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SINTESI_ARTISTA_E_DESIGNER_di_MUNARI

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SINTESI “ARTISTA E DESIGNER” di MUNARI 
 
 
Capitolo I – L’arte e l’élite. 
Non si può avere una definizione di arte, poiché essa cambia 
continuamente nel tempo e in base al periodo storico in cui 
dilaga. 
L’artista produce pezzi unici creati con le proprie mani nel proprio 
stile e in base alle emozioni da cui è stimolato; lavora per sé 
stesso e per una ristretta élite, formata dagli individui più 
importanti di una società che influenzano di conseguenza la 
società stessa; ogni tipologia di società ha una diversa élite: in 
una società ignorante il livello richiesto dall’artista sfiora quasi la 
non-arte, e in queste circostanze un vero artista non è richiesto. 
Durante la preistoria: arte funzioni magiche, nasce il linguaggio 
visivo. 
Arte Romana: funzioni pratica e celebrativa 
Arte Greca: funzione estetica 
Arte Medievale: funzione didattica 
Arte Rinascimentale: funzione estetica e conoscitiva 
Arte Barocca: funzione estetica e persuasiva 
Arte Romantica: funzione estetica 
L’arte oggi ha la funzione educativa, sociale, politica e 
sperimentale. 
L’arte commerciale lavora per il mercato dell’arte (colori acrilici 
su tela, olio su tela). 
L’arte ufficiale, di Stato: monumenti di eroi ignoti con affreschi o 
sculture di bronzo. 
Capitolo II – Il designer e la società. 
Prima differenza tra artista e designer: l’artista ha idee soggettive 
e lavora secondo il proprio gusto per sé stesso e per una élite, il 
designer è oggettivo, razionale e logico, lavora in un gruppo per 
l’intera società e per migliorare la produzione in senso sia 
estetico che pratico. 
Il designer non lavora per un élite, ma lavora per produrre anche 
oggetti comuni a largo consumo; non esegue a mano il suo 
lavoro; non ha uno stile. I suoi lavori sono il risultato di 
un’accurata progettazione che mira a risolvere tutti i problemi. 
Componenti di un problema progettuale: scegliere materiale 
adatto, tecniche giuste, componete psicologico e i costi. Il 
designer lavora in un gruppo per un intera comunità. Lo scopo è 
quello di migliorare la produzione in senso pratico ed estetico. 
L’artista che vuole fare del design lo fa in modo soggettivo. 
 
Capitolo III – Arte pure, arte applicata, comunicazioni visive. 
Tenendo in considerazione soltanto le opere di arte visiva, 
l’artista tende a dividerle in due categorie: 
-arte applicata: porre decorazioni su oggetti d’uso. 
-arte pura: quadri, sculture, sempre pezzi unici e fatti a mano 
dall’artista e che rappresentano il suo stile personale. 
Per il designer non esistono arte pure e arte applicata, né 
nessun’altra categoria dove inserire i propri lavori; non ha una 
visione artistica personale ma cerca di risolvere i problemi in 
maniera funzionale. 
Mentre l’artista tende a dare un significato alle proprie opere, il 
designer non attribuisce nessun significato ai suoi oggetti se non 
la funzione che devono svolgere. 
L’artista non deve rendere comprensibile a tutti il messaggio che 
nasconde nelle sue opere, mentre il designer deve creare oggetti 
la cui funzione debba essere compresa necessariamente da tutti. 
 
Capitolo IV – Il designer e l’industria. 
I prodotti migliori sono quelli progettati secondo l’estetica della 
logica, poiché non sono legati a idee artistiche preconcette. L’ 
intervento di un designer può sconvolgere l’andamento di 
un’industria e creare un oggetto giusto al prezzo giusto per un 
bisogno vero. 
Il progetto del designer va essenzialmente equilibrato a quello 
dell’ingegnere, per ottenere la forma essenziale dell’oggetto; è 
un errore dell’industria chiamare un designer per realizzare un 
rivestimento, quando in realtà il progetto tecnico è già ultimato. 
L’industria tedesca La Braun progetta prodotti secondo l’estetica 
della logica come i giradischi, radio, rasoi. In questo tipo di 
progettazione, il designer e l’ingegnere progettista lavorano 
assieme per garantire la forma tecnica all’oggetto. L’oggetto 
finito assume una forma tecnica e logica. 
Il design può allargare il mercato: come produrre oggetti per 
bisogni reali e creare oggetti al prezzo giusto per un bisogno vero. 
In America inventano i bisogni per produrre oggetti. 
 
 
 
Capitolo V – Cultura, tradizione, avanguardia, ricerca. 
L’artista basa i suoi fondamenti sulla cultura classica, che può 
aver acquisito dalle accademie delle Belle Arti o da autodidatta; 
l’artista tradizionalista userà le regole accademiche della 
composizione (sezione area) e colori ad olio; l’artista innovatore 
non usa le regole accademiche; si servirà di colori acrilici. Si crea 
però un’incomprensione tra artista e pubblico, perché il pubblico 
ha una cultura artistica più ignorante. 
La tradizione per essere tale deve rinnovarsi continuamente. 
Al designer non occorre una cultura solo classica, la sua 
tradizione quotidiana si colma attraverso sperimentazioni su 
materiali e strumenti che funzionano realmente per un bisogno 
effettivo. 
 
Capitolo VI – I segreti del mestiere 
Il designer non ha segreti del mestiere, neanche volendo: 
1- Lavora in gruppo e le esperienze che vive sono collettive. 
2- Esiste il settore ‘pre-design’, è un attività di gruppo (anche 
personale) dove vengono compiute ricerche sui materiali e 
tecniche per conoscere meglio gli aspetti progettuali. I 
risultati vengono divulgati sulle riviste per informare il 
pubblico sulla qualità dei materiali e per esposizione. 
3- Il designer divulga tutte le informazioni e le sperimentazioni 
non solo sui materiali ma anche legati agli strumenti e 
all’utilizzo. 
 
 
 
Capitolo VII – Il divismo 
Il fenomeno del divismo è un pericolo sempre presente per il 
designer. 
Spesso l’élite si lascia influenzare non dalla funzionalità degli 
oggetti, ma dalla firma applicata su essi. Di conseguenza, le 
industrie si arricchiscono ugualmente, a discapito della 
funzionalità stessa. 
 
Capitolo VIII – Pura arte commerciale 
L’arte commerciale si verifica ogni qual volta che si decide di 
produrre un determinato tipo di merce e di venderla ad un 
determinato pubblico. L’artista commerciale si affianca soltanto 
ad un mercante, con cui stabilisce dei materiali e delle forme per 
le sue opere, che rimarranno costanti almeno fino a quando avrà 
un contratto con quel mercante. Il mercante si occupa di gran 
parte della divulgazione delle opere, attraverso pubblicità e 
esposizioni, stampa… quindi il 70/75% del guadagno spetterà a 
lui, mentre all’artista spetta soltanto il 25/30%. Succede questo 
perché il pubblico non saprebbe distinguere opere diverse 
appartenenti ad uno stesso artista se queste stesse opere fossero 
prodotte con materiali diversi tra loro. In un quadro o in una 
scultura ci deve essere sempre quell’elemento ripetuto nelle 
opere così che faciliti la vendita e il pubblico ignorante può 
riconoscerlo. 
Conseguentemente, l’artista si preoccupa di non cambiare né 
materiale né forma, quando invece dovrebbe rifiutarsi di fare ciò. 
Invece sono proprio questi stessi artisti a criticare il lavoro del 
designer, incoerentemente, poiché lavora per l’industria e non 
per l’arte. Le prime opere sono vendute con grandi sconti e sono 
situate in musei o gallerie importanti. 
 
Capitolo IX – Quadri falsi e multipli veri 
Non esisterebbero falsari se non esistessero falsi intenditori 
d’arte, poiché oggi si acquista arte per investire del denaro e 
solitamente si falsificano oggetti fatti a mano (quadri, sculture 
etc…). 
Sono essenzialmente due i motivi per cui le opere del designer 
non hanno falsificatori: 
1- Hanno un prezzo secondo il valore e la funzione reale. 
2- Non sono pezzi unici. 
Nell’ arte esiste un vero mercato di falsi artisti. L’astuto mercante 
inventa l’artista e la firma la lancia come un qualunque prodotto 
industriale. Acquisendo una buona conoscenza della recente 
storia dell’arte, si permette di distinguere gli innovatori dagli 
imitatori. Gli innovatorisono quelli che fanno scoperte 
oggettivamente utili alla società e che di conseguenza possono 
essere utilizzate anche dagli altri accrescendo le proprie 
conoscenze. Gli imitatori, invece, sono coloro che copiano 
esattamente le opere ripetendo le solite regole accademiche, 
senza aver capito i veri problemi artistici. I designer inventano i 
multipli (oggetti industriali prodotti a basso prezzo). Non esistono 
falsificazioni di veri multipli, perché verrebbe a costare di più. 
Esistono invece falsi multipli, nel senso del falso artista. Cioè 
multipli che sono riproduzioni in piccolo di opere d’arte uniche e 
venduti ad alto prezzo per farli riconoscere come vere e proprie 
opere d’arte. 
I multipli sono oggetti a due o più dimensioni, progettati per 
essere riprodotti in serie, allo scopo di comunicare un messaggio 
estetico per via visiva. I multipli non sono copie di un originale, 
ma ognuno è un esemplare uguale agli altri. Essi sono costruiti col 
materiale più adatto e con la tecnica più giusta per comunicare 
meglio in messaggio. I veri multipli hanno un prezzo molto basso 
e sono prodotti in serie illimitata. I falsi multipli invece sono 
prodotti in serie limitata ad altro prezzo, prodotti per un 
collezionista di serie B. 
 
Capitolo X - La critica d’arte e le istruzioni per l’uso. 
Il compito della critica è quello di commentare attraverso 
documentazioni spiegate su cataloghi e riveste di mostre le opere 
degli artisti, spiegando con chiarezza le opere con i vari 
riferimenti storici; chiarire l’opera così che la gente possa capire e 
partecipare attivamente. La critica negativa smaschera l’artista o 
le false opere. L’opera del designer invece non ha alcun bisogno 
del sostegno della critica, poiché è sufficiente che sia 
accompagnato dalle ‘’istruzioni per l’uso” quando viene immesso 
nel mercato. 
Nella stampa Italiana di qualsiasi categoria (moda, pesca, calcio) 
la critica risulta essere scadente, poiché il compito viene 
solitamente affidato a persone che non si occupano di quella 
determinata ‘materia’. I falsi critici si possono riconoscere dal 
proprio linguaggio e si possono addirittura stilare delle categorie: 
1- Critica letteraria: i critici appartenenti a questa categoria, 
pur di pubblicizzarsi, criticano qualsiasi artista. Nell’esempio 
il critico si concentra su dettagli superficiali per evidenziare la 
propria capacità di scrittura, senza concentrarsi sulla critica 
vera e propria dell’opera. È un pretesto per scrivere un pezzo 
letterario personale. 
2- Critica lirica 
3- Critica ermetica 
4- Critica interrogativa 
5- Critica eruditissima 
6- Critica finta (quella che va bene per qualsiasi artista 
appartenente a qualsiasi tendenza) 
 
Capitolo XI – Fantasia e creatività 
L’artista opera con la fantasia mentre il designer utilizza la 
creatività. 
Nel caso dell’artista, le uniche opere d’arte prive di fantasia 
possono essere considerate quelle appartenenti al realismo e 
iperrealismo. L’artista ha la capacità d’inventare immagini 
mentali diverse dalla realtà. Possiamo riscontrare una differenza 
tra fantasia e creatività. 
La fantasia è una facoltà che permette di inventare immagini 
mentali diverse dalla realtà che possono essere anche 
irrealizzabili praticamente. La creatività, invece, è una facoltà 
dove fantasia e ragione sono collegate, perciò il risultato può 
essere sempre realizzato praticamente. 
Artisti come Giuseppe Arcimboldi con spirito surrealista. L’artista 
opera con la fantasia in uno stato d’animo in cui la ragione è 
assente. La fantasia dell’artista agisce prima o nel mentre sta 
dipingendo un quadro. 
Il designer invece non sa dal principio quale sia la forma 
dell’oggetto, fino a che non avrà risolto tutti i problemi collegati 
alla produzione e ai materiali da utilizzare. Il designer ha 
percezione. 
Di conseguenza il designer, una volta ricavati determinati dati, 
può trovare una soluzione ottimale, dove ogni singola soluzione 
giunge ad un equilibrio totale. 
Molti architetti hanno una buona fantasia. Un esempio di 
creatività è la motocicletta senza telaio (Donzelli), è flessibile e 
meno ingombrante. È ancora da sperimentare. Un altro esempio 
è la capanna per le vacanze di (Menghi) nella quale possono 
dormirci due persone. È montabile e formata da vari pezzi. 
Abitacolo di Munari: struttura montabile e smontabile in varie 
combinazioni, è un abitacolo per dormire, con tavolo e mensole. 
Pesa 51 kg 
 
Capitolo XII – Prima pazzi e poi maestri 
Ci sono numerosi artisti che non sono stati apprezzati nella loro 
epoca ma che hanno assunto fama nei periodi successivi alla loro 
morte. Difatti, per l’artista non è una prerogativa quella di farsi 
capire dal pubblico, poiché si preoccupa innanzitutto di 
esprimere quello che più ritiene necessario. Il designer invece ha 
necessità di essere capito subito dal pubblico poiché il suo 
messaggio dev’essere ricevuto e compreso chiaramente senza 
false interpretazione. Non mira all’estetica, ma deve far capire ed 
aprire la conoscenza del pubblico. Comunicare qualcosa che il 
pubblico ancora non sa. L’artista per fare del design deve 
comprendere che non può proseguire secondo quelle che le 
norme accademiche della propria formazione, bensì di rendere 
immediate le proprie opere. Nasce di conseguenza un certo 
disprezzo da parte dell’artista nei confronti del pubblico, che 
giustamente in quel caso non potrebbe comprenderlo. 
 
Capitolo XIV – Sogni di gloria 
Il sogno dell’artista è quello di arrivare al museo, mentre il sogno 
del designer è quello di arrivare a vendere anche nei mercati 
rionali. E’ stata recentemente annunciata una collaborazione tra 
autorità e artisti, a cui sarebbe permesso di affrescare i muri di 
una città a proprio piacimento senza nessun compenso, e di 
conseguenza l’unico guadagno sarebbe la pubblicità. Mentre 
l’artista quindi sceglie di scendere a compromessi pur di mostrare 
la sua bravura, il designer si preoccupa di fare opere utili al 
prossimo, per migliorare i servizi collettivi, poiché la sua massima 
aspirazione è progettare un oggetto che sia appieno funzionale 
ed estetico. Di conseguenza non ha bisogno di manifestare le sue 
competenze con grandi esposizioni, ma le lascia trapelare anche 
da oggetti piccoli di uso quotidiano. 
 
Capitolo XV – L’individuo e la specie 
Possiamo riscontrare diverse differenze tra individuo e specie. 
L’individuo pensa solo a se stesso e cerca di differenziarsi da tutti 
gli altri, ma ogni esperienza individuale in qualsiasi campo ha una 
breve durata. Se invece un individuo studiasse le esperienze 
passate, migliorandole e conservandone il meglio, per poi 
tramandare le soluzioni trovate, avrà reso un contributo alla 
specie e quindi alla società. L’individualismo valorizza difatti solo 
il genio di un singolo, mentre il senso della specie porta alle 
grandi realizzazioni collettive. La soluzione all’annullamento 
dell’individualismo che dilaga da tempo sarebbe abituare 
l’individuo fin dall’età infantile a una coscienza collettiva. 
 
Capitolo XVI – La bellezza 
La bellezza nasce quindi da vari tipi di codici estetici i quali 
mutano secondo la civiltà dei popoli. Ogni codice ha un suo tipo 
di bellezza e possiamo anche dire che per ogni caso c’è un tipo di 
bellezza diverso. In questo modo siamo divenuti conoscitori di 
molti tipi di bellezza e li possiamo capire tutti. 
Il designer non si preoccupa di fare una cosa bella, si preoccupa 
che la forma sia coerente alla funzione, compresa quella 
psicologica. Si preoccupa casomai che ci sia una regola di 
coerenza formale. Questione tipo di coerenza formale o ancor 
meglio estetica della logica, si trova anche in natura nelle forme 
spontanee: quelle come l’uovo, la nervatura di una foglia, la 
distribuzione dei semi di girasole. Ogni artista inventa un suo tipo 
di bellezza, secondo regole da lui stabilite. 
 
CapitoloXVII – L’estetica vince la miseria 
L’uomo nel tempo ha costruito molte case nel mondo. Le case 
popolari italiane, nonostante siano costruite con materiali come 
cemento, vetro etc, appaiono squallide e misere. Sono costruite 
soltanto per un guadagno. Mentre le case tradizionali giapponesi 
hanno un aspetto armonico e funzionale, nonostante siano 
costruite con legno, pietra, paglia etc. Gli abitanti della casa 
popolare tendono a imitare le decorazioni della casa borghese, 
inserendo quegli oggetti costosi che risultano però ingombranti. 
Molte case di lusso però presentano la miseria culturale, il che le 
rende sì realizzate con materiali costosi ma prive di estetica. 
(Rubinetto in oro) 
 
CAPITOLO XVIII – Per ogni oggetti e per ogni funzione la sua 
materia giusta. 
Ogni oggetto si può produrre con qualsiasi materiale, ma questi 
tendono a far mancare la funzione dell’oggetto stesso (es: 
bicchiere di legno, armadio di vetro, scarpa di gomma etc.). Di 
conseguenza la migliore progettazione di un oggetto è quella che 
utilizza il materiale giusto secondo la funzione e non considera 
soltanto il lato estetico. . .

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