialetti, le forme dell’arte... persino il modo di mangiare.
L’Italia è una penisola posta al centro del mare Mediterraneo. Una vasta catena di montagne, le Alpi, la separano dal resto dell’Europa ed un’altra catena, gli Appennini, le fanno da spina dorsale.
L’Italia ha la forma di uno stivale ed i mari che la circondano sono: ad ovest il mar Tirreno, a sud il mar Ionio, ad est il mar Adriatico.
Il fiume più importante d’Italia è il Po ed i laghi più importanti sono: il lago Maggiore, il lago di Como e il lago di Garda.
Per conoscere bene l’Italia non ci si deve solo limitare a visitare le città celebri. Dopo avere visto Roma, Venezia, Firenze ecc., dovete trascorrere qualche giorno nei piccoli centri di provincia. Parma, Ferrara, Mantova, Modena sono le antiche capitali di piccoli Stati che hanno mantenuto caratteristiche particolari: hanno chiese e palazzi superbi, antiche strade piene di fascino, negozi di un’eleganza insolita nelle città di provincia.
Senza considerare che i trulli di Alberobello sono costruzioni caratteristiche della Puglia degne di essere viste.
�� La cicala e la formica
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L'estate passava felice per la cicala che si godeva il sole sulle foglie degli alberi e cantava, cantava, cantava. Venne il freddo e la cicala imprevidente, si trovò senza un rifugio e senza cibo.
Si ricordò che la formica per tutta l'estate aveva accumulato provviste nella sua calda casina sotto terra. Andò a bussare alla porta della formica.
La formica si fece sulla porta reggendo una vecchia lampada ad olio.
- Cosa vuoi? - chiese con aria infastidita.
- Ho freddo, ho fame….- balbettò la cicala. Dietro di lei si vedeva la campagna innevata. Anche il cappello della cicala ed il violino erano pieni di neve.
- Ma davvero? - brontolò la formica - lo ho lavorato tutta l'estate per accumulare il cibo per l'inverno. Tu che cosa hai fatto in quelle giornate di sole?
- Io ho cantato!
- Hai cantato? - Bene… adesso balla!
La formica richiuse la porta e tornò al calduccio della sua casetta, mentre la cicala, con il cappello ed il violino coperti di neve, si allontanava, ad ali basse, nella campagna.
ROMA
Conosciamo, tra leggenda e verità, la storia della strana isola a forma di nave che si trova sul Tevere, il fiume che attraversa Roma. Nel cuore della capitale, in un’ansa del Tevere, si trova l’Isola di San Bartolomeo, o Isola Tiberina. L’isola è collegata da due ponti alla città. Questo fiumeforniva acqua alla città di Roma. Lungo il Tevere navigavano le navi dei mercanti che trasportavano cibo e merci di ogni genere. Dal fiume, quindi, la città di Roma riceveva il necessario per vivere.
Sin dalle origini di Roma, l’Isola Tiberina era un luogo un po' magico. Qui, infatti, si celebravano le cerimonie religiose durante le quali i malati chiedevano agli dei di guarire. L’isola era consacrata ad Esculapio, il dio della medicina. I malati bevevano l’acqua di un pozzo sacro al dio e … speravano di guarire.
Una leggenda racconta che i Romani buttarono nel Tevere tutto il grano dei Tarquini, i re di origine etrusca che avevano governato il popolo romano e che, poi, erano stati cacciati. Il grano venne coperto dal fango, e così, si formò l’isola.
Secondo un’altra leggenda, invece, una tempesta bloccò una nave in quel punto del Tevere. La nave venne coperta dal fango del fiume e si formò l’isola.
In realtà, sono stati i detriti portati dal Tevere a creare l’isola. Abili artisti, poi, nel I. sec. d.C. le dettero la suggestiva forma di una nave. 
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Il Rinascimento è un periodo artistico e culturale della storia d'Europa, che si è sviluppato tra la fine del medioevo e l'inizio dell'età moderna. In quel periodo si è instaurato un nuovo ideale di vita che ha portato al rifiorire degli studi umanistici e delle Belle Arti. Il rinnovamento culturale e scientifico è iniziato negli ultimi decenni XIV secolo e nei primi del XV secolo in Italia, dove uno dei centri principali fu Firenze, per poi diffondersi nel resto d'Italia (soprattutto a Venezia e Roma), poi, nel corso del XVI secolo, in tutta Europa. Nella scienza, teologia, letteratura nell'arte, il Rinascimento è iniziato con la riscoperta di classici latini, conservati nei monasteri e nelle biblioteche degli eruditi, e di quelli greci diffusi nell'Impero Bizantino. Tale riscoperta dette impulso a tutta una serie di nuovi studi ed invenzioni che si materializzeranno nei due secoli successivi. Altri importanti centri rinascimentali in Italia, oltre alle già citate Venezia e Roma, furono Ferrara, Urbino, Siena, Pisa, Perugia, Vicenza, Verona, Mantova, Milano e Napoli. In quest'ultima città, capitale, sotto Alfonso il magnanimo, di un regno forte e prospero, i legami culturali ed artistici con Firenze hanno dato luogo, attorno alla metà del Quattrocento, a forme rinascentiste peculiari, che successivamente sono venute esportate nella penisola iberica. Bertrand Russel e alcuni studiosi pongono la data della fine del Rinascimento al 6 maggio 1527, quando le truppe spagnole e tedesche hanno saccheggiato Roma. Per la maggior parte degli storici dell'arte e della letteratura il passaggio dal rinascimento al manierismo è avvenuto in Italia attorno alla metà del XVI secolo mentre nella storia della musica la conclusione si situerebbe più avanti, attorno al 1600.
�� BELFAGOR
 Niccolò Machiavelli
CAPITOLO I
Perché Belfagor va nel mondo
Nelle antiche memorie di Firenze leggiamo che un giorno un uomo santo e onesto, mentre prega, ha una visione: vede moltissime anime di poveri uomini all’inferno, e tutte o la maggior parte si lamentano del fatto di avere preso moglie, in quanto questa è la causa che li ha portati alla presente infelicità, e cioè all’inferno.
Minosse, Padanianto e gli altri giudici dell’inferno non capiscono il perché di questa situazione. E poiché non credono alle cose che gli uomini dicono contro le donne, e poiché le lamentele degli uomini crescono ogni giorno di più, raccontano tutto quello che accade a Plutone, che è il loro capo.
Plutone decide di incontrare tutti i principi infernali per discutere questo caso in maniera seria e per poi stabilire quale è la cosa migliore da fare e per conoscere in tutto la verità.
Plutone quindi chiama tutti a consiglio, e dice: “Miei cari, anche se io posseggo questo regno che per volontà del cielo e del destino nessuno può togliermi, e anche se per questa ragione non devo ubbidire a nessun ordine né del cielo né della terra, ho ugualmente deciso di chiedere consiglio a voi su cosa fare, poiché penso che è meglio, per le persone che sono più potenti, seguire le leggi e avere rispetto delle idee delle altre persone.
Poiché tutte le anime degli uomini che vengono nel nostro regno dicono che si trovano qui a causa delle loro mogli, e poiché questa cosa ci sembra impossibile, temiamo che se giudichiamo sulla base di ciò che affermano gli uomini, gli altri diranno che crediamo a tutto, mentre se non diamo alcun giudizio diranno che siamo troppo buoni e che amiamo poco la giustizia.
E poiché il primo è un peccato da uomini leggeri e l’altro un peccato da uomini non giusti, e poiché vogliamo evitare quelle conseguenze che sia dall’uno che dall’altro potrebbero derivare, ma non sappiamo come fare, allora vi abbiamo chiamato per avere un consiglio.
E ciò perché pensiamo che questo regno deve avere, anche nel futuro, il rispetto che ha sempre avuto nel passato.”
Tutti quei principi sono d’accordo con Plutone: il caso è importantissimo; ma, anche se tutti concludono che è necessario scoprire la verità, non sono però d’accordo su cosa fare per scoprirla.
Per alcuni è necessario mandare nel mondo un solo diavolo, per altri piì di uno,sotto la forma di uomo, in modo da conoscere di persona la verità. Per molti altri c’è una soluzione migliore: costringere le enime che sono all’inferno, con vari tormenti, a dire la verità. Però la maggior parte dei principi dà il consiglio di mandare un solo diavolo nel mondo, e alla fine tutti sono d’accordo.
Poiché nessuno si offre volontario per questa impresa, decidono di tirare a sorte; questa cade sull’arcidiavolo Belfagor che, prima di cadere dal cielo, era un Arcangelo.
CAPITOLO II
Belfagor arriva a Firenze
Belfagor accetta questo incarico solo perché è un ordine di Plutone.
Si prepara quindi a fare tutto ciò che i principi dei diavoli hanno deciso e ad accettare tutte le condizioni che hanno stabilito.
Le condizioni sono: dare a Belfagor centomila ducati con i quali andare nel mondo e, con l’aspetto di un uomo, prendere mogli, vivere con quella dieci anni e poi fingere di morire per tornare all’inferno; quindi, sulla base dell’esperienza fatta, raccontare a Plutone e agli altri principi quali sono le difficoltà del matrimonio. Inoltre, durante quei dieci anni Belfagor dovrà fare esperienza di tutti i problemi e le difficoltà che hanno gli uomini: la povertà, le carceri, la malattia e ogni altro male che può accadere agli uomini nella loro vita; ha però la possibilità di usare l’inganno e l’astuzia per liberarsene.
Belfagor accetta le condizioni, prende i soldi, e va nel mondo; subito compra alcuni cavalli, prende dei compagni ed entra con grandi onori a Firenze.
Belfagor sceglie di vivere a Firenze: preferisce questa città a tutte le altre perché gli sembra la città più adatta per condurre le sue attività da usuraio.
Decide di chiamarsi Roderigo di Castiglia e prende in affitto una casa nel borgo d’Ognisanti; e, per non rivelare la sua vera natura, dice che da bambino è stato in Spagna, poi è andato in Siria dove, ad Aleppe, ha guadagnato tutto il suo denaro; poi è partito per venire in Italia a prendere moglie in luoghi più umani e più adatti alla vita civile e al suo animo.
Roderigo è uomo bellissimo e dimostra un’età di circa trenta anni; in pochi giorni fa vedere quante ricchezze possiede, e mostra di essere umano e liberale, per cui numerosi cittadini che hanno molte figlie e pochi soldi, gli offrono in moglie le proprie figlie: tra tutte queste Roderigo sceglie una bellissima ragazza di nome Onesta, figlia di Amerigo Donati, un uomo che ha altre tre figlie femmine e tre figli maschi. Le femmine sono tutte quasi in età da marito.
Amerigo è di nobile famiglia e tutti a Firenze lo considerano una brava persona ma, in confronto ai suoi amici e agli altri nobili, è poverissimo.
Roderigo organizza un matrimoniobellissimo: con feste, balli e tutte quelle cose che la gente fa in occasioni simili. 
CAPITOLO III
Un matrimonio difficile
Presto Roderigo, secondo le condizioni che lui stesso ha accettato prima di uscire dall’inferno, è attratto dalle passioni umane, e subito comincia a provare piacere per gli onori e per le cose belle del mondo, e gli fa piacere sapere che gli altri uomini parlano bene di lui; il tipo di vita che conduce è però molto caro e Roderigo spende moltissimo denaro.
Inoltre, dopo poco tempo dal matrimonio si accorge di essere molto innamorato di sua moglie, monna Onesta; infatti non riesce a vivere se vede che Onesta è triste per una qualche ragione.
Monna Onesta è una donna nobile e bella, ma molto superba, più superba dello stesso Lucifero. Infatti Roderigo, che conosce bene sia la superbia di Lucifero che quella di sua moglie, giudica la superbia della moglie addirittura superiore a quella di Lucifero.
Appena monna Onesta si accorge che Roderigo la ama moltissimo, diventa ancora più superba: pensa di poterlo signoreggiare in ogni situazione, e senza alcuna pietà o rispetto gli dà dei comandi; inoltre, quando lui rifiuta di fare o di darle qualcosa, lei gli dice parole villane e ingiuriose. Questa situazione causa molte noie e fastidi a Roderigo. Però il suocero, i fratelli, i parenti, l’obbligo del matrimonio e soprattutto il grande amore che prova per Onesta, lo convincono ad avere pazienza.
Roderigo spende molti soldi per fare felice la moglie, che desidera sempre vestiti nuovi e alla moda – moda che cambia continuamente a Firenze.
Per non avere problemi con Onesta, Roderigo dà anche del denaro al suocero e lo aiuta a sposare le altre sue figlie, e per questa ragione spende moltissimo. Dopo questo, sempre per fare felice la moglie, manda uno dei fratelli di Onesta a Levante e un altro a Ponente a commerciare drappi, e all’altro fratello apre un battiloro a Firenze. In queste cose spende la maggior parte delle sue fortune. Inoltre nel periodo dei carnasciali e di San Giovanni, quando tutta la città per antica tradizione fa festa, e molti cittadini nobili e ricchi organizzano ricchissimi pranzi, monna Onesta, per non essere inferiore alle altre donne, chiede a Roderigo di superare tutti gli altri con simili feste.
Roderigo sopporta tutte queste cose perché l’ama e vuole vivere in pace. Ma tutta la pazienza e la bontà di Roderigo non bastano a portare la pace in casa, anzi, accade il contrario: la vita di Roderigo diventa sempre più difficile a causa delle forti spese e del brutto carattere della moglie.
Roderigo non può avere un servo di fiducia, che ha cura della sua casa, perché tutti i servi che lavorano in casa sua dopo poco tempo preferiscono andare via in quanto non sopportano di vivere con Onesta. Anche i diavoli che Roderigo ha portato con sé preferiscono ritornare all’inferno piuttosto che vivere sotto il comando di quella donna.
Quando Roderigo si accorge che il suo denaro è finito, comincia a prendere denaro in prestito. Intanto, spera ottenere un po’ di soldi dai commerci dei fratelli di monna Onesta a Ponente e a Levante. Ma arrivano presto cattive notizie sia da Levante che da Ponente: uno dei fratelli di monna Onesta ha perso al gioco tutti i beni di Roderigo, e l’altro, mentre tornava su una nave piena di merci e senza assicurazione, è annegato insieme con quelle.
CAPITOLO IV
Roderigo fugge da Firenze
I creditori di Roderigo, non appena sanno queste notizie, si riuniscono e, poiché pensano che Roderigo non ha più speranze, concludono che è bene osservarlo in modo da impedirgli di fuggire: ma non possono ancora chiedere indietro il loro denaro in quanto non è ancora venuto il tempo dei loro pagamenti. 
Roderigo, d’altra parte, quando capisce che non c’è una soluzione al suo problema, e poiché ricorda gli obblighi della legge infernale, decide di fuggire: una mattina sale a cavallo, ed esce dalla città attraverso la Porta al Prato, vicino alla quale abita.
La notizia della partenza di Roderigo si diffonde in città. I suoi creditori, non appena lo sanno, vanno dai giudici, e poi cominciano a inseguirlo con gli ufficiali giudiziari e con tutto il popolo.
Roderigo è lontano dalla città sono un miglio quando sente arrivare la gente; così, per fuggire più facilmente, esce dalla strada principale e va attraverso i campi. Ma nei campi ci sono molte buche e allora lascia il cavallo e fugge a piedi. Arriva a Peretola, a casa di Gianmatteo del Brica, lavoratore di Giovanni del Bene; per fortuna trova Gianmatteo e gli dice che lo renderà ricco se lui lo salverà dalle mani dei suoi nemici, che lo inseguono per farlo morire in prigione.
Gianmatteo, contadino e uomo che ha molto coraggio, decide di aiutarlo: lo nasconde sotto un mucchio di letame che ha davanti alla sua casa e lo copre con erba e altri pezzi di legna che ha preso per accendere il fuoco. Non appena Roderigo si è nascosto, i suoi creditori arrivano e fanno molte domande a Gianmatteo che però, nonostante le minacce, non risponde a nessuna.
I creditori continuano a cercare Roderigo tutto il giorno e anche il giorno dopo, ma alla fine, stanchi, ritornano a Firenze.
Gianmatteo allora libera Roderigo e gli ricorda la promessa che gli ha fatto.
Roderigo dice: “Amico mio, sei stato molto buono con me e per ringraziarti voglio farti diventare ricco; perciò ti dirò chi sono veramente, così crederai che posso mantenere la promessa”.
E gli dice di essere Belfagor, un diavolo, e gli racconta quali ordini ha avuto prima di uscire dall’Inferno, e quanti problemi gli ha causato il matrimonio con Onesta; inoltre gli dice in quale modo vuole farlo diventare ricco: Belfagor entrerà nel corpo di una donna e i parenti di quella, per liberarla dal diavolo, chiameranno Gianmatteo, e dovranno pagarlo per i suoi servizi. Infatti non appena Gianmatteo si avvicinerà alla donna, Belfagor uscirà dal corpo di quella.
Dopo che ha preso questo accordo, Belfagor se ne va.
CAPITOLO V
Gianmatteo diventa ricco
Dopo pochi giorni si diffonde per tutta Firenze la notizia che una figlia di Messer Ambrogio Amidei, moglie di Buonaiuto Tebalducci, è indemoniata; i parenti tentano tutte le cure che in simili situazioni si fanno. Ma Roderigo non esce dal corpo della donna perché non ha paura di quelle cure. E per chiarire a ciascuno che il male della donna è uno spirito, cioè un diavolo, e non una fantasia della donna, parla in latino e discute di filosofia e rivela i peccati di molte persone.
Messer Ambrogio è molto triste per sua figlia e, quando oramai ha perso ogno speranza di guarigione, Gianmatteo va a trovarlo e gli dice che guarirà sua figlia in cambio di cinquecento fiorini, che gli servono per comprare un podere a Peretola. Messer Ambrogio accetta il patto; allora Gianmatteo prima dice delle parole strane, poi fa alcuni gesti per rendere più interessante la situazione, e infine si avvicina alla donna e le dice all’orecchio: “Roderigo, sono io, sono qui per la promessa che mi hai fatto.”
Roderigo gli risponde: “Io sono contento. Ma questo denaro non basta a farti ricco. Dopo che uscirò dal corpo di questa donna entrerò nel corpo della figlia di Carlo di Napoli; e non ne uscirò mai senza te. Ti farai pagare molto bene per guarirla ma poi non dovrai più cercarmi”.
Appena finisce di parlare, Roderigo esce dal corpo della donna, con gioia e ammirazione di tutta Firenze.
Dopo non molto tempo per tutta l’Italia si diffonde la notizia che la figlia del re Carlo è indemoniata e nessuno riesce a liberarla dal demonio.
Quando il re sa di Gianmatteo, lo manda a chiamare. Gianmatteo arriva a Napoli e, dopo qualche falsa cerimonia, liberala figlia del re dal diavolo che ha in corpo.
Ma Roderigo, prima di uscire dal corpo della figlia del re, dice a Gianmatteo: “Tu vedi, Gianmatteo, io ho rispettato la promessa di farti ricco ed ora non ti devo più niente. Pertanto farai bene a non cercarmi e a non incontrarmi più perché se oggi io ti ho fatto del bene, domani tifarei del male”.
Gianmatteo torna a Firenze ricchissimo, perché il re gli ha dato più di cinquantamila ducati, e ora pensa di godere di quelle ricchezze in pace, in quanto non crede che Roderigo gli farà veramente del male.
CAPITOLO VI
Il re di Francia chiama Gianmatteo
Presto però arriva una notizia che preoccupa molto Gianmatteo: una figlia di Ludovico settimo, re di Francia, è indemoniata. Gianmatteo è preoccupato perché pensa all’importanza di quel re e alle parole che Roderigo gli ha detto.
Ludovico non riesce a trovare alcuna cura per sua figlia e, quando sente parlare delle capacità di Gianmatteo, lo manda a chiamare una prima volta per un suo servo; Gianmatteo risponde che non sta bene, ma quel re lo manda a chiamare altre volte e infine chiede ai governanti di Firenze di mandarlo. Così Gianmatteo deve ubbidire e, triste, va a Parigi. Dice al re che lui sa guarire solo qualche indemoniata, ma non tutte, perché ci sono diavoli così cattivi che non temono né minacce né incanti né alcuna religione, con la figli del re promette di provare e di fare tutto il possibile ma, se non riesce, chiede scusa e perdono già da quel momento. Il re invece gli risponde che, se non guarirà sua figlia, lo ucciderà.
Allora Gianmatteo fa venire la figlia del re, l’indemoniata; quando arriva, le si avvicina, e con rispetto parla a Roderigo: gli ricorda il bene che gli ha fatto e lo prega di non abbandonarlo nella presente difficoltà.
Ma Roderigo risponde: “Villano traditore! Così, tu hai il coraggio di venirmi davanti! Credi di poter diventare ancora più ricco grazie a me? Bene, voglio mostrare a te e a tutti come io so dare e togliere ogni cosa a mio piacere; e presto ti farò impiccare ad ogni modo.”
Allora Gianmatteo pensa di tentare la sua fortuna in un altro modo, e cioè con l’astuzia: fa andare via la ragazza indemoniata e dice al re: “Sire, come io vi ho detto, ci sono molti spiriti che sono così cattivi che da loro non è possibile liberarsi in nessun modo, e questo è uno di quelli. Pertanto io voglio fare un’ultima prova che, se servirà, la Vostra Maestà e io avremo ciò che vogliamo; se non servirà, io sarò nelle Vostre mani e spero che Voi userete con me quella compassione che la mia innocenza merita.
Perciò farete fare sulla piazza di Nostra Signora un palco grande capace di contenere tutti i vostri baroni e tutto il clero di questa città; farete mettere intorno al palco drappi di seta e d’oro e al centro del palco metterete un altare. Domenica mattina Voi con il clero e con tutti i Vostri principi e baroni, con splendidi e ricchi vestiti vi siederete intorno all’altare; lì celebreremo prima una messa solenne, e poi farete venire l’indeminiata. Oltre a questo, da una parte della piazza devono stare almeno venti persone con trombe, corni, tamburi, cornamuse, cembanelle, cembali e ogni altro tipo di strumento; queste persone, quando io alzerò un cappello, dovranno suonare quegli strumenti e, mentre suonano, verranno verso il palco; queste cose, insieme a certi altri rimedi segreti, credo che allontaneranno questo spirito.”
Il re, allora, ordina tutto.
CAPITOLO VII
Belfagor torna all’Inferno
La domenica mattina il palco è pieno di persone importanti mentre la piazza è piena di gente del popolo. Celebrano la messa, e due vescovi e molti signori portano l’indemoniata sul palco.
Quando Roderigo vede tanta gente insieme e un palco così ben preparato, rimane quasi senza parole, e dice fra sé: “Che cosa pensa di fare questo villano? Credi di meravigliarmi con questa pompa? Non sa che io sono abituato a vedere le pompe del cielo e le furie dell’inferno? Io lo castigherò in ogni modo.”
Quando Gianmatteo si avvicina a Roderigo e lo prega di uscire, Roderigo gli dice: “Che credi di fare con tutta questa preparazione? Credi così di poter fuggire la mia forza e l’ira del re? Villano traditore, io ti farò uccidere in ogni modo.”
Passa un po’ di tempo, mentre Gianmatteo continua a pregarlo di uscire e Roderigo gli dice parole villane, fino a quando Gianmatteo capisce che è inutile perdere altro tempo. Allora alza il cappello, e tutti quelli che hanno gli strumenti musicali si avvicinano al palco e cominciano a suonare così forte che il rumore si sente fino in cielo. Roderigo sente questo gran rumore e, poiché non sa che cosa è, molto meravigliato e tutto stupito ne domanda a Gianmatteo la ragione.
Gianmatteo, molto preoccupato, dice: “Ohimé, Roderigo mio! È tua moglie che viene a riprenderti.”
Roderigo, appena sente che la moglie è lì, senza pensare se la cosa è possibile oppure no, incomincia a stare così male e ad avere tanta paura che, senza dire altro, fugge, e lascia così il corpo della figlia del re: preferisce infatti tornare all’inferno piuttosto che vivere di nuovo l’esperienza del matrimonio con tutti i suoi fastidi, dispetti e pericoli.
E così Belfagor, quando torna all’Inferno, racconta tutti i mali che una moglie porta in una casa.
E Gianmatteo, che ha dimostrato di saperne una più del diavolo, se ne ritorna tutto contento e molto ricco a casa sua.
FINE
Due uomini
Due uomini, entrambi molto malati, occupavano la stessa stanza d'ospedale. A uno dei due uomini era permesso mettersi seduto sul letto per un'ora ogni pomeriggio per aiutare il drenaggio dei fluidi dal suo corpo. Il suo letto era vicino all'unica finestra della stanza. L'altro uomo doveva restare sempre sdraiato.Infine i due uomini fecero conoscenza e cominciarono a parlare per ore. Parlarono delle loro mogli e delle loro famiglie, delle loro case, del loro lavoro, del loro servizio militare e dei viaggi che avevano fatto. Ogni pomeriggio l'uomo che stava nel letto vicino alla finestra poteva sedersi e passava il tempo raccontando al suo compagno di stanza tutte le cose che poteva vedere fuori dalla finestra. L'uomo nell'altro letto cominciò a vivere per quelle singole ore nelle quali il suo mondo era reso più bello e più vivo da tutte le cose e i colori del mondo esterno. La finestra dava su un parco con un delizioso laghetto. Le anatre e i cigni giocavano nell'acqua mentre i bambini facevano navigare le loro barche giocattolo. Giovani innamorati camminavano abbracciati tra fiori di ogni colore e c'era una bella vista della città in lontananza.
Mentre l'uomo vicino alla finestra descriveva tutto ciò nei minimi dettagli, l'uomo dall'altra parte della stanza chiudeva gli occhi e immaginava la scena. In un caldo pomeriggio l'uomo della finestra descrisse una parata che stava passando. Sebbene l'altro uomo non potesse sentire la banda, poteva vederla. Con gli occhi della sua mente così come l'uomo dalla finestra gliela descriveva. Passarono i giorni e le settimane. Un mattino l'infermiera del turno di giorno portò loro l'acqua per il bagno e trovò il corpo senza vita dell'uomo vicino alla finestra, morto pacificamente nel sonno. L'infermiera diventò molto triste e chiamò gli inservienti per portare via il corpo. Non appena gli sembrò appropriato, l'altro uomo chiese se poteva spostarsi nel letto vicino alla finestra. 
L'infermiera fu felice di fare il cambio, e dopo essersi assicurata che stesse bene, lo lasciò solo. Lentamente, dolorosamente, l'uomo si sollevò su un gomito per vedere per la prima volta il mondo esterno. Si sforzò e si voltò lentamente per guardare fuori dalla finestra vicina al letto.
Essa si affacciava su un muro bianco. L'uomo chiese all'infermiera che cosa poteva avere spinto il suo amico morto a descrivere delle cose così meravigliose al di fuori da quella finestra. L'infermiera rispose che l'uomo era cieco e non poteva nemmeno vedere il muro. ''Forse, voleva farle coraggio.'' Disse.
Alla Bbc per un colloquio di lavoro
va in diretta scambiato per l'ospite
"Quando ho capito, ho cercato di rispondere alle domande"
Ora è una "star per caso". E lo invitano ad altre trasmissioni tv
LONDRA - E' entrato cardinale, è uscito Papa, in realtà era un semplice curato di campagna ma nessuno se n'era accorto. E' andata un po' così a un ragazzooriginario del Congo che, a Londra, si è presentato presso gli studi della Bbc per un colloquio di lavoro e invece, per un equivoco epocale, è finito davanti alle telecamere, in diretta mondiale, intervistato da una giornalista che l'ha scambiato per un'altra persona. Per parlare di qualcosa di cui non sapeva assolutamente nulla. 
Guy Goma voleva solo proporsi come tecnico informatico. Però: "E' successo tutto così in fretta, avevo appena messo la mia firma alla reception - racconta, nel suo inglese imparato da soli quattro anni, da quando cioè si è traferito a Londra - quando un tipo mi ha detto di seguirlo. Andava così di fretta che per stargli dietro mi sono messo a correre". E correndo correndo è arrivato in un camerino dove l'aspettava un truccatore. "Pensavo facesse parte del colloquio di lavoro, anche se in realtà ero un po' perplesso dal fatto che qualcuno volesse truccarmi...". 
Dunque, trucco, poi dritto nello studio della diretta, davanti alla conduttrice della Bbc Karen Bowerman. Che senza alcuna incertezza lo ha presentato come Guy Kewney, direttore di Newswireless.net ed esperto di musica online. Lui, che di musica online non ne sa assolutamente niente. Ma l'istinto di sopravvivenza ha preso il sopravvento: "Ho strabuzzato gli occhi e per l'emozione e l'imbarazzo mi sono morso le labbra. Ma quando ho capito che ero in diretta, di fronte alle telecamere, che cosa potevo fare? Ho cercato di rispondere alle domande, e di stare calmo". 
Prima domanda della conduttrice: "Che cosa ne pensa del verdetto di un tribunale britannico che ha posto fine alla battaglia legale tra Apple iTunes e Apple Corps, l'etichetta musicale dei Beatles?". Risposta, azzeccata lì per lì: "Sono molto sorpreso, questo verdetto mi è veramente caduto addosso, non me l'aspettavo". 
Nel frattempo, il vero Kewney era arrivato. E stava seduto nella lobby del centro televisivo. Davanti a un monitor. E si è reso conto che il suo nome compariva sullo schermo sotto il volto di uno sconosciuto, il quale cercava, senza molto successo, di dare risposte coerenti alle domande dell'intervistatrice. A quel punto, l'equivoco si è sciolto. 
All'inizio, la Bbc si è scusata dicendo che Goma era il tassista che, a intervista finita, avrebbe dovuto accompagnare a casa Kewney, e che per questa ragione aveva con sé una targa con su scritto il nome dell'esperto. Poi, invece, è emerso che l'impiegato mandato ad accogliere il direttore di Newswireless si era semplicemente recato nella reception sbagliata. 
Goma si è detto "traumatizzato" dall'accaduto, ma gli è andata comunque bene: adesso è una specie di "star per caso" ed è stato invitato a partecipare ad altre trasmissioni televisive. Traendone una conclusione: "Forse è destino che io faccia carriera in tv". La Bbc, però, non ha fatto sapere se, alla fine, l'uomo abbia ottenuto il posto di lavoro per il quale si era presentato. 
(16 maggio 2006)
La Repubblica
ASTUTI SCIOCCHI E SAGGI
L'eredità 
Abitava un tempo, presso la città di Peshawar, una famiglia di pastori, composta da un padre e tre figli. Vivevano tutti assieme occupandosi di un gregge di cammelli. I tre figli erano bravi giovani; accaniti lavoratori, andavano molto d'accordo fra loro. Il padre tuttavia temeva che, alla sua morte, questa armonia, che era alla base della prosperità della loro famiglia, finisse. Decise perciò di dividere subito il gregge tra i figli per evitare liti e discussioni. «Figli miei» disse il vecchio «ho deciso come dividere fra voi i beni che vi lascerò alla mia morte. Il maggiore, Husain, prenderà la metà del gregge, il secondo, Hasan, un terzo e Hasin, il più piccolo, un nono.
Ricordàtevi però di andare sempre d'accordo tra voi.» Poco tempo dopo il vecchio padre morì e i figli decisero di dividersi l'eredità, secondo le sue ultime volontà. «Io ho avuto in eredità metà del gregge ma i cammelli sono diciassette. Come faccio a prendermi otto cammelli e mezzo? Bisogna arrotondare; prenderò nove cammelli» disse il maggiore. Il secondo fratello si ribellò a questa proposta. «Tu sei quello che ha la quota maggiore del patrimonio di nostro padre. Mi sembrerebbe più equo che tu ti tenessi otto cammelli ed io e Hasin ci potessimo dividere gli altri nove.» I due fratelli cominciarono a litigare perché nessuno dei due voleva cedere. Allora Hasin, il più piccolo tentò di metter pace facendo delle proposte alternative. «E se vendessimo il cammello in più e ci dividessimo il denaro nelle proporzioni indicate da nostro padre?» La proposta della vendita non piaceva a nessuno dei fratelli maggiori. Sostenevano che non era il momento opportuno per vendere bestiame. «E se lo uccidessimo e organizzassimo un banchetto funebre in onore di nostro padre?» «Vuoi mantenere a nostre spese tutti gli scansafatìche dei dintorni?» «E se facessimo una divisione provvisoria e quando nasceranno dei piccoli li dessimo a chi è rimasto svantaggiato oggi?» Anche quest'ultima proposta suscitò le ire dei fratelli: «E se una cammella muore o non mette al mondo neanche un piccolo? E se un tuo animale si ammala te ne dovremmo forse dare uno in cambio?» «Trovatela voi la soluzione!» urlò a questo punto il ragazzo spazientito. Si stava proprio allora avvicinando alla loro casa un vecchio, che viaggiava su un cammello brutto e spelacchiato. Udì i tre fratelli che litigavano e volle metter pace. Si informò dunque sul motivo del litigio e delle parole aspre che si stavano rivolgendo. I giovani raccontarono al vecchio dell'eredità del padre e del problema della divisione. «Vi aiuterò io» propose il vecchio. «Vi dò il mio cammello, così potrete dividere il vostro gregge senza problemi e rispettare la volontà di vostro padre che desiderava che viveste in pace, come avete sempre fatto mentre lui era vivo.» I tre giovani dapprima rifiutarono l'offerta del vecchio, perché vedevano che era povero e non volevano privarlo anche del suo cammello. Alla fine però, dal momento che questi insisteva molto, accettarono e riuscirono a fare la divisione nel seguente modo: il maggiore ebbe nove cammelli, cioè la metà del gregge; il secondo ne ebbe sei, cioè un terzo; Hasin, il fratello minore, ne ebbe due, cioè un nono. Avanzava però un cammello, quello del vecchio, che risalì in groppa alla sua cavalcatura e se ne andò.
Fumo: sarà vietato in tutti i luoghi chiusi
Nei luoghi chiusi non si fumerà più. Il divieto è già stampigliato, invano, su molti cartelli ma il ministro della Sanità ha deciso di far prendere le prescrizioni sul serio, presentando oggi una bozza di disegno di legge alla presidenza del Consiglio dei ministri che introduce il "divieto assoluto e generalizzato" di fumare in tutti gli ambienti chiusi, pubblici e privati, accessibili al pubblico. Il divieto si estende "anche a qualsiasi ambiente chiuso, non accessibile al pubblico in cui si svolga attività lavorativa". Dalle università alle scuole, dalle Poste agli studi medici la parola d'ordine sarà: "sigaretta spenta".
Se il divieto di legge verrà approvato in Italia sarà vietato fumare sui mezzi di trasporto pubblico e nelle stazioni, compresi porti e aereoporti, strutture destinate ad attività sportiva e culturale, ricreativa, negli esercizi commerciali, nei ristoranti e in qualsiasi altro locale dove si somministrano alimenti e bevande.
Il testo, in cinque articoli, modifica il principio di "implicita liceità di massima del fumo" fino ad ora seguito. In sostanza, secondo quanto spiegato dal ministero, "si tratta di un provvedimento importante nel campo della lotta al fumo e in particolare quello passivo che, se attuato, introdurrà in Italia il divieto assoluto e generalizzato di fumare in tutti gli ambienti chiusi, pubblici e privati, accessibili al pubblico". Gli irriducibili della sigaretta rischiano anche multe salate: sono previste per i trasgressori multe da un minimo di 100.000 a un massimo di 300.000 lire. Contravvenzioni che salgono a mezzo milione di lire per chi nonfa rispettare i divieti.
Una delle novità del provvedimento è il divieto di fumo imposto in ogni ufficio e luogo di lavoro sia pubblico che privato, anche non aperto al pubblico. Questo significa un divieto generalizzato per gli uffici dove oggi il contenzioso fumatori non fumatori è a volte molto acceso. Ma una scappatoia il provvedimento la fornisce. Un "fumoir", un locale riservato solo ai fumatori o un'adeguata ventilazione potrebbero rimettere in circuito chi alle sigarette non sa proprio rinunciare.
"ORIUNDI", UN LUNGOMETRAGGIO SULLA GRANDE EMIGRAZIONE ITALIANA
Una storia d'amore che richiama il valore del passato culturale e la forza degli emigranti italiani in cerca di una vita e di un futuro migliore. 
L’anteprima del film è avvenuta il 22 ottobre scorso a Curitiba (Brasile), ma è stato presentato anche in occasione della seconda Conferenza mondiale dei Veneti nel Mondo, a Montecchio Maggiore (Vicenza). Prodotto da LAZ Audiovisual Ltda, con la regia di Ricardo Bravo, è magistralmente interpretato da Anthony Quinn, Leticia Spiller e Paulo Betti, ed è parlato parte in italiano e parte in portoghese.
Il film racconta bene come gli italiani abbiano portato l’Italia dovunque senza mai, in fondo, averla abbandonata, un'Italia che rinasce fuori dalla Penisola per le mani degli emigranti. 
"Oriundi" è un film che richiama l'attaccamento alla terra, alle cose del passato, alle tradizioni più italiane, alle immagini che a poco a poco si disperdono fra le nuove generazioni. 
E' una storia drammatica, ma è anche un inno alla vita: il racconto di quattro generazioni della famiglia Padovani, veneti emigrati a Curitiba all'inizio del 1900. 
Il protagonista è l’emigrante Giuseppe, il nonno che parla ancora l’italiano, ma che si sente condannato al ruolo di osservatore silenzioso mentre la sua famiglia va in rovina a causa delle proprie divergenze.
Il nipote di Giuseppe, Renato, è stato scelto per amministrare il pastificio di famiglia. Appassionato di cucina italiana, è però poco abile nella gestione degli affari. Per evitare il fallimento, Renato si vede costretto a vendere la fabbrica ad un gruppo di investitori italiani. E' un uomo sempre diviso fra le aspettative e gli obblighi familiari e i propri sogni e desideri. 
Stefano, figlio di Renato, ritorna a casa pieno di idee su come salvare gli affari di famiglia. Il padre si rifiuta di ascoltarlo, aumentando il conflitto già esistente a casa e sul lavoro. Paty, altra figlia di Renato, vorrebbe abbandonare la scuola per dedicarsi al teatro.   
La festa di compleanno del vecchio Padovani, la scena iniziale, è l’occasione per richiamare i valori della tradizione italiana, anche  attraverso l’esecuzione di repertori musicali del nostro Paese (il tema musicale principale "Core 'ngrato" è eseguita da un gruppo di Santa Felicidade-Curitiba, "I Veneti in Brasile"). 
Nell’ambiente gioioso però, il vecchio patriarca non ha alcun motivo di rallegrarsi: la sua salute è debole, la famiglia si frantuma e la fabbrica costruita con la moglie è in vendita. Quest’uomo rovinato è, in verità, lo specchio del quotidiano dramma vissuto da molti emigranti che sono riusciti a fare fortuna con il proprio lavoro, hanno formato una famiglia numerosa, ma non sono riusciti ad organizzare gli affari per superare i conflitti familiari. 
Il nonno Giuseppe, durante la festa, conosce una parente, Sofia D’Angelo, ritornata in Brasile dall'Italia per eseguire una ricerca sulla famiglia Padovani. Sofia è straordinariamente somigliante a Caterina, la moglie che Giuseppe ha prematuramente perso in un incidente aereo sessant'anni fa.
In mezzo alla crisi, Giuseppe deve affrontare anche i suoi fantasmi. Sarà Sofia la reincarnazione della moglie? Finchè un giorno ... riappare misteriosamente ai suoi occhi Caterina. La moglie "ritorna" con gli stessi 28 anni che aveva quando è morta e presentandosi come Sofia, si avvicina con la missione di ristrutturare la famiglia che si sta lentamente disgregando.
Che razza di genitori!
A volte mi capita di leggere testi o ascoltare canzoni e pensare: "Perchè non sono capace di esprimere questi pensieri che condivido?" Quale sia la causa non voglio approfondirlo per ora, quindi mi limito a riportare di seguito un'articolo apparso su La Repubblica di Venerdì 4 Gennaio 2008 scritto da Massimo Ammaniti. Sono genitore, partecipo alla vita della scuola e vivo alcune delle situazioni descritte nell'articolo e non posso che condividerle. 
IL CAPITALE DELLA FAMIGLIA
Scopriamo una nuova categoria di genitori, quelli che sovrastano la vita dei figli come elicotteri. E a proposito dei comportamenti dei genitori sono abbastanza note le ricerche americane fatte da Steinberg sui genitori autorevoli oppure quelli poco presenti nella vita dei figli, che li trascurano. Sicuramente si trattava di ricerche psicologiche degli anni '80, quando erano riconoscibili gli stili dei genitori e i figli in ogni famiglia erano ancora abbastanza numerosi. Da allora molte cose sono cambiate perlopiù in ogni famiglia vi è un solo figlio o al massimo due e i genitori investono tutte le loro aspettative su quell'unico figlio. Lo proteggono in modo spesso eccessivo, cercano di anticipare o per lomeno di assecondare i suoi desideri, lo seguono facendogli fare danza, musica e judo, lo aiutano a socializzare invitando i suoi amichetti a casa e organizzando piccole festicciole. E' quasi inevitabile che il bambino diventi il capitale sociale della famiglia e dopo averci investito così tante risorse i genitori devono difendere il figlio dagli insegnanti che non lo apprezzano quanto meriterebbe. E' cronaca quotidiana in Italia, i genitori iperproteggono i figli alimentando il loro narcisismo e il loro rifiuto di sottostare alle regole della scuola. Ma in questo articolo sui genitori elicottero c'è un aspetto nuovo che ancora non conosciamo in Italia: il genitore allenatore e manager che vuole valorizzare al massimo le capacità del figlio ottenendo per lui migliori "benefits". Probabilmenteè una variante del nepotismo italiano, qui da noi vale la raccomandazione ottenuta dal conoscente potente indipendentemente dal fatto che il figlio valga o no, mentre in Inghilterra il genitore elicottero cerca di valorizzare al massimo nel mercato del lavoro le potenzialità del figlio. Non è una piccola differenza, dauna parte vale il clientelismo familiare, mentre dall'altra c'è una valorizzazione del capitale sociale familiare nel mercato della domanda e dell'offerta, dove il merito ha il suo peso. Quello che invece è uguale riguarda l'intrusione dei genitori nella vita dei figli, che per certi versi rimangono a lungo dipendenti dai propri genitori, incapaci di prendere le proprie decisioni ed affrontare la vita con le proprie gambe. Quantunque il termine bamboccioni usato da Padoa Schioppa abbia suscitato reazioni sdegnate segnalava un problema che riguarda molti giovani in Italia, ma anche in altri paesi europei. ( Massimo Ammaniti)
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L' odio per lo straniero nasce dalla paura
La Repubblica — 29 settembre 2008   pagina 1   sezione: PRIMA PAGINA 
L' odio e la paura dell' odio sono antichi quando il genere umano (forse ancora più antichi...), e le probabilità che la loro eterna familiarità con la condizione umana possa essere interrotta in un prossimo futuro appaiono alquanto scarse, sempreché ve ne siano. Odiamo perché abbiamo paura; ma abbiamo paura a causa dell' odio che avvelena la nostra coabitazione sul pianeta che condividiamo. Così ci sono sempre motivi più che sufficienti per avere paura; e sempre motivi più che sufficienti per odiare. Sembra che l' odio e la paura siano prigionieri di un circolo vizioso, che si alimentino vicendevolmente e traggano l' uno dall' altra l' animosità e l' impeto che li infiammano. (...) L' odio è sempre stato con noi, lo è adesso e lo sarà per sempre - qualunque cosa facciamo, e per quanto impegno mettiamo percercare di rimpiazzare ciascuna delle sue numerose e variegate manifestazioni con la mutua compassione, la comprensione, la solidarietà. È vero? Sì, ma non del tutto. Come ha fatto notare Albert Camus, c' è una novità impressionante nella vecchia storia che abbiamo riportato. Nei tempi moderni - i tempi in cui viviamo, e soltanto nei tempi moderni - ci accade di diffondere e coltivare la paura e l' odio, e di commettere atti di violenza che tendono a esserne conseguenza, in nome di una vita migliore e pacifica, della felicità, dell' umanità, dell' amore. Di usare il male per promuovere il bene. (...) Abbiamo bisogno di qualcuno da odiare per sbarazzarci del senso devastante della nostra indegnità, sperando così di sentirci meglio, ma affinché questa operazione riesca, essa deve svolgersi celando tutte le tracce di una vendetta personale. Anticipiamo parte della prefazione che Zygmunt Bauman ha scritto per Amore per l' odio. La produzione del male nelle società moderne, di Leonidas Donskis (Erickson, pagg. 344, euro 20) che esce in questi giorni. Il legame tra la percezione della ripugnanza e dell' odiosità del bersaglio prescelto e la nostra frustrazione alla ricerca di uno sbocco deve restare segreto.In qualunque modo l' odio sia nato, preferiremmo spiegarlo, agli altri e a noi stessi, adducendo la nostra volontà di difendere cose buone e nobili che essi, quegli individui odiosi, denigrano e contro le quali cospirano, sostenendo che la ragione per la quale li odiamo e la nostra determinazione a liberarci di loro siano causate (e giustificate) dal desiderio di assicurarci la sopravvivenza di una società ordinata e civile. Insistiamo a dire che odiamo perché vogliamo che il mondo sia libero dall' odio. (...) Recentemente la Suprema Corte di Cassazione italiana ha deliberato che sia legittimo discriminare i rom sulla base della motivazione che «gli zingari sono ladri». E quando i delinquenti di Napoli, brandendo mazze, spranghe di ferro e bottiglie incendiarie, si precipitarono sui campi dei rom e dei sinti situati nella periferia est della città a causa della diceria che una bambina fosse stata rapita da una zingara, la reazione del ministro dell' Interno <Roberto Maroni, ndt& del governo democraticamente eletto di Silvio Berlusconi, fu l' affermazione che «questo è ciò che accade quando gli zingari rubano i bambini», mentre il leader della Lega Nord e ministro dello stesso governo <Umberto Bossi, ndt&, dichiarò (benedicendo «la gente» che mette i campi nomadi a ferro e a fuoco e manifestando uno sprezzante sarcasmo per la «classe politica» reticente) che «se lo Stato non fa il suo dovere, lo fa la gente». Fatti analoghi - benché meno pubblicizzati perché annunciati meno esplicitamente e spudoratamente - erano avvenuti in precedenza nella Slovacchia, nella Repubblica Ceca e in Ungheria. L' editorialista del Guardian Seuman Milne riflette che, dato il clima europeo caratterizzato da un acuto senso di incertezza e ansia, «la degenerazione sociale e democratica raggiunta ora in Italia» potrebbe verificarsi dovunque. «La persecuzione degli zingari è la vergogna dell' Italia», conclude, «e un monito per tutti noi». (...) A differenza delle paure del passato, le paure contemporanee sono aspecifiche, disancorate, elusive, fluttuanti e mutevoli - difficili da identificare e localizzare esattamente. Abbiamo paura senza sapere da dove venga la nostra ansia e quali siano esattamente i pericoli che causano la nostra ansia e la nostra inquietudine. Potremmo dire che le nostre paure vagano alla ricerca della loro causa; cerchiamo disperatamente di trovarne le cause, per essere capaci di «fare qualcosa in proposito» o per chiedere che «qualcosa venga fatto». Le radici più profonde della paura contemporanea - la graduale ma inesorabile perdita di sicurezza esistenziale e la fragilità della propria posizione sociale - non possono essere affrontate direttamente, poiché le agenzie ancora esistenti di azione politica non hanno potere sufficiente per sradicarle in un mondo che si sta rapidamente globalizzando. E così le paure tendono a spostarsi dalle cause reali di malessere per scaricarsi su bersagli che sono solo remotamente, sempreché lo siano, connesse alle fonti di ansia, ma che presentano il vantaggio di essere prossimi, visibili, a portata di mano e per ciò stesso possibili da gestire. Tali battaglie sostitutive, intraprese contro un nemico sostitutivo, non cancelleranno l' ansia, poiché le sue radici reali resteranno dov' erano, assolutamente intatte - ma perlomeno trarremo qualche consolazione dalla consapevolezza di non essere restati inerti, di aver fatto qualcosa per cercare di vendicare la nostra infelicità e di esserci visti mentre lo facevamo. la tormentosa consapevolezza della nostra umiliante impotenza ne sarà forse lenita - per qualche tempo, almeno. L' afflusso dei migranti, e specialmente di quelli fuggiti da vittimizzazioni, persecuzioni e umiliazioni, o la minaccia del loro arrivo, dà ai nativi dei Paesi a cui approdano un profondo disagio poiché ricorda loro sgradevolmente la fragilità dell' esistenza umana - la loro stessa debolezza che i nativi preferirebbero decisamente nascondere e dimenticare ma che nondimeno li tormenta per la maggior parte del tempo. Quei migranti hanno lasciato le loro case e hanno dovuto separarsi dagli affetti più cari perché non avevano più mezzi di sostentamento e avevano perso il lavoro all' impatto con il «progresso economico» e il «libero mercato», o perché le loro case erano state bruciate, sventrate e rase al suolo a causa del corto circuito dell' ordine sociale, di sommosse e tumulti, o perché vi erano stati costretti dal fatto di essere in esubero, incapaci ormai di guadagnarsi da vivere e segnati a dito come un «fardello della società». Essi perciò rappresentano - o, meglio, incarnano - tutte le cose che i nativi temono; rappresentano quelle terrificanti e misteriose «forze globali» che decidono le regole del gioco in cui tutti noi, i migranti al pari dei nativi, siamo non già giocatori bensì pedine o gettoni. Quando respingono i migranti e li costringono a fare i bagagli per tornarsene da dove sono venuti, i nativi possono almeno bruciare quelle forze odiose e spaventose in effigie; possono conseguire una specie di «vittoria simbolica» in una guerra che sanno (o sospettano, per quanto ne neghino la consapevolezza) di non poter vincere «sul serio». Prendere i migranti per le cause delle proprie difficoltà e paure può sembrare illogico, ma tutto ciò riposa su una sorta di logica perversa: c' era la sicurezza del lavoro e la certezza di buone prospettive di vita, prima - ma lo scenario è cambiato sostituendovi la flessibilità del mercato del lavoro e assunzioni incerte e a breve termine, accompagnate da uno sgradevole allentamento dei legami fra le persone, e tutte queste novità si sono verificate proprio quando arrivavano i migranti. È dunque «ragionevole» presupporre che l' arrivo di questi stranieri e l' insicurezza che prima non esisteva siano connessi, e che se si obbligano i nuovi arrivati ad andarsene, tutto tornerà nuovamente agevole e sicuro come ci si ricorda che fosse (indipendentemente dal grado di correttezza del ricordo) prima del loro arrivo. (...) Le paure di oggigiorno sono generate in larga parte dalla globalizzazione (in altre parole, la nuova extraterritorialità) di forze che decidono delle questioni fondamentali riguardo alla qualità della nostra vita e alle possibilità di vita dei nostri figli. Il primo nesso causale collaterale riguarda il senso di sicurezza esistenziale. (...) La questione della sicurezza esistenziale è scivolata via dalle mani dei partiti che per forza d' inerzia vengono ancora chiamati «la Sinistra», che potevano contare in passato, ma non più nel tempo presente, su uno Stato intraprendente che risolvesse il problema. La questione perciò giace, letteralmente, in mezzo alla strada - da cui è stata lestamente raccolta da forze che, anch' esse erroneamente, vengono chiamate «la Destra». Il partito italiano di destra, laLega, promette adesso di ripristinare la sicurezza esistenziale - che il Partito Democratico, l' erede della Sinistra, promette di minare ulteriormente con una maggiore deregolamentazione dei capitali e dei mercati, un sovrappiù di flessibilità nel mercato del lavoro e un' apertura ancora più larga delle porte del Paese alle misteriose, imprevedibili e incontrollabili forze globali (porte che, come sa dalle sue amare esperienze, non si possono chiudere comunque). Soltanto la Lega intercetta l' insicurezza esistenziale, ma la interpreta, ingannevolmente, non come il tipico prodotto del capitalismo senza regole (che significa in pratica libertà per i potenti e impotenza per chi è a corto di risorse), bensì come la conseguenza, per i ricchi lombardi, di dover condividere il loro benessere con i pigri calabresi o siciliani, e come la disgrazia di dover condividere, gli italiani tutti, i loro mezzi di sussistenza con gli zingari ladri e con tutti gli altri stranieri (dimenticando che la migrazione di milioni di loro antenati italiani negli Stati Uniti e nell' America Latina ha contribuito e normemente all' attuale ricchezza di quei Paesi). 
Traduzione di Riccardo Mazzeo - ZYGMUNT BAUMAN