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Filosofia_e_medicina_Pensare_la_salute_e

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Filosofia 
e medicina
Pensare la salute e la malattia
Maria Cristina Amoretti
Carocci editore Studi Superiori
Sui rapporti tra filosofia e medicina è aperta da sempre un’articolata 
e vivace discussione, che solleva ancora oggi questioni di straordinaria 
importanza. Una delle principali riguarda i concetti di salute e malattia. 
Come pensarli e definirli? Si tratta di nozioni descrittive o normative? 
Quali relazioni e differenze presentano rispetto ad altri concetti come 
quelli di normalità e anormalità, capacità e disabilità, benessere 
e danno? Si può parlare di salute e malattia mentale? A queste e altre 
domande intende rispondere il libro, esaminando le connessioni 
tra filosofia e medicina, due discipline che interagiscono in modo 
costante e proficuo fin dalle loro rispettive origini nella Grecia antica.
Maria Cristina Amoretti insegna Filosofia della mente all’Università 
di Genova. Visiting al King’s College London e alla Ruhr-University, ha scritto 
La mente fuori dal corpo (Milano 2011) e Piccolo trattato di epistemologia 
(con N. Vassallo; Torino 2010).
17,00 Pr
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Carocci editore Studi Superiori
ISBN 978-88-430-7835-6
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Maria Cristina Amoretti
Filosofia e medicina
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 Introduzione 11
1. Salute e malattia 17
1.1. Disease, illness, sickness 17
1.2. Dimensioni della malattia 20
1.3. Malattie individuali 25
1.4. Salute, normalità, benessere 28
1.5. Nessuna definizione 31
1.6. Valori 36
2. Naturalismi 41
2.1. Funzioni 41
2.2. La teoria biostatistica 47
2.3. Eziologia vs ruolo causale 58
2.4. Teorie evoluzioniste 66
3. Capacità e disabilità 73
3.1. Scopi soggettivi 73
3.2. Scopi vitali 78
3.3. Azioni ordinarie 87
3.4. Ruolo sociale 90
Indice
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4. Benessere e danno 93
4.1. Danno 93
4.2. Danno senza causa distinta 95
4.3. Danno e trattabilità medica 99
4.4. L’esperienza soggettiva 108
5. Malattia mentale 113
5.1. Dalla metafora al mito 113
5.2. Malattia 119
5.3. Prototipi 124
5.4. Mentale 126
 Bibliografia 133
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In rerum natura, diceva, non ci son che due generi di 
cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio 
non può esser né l’uno né l’altro, avrò provato che non 
esiste, che è una chimera. […] His fretus, vale a dire su 
questi bei fondamenti, non prese nessuna precauzione 
contro la peste; gli s’attaccò; andò a letto, a morire, 
come un eroe di Metastasio, prendendosela con le 
stelle.
Alessandro Manzoni, I promessi sposi
C’est dans la maladie que nous nous rendons compte 
que nous ne vivons pas seuls, mais enchaînés à un être 
d’un règne différent, dont des abîmes nous séparent, 
qui ne nous connaît pas et duquel il est impossible de 
nous faire comprendre: notre corps.
Marcel Proust, Le côté de Guermantes
I […] am equally drawn to the scientific and the ro-
mantic, and continually see both in the human condi-
tion, not least in that quintessential human condition 
of sickness.
Oliver Sacks, 
The Man Who Mistook His Wife for a Hat
Io sto analizzando la salute, ma non ci riesco perché 
m’accorgo che, analizzandola, la converto in malattia.
Italo Svevo, La coscienza di Zeno
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Talvolta si è portati a dividere i saperi umani tracciando una linea 
di demarcazione tra “cultura umanistica” e “cultura scientifica”, per 
contrapporre discipline quali la filosofia, la letteratura o la storia ad 
altre quali la biologia, la chimica o la fisica (Snow, 1998). Tale suddivi-
sione non è però affatto scontata, non solo perché occorrerebbe tenere 
conto delle innumerevoli connessioni tra le aree dell’una e dell’altra 
cultura, ma anche perché ci sono delle discipline che non sono facil-
mente collocabili in una data categoria (Amoretti, Vassallo, 2010, 
pp. 11-40). Una di queste è senz’altro la medicina, che sembra condivi-
dere tratti, non sempre conciliabili, sia della cultura scientifica sia della 
cultura umanistica, in particolare della filosofia (Wulff, 1999).
Sebbene filosofia e medicina abbiano interagito in modo costante e 
proficuo fin dalle loro rispettive origini nella Grecia antica, la discipli-
na specifica che è etichettata come “filosofia della medicina” è relativa-
mente recente, essendo nata soltanto alla fine del xix secolo (uno dei 
primi volumi di filosofia della medicina è Bartlett, 1844) ed essendosi 
affermata poi nel corso di quello successivo (alcune utili introduzio-
ni: Carson, Burns, 1997; Corbellini, 2003; Cosmacini, Rugarli, 2007; 
Culver, Gert, 1982; Engelhardt Jr., 2000; Federspil et al., 2008; Gifford, 
2011; Howick, 2011; Johansson, Lynøe, 2009; Lee, 2012; Maier, Shibles, 
2011; Marcum, 2008; 2012; Pagnini, 2010; Pellegrino, Thomasma, 1981; 
Sadegh-Zadeh, 2011; Schaffner, 1992; Wulff, Pedersen, Rosenberg, 
1986). Ma è proprio attorno alla metà del xx secolo che si sviluppa un 
intenso dibattito circa gli effettivi rapporti tra filosofia e medicina, e 
più precisamente circa la possibilità di articolare una qualche filosofia 
della medicina che sia distinta dalla filosofia e dalla medicina consi-
derate separatamente, nonché dalla filosofia di una delle varie scienze 
di base che contraddistinguono la medicina stessa, come per esempio 
Introduzione
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fisica, chimica, biologia, ecologia o economia (Cosmacini, 2008). Il 
problema è sollevato sia dai filosofi sia dai medici: i primi dubitano 
che ci siano delle questioni filosofiche genuine e specifiche sollevate 
dalla medicina, mentre i secondi mettono in discussione l’utilità e la 
rilevanza dei possibili contributi filosofici.
Nel tentativo di chiarire i rapporti tra filosofia e medicina, Edmund 
Pellegrino (1976; 1986; 1998; cfr. anche Engelhardt Jr., 1976b; Pellegri-
no, Thomasma, 1981) individua vari modi, non solo legittimi ma anche 
proficui, in cui le due discipline possono eventualmente relazionarsi. 
Per cominciare si può parlare di “filosofia e medicina” per indicare tut-
te le considerazioni fatte da filosofia e medicina a proposito di quei 
problemi che sono comuni a entrambe, quali per esempio la coscien-
za, il linguaggio, la memoria, la percezione o il rapporto mente-corpo. 
In secondo luogo, occorre constatare come vi sia una “filosofia nella 
medicina”, che «può svelare le assunzioni prelogiche da cui possono 
dipendere le azioni mediche; è necessaria per mostrare alcune limita-
zioni del metodo scientifico, per analizzare le stesse questioni di causa-
lità, classificazione, logica ed epistemologia che la medicina condivide 
con altre scienze» (Engelhardt Jr. et al., 1975, pp. 230-1, trad. mia). In 
terzo luogo, si può avere una sorta di “filosofia medica”, intendendo 
con questa espressione «ogni riflessione informale sulla pratica della 
medicina» (Pellegrino, 1998, p. 324, trad. mia), a proposito, per esem-
pio, dei diversi stili clinici (diagnostici, terapeutici, relativi al rapporto 
medico-paziente). Infine, si deve anche ammettere la “filosofia della 
medicina”, una disciplina ben distinta rispetto ad altre filosofie delle 
scienze, all’interno della quale verranno articolate e chiarite le questio-
ni genuinamente filosofiche sollevate dallo specifico della medicina. 
La filosofia della medicina ci aiuterebbe così a valutare il significato 
transmedico della medicina stessa, nonché gli assiomi, i presupposti, 
i concetti, le metodologie e i valori che sono alla base del pensiero e 
dell’agire medico.
La differenziazione proposta da Pellegrino può risultare ormai su-
perata,ma i rapporti tra filosofia e medicina restano numerosi e indub-
bi. Alcuni autori hanno tuttavia negato che possa darsi una filosofia 
della medicina intesa come branca filosofica autonoma. Secondo Jero-
me Shaffer, per esempio, accettare una simile idea sarebbe perlomeno 
fuorviante, poiché non esiste alcuna questione che sia davvero comune 
tanto alla filosofia quanto alla medicina: «Ci sono problemi medici 
e ci sono problemi filosofici, con nessuna sovrapposizione o area di 
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introduzione
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confine, con nessun campo che potrebbe essere chiamato medfiloso-
fia o filomedicina, analogamente a biochimica o astrofisica» (in En-
gelhardt et al., 1975, pp. 215-6, trad. mia). Se è vero che ammettere dei 
campi come la medfilosofia o la filomedicina potrebbe apparire fuori 
luogo (ma non dimentichiamoci che oggi ci sono discipline fiorenti, 
quali la neurofilosofia, che sarebbero state giudicate impensabili fino 
a qualche anno fa), occorre altresì ricordare come vi siano degli argo-
menti – quelli che secondo Pellegrino rientrano nella “filosofia e me-
dicina” – che possono essere giudicati almeno parzialmente comuni.
Shaffer prosegue però sostenendo che la maggior parte delle que-
stioni che, perlomeno prima facie, sono ritenute ricadere all’interno 
della filosofia della medicina o sono già trattate altrove, in altre bran-
che della filosofia, oppure non sono realmente filosofiche. In particola-
re, indagare nozioni quali normalità e anormalità, patologico e non pa-
tologico, salute e malattia sarebbe compito della filosofia della biologia 
oppure della filosofia della psicologia e di quella della mente, se tali 
concetti sono considerati in relazione al mentale. Inoltre, investigare 
gli aspetti etici, economici, legali, politici, sociali, religiosi associati alla 
pratica medica può essere compito di un settore quale la filosofia mo-
rale, ma sembra per lo più oltrepassare ogni competenza strettamente 
filosofica.
In sintesi, Shaffer ritiene che alla filosofia della medicina, qualora 
la si volesse in ogni caso ammettere, resterebbe ben poco da pensare e 
da studiare. Questo ragionamento, è ovvio, appare persuasivo solo se 
accettiamo l’idea che la medicina consti esclusivamente della somma 
di altre scienze e non si possa considerare in modo autonomo – come 
scienza a sé stante o come tecnica che metta in atto il sapere provenien-
te da altre scienze in un proprio modo peculiare. In effetti, una delle 
principali difficoltà che emergono nel valutare se esista e, nel caso, che 
cosa sia la filosofia della medicina è legata al fatto che non si dà al-
cuna definizione univoca e largamente accettata della stessa medicina 
(Delkeskamp-Hayes, Cutter, 1993; Engelhardt Jr., Erde, 1980). C’è chi 
ritiene che la medicina sia parte delle cosiddette humanities, chi invece 
crede che si tratti di una scienza naturale (Boorse, 1975; 1977), o so-
ciale, o applicata (Canguilhem, 1966; 1988), e chi sostiene infine che 
essa si debba caratterizzare come un’arte, una pratica o una tecnica, 
istituzionalizzata socialmente (Agich, 1983; Margolis, 1976) e avente 
come fine ultimo la cura (Cosmacini, 2008; Munson, 1981; Munson, 
Roth, 1994; Pellegrino, Thomasma, 1981; Pellegrino, Engelhardt Jr., 
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filosofia della medicina
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Jotterand, 2008; Sadegh-Zadeh, 2011). Ad ogni modo, quello di Shaf-
fer appare come un argomento in un certo senso autoconfutante: di-
scutendo la natura della medicina e delle sue nozioni più specifiche, 
esso sembra di fatto contribuire a una qualche filosofia della medici-
na, quella stessa filosofia della medicina che pretende invece di negare 
(Engelhardt Jr., 1975).
Un filosofo che sviluppa ulteriormente i motivi per cui non biso-
gnerebbe considerare la filosofia della medicina come una branca in-
dipendente è Arthur Caplan (1992). In estrema sintesi la filosofia della 
medicina non rispetterebbe tre criteri che, secondo lui, sono invece 
fondamentali per accettare la completa autonomia di una certa spe-
cializzazione filosofica: primo, non sarebbe integrata con altre aree 
d’indagine ad essa collegate; secondo, non possederebbe un proprio 
canone, vale a dire un insieme di articoli e volumi che ne stiano alla 
base; terzo, non avrebbe un insieme ben definito di problemi tali da 
delimitarne i confini in modo efficace e non ambiguo. Per quanto 
ben articolato, l’argomento può essere contestato in vari modi (cfr. ad 
esempio Pellegrino, 1998; Velanovich, 1994; Wulff, 1992), ma ciò che 
ci preme qui considerare è solo il terzo punto, ossia valutare se sia pos-
sibile enucleare un insieme di questioni filosofiche che siano ragione-
volmente giudicate come attinenti in modo specifico alla filosofia della 
medicina, e non alla filosofia della biologia, della chimica, della fisica o 
all’etica. In tal senso la risposta sembra essere positiva.
Ci possono essere infatti delle istanze che si applicano sì alle varie 
scienze, ma che in relazione alla medicina acquistano un significato 
del tutto particolare. Per esempio: il problema della scoperta in rela-
zione a nuove malattie, della costruzione di teorie e modelli medici 
adeguati, del realismo tassonomico circa le malattie, della riduzione 
interteorica della medicina, del ragionamento clinico, degli standard 
epistemologici di evidenza, della causalità o della concettualizzazione 
del corpo. D’altra parte ci sono anche problematiche filosofiche, ma 
non meramente etiche, che sembrano essere peculiari alla sola medici-
na: la definizione dei concetti di salute e malattia, di diagnosi, o di una 
nozione “tecnica” quale quella di morte cerebrale, nonché la questione 
della medicalizzazione o della fenomenologia della malattia.
Nel presente volume il campo della filosofia della medicina è vo-
lutamente circoscritto sino a considerare soltanto quelli che, secondo 
molti studiosi, sono i due concetti più importanti e fondamentali della 
medicina stessa, vale a dire quello di salute e quello di malattia. Pur se 
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introduzione
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ci si limita a considerare quasi esclusivamente la letteratura filosofica di 
matrice analitica, si può infatti subito constatare come il dibattito con-
temporaneo relativo alla chiarificazione e alla possibile definizione di 
queste due nozioni – dibattito che si è sviluppato perlomeno a partire 
dagli anni Sessanta del secolo scorso e che rimane tuttora assai atti-
vo – sia enorme e variegato (solo per citare alcuni volumi, monografie 
e collettanei, dedicati al tema: Ananth, 2008; Caplan, Engelhardt Jr., 
McCartney, 1981; Caplan, McCartney, Sisti, 2004; Carel, 2008; Carel, 
Cooper, 2013; Culver, Gert, 1982; Currer, Stacey, 1986; Humber, Al-
meder, 1985; 1997; Kincaid, McKitrick, 2007; Nordenfelt, 1987; Nor-
denfelt, Lindahl, 1984; Twaddle, Nordenfelt, 1994). Per quanto l’im-
portanza di precisare i concetti di salute e malattia dovrebbe risultare 
subito evidente, si tratta tuttavia di un tema che finora in Italia è stato 
relativamente poco trattato a livello filosofico (cfr. ad esempio Corbel-
lini, 2003; Federspil, Giaretta, Oprandi, 2010 e, sulla malattia mentale, 
Civita, 2010; per una disamina storica di tali concetti è opportuno ri-
cordare Corbellini, 2004; 2014), mentre sono numerosi i volumi che 
riguardano altre tematiche più o meno specifiche della filosofia della 
medicina (ragionamento medico e causalità in primis), senza parlare 
poi della bioetica. Ciò che ci si propone di fare in questo contesto, 
dunque, è offrire una sintesi ragionata dell’attuale stato dell’arte, in 
ambito analitico, circa le varie possibili caratterizzazioni delle nozioni 
generali di salute e malattia (intesa non solo come malattia fisica o so-
matica, ma anche mentale).
Desidero ringraziare di cuore Giorgio Baruchello, Deborah Conti, 
Marcello Frixione, ElisabettaLalumera e Nicla Vassallo che, dedicando 
tempo e impegno prezioso a leggere e commentare versioni precedenti 
di questo volume, hanno scongiurato sviste e lacune, oltre che confe-
rito maggior valore al testo. Un grazie grande e sincero va poi a Loris 
Galli e Grazia Tagliaferro, che hanno visionato le parti più “tecniche”, 
permettendomi così di evitare errori, inesattezze e mancanze, nonché 
di precisare e rendere più comprensibili alcune tematiche. Ringrazio 
inoltre Paolo Giunta e Luca Manco, il cui prezioso lavoro ha contri-
buito in modo efficace a migliorare la chiarezza del testo, e soprattutto 
– last but not least – Gianluca Mori, che nel volume ha creduto da 
subito e ha saputo fornirmi consigli preziosi; posso solo sperare che 
il risultato finale corrisponda a ciò su cui ha scommesso. Resta inteso, 
ovviamente, che ogni carenza argomentativa o errore contenutistico è 
di mia esclusiva responsabilità.
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