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Sociologia della Comunicazione Boni

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“SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE” 
(Federico Boni)
Qual'è la definizione di comunicazione fornita da Boni? Si discosta da quella tipica della 
scuola di Palo Alto?
La comunicazione, per Boni, è l'emissione deliberata di un messaggio codificato secondo certe 
regole socialmente riconosciute e rivolto a dei riceventi. È presente, quindi, nella sua 
definizione l'elemento dell'intenzionalità (deliberata), secondo cui è necessario avere 
l'intenzione di esprimere qualcosa per fare della comunicazione un'azione sociale. Secondo la 
scuola di Palo Alto, invece, la comunicazione va intesa come comportamento in senso lato, 
senza che ci sia bisogno di voler comunicare per farlo. Ogni comportamento che manifestiamo 
di fronte agli altri ha valore comunicativo. Infatti, il primo e forse più famoso assioma di questa 
scuola è: <<E' impossibile non comunicare>>, di Watzlawick. 
Che cos'è un messaggio meta-comunicativo? 
È un messaggio sul messaggio che crea una i presupposti affinché una una serie di segni sia 
comprensibile e decodificabile in modo chiaro da parte di un ricevente. È un modo di 
contestualizzare la comunicazione per indirizzarla sul binario che si vuole. Un esempio di 
messaggio meta-comunicativo è la nozione di “frame” di Goffman.
Quali sono le funzioni della comunicazione secondo Jakobson? 
Jakobson, partendo dal presupposto che la comunicazione si compone di diversi elementi, ma 
risponde anche a determinate funzioni, individua sei funzioni della comunicazione: espressiva 
o emotiva, si riferisce all'emittente e riguarda le possibilità che ha di esprimere i propri 
sentimenti nel corso dell'atto comunicativo; conativa, pone la sua attenzione sul ricevente e 
sulle possibilità di influenzarne l'azione e il comportamento in generale; poetica, riguarda il 
messaggio, a proposito del quale ci informa dell'organizzazione, della struttura interna, della 
coerenza narrativa e di altro ancora; referenziale, si riferisce al contesto (uso di “lì”,”qui”); 
fatica, si concentra sul canale e il contatto, tipici di questa funzione sono l'attivare il canale, lo 
stabilire, il mantenere, l'interrompere o il chiudere la comunicazione; infine metalinguistica, 
che vede al centro dell'attenzione il codice e permette di capire come interpretare i messaggi 
all'interno di un determinato contesto. Tutte queste funzioni possono essere presenti all'interno 
della stessa situazione comunicativa.
Fai un esempio per ciascun codice linguistico:
Secondo la scuola di Palo Alto ci sono due tipi di codici: si parla di codici analogici quando i 
segni che noi utilizziamo per la nostra rappresentazione hanno qualche relazione con ciò a cui 
ci riferiamo, ad esempio quando sono di cattivo umore assumo un sguardo corrucciato che, in 
qualche modo, mantiene una relazione con il mio stato d'animo. Poi ci sono quelli numerici che 
lavorano per astrazione, mediante un codice che non ha nulla a che fare con quello che stiamo 
rappresentando, le parole e i numeri ne sono un esempio.
Ci sono poi altri codici oltre a quelli della scuola di Palo Alto e sono: linguistici, che si 
riferiscono all'uso del linguaggio nel corso della comunicazione (“Ciao! Come stai?”); 
paralinguistici, che fanno riferimento a quei suoni che non rientrano direttamente all'interno di 
una lingua, ma che rivestono importanti funzioni nello svolgimento della comunicazione 
(“Boh!”, “Uffa!”); cinesici, che riguardano i movimenti del corpo e del volto durante il 
processo comunicativo; prossemici, inerenti alla gestione dello spazio intorno a noi e al come 
manteniamo o meno le distanze con le persone che si trovano nel nostro stesso spazio; infine 
aptici, che si riferiscono ai contatti corporei con le persone. Questi ultimi sono codici che vanno 
usati con molta attenzione perché potrebbero più facilmente urtare la sensibilità dell'altro.
Cos'è il doppio legame di Bateson?
Il doppio legame, o double bind, è una comunicazione paradossale dove un messaggio 
comunica un'auto-contraddizione. Si dice qualcosa ma poi la si nega, magari con l'utilizzo di 
due aspetti del linguaggio (verbale e corporeo) che trasmettono messaggi diversi e 
contraddittori.
Quali sono i tre livelli di interazione comunicativa secondo Thompson? E perché l'interazione 
mediata ha un ruolo fondamentale?
I tre livelli di interazione comunicativa secondo Thompson sono: interazione faccia a faccia, 
interazione mediata e quasi-interazione mediata. La prima rappresenta la comunicazione 
interpersonale dove i parlanti sono presenti l'uno all'altro e partecipano condividendo gli stessi 
riferimenti spazio-temporali, è inoltre dialogica, cioè permette un flusso bidirezionale tra 
emittente e ricevente, e, infine, consente l'utilizzo di molteplici codici comunicativi. 
L'interazione mediata, invece, avviene tramite strumenti per la comunicazione come la lettera, 
telefono, posta elettronica e, ovviamente, cellulare. I codici a disposizione sono più limitati ed è 
un tipo di interazione fondamentale perché permette la comunicazione tra partecipanti che si 
trovano in ambienti differenti nello spazio e/o nel tempo. Infine la quasi-interazione mediata è 
quella che riguarda la modalità di comunicazione stabilita dai mezzi di comunicazione di massa 
(radio, stampa, televisione). Presenta delle differenze rispetto ai primi due tipi di interazione 
perché i codici prodotti dai diversi canali mediatici sono rivolti ad un insieme di riceventi e non 
pensati per un unico interlocutore, ed, inoltre, si tratta di una sorta di monologo caratterizzato 
da uni-direzionalità più che da bi-direzionalità. 
Come possiamo definire l'etnometodologia? Illustra in riferimento al caso di Agnese proposto 
da Garfinkel.
L'etnometodologia può essere definita come lo studio dei metodi utilizzati dagli individui per 
rendere intellegibile e spiegabile la realtà che li circonda. Garfinkel, fondatore di questa branca 
della sociologia, vuole studiare i contatti che noi abbiamo nel quotidiano attraverso i nostri 
racconti, e si concentra sui modi, che lui chiama pratiche di “accountability”, mediante i quali 
noi ci rendiamo “accountable”, ovvero narrabili. Inoltre, si interessa anche ai metodi tramite i 
quali creiamo il “dato per scontato”. Quindi l'etnometodologia è anche un viaggio nel senso 
comune oltre che nei nostri “accounts”, ossia racconti. Secondo Garfinkel ci sono due 
caratteristiche principali di queste pratiche di accountability: l'indicalità (o indessicalità), che 
vuol dire che il significato di ogni cosa, per essere compreso, deve essere riferito al contesto in 
cui questa cosa di trova; e la riflessività che, invece, sta ad indicare che le persone tendono 
inconsciamente a interpretare ciò che accade in una determinata situazione come il caso 
particolare di qualcosa di più generale (cioè ogni affermazione è riferibile solo a se stessa e non 
fa riferimento a nessun'altra realtà al di fuori di sé). Per spiegare come procede la riflessività 
delle pratiche degli individui, Garfinkel conduce diversi esperimenti, ma il più famoso è quello 
di Agnese, un diciannovenne che decise di cambiare sesso e che dovette rapidamente fornirsi di 
un repertorio esperienziale auto-riflessivo che definisse la sua costruzione come femmina. 
Questo studio dimostra come un dato apparentemente “normale” e “naturale” come l'“essere 
maschio o femmina” sia ben lontano dall'essere un comportamento spontaneo, bensì implichi 
una continua attività riflessiva che produce e riproduce “azioni da maschio o femmina”. 
Persino quando vogliamo apparire assolutamente “normali” ci troviamo a comportarci come se 
lo fossimo.
Cosa si intende per costruzione rituale del sé?
Il soggetto è un essere cerimoniale,non è un ente biologico, diventa un essere sociale nel 
momento in cui il suo sé viene costruito attraverso i rituali dell'interazione quotidiana, ovvero 
la deferenza e il contegno. Il sé è una performance e ci viene riconosciuto dagli altri, e deve 
essere trattato da loro con attenzione rituale e presentato da noi stessi agli altri in modo 
legittimo e rispettabile. Il sé, infine, è il sacro nelle nostre società a solidarietà organica ed è per 
questo che è degno di rispetto.
Definisci cosa sono le “credenze” e i “riti” per Durkheim:
I “riti” sono dei modi di agire determinati rigidamente, mentre le “credenze” sono qualcosa in 
cui credere. Essi costituiscono, secondo Durkheim, un “rituale”, un evento che ha un significato 
socialmente condiviso dagli attori che lo portano a termine. Un esempio di “rituale” è il 
matrimonio che presenta tutta una serie di credenze (i testimoni che facciano da pubblico e 
condividano il significato) e riti rigidi (lo scambio della fede).
Definisci la deferenza e il contegno, spiega cosa sono e quali sono le funzioni:
Goffman distingue due tipi di rituali della vita quotidiana: la deferenza, che consiste nei rituali 
che noi utilizziamo per manifestare il nostro apprezzamento e rispetto nei confronti del nostro 
interlocutore; e il contegno, costituito da rituali tramite i quali noi chiediamo deferenza agli 
altri, sono rivolti a noi stessi per mostrare agli altri partecipanti la nostra onorabilità e 
competenza interazionale. Ci sono poi altri due tipi di rituali attraverso i quali si stabilisce la 
deferenza: i rituali di discrezione, che dimostrano all'altro il nostro rispetto della sua sfera del 
sacro/privato (privacy), e quelli di presentazione, attraverso i quali l'individuo rende 
testimonianza al destinatario del modo in cui lo considera e lo tratterà nell'imminente 
interazione. Nel momento in cui compiamo un atto rituale per concedere o negare la nostra 
deferenza (apprezzamento) nei confronti di qualcuno, allo stesso tempo mostriamo agli altri se 
il nostro contegno è buono o cattivo, cioè se è appropriato o meno alla situazione in corso. 
Bisogna, inoltre, sottolineare che la deferenza va guadagnata e non possiamo attribuircela da 
soli. Questo fa sì che le persone siano incoraggiate ad incontrare altre persone, e con ciò la 
società si assicura che gli individui stabiliranno sempre interazioni tra loro. 
Il sé ha dei territori. Indica almeno tre tipi di territorio e le strategie di controllo:
Il sé ha degli spazi che controlla per creare intorno a sé una sorta di barriera del sacro, sono i 
cosiddetti territori del self e Goffman distingue: lo spazio personale, una sorta di “bolla” che 
circonda l'individuo; la nicchia, uno spazio delimitato sul quale abbiamo pretese temporanee 
ma esclusive, come quando occupiamo il posto al cinema con la nostra giacca, e a differenza 
dello spazio personale, con il quale talvolta coincide, è fisso e non “viaggia” con la persona; la 
riserva di possesso costituita dall'insieme degli oggetti con cui può essere identificato il self, 
sono tutte sue “marche” che non si possono liberamente spostare senza creare mancanza di 
deferenza, ad esempio la giacca che lasciamo per tenere il posto al cinema o in classe ha 
proprio questo valore. Questi territori sono continuamente esposti alla minaccia di violazioni e 
profanazioni da parte di altri individui.
Com'è strutturato uno scambio riparatore?
Quando si violano i territori del self è necessario attuare uno scambio di riparazione. La 
struttura di uno scambio riparatore è: riparazione (“Mi passeresti del latte?”), accettazione 
(“Eccolo”), apprezzamento (“Grazie”) e minimizzazione (“Prego”). Quando una persona 
invade il territorio di un altro, deve compiere la sua azione di disturbo in modo che appaiano 
subito le sue buone intenzioni, cosicché la normalità dell'interazione e l'opinione che può farsi 
l'offeso venga riaffermata. Attraverso scuse e spiegazioni, ma anche modalità non verbali come 
l'intonazione, lo sguardo o il modo di avvicinarsi a qualcuno, si cerca, quindi, di riparare ad una 
potenziale rottura del normale andamento dell'interazione. Di solito, infatti, prima di 
interrompere la spiegazione di un professore per fare una domanda, si alza la mano, questa è 
una riparazione.
Cosa sono nella teoria di Goffman la scena (o ribalta) e il retroscena?
L'identità non è qualcosa di stabile e durevole nel tempo, ma un effetto strutturale prodotto e 
riprodotto discontinuamente nei vari “balletti cerimoniali” della vita quotidiana. Goffman 
utilizza la metafora del teatro per spiegare tutti questi balletti cerimoniali nel corso 
dell'interazione e chiama scena, o ribalta, lo spazio dove avviene la rappresentazione vera e 
propria e il soggetto mette in luce la sua vera “identità”, e retroscena, quello dove gli attori si 
possono preparare. Quest'ultimo spazio è molto importante perché ci permette di prepararci e 
darci il “contegno” adeguato per affrontare la ribalta e tutta quell'arena di rituali che dobbiamo 
rispettare per poter iniziare e portare avanti un'interazione. Proprio per le funzioni che ricopre, 
il retroscena va protetto da incursioni indiscrete da parte di chi non vi è ammesso, i bagni sono 
tipiche esempio di retroscena dove non si entra se è occupato. 
Chi propone la nozione di “spazio intermedio” e di cosa si tratta?
La nozione di “spazio intermedio” è stato introdotto dal sociologo canadese Meyrowitz. 
Seguendo la metafora del teatro utilizzata da Goffman per spiegare tutti i balletti cerimoniali 
che si verificano nel corso dell'interazione, egli aggiunge che i media hanno avuto un ruolo 
determinante nell'abbattere i confini tra la scena, o ribalta, e il retroscena, creando uno “spazio 
intermedio”, un luogo di fusione tra spazio pubblico e privato. La televisione mette in scena 
sempre di più gli aspetti della vita quotidiana e del nostro corpo (un tempo la cura del corpo 
veniva lasciata alla sfera del retroscena, la depilazione, il ciclo mestruale della donna erano tutti 
appartenenti alla sfera privata del singolo). In questo spazio intermedio avvengono tre tipi di 
“confusione” tra elementi: la confusione tra sfera maschile e femminile (oggi gli uomini hanno 
accesso alla sfera personale delle donne e viceversa); la confusione/ridefinizione dei confini tra 
mondo dell'infanzia e mondo adulto (i bambini hanno accesso a tutta una serie di immagini e 
scene che sono per adulti); la confusione tra classi (le classi superiori, e soprattutto quella dei 
leader politici, prima erano a noi quasi sconosciute, un tempo non c'erano spettacolarizzazioni 
della vita dei politici, oggi avviene tutto il contrario tramite la televisione).
Quali sono, secondo Goffman, le più tipiche situazioni dell'interazione faccia a faccia?
Goffman divide le interazioni faccia a faccia in interazioni non focalizzate e focalizzate. Le 
prime sono situazioni in cui si ha la mera compresenza di persone che entrano più o meno 
fuggevolmente entro il campo visivo le une delle altre (il camminare per strada). Un aspetto 
importante in queste interazioni è il “linguaggio espressivo” dei corpi presenti nella situazione 
in questione; questi segni forniscono determinate impressioni del self. Le seconde sono 
interazioni nelle quali si ha in comune il “centro visuale e cognitivo tra i partecipanti”. 
Riguarda gruppi di individui che trasmettono all'altro una particolare autorizzazione a 
comunicare. Uno degli aspetti principali di questo tipo di interazioni è la “disattenzione civile”, 
in base alla quale l'individuo deve mostrare che è consapevole della presenza dell'altro, ma, 
subito dopo, distogliere l'attenzione da lui per non invadere la sua sfera della privacy (lepersone che viaggiano in metro).
Secondo Goffman nella comunicazione faccia a faccia gli oggetti hanno un particolare ruolo. 
Quale? Fai alcuni esempi:
Gli oggetti sono degli strumenti di cui ci serviamo per esprimere e comunicare informazioni 
che ci riguardano, e quindi ricoprono una funzione comunicativa essenziale. Secondo Goffman 
<<gli oggetti costituiscono il canale comunicativo principale, il sistema di segni più importante 
per mezzo del quale ci distinguiamo dagli altri>>. Parlano spesso di noi e per noi, ed entrano 
nei rapporti comunicativi interpersonali che stabiliamo con gli altri individui, ad esempio i 
posters, quadri, libri che ho a casa mia “raccontano” qualcosa di me.
Che cos'è la “spirale del silenzio”?
La “spirale del silenzio” è una teoria, proposta dalla studiosa Noelle-Neumann, che mostra gli 
effetti dei media nel comportamento delle persone. L'ipotesi di partenza di questa teoria è che 
oggi i cittadini, condannati a un sempre maggior individualismo, sono esposti al timore di 
rimanere ancora più isolati. Ciò li porta a ispirarsi a ciò che dicono e fanno i media, attenendosi 
alle loro interpretazioni della realtà e alle opinioni che essi veicolano, ritenendo che tali 
opinioni siano quelle condivise dalla larga maggioranza delle persone. I media tenderebbero, 
quindi, ad innescare una “spirale di silenzio”, dove le opinioni personali dell'individuo vengono 
ritenute di minoranza e quindi ridotte al “silenzio”, in una “spirale” che porta sostanzialmente 
alla cancellazione di tali opinioni. L'uomo è un “animale sociale” che non può prescindere dalla 
socialità, è consapevole che in qualche modo deve adattarsi al “comune sentire” della 
maggioranza delle persone, pena l'esclusione sociale.
Perché parlare da soli è severamente monitorato nella nostra società?
Il parlare da soli è visto come una minaccia all'intersoggettività, e contravviene alla normalità 
conversazionale per cui i parlanti devono essere almeno due.
Cos'è un'attività “fatidica”? Illustra in riferimento a Goffman e alle sue osservazioni sul 
gioco.
Un'attività “fatidica” e un'attività rischiosa e dall'esito incerto, inoltre deve essere 
consequenziale, cioè produrre delle conseguenze. Per riferirsi a un'attività “fatidica” in cui ci 
impegniamo “gratuitamente”, Goffman sceglie il nome di “azione”, un'attività rischiosa, 
consequenziale, fine a se stessa che serve a ricreare e ricostruire il proprio self e a mostrare che 
possiede un carattere forte. Chi entra in una sala gioco, chi si cimenta nel free climbing, o si 
getta da un ponte con un elastico si trova impegnato in un'“azione” Lo studioso Lyng si 
riferisce a qualcosa del genere quando parla della “ricerca del limite”, solo che, a differenza 
dell'azione, prevede sempre un'attività rischiosa che implica, però, una minaccia al benessere 
fisico o mentale dell'individuo. Alcune persone si cimentano nella “ricerca del limite” per 
bisogno di auto-realizzazione. Quanto più in una società la sfera lavorativa è alienante e 
ripetitiva, tanto maggiore sarà il bisogno di auto-realizzazione e, quindi, la ricerca del limite.
Cos'è il “frame”? Definisci e fai alcuni esempi.
Il “frame” è una sorta di messaggio meta-comunicativo, una cornice cognitiva che mettiamo 
intorno agli eventi e che orienta la nostra percezione, comprensione e la corretta interpretazione 
del contenuto di un messaggio. Un esempio è uno studio riguardo la resistenza al dolore di 
diversi gruppi etnici secondo cui gli ebrei e gli italo-americani tendevano a lamentarsi molto e 
per questo ottenevano molte terapie anti-dolore, mentre i WASP si lamentavano molto poco. Il 
dolore noi lo vediamo attraverso pratiche sociali in un certo modo, in altre culture in altro modo 
ancora, di certo non vuol dire che non c'è dolore, ci sono semplicemente diversi “frame”.
Quali sono i “frames primari” e come concepiscono il sé?
I soggetti non si muovono all'interno di un'unica cornice. Ci sono cornici primarie, che sono 
quelle che organizzano il mondo della realtà quotidiana e sono suddivisibili a loro volta fra 
naturali, determinati dal mondo fisico, e sociali, determinati dal mondo sociale. La differenza 
principale tra queste due sotto-cornici riguarda il ruolo del soggetto, mentre in quelle naturali 
l'individuo è determinato e definito dal proprio corpo, in quelle sociali il soggetto è 
determinante e responsabile, anche legalmente, rispetto al proprio corpo. Sulle cornici primarie 
è poi possibile costruire numerose cornici secondarie e da questo possiamo dedurre che la 
comunicazione nella vita quotidiana è stratificata.
Indica la differenza tra keyings e fabrications: 
Secondo Goffman, intorno a un frame primario si possono costruire altre cornici che ne 
trasformano il significato. Ci sono due possibili categorie di trasformazioni: lecite o keyings, 
quando tutti sono a conoscenza della trasformazione dell'evento primario, qui i giochi ne sono 
un esempio, e illecite o fabrications, quando solo alcuni ne sono a conoscenza. Per preparare 
una fabrication è necessario che due o più individui comunichino tra loro di nascosto, questo 
tipo di comunicazione viene definita “collusiva” e un esempio sono gli scherzi, che devono 
comunque essere condivisi almeno da due persone se no diventano una provocazione.
Non solo la comunicazione è stratificata, l'emittente e il ricevente sono a loro volta entità 
multi-funzionali. Illustra e discuti:
Il processo comunicativo è un'esperienza stratificata, questa stratificazione non riguarda solo il 
contesto ma anche il sé parlante può essere visto come una “matriosca”, che tende a distanziarsi 
dal sé per creare un'altra idea dal suo sé (nozione di “distanziamento dal ruolo”). Così, nelle 
interazioni quotidiane, parlante/emittente e ascoltatore/ricevente possono avere diverse 
funzioni. Il primo, ovvero l'emittente, può essere animatore, quindi colui che emette 
fisicamente l'enunciato; responsabile, colui a cui viene attribuita la responsabilità del 
messaggio; oppure autore, colui che formula materialmente il messaggio stesso. All'interno 
delle conversazioni informali queste funzioni vano tenute distinte perché ciascuna proietta un 
self e implica un'identità che può essere accettata o no dagli altri. Il modo in cui viene prodotto 
un messaggio si definisce “formato di produzione”. Per quanto riguarda il ricevente, Goffman 
ritiene che ci sia uno schema di ricezione, o meglio partecipazione, nel quale noi possiamo 
essere ascoltatori legittimi e ufficiali destinatari di un messaggio o no, ratificati o no, come gli 
origliatori e gli astanti, cioè coloro che sono presenti ad una conversazione ma non ne possono 
prendere parte.
Che cos'è il “footing”?
Il footing è un particolare cambiamento di framing e consiste nel cambiamento della posizione 
dell'emittente del messaggio. È un'attività di ridefinizione e allineamento che avviene durante 
l'interazione da parte del parlante nei confronti dei suoi interlocutori. Un cambiamento di 
footing implica un cambiamento della posizione che assumiamo nei nostri confronti e nei 
confronti degli altri presenti. Esempio tratto da Goffman: il presidente Nixon, dopo una 
riunione, si presenta alla stampa per rispondere alle domande e ad alzare la mano è una 
giornalista di nome Helen Thomas, famosa giornalista politica americana del tempo. Non fatta 
ancora la domanda, Nixon decide di fare un cambiamento di footing, si rivolge ad Helen in 
maniera colloquiale (“Ciao Helen, come stai? Ti preferisco in gonna!”) e lei risponde stando al 
gioco (“E ma a mio marito piaccio molto anche così!”). Il presidente a quel punto le chiede di 
fare una piroetta su se stessa per far vedere come sta con i pantaloni.Lei fa la piroetta e in 
seguito formula la domanda attuando un nuovo cambiamento di footing. Questo cambiamento 
di footing fece scandalo a causa della complicità dimostrata dalla giornalista nel cambiamento 
di footing che prevedeva un cambio di posizione da presidente a giornalista a uomo e donna e 
ancora più grave a uomo “superiore” alla donna. Implicava il fatto che solo una donna e non 
altri colleghi potesse essere “usata” dal presidente per creare questa scenetta tramite la quale il 
presidente era riuscito a fare il simpatico e che aveva, inoltre, giovato alla sua immagine 
politica. A pagarne le spese è stata l'identità professionale di Helen, che non ha avuto la forza di 
sottrarsi al gioco e in più aveva fatto riferimento al marito, quindi alla sua sfera privata.

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