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REMO CAPONI - La decisione della causa nel merito da parte della Corte di Cassazione Italiana e del Bundesgerichtshof tedesco.

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1 
REMO CAPONI 
 
 
La decisione della causa nel merito da parte della Corte di cassazione italiana 
e del Bundesgerichtshof tedesco 
 
 
SOMMARIO: Introduzione. - 1. Schema dell'indagine. - 2. Il nuovo testo dell'art. 
384, comma 1° c.p.c. e la cassazione senza rinvio ex art. 382, comma 3° 
c.p.c.. - 3. Il nuovo testo dell'art. 384, comma 1° c.p.c. e la correzione 
della motivazione in diritto ex art. 384, comma 2° c.p.c.. - 4. Lavori 
preparatori dell'art. 384, comma 1°, ultima parte c.p.c.. - Sezione I: la 
revisione tedesca. - 5. Esempi stranieri. - 6. La configurazione normativa 
dello scopo della revisione tedesca. - 7. La revisione come istanza di 
controllo di legittimità della decisione. - 8. La distinzione tra questio-
ne di diritto e questione di fatto nella revisione: il criterio teleologi-
co. - 9. L'applicazione del criterio teleologico in taluni orientamenti 
della giurisprudenza del BGH. - 10. Il controllo sull'applicazione dei 
concetti giuridici indeterminati e delle clausole generali. - 11. Il con-
trollo sull'interpretazione delle dichiarazioni di volontà. - 12. Il con-
trollo sulla sufficienza e congruenza logica della motivazione in fatto. - 
13. Orientamenti della giurisprudenza del BGH sulla decisione della causa 
nel merito. - 14. Decisione della causa nel merito a seguito di controllo 
sull'applicazione dei concetti giuridici indeterminati e delle clausole 
generali. - 15. Decisione della causa del merito a seguito di controllo 
sull'interpretazione delle dichiarazioni di volontà. - 16. Decisione della 
causa nel merito a seguito di controllo sulla sufficienza e congruenza lo-
gica della motivazione in fatto. - 17. Decisione della causa nel merito a 
seguito di annullamento della sentenza d'appello dichiarativa dell'inam-
missibilità dell'azione. - 18. Cenno sulla dottrina. - 19. Conclusioni 
dell'indagine sulla revisione tedesca. - Sezione II: Confronto tra cassa-
zione italiana e revisione tedesca. - 20. Cassazione italiana e revisione 
tedesca: un confronto sul piano della situazione normativa. - 21. Cassa-
zione italiana e revisione tedesca: un confronto sul piano della situazio-
ne effettiva. - 22. Situazione effettiva della Corte di cassazione e in-
terpretazione dell'art. 384 c.p.c.. - Sezione III: Esegesi dell'art. 384, 
comma 1° c.p.c.. - 23. Accoglimento del ricorso per violazione o falsa ap-
plicazione di norme di diritto. - 24. Error in iudicando de iure proceden-
di. - 25. Non necessità di ulteriori accertamenti di fatto. - 26. Inter-
pretazione ristretta della possibilità di decidere immediatamente nel me-
rito. - 27. Interpretazione ampia della possibilità di decidere immediata-
mente nel merito. - 28. Presa di posizione tra le due concezioni. - 29. 
Critica dell'interpretazione ampia. - 30. Art. 384, comma 1° c.p.c. e art. 
65 della legge sull'ordinamento giudiziario. - Sezione IV: Applicazione 
dell'interpretazione ristretta. - 31. Premessa. - 32. Art. 384, comma 1°, 
ultima parte c.p.c. e giudicato interno. - 33. Accertamento della esisten-
za della situazione sostanziale dedotta in giudizio e accertamento della 
sua inesistenza. - 34. La qualificazione autonoma della situazione di fat-
to rilevante. - 35. La tutela del diritto di difesa. - 36. Gli accertamen-
ti di fatto contenuti nella sentenza di primo grado di accoglimento della 
domanda. - 37. Gli accertamenti di fatto "superflui". - 38. Pluralità di 
motivi di ricorso relativi ad una sola domanda. - 39. Pluralità di motivi 
di ricorso relativi ad una pluralità di domande tra le stesse parti. - 40. 
Problemi ancora aperti. - 41. Falsi problemi. - Sezione V: Le prime sen-
tenze sulla cassazione sostitutiva per motivi di merito. - 42. Cass. 25 
marzo 1996, n. 2629. - 43. Cass. 4 maggio 1996, n. 4140. - Conclusione. 
 
 
 
 
 
INTRODUZIONE 
 
 2 
1. Schema dell'indagine. - La Corte suprema italiana ha emanato le prime 
sentenze sulla cassazione sostitutiva per motivi di merito, secondo il nuovo te-
sto dell'art. 384, comma 1° c.p.c. (si tratta di Cass. 25 marzo 1996, n. 2629 e 
Cass. 4 maggio 1996, n. 4140, in Foro it., I, 1996). Ciò offre lo spunto per una 
rimeditazione sul nuovo istituto, condotta sullo sfondo di una comparazione con 
l'esperienza straniera più ricca e interessante in materia, quella del processo 
civile tedesco. L'esame dell'applicazione del § 565, comma 3°, n. 1 ZPO sarà 
preceduto, per renderlo proficuo, da alcune rapide note sul sistema della revi-
sione, cioè sulla terza istanza secondo il modello tedesco. Lo studio di questa 
esperienza giuridica si rivela utile per l'analisi di diritto positivo italiano, 
che è preceduta da un breve confronto tra la situazione normativa ed effettiva 
delle Corti supreme dei due paesi. L'esegesi dell'art. 384, comma 1°, ultima 
parte c.p.c. si ispira alla considerazione che l'interpretazione delle norme che 
disciplinano immediatamente il giudizio di cassazione può essere legittimamente 
influenzata dall'esigenza di consentire alla Corte di assolvere i suoi compiti 
istituzionali, fissati dall'art. 65 dell'ordinamento giudiziario. Su questa base 
vengono delineate le due possibili interpretazioni dell'art. 384, comma 1°, ul-
tima parte c.p.c. ed è individuata quella conforme al modello di giudizio di 
cassazione attualmente vigente in Italia. Il lavoro si conclude con il commento 
delle prime sentenze della Corte di cassazione sul nuovo istituto (commento già 
pubblicato in nota alle sentenze in Foro it., I, 1996). 
 
2. Il nuovo testo dell'art. 384, comma 1° c.p.c. e la cassazione senza 
rinvio ex art. 382, comma 3° c.p.c.. - Il nuovo testo dell'art. 384, comma 1° 
c.p.c. mette la Corte di cassazione che accoglie il ricorso per violazione o 
falsa applicazione di norme di diritto di fronte all'alternativa di rinviare la 
causa al giudice di merito (rectius, d'ora in poi: giudice del fatto), enuncian-
do il principio di diritto al quale egli deve uniformarsi, o di decidere la cau-
sa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto. E' 
stata così introdotta una nuova ipotesi, accanto a quelle previste dall'art. 
382, comma 3° c.p.c., in cui la Corte compie il giudizio rescissorio e pronuncia 
una sentenza che sostituisce quella cassata (
1
). La differenza tra queste ultime 
ipotesi e quella dell'art. 384, comma 1°, ultima parte c.p.c. consiste in ciò: 
l'art. 382, comma 3° c.p.c. prevede sentenze sostitutive per motivi di rito (
2
), 
mentre il nuovo testo dell'art. 384, comma 1°, ultima parte c.p.c. dischiude la 
prospettiva di una sentenza di merito di accoglimento o di rigetto della domanda 
(
3
). 
Peraltro, già sotto il vigore del codice di procedura civile del 1865, si 
era presentato "un singolarissimo caso di cassazione senza rinvio": la Corte di 
 
(
1) Che la Corte di cassazione statuisca in modo vincolante sugli impedi-
menti processuali (sia che ne dichiari l'esistenza, sia che ne dichiari l'inesi-
stenza), "tramite un dictum capace di inserirsi nel processo come una decisione 
emessa dall'organo inferiore", è stato chiarito da E.F. RICCI, Il giudizio civi-
le di rinvio, Milano, 1967, p. 89 s.; ID., La cassazione civile italiana e il 
divieto di pronuncia sul caso concreto, in Riv. dir. proc., 1968, p. 708 ss., p. 
716 s.. 
 
(
2
) Si veda però, per l'affermazione che la sentenza dichiarativa del di-
fetto assoluto di giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione sa-
rebbe sentenza di merito, al pari di qualsiasi sentenza che rigetta la domanda 
per assenza nell'ordinamento di una norma che attribuisca giuridica rilevanza 
alla situazione di fatto dedotta in giudizio dall'attore, A. PROTO PISANI,Di-
ritto processuale civile, Napoli, 1994, p. 281; su quest'ultima categoria di 
pronunce ci permettiamo di rinviare a R. CAPONI, L'efficacia del giudicato civi-
le nel tempo, Milano, 1991, p. 329 ss.. 
 
(
3
) Cfr. A. ATTARDI, Le nuove disposizioni sul processo civile, Padova, 
1991, p. 179; G. BALENA, La riforma del processo di cognizione, Napoli, 1994, p. 
470. 
 
 3 
cassazione di Roma ritenne ammissibile il ricorso in cassazione del difensore 
contro la sentenza d'appello per omissione della dichiarazione, da lui chiesta, 
di distrazione a suo favore delle spese e degli onorari del giudizio di merito 
e, cassando senza rinvio la sentenza denunciata, ordinò al soccombente di pagare 
le spese al difensore ricorrente (
4
). La sentenza era stata nettamente criticata 
da Piero Calamandrei: "ho l'impressione che la decisione annotata rappresenti 
una ingiustificata e ingiustificabile deviazione da quei fondamentali canoni, 
criticabili sì ma finora certi, che l'istituto della cassazione ha nel nostro 
diritto" (
5
). Poi, sotto il vigore del codice di procedura civile del 1942, in 
alcune ipotesi in cui aveva constatato, sulla base degli accertamenti di fatto 
compiuti dal giudice di merito, l'infondatezza della domanda accolta con la de-
cisione cassata, la Corte suprema aveva ritenuto di poter applicare l'art. 382, 
comma 3° c.p.c., cassando senza rinvio. Paradigmatici sono i casi della domanda 
accolta in appello e rigettata nel merito in cassazione dopo il riconoscimento 
che il diritto dedotto in giudizio si è estinto per prescrizione (
6
) o che il 
potere azionato si è estinto per decadenza (
7
). A differenza della sentenza del 
1922, questo orientamento aveva trovato il conforto di talune autorevoli opinio-
ni dottrinali (
8
): Francesco Carnelutti aveva sostenuto che, quando l'applica-
zione del principio di diritto non richiede nuove indagini di fatto, il rinvio è 
inutile (
9
); Salvatore Satta, forzando la lettera dell'art. 382, comma 3° 
c.p.c., aveva interpretato la nozione di causa improponibile come causa che non 
poteva essere fondatamente proposta (
10
). Prevalente era però l'opinione secondo 
 
(
4
) Si tratta di Cass. Roma, 30 dicembre 1922, Zevi e Caporalini c. Libut-
ti, in Foro it., 1923, I, 315 ss., con nota critica di P. CALAMANDREI, Un singo-
larissimo caso di cassazione senza rinvio, ora in Opere giuridiche, VIII, Napo-
li, 1979, p. 353 ss., da cui si cita. 
 
(
5
) Così, P. CALAMANDREI, Un singolarissimo caso di cassazione senza rin-
vio, supra, nota 4, p. 360. 
 
(
6
) Si veda il caso risolto da Cass. 21 maggio 1958, n. 1707, in Foro it., 
1959, I, 263 ss., con nota di R. CAMBER, In tema di cassazione senza rinvio. 
 
(
7
) Si veda Cass. 19 ottobre 1981, n. 5468, in Foro it., 1982, I, 90 ss., 
con osservazioni di A. PROTO PISANI, in una fattispecie in cui l'azione di impu-
gnativa del licenziamento non era stata tempestivamente proposta. 
In questo contesto è ricordata spesso nella letteratura la cassazione sen-
za rinvio in una fattispecie in cui la pensione d'invalidità pretesa dall'attore 
non poteva essere riconosciuta per essere stata già ottenuta la pensione di an-
zianità, per cui il giudice di rinvio non avrebbe potuto che respingere la do-
manda. Si tratta di Cass. 17 agosto 1977, n. 3766, in Foro it., Rep., 1977, voce 
Cassazione civile, n. 317, che è qualificabile però come cassazione senza rinvio 
per difetto di interesse ad agire. In questo senso, V. ANDRIOLI, Diritto proces-
suale civile, Napoli, 1979, p. 897. 
 
(
8
) Per ragguagli su questo orientamento, si veda G. FRUS, La cassazione 
senza rinvio dal 1865 al 1942, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1986, p. 873 ss., 
specie p. 877, in nota 7 e p. 878, in nota 9; C. CONSOLO, La revocazione delle 
decisioni della Cassazione e la formazione del giudicato, Padova, 1989, p. 170. 
 
(
9
) Così, F. CARNELUTTI, Cassazione senza rinvio, in Riv. dir. proc., 
1961, p. 291 ss., specie p. 293, dove si rimprovera al legislatore di aver co-
niato all'art. 382, comma 3° c.p.c. una formula "gravemente difettosa". 
 
(
10
) Così, S. SATTA, voce Corte di cassazione (dir. proc. civ.), in Enc. 
del Dir., vol. X, Milano, 1962, p. 790 ss., p. 821 s.; ID., Passato e avvenire 
della Cassazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1962, p. 946 ss., specie p. 957 
s.. 
 4 
la quale questo risultato non poteva essere conseguito de iure condito o non era 
comunque auspicabile (
11
). 
 
3. Il nuovo testo dell'art. 384, comma 1° c.p.c. e la correzione della mo-
tivazione in diritto ex art. 384, comma 2° c.p.c.. - Si è sostenuto che l'isti-
tuto introdotto con la modificazione dell'art. 384, comma 1° c.p.c. è stato an-
ticipato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione sulla correzione della 
motivazione ai sensi dell'art. 384, comma 2° c.p.c. (
12
). E' noto che la corre-
zione della motivazione è una creazione dalla giurisprudenza sotto il vigore del 
codice di procedura civile del 1865, privo di una norma come l'attuale art. 384, 
comma 2° c.p.c.. Questa prassi, dai "contorni tutt'altro che precisi" (
13
), con-
sisteva spesso in ciò: la Corte non limitava l'esercizio del potere di correzio-
ne all'interno della questione di diritto sottoposta al suo giudizio, sostituen-
do una ragione giuridica all'altra colpita efficacemente da censura di illegit-
timità, ma manteneva fermo il dispositivo della sentenza, sorreggendolo con la 
soluzione di una questione diversa. Non di rado venivano valorizzati così "fat-
ti, pur emergenti dagli atti, che il giudice di merito, non fruendo della ango-
lazione di diritto, prescelta dalla Cassazione, aveva lasciato in ombra" (
14
). 
Il codice di procedura civile del 1942 dà riconoscimento legislativo alla 
prassi giurisprudenziale, senza introdurre elementi che consentano di delineare 
con rigore l'ambito di esercizio del potere di correzione. L'art. 384, comma 2° 
c.p.c. dispone che "non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente mo-
tivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la 
corte si limita a correggere la motivazione". Entrata in vigore questa disposi-
zione, la giurisprudenza non ha avuto motivo di conferire maggiore precisione ai 
propri orientamenti in materia (
15
) e un'autorevole voce dottrinale ha ritenuto 
che questa disposizione elevasse a norma la prassi giurisprudenziale e desse ve-
ste giuridica formale a questa "autentica dilatazione dei compiti della Cassa-
zione, suggerita dall'assurdità, in determinati casi, di rinviare la causa, 
quando c'è in atti la possibilità di decidere nello stesso modo, e quando il 
giudizio del giudice di rinvio non potrebbe essere diverso", per cui "la corre-
zione non è, come può sembrare, un rigetto del ricorso, ma un accoglimento con 
 
Cfr., poi, L.P. COMOGLIO, Il principio di economia processuale, II, Pado-
va, 1982, p. 82 s., secondo il quale sul piano sistematico non vi sarebbe ragio-
ne per negare a priori la configurabilità di una cassazione atipica (con effetti 
sostitutivi o quasi rescissori), svincolata da una predeterminazione rigida del-
le questioni decisive, per realizzare esigenze di economia processuale. 
 
(
11
) Cfr. V. ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile3, Napoli, 
1956, p. 572, che mantiene le sue perplessità anche in Diritto processuale civi-
le, supra nota 7, p. 897; E. REDENTI, In tema di cassazione senza rinvio, in 
Riv. trim. dir. proc. civ., 1959, p. 669 ss.; E. FAZZALARI, Il giudiziocivile 
di cassazione, Milano, 1960, p. 150; E.F. RICCI, La cassazione civile italiana e 
il divieto di pronuncia sul caso concreto, supra, nota 1, p. 710; F. MAZZARELLA, 
Analisi del giudizio civile di cassazione, Padova, 1983, p. 102 (di questo testo 
si veda adesso la seconda edizione del 1994). 
 
(
12
) Così sintetizzano questo orientamento giurisprudenziale L. 
MONTESANO/G. ARIETA, Il nuovo processo civile, Napoli, 1991, p. 92 s.. 
 
(
13
) Così, V. ANDRIOLI, Diritto processuale civile, supra, nota 7, p. 898. 
 
(
14
) Così, V. ANDRIOLI, Diritto processuale civile, supra, nota 7, p. 899; 
per la casistica si rinvia a S. SATTA, Commentario al codice di procedura civi-
le, II, parte seconda, Milano, 1959/60, p. 280 ss.. 
 
(
15
) Per qualche indicazione sulla giurisprudenza si veda V. ANDRIOLI, Di-
ritto processuale civile, supra, nota 7, p. 900 s.; E. FAZZALARI, Il processo 
ordinario di cognizione, 2, Torino, 1990, p. 260, in nota 71. 
 5 
contemporanea uguale decisione della causa: una cassazione sostitutiva, come ab-
biamo proposto di chiamarla" (
16
). 
Non è affatto certo che l'art. 384, comma 2° c.p.c. offra la base normati-
va per una conclusione così radicale. Il sorgere della prassi giurisprudenziale 
era stato accompagnato da precise critiche dottrinali, che suggerivano di ammet-
tere la correzione della motivazione solo all'interno della questione sottoposta 
al giudizio della Cassazione, escludendo che potesse aver luogo attraverso la 
soluzione di una questione diversa, per evitare che la Corte esorbitasse dai li-
miti della cognizione ad essa devoluta (
17
). Questa impostazione non ha certo 
ceduto di fronte al testo dell'art. 384, comma 2° c.p.c.. Vi è stato chi ha 
riaffermato con grande vigore che in sede di cassazione non è ammesso un riesame 
della controversia all'infuori delle questioni investite dalla denuncia del ri-
corrente e di quelle eventualmente sollevate mediante ricorso incidentale 
(quest'ultimo proponibile solo in caso di soccombenza ripartita) (
18
), limitando 
il potere di correzione alle ipotesi in cui la violazione o la falsa applicazio-
ne della legge denunciata nel ricorso esiste, ma non è in relazione di causa ed 
effetto con la soccombenza (
19
) ed escludendo che la correzione della motivazio-
ne in punto di diritto si possa configurare come un giudizio rescissorio (
20
). 
Tra le due tesi estreme, che colgono nella correzione della motivazione 
una vera e propria cassazione sostitutiva o, al contrario, solo la manifestazio-
ne di un dissenso teorico dall'argomentazione erronea del giudice di merito, si 
collocano una serie di tesi intermedie, che circoscrivono in maniera più o meno 
ampia il potere di correzione della motivazione; dalla tesi che lo ammette al di 
là della questione giuridica investita dal ricorrente principale, ma richiede 
come presupposto la proposizione di un ricorso incidentale condizionato all'ac-
coglimento del ricorso principale (
21
), a quella che, dopo aver messo in luce la 
genericità della formula "questione giuridica diversa da quella investita dal 
ricorrente principale", ammette il potere di correzione, esercitabile d'ufficio, 
in relazione ad una questione riguardante l'interpretazione o l'applicazione di 
una norma giuridica, e lo nega in relazione alle questioni preliminari di merito 
ex art. 187, comma 2° c.p.c. (
22
). 
 
 
(
16
) Così, S. SATTA, Diritto processuale civile 8, Padova, 1973, p. 431; 
sul punto, si vedano anche L. MONTESANO/G. ARIETA, Il nuovo processo civile, su-
pra, nota 12, p. 92; F. MAZZARELLA, voce Cassazione (dir. proc. civ.), in Enc. 
giur. Treccani, vol. V, Roma, 1993, p. 27. 
 
(
17
) Si veda per tutti, G. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale 
civile 2, II, Napoli, 1936, p. 595. Sul punto si veda S. SATTA, Diritto proces-
suale civile 8, supra, nota 16, p. 431. 
 
(
18
) Così, P. CALAMANDREI/C. FURNO, voce Cassazione civile, in Noviss. Dig. 
it., vol. II, Torino (1957), rist. 1968, p. 1053 ss., specie p. 1064 s.. 
 
(
19
) Per le ipotesi in cui l'esercizio del potere di correzione era pacifi-
camente ammesso anche sotto il vigore del codice di procedura civile del 1965, 
si veda S. CHIARLONI, L'impugnazione incidentale nel processo civile, Milano, 
1969, p. 80. 
 
(
20
) P. CALAMANDREI/C. FURNO, voce Cassazione civile, supra, nota 18, p. 
1093. 
 
(
21
) In questo senso, ad esempio, V. ANDRIOLI, Diritto processuale civile, 
supra, nota 7, p. 873 s., p. 898 ss.. 
 
(
22
) E' la posizione di S. CHIARLONI, L'impugnazione incidentale nel pro-
cesso civile, supra, nota 19, p. 79 ss.. 
 6 
Il contrasto tra queste varie posizioni dottrinali trova la propria spie-
gazione nello stesso art. 384, comma 2° c.p.c., che rispecchia le incertezze e 
le oscillazioni della creazione giurisprudenziale da cui trae spunto (
23
). Un 
discorso a parte merita il suggestivo tentativo di valorizzare al massimo, sotto 
il profilo sistematico, l'art. 384, comma 2° c.p.c., fondando su di esso il po-
tere della Corte di cassazione di estendere d'ufficio la propria cognizione ad 
ogni questione di diritto (nell'ambito del capo di dispositivo impugnato ai sen-
si del n. 3 dell'art. 360 c.p.c. e sulla base dei fatti asseriti dal giudice di 
merito) (
24
), per verificare se l'esistenza del vizio del giudizio di merito si 
sia tradotto in vizio del dispositivo, ed avvicinando così, in parte qua, l'am-
bito di cognizione sulle questioni di diritto della Corte di cassazione italiana 
a quello del giudice della revisione tedesco. 
Quando si scrive della libertà di indagini che ha la Corte suprema della 
giurisdizione ordinaria tedesca (prima il Reichsgericht, adesso il Bundesgeri-
chtshof, di seguito abbreviato in BGH) (
25
) con la sua freie Revisionspraxis 
(
26
), è opportuno sempre ricordare che questa "prassi" si fonda su una puntuale 
norma di diritto positivo (che è stata riformulata con la legge dell'8 giugno 
1975, senza che ne venisse mutato il contenuto) (
27
). Ci si riferisce al § 559 
ZPO, secondo il quale "all'esame del giudice della revisione sono sottoposte so-
lo le domande proposte dalle parti./Il giudice della revisione non è vincolato 
ai motivi di revisione fatti valere. In relazione a vizi processuali che non so-
no rilevabili d'ufficio, la sentenza impugnata può essere oggetto di esame solo 
se tali vizi sono stati rilevati ai sensi dei §§ 554 e 556". Questa disposizione 
prevede che la Corte suprema tedesca è sì vincolata alle domande delle parti, 
per cui i capi autonomi della sentenza non impugnati non vengono sottoposti a 
controllo, ma all'interno del capo di sentenza impugnato non è vincolata ai mo-
tivi di ricorso fatti valere dalla parte. In particolare, il controllo del giu-
dice della revisione può condurre all'annullamento della sentenza impugnata an-
che in conseguenza dell'accertamento di un vizio che non sia stato denunziato 
(ad eccezione dei vizi processuali rilevabili solo su istanza di parte). E' suf-
ficiente perfino che la parte si sia doluta di un vizio processuale per consen-
tire al giudice della revisione un controllo illimitato di diritto sostanziale 
(
28
). Il principio fissato nel § 559, comma 2° ZPO sorregge nell'ordinamento te-
 
 
(
23
) Così, V. ANDRIOLI, Diritto processuale civile, supra, nota 7, p. 873 
s., p. 899. 
 
(
24
) Si tratta, come è noto, del tentativo di E. FAZZALARI, da ultimo in Il 
processo ordinario di cognizione, 2, supra, nota 15, p. 262 ss.; sulla sua tesi 
si veda anche E.F. RICCI, Il giudizio civile di rinvio, supra, nota 1, p. 126 
ss..(
25
) Nel testo si parlerà d'ora in poi, per brevità, del BGH come della 
Corte suprema tedesca. In realtà esso è Corte suprema della sola giurisdizione 
ordinaria (civile e penale), mentre le giurisdizioni amministrativa, tributaria, 
del lavoro, sociale, hanno, come è noto, proprie Corti supreme (art. 95, comma 
1° del Grundgesetz). 
 
(
26
) Si vedano P. CALAMANDREI/C. FURNO, voce Cassazione civile, supra, nota 
18, p. 1065; S. CHIARLONI, L'impugnazione incidentale nel processo civile, su-
pra, nota 19, p. 86. 
 
(
27
) Sul punto si veda W. GRUNSKY, in STEIN-JONAS, Kommentar zur Zivilpro-
zeßordnung21, sub § 559, Tübingen, 1994, p. 404. 
 
(
28
) A. WALCHSHÖFER, in Münchener Kommentar zur Zivilprozeßordnung, 2, Mün-
chen, 1992, p. 697; W. GRUNSKY, in STEIN-JONAS, Kommentar zur Zivilprozeßor-
dnung21, sub § 559, supra, nota 27, p. 410. 
 7 
desco l'interpretazione particolarmente ampia del potere del giudice della revi-
sione, previsto nel § 563 ZPO, di respingere il ricorso, se dai motivi della 
sentenza impugnata emerge una violazione di legge, ma la decisione si riveli 
giusta per altri motivi. Alla stregua di questa interpretazione, il controllo 
del giudice della revisione sulla sentenza impugnata si estende anche ai motivi 
trascurati dal giudice di appello che sostengono la giustizia della decisione, 
nonostante la presenza di un vizio (
29
). 
Se si compara la situazione normativa italiana con quella tedesca, sorge 
il dubbio se l'assenza di una disposizione equivalente al § 559, comma 2° ZPO 
possa essere rimpiazzata da una norma così discussa come l'art. 384, comma 2° 
c.p.c.. Oltretutto il vuoto potrebbe essere colmato solamente a metà: la Corte 
potrebbe andare d'ufficio alla ricerca del motivo buono a salvare la statuizione 
impugnata, ma dovrebbe chiudere gli occhi di fronte ad un motivo di annullamento 
non proposto (eccettuate le questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado 
del processo, su cui i giudici del fatto non si sono pronunciati). A parte que-
sto argomento (
30
), il problema principale è che l'art. 384, comma 2° c.p.c., 
dispiegato in questo suo preteso significato letterale e sistematico, entra in 
tensione con l'art. 366, n. 4 c.p.c., che fissa la regola per cui il ricorrente 
deve esercitare la propria impugnazione mediante una censura puntuale. Si è pen-
sato di poter risolvere la tensione a vantaggio dell'art. 384, comma 2° c.p.c. 
con una interpretazione riduttiva dell'art. 366, n. 4 c.p.c., riservando cioè 
all'onere del ricorrente ivi codificato la sola funzione di limite per l'esperi-
bilità dell'impugnazione, e non anche quella di limite per la cognizione della 
Corte (
31
). A questo tentativo di riduzione teleologica del significato normati-
vo dell'art. 366, n. 4 c.p.c. (
32
), si frappone però la sua ratio legis, diretta 
ad individuare proprio un limite per la cognizione della Corte (a parte le que-
stioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo, su cui i giudici 
del fatto non si sono pronunciati). Ratio legis che ha la sua scaturigine siste-
matica nella configurazione del ricorso per cassazione come mezzo di impugnazio-
ne e nella conseguente assenza di un effetto devolutivo (
33
). Configurazione si-
stematica che giustifica infine l'assenza di una disposizione equivalente al § 
559, comma 2° ZPO. 
 
 
(
29
) La stretta dipendenza dell'ambito di applicazione del § 563 ZPO dal 
principio, emergente dal § 559, comma 2° ZPO, per cui il giudice della revisione 
ha il dovere di esaminare la sentenza impugnata sotto tutti i punti di vista 
giuridici che entrano in considerazione, è posta bene in luce da W. GRUNSKY, in 
STEIN-JONAS, Kommentar zur Zivilprozeßordnung21, 5, 1, supra, nota 27, p. 426. 
 
(
30
) Certamente non è questo l'argomento al quale intendiamo dare il peso 
decisivo, per evitare di incorrere in un uso inappropriato dell'argomento di re-
ciprocità, secondo il dubbio metodologico finemente prospettato da S. CHIARLONI, 
L'impugnazione incidentale nel processo civile, supra, nota 19, p. 88. 
 
(
31
) Così, invece, E. FAZZALARI, Il processo ordinario di cognizione, 2, 
supra, nota 15, p. 270. 
 
(
32
) Sulla riduzione teleologica, a livello introduttivo, si veda K. 
LARENZ/C.W. CANARIS, Methodenlehre der Rechtswissenschaft3, Berlin, 1995, p. 210 
ss.. 
 
(
33
) Si vedano per tutti P. CALAMANDREI/C. FURNO, voce Cassazione civile, 
supra, nota 18, p. 1063 ss.. Di questa configurazione sistematica esistono si-
gnificative tracce non solo nella storia del ricorso per cassazione, ma anche 
nel nostro diritto positivo, sicché l'argomentazione del testo si sottrae alle 
sagaci osservazioni critiche di S. CHIARLONI, L'impugnazione incidentale nel 
processo civile, supra, nota 19, p. 87. 
 
 8 
In sintesi, la difficoltà di individuare canoni certi negli orientamenti 
giurisprudenziali e il contrasto delle opinioni dottrinali sull'art. 384, comma 
2° c.p.c., l'incertezza di basi positive della suggestiva proposta sistematica 
esaminata da ultimo convincono che l'indagine sulla cassazione sostitutiva per 
motivi di merito non riceve aiuto dall'analisi dell'istituto della correzione 
della motivazione. Al contrario, quest'ultimo può essere interpretato adesso al-
la luce del nuovo istituto (
34
). Le esigenze di economia dei giudizi, espresse 
con chiarezza da Salvatore Satta, che avevano portato la giurisprudenza a creare 
e ad esercitare in termini così ampi il potere di correggere la motivazione del-
la sentenza impugnata, mantenendone fermo il dispositivo, possono trovare soddi-
sfazione, senza equivoci ed incertezze interpretative, nella nuova possibilità 
di decisione nel merito accordata alla Corte di cassazione. Di conseguenza, la 
Corte di cassazione dovrebbe d'ora in poi correggere la motivazione e mantenere 
fermo il dispositivo solo restando nell'ambito della questione alla quale si ri-
ferisce la violazione o la falsa applicazione dedotta dal ricorrente. 
Ciò escluderebbe il ricorso alla correzione della motivazione quando essa 
si risolva, in realtà, in una modifica della portata pratica del dispositivo, e 
condurrebbe ad una sostituzione del dispositivo, affinché la formulazione di 
questo sia espressione della effettiva decisione nel merito adottata dalla Cas-
sazione (
35
). Si prospetti il classico esempio del convenuto che, oltre a conte-
stare di aver tenuto il comportamento illecito per il quale l'attore pretende la 
sua condanna al risarcimento dei danni, eccepisca la prescrizione. Il giudice 
d'appello, pur dichiarando che la prescrizione non sussiste, rigetta la domanda 
perché il convenuto non è l'autore del fatto dannoso. Se l'attore ricorre in 
cassazione lamentando la violazione o la falsa applicazione dell'art. 2043 c.c., 
la Corte non può conoscere la questione di prescrizione ai fini della correzione 
della motivazione, ma deve conoscerla, una volta accolto il ricorso, ai fini 
della verifica relativa ai presupposti per una decisione immediata nel merito 
della causa. Sentite le parti sul punto, se è in grado di accertare, senza ne-
cessità di ulteriori accertamenti di fatto, che la prescrizione si è verificata, 
la Corte pronuncia una cassazione sostitutiva dello stesso contenuto della sen-
tenza impugnata: rigetto nel merito della domanda dell'attore (
36
). Questa solu-
zione, oltre che più conforme al sistema, si rivela più garantista nei confronti 
delle parti di quella che suggerisce alla Corte di valutare la conformità del 
dispositivo al diritto e di correggere, se del caso, la motivazione attraverso 
il riesame di questioni diverse da quelle oggetto del ricorso (
37
).Corrispon-
dentemente, l'applicazione dell'art. 384, comma 2° c.p.c. potrebbe essere così 
ricondotta entro i limiti che caratterizzano, non solo per la storia, ma per il 
diritto vigente, la cognizione della Cassazione nel momento rescindente (
38
). 
 
(
34
) Così, A. ATTARDI, Le nuove disposizioni sul processo civile, supra, 
nota 3, p. 179; nello stesso senso R. VACCARELLA, in VACCARELLA-CAPPONI-
CECCHELLA, Il processo civile dopo le riforme, Torino, 1992, p. 316. 
 
(
35
) Così, R. VACCARELLA, in VACCARELLA-CAPPONI-CECCHELLA, Il processo ci-
vile dopo le riforme, supra, nota 34, p. 316. 
 
(
36
) Questa ipotesi sarà ripresa più avanti, al paragrafo 38, nella parte 
dedicata alle principali ipotesi applicative dell'art. 384, comma 1°, ultima 
parte c.p.c.. 
 
(
37
) Sottolinea che l'interpretazione ampia del potere correttivo della 
Corte di cassazione riduce la tutela della parte soccombente, A. ATTARDI, Le 
nuove disposizioni sul processo civile, supra, nota 3, p. 187 s., per il quale, 
di conseguenza, il nesso di causalità che è richiesto per l'accoglimento del ri-
corso è dato solo che l'errore denunciato possa essere causa di ingiustizia del-
la decisione. 
 
(
38
) Diversamente orientato sul punto è F. MAZZARELLA, voce Cassazione 
(dir. proc. civ.), supra, nota 16, p. 27 s., il quale si chiede se, oggi, di 
 9 
 
4. Lavori preparatori dell'art. 384, comma 1°, ultima parte c.p.c.. - Il 
nuovo testo dell'art. 384, comma 1° c.p.c. traduce in diritto positivo una pro-
posta contenuta, in diverse varianti, in numerosi progetti di riforma del codice 
di procedura civile del 1865 (
39
) e di quello attualmente vigente (
40
). Vaga è 
invece la corrispondenza tra il nuovo istituto e quello disciplinato dall'art. 
619, comma 3° del nuovo c.p.p. (
41
), poiché la ratio di quest'ultima disposizio-
 
fronte alla possibilità che la Corte ha di decidere la causa nel merito, le an-
tiche diffidenze contro il potere correttivo abbiano ancora ragione di sussiste-
re. 
 
(
39
) Per una puntuale indicazione di questi progetti si vedano G. FRUS, La 
cassazione senza rinvio dal 1865 al 1942, supra nota, p. 887 ss.; C. BESSO, in 
Le riforme del processo civile, a cura di S. Chiarloni, Bologna, 1992, p. 513 
ss., specie p. 515; G. IMPAGNATIELLO, in Provvedimenti urgenti per il processo 
civile, a cura di F. Cipriani e G. Tarzia, in Nuove leggi civili comm., 1992, p. 
245 ss., p. 246, in nota 1. 
Significativo è, fra gli altri, il progetto di Giuseppe Chiovenda, pubbli-
cato nel 1920, il quale prevedeva, all'art. 196, comma 1°, che "se il ricorso è 
accolto per violazione o per falsa applicazione della legge, la corte statuisce 
essa stessa nella causa, ove ciò sia possibile, in base ai fatti accertati nella 
sentenza impugnata ed entro i limiti della contestazione". Il progetto è pubbli-
cato in G. CHIOVENDA, Saggi di diritto processuale civile, II, rist., Milano, 
1993, p. 113 ss.. 
 
(
40
) Si veda l'art. 48 del disegno di legge n. 2246, presentato nel 1975 al 
Senato dal Ministro Reale, il quale prevedeva l'introduzione di un art. 384-bis 
c.p.c. del seguente tenore: "la Corte, quando accerta la violazione o la falsa 
applicazione di norme di diritto e, ai fini della pronuncia di merito, non sia 
necessario procedere al riesame di fatti, ovvero a nuovi accertamenti di essi, 
cassa la sentenza impugnata e decide il merito della causa". Questo disegno di 
legge può essere letto in Documenti Giustizia, 1988, 7-8, 94 ss.. Su questo pro-
getto di norma si vedano le considerazioni di G. VERDE, Il disegno di legge n. 
2246 presentato al senato dal ministro Reale sui provvedimenti urgenti relativi 
al processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1976, p. 633 ss., specie p. 
647 ss.. Si veda poi il punto 16, lettera g, del disegno di legge delega per il 
nuovo codice di procedura civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1981, p. 645 
ss., p. 686, che prevedeva "la possibilità di decisione anche del merito della 
causa in caso di cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di di-
ritto, se, ai fini di tale decisione, non è necessario procedere al riesame dei 
fatti ovvero a nuovi accertamenti di essi". Si veda infine la bozza di disegno 
di legge concernente provvedimenti urgenti per la riforma del giudizio di cassa-
zione, presentata dal Primo Presidente della Corte di cassazione Brancaccio 
all'incontro di studi del C.S.M. di Trevi del 25-26 marzo 1988, bozza che preve-
deva un primo comma dell'art. 384 c.p.c. del seguente tenore: "la corte, quando 
accoglie il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, de-
cide la causa nel merito, ove non siano necessari ulteriori accertamenti di fat-
to o, altrimenti, enuncia il principio di diritto al quale il giudice di rinvio 
deve uniformarsi". Questa bozza può essere letta in Documenti Giustizia, 1988, 
7-8, 87 ss.. 
Quest'ultima proposta è l'antecedente diretto del nuovo testo dell'art. 
384, comma 1° c.p.c., a cui si è giunti in seguito alle vicende riassunte da C. 
CONSOLO, in CONSOLO-LUISO-SASSANI, La riforma del processo civile, Milano, 1991, 
p. 343 s.; C. BESSO, in Le riforme del processo civile, a cura di S. Chiarloni, 
supra, nota 39, specie p. 514, in nota 5. 
 
(
41
) Esso consente alla Corte di cassazione di decidere senza far luogo ad 
annullamento, quando occorre applicare una legge più favorevole all'imputato, 
anche se sopravvenuta dopo la proposizione del ricorso, qualora non siano neces-
sari nuovi accertamenti di fatto. Su questa disposizione si veda M. BARGIS, Ret-
 10 
ne (
42
) è il favor rei, mentre nel processo civile non vi è nulla di simile (
43
), 
ma vi è l'esigenza, per riferire le parole della Relazione alla bozza di disegno 
di legge Brancaccio-Sgroi, da cui l'attuale art. 384, comma 1° c.p.c. trae la 
propria ispirazione, di "evitare un giudizio di rinvio costoso per le parti e 
nel quale il giudice non può fare altro se non concretamente applicare il prin-
cipio enunciato" e di "impedire la proliferazione di ulteriori giudizi di legit-
timità spesse volte pretestuosi e proposti al solo scopo di procrastinare il 
passaggio in giudicato della decisione" (
44
). 
 
 
SEZIONE I 
LA REVISIONE TEDESCA 
 
5. Esempi stranieri. - L'istituto introdotto con la modificazione 
dell'art. 384, comma 1° c.p.c. trova corrispondenza in soluzioni adottate, sep-
pur con diverse formulazioni, negli ordinamenti francese (
45
), tedesco (
46
), au-
striaco (
47
) e spagnolo (
48
). Mentre la Corte suprema francese si è dimostrata 
finora molto prudente nell'applicare questo istituto, introdotto in quell'ordi-
 
tificazione e merito nel giudizio di cassazione penale, rist., Milano, 1989, p. 
223 ss.. 
 
(
42
) Come di quella, più lata dopo la modifica del 1974, che aveva trovato 
espressione nell'art. 538, comma 3° del vecchio c.p.p.: "la Corte di cassazione 
decide in ogni caso nel merito, senza pronunciare annullamento, quando occorre 
applicare disposizioni di legge più favorevoli all'imputato, anche se sopravve-
nute dopo la dichiarazione di ricorso, e non sia necessario assumere nuove pro-
ve, diverse dall'esibizione di documenti". Sulle alterne vicende del testo 
dell'art. 538 del vecchio c.p.p. si veda M. BARGIS, Rettificazione e merito nel 
giudizio di cassazionepenale, rist., supra, nota 42, p. 223 s.; V. DENTI, La 
Cassazione giudice del merito, in Foro it., 1991, V, 1 s.. 
 
(
43
) Così, L. MONTESANO, Alcuni aspetti del controllo sulla motivazione in 
fatto e della decisione sul merito in diritto nella Cassazione civile secondo la 
proposta di riforma Brancaccio-Sgroi, in Documenti Giustizia, 1988, 7-8, c. 13 
ss., 15. 
 
(
44
) Cfr. la relazione alla bozza di disegno di legge concernente provvedi-
menti urgenti per la riforma del giudizio di cassazione, in Documenti Giustizia, 
1988, 7-8, 77 ss., 86. Per una valutazione positiva di questa ratio, si veda G. 
TARZIA, Lineamenti del nuovo processo di cognizione, Milano, 1991, p. 282. 
 
(
45
) L'art. 627, comma 2° del noveau code de procédure civile francese pre-
vede che la Cour de cassation può decidere la causa nel merito "allorché i fat-
ti, come sovranamente constatati ed apprezzati dal giudice di merito, le consen-
tono di applicare la regola di diritto appropriata". Su questa disposizione si 
vedano i rilievi critici di J. BORE', La cassation en matière civile, Paris, 
1980, p. 1042; si vedano inoltre E. SILVESTRI, Recenti riforme della Cassazione 
francese, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1980, p. 569 ss., specie p. 584; V. 
DENTI, La Cassazione giudice del merito, supra, nota 42, 1 ss.. 
 
(
46
) Cfr. § 565, comma 3°, n. 1 ZPO. Su questa disposizione si veda W. 
GRUNSKY, in STEIN-JONAS, Kommentar zur Zivilprozeßordnung21, sub § 565, supra, 
nota 27, p. 439 ss.. 
 
(
47
) Si veda il § 510 della ZPO austriaca. 
 
(
48
) Si veda l'art. 1715 della Ley de Enjuiciamiento Civil, così come modi-
ficata con la Ley n. 34 del 6 agosto 1984. 
 
 11 
namento nel 1979 (
49
), e il paragone con la giurisprudenza del Tribunal Supremo 
spagnolo si rivelerebbe poco omogeno per i più ampi confini che caratterizzano 
l'istituto in quell'ordinamento (dove la decisione nel merito è consentita sol 
che la sentenza impugnata venga cassata per un errore di giudizio) (
50
), più 
ricche e più utili sono le indicazioni provenienti dall'ordinamento tedesco, do-
ve la decisione della causa nel merito da parte della Corte suprema è discipli-
nata, fin dalla entrata in vigore della ordinanza sul processo civile (ZPO, 1° 
ottobre 1879), con una disposizione non distante da quella italiana. 
 
6. La configurazione normativa dello scopo della revisione tedesca. - Nel-
la revisione, così come configurata dall'ordinamento processuale tedesco, preva-
le lo scopo della giusta decisione del caso di specie o quello della salvaguar-
dia dell'unità e del perfezionamento del diritto? La distinzione opera per l'ap-
punto in termini di prevalenza e non di contrapposizione concettuale: il BGH de-
ve perseguire entrambi gli scopi che si sono distinti. Quale dei due identifica 
però tipicamente la funzione istituzionale che dalla legge è affidata al giudice 
della revisione (
51
)? Nella dottrina tedesca il punto è molto controverso (
52
). 
La Corte costituzionale ha affermato che, una volta aperta la strada della revi-
sione, i due scopi di questa "vanno mano nella mano: in occasione di una deci-
sione sul caso di specie si aspira all'unità della giurisprudenza e al perfezio-
namento del diritto e si svolge la funzione di controllo nei confronti dei giu-
dici delle precedenti istanze. Alla stregua della disciplina legislativa la 
strada per il conseguimento di questo scopo passa dalla giusta decisione del ca-
so di specie" (
53
). 
Colto da una prospettiva italiana, l'ordinamento tedesco sembra orientare 
peraltro lo scopo della revisione verso l'unità e il perfezionamento del diritto 
 
(
49
) Per un caso concreto, si veda Civ. 1re, 26 novembre 1985, in Bull. 
civ., I, n. 317, che ha cassato senza rinvio la decisione di un giudice del fat-
to che, pur dopo la constatazione dell'assenza di un mandato scritto, aveva con-
dannato l'acquirente a pagare la commissione a un agente immobiliare. 
 
(
50
) Per indicazioni sul punto si veda A.R. BRIGUGLIO, Storia e riforma 
della Cassazione civile spagnola, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1991, p. 117 
ss., p. 123 ss.. 
 
(
51
) Così, in relazione al parallelo problema relativo alla Corte di cassa-
zione italiana, M. TARUFFO, La Corte di cassazione e la legge, ora in Il vertice 
ambiguo, Bologna, 1991, p. 66. 
 
(
52
) Per la sintesi del dibattito si veda W. GRUNSKY, in STEIN-JONAS, Kom-
mentar zur Zivilprozeßordnung21, 5, 1, supra, nota 27, p. 303 ss., p. 304; L. 
ROSENBERG-K.H. SCHWAB-P. GOTTWALD, Zivilprozessrecht 15, München, 1993, p. 803 
ss.. 
L'ultimo intervento sul problema, a quanto ci consta, è quello di H. 
HENKE, Rechtserkenntnis, Rechtsfortbildung und Konfliktlösung: Die Verfahren-
stypen der Zivilprozeßordnung in erster und in höherer Instanz, in ZZP (109), 
1996, p. 135 ss., specie p. 163; in una prospettiva de iure condendo si veda P. 
GOTTWALD, Empfehlen sich im Interesse eines effektiven Rechtsschutzes Maßnahmen 
zur Vereinfachung, Vereinheitlichung und Beschränkung der Rechtsmittel und Re-
chtsbehelfe des Zivilverfahrensrechts? München, 1996 (si tratta di una relazione 
presentata al sessantunesimo Juristentag tedesco, tenutosi a Karlsruhe nel set-
tembre del 1996). 
 
(
53
) Così BVerfG, 11 giugno 1980, 1 PBvU 1/79, in NJW, 1981, p. 39 ss., p. 
41. 
Per l'equivalenza dei due scopi della revisione si è pronunciato in dot-
trina P. GOTTWALD, Die Revisionsinstanz als Tatsacheninstanz, Berlin, 1975, p. 
86 ss.. 
 
 12 
in misura minore di quanto l'ordinamento italiano orienti lo scopo del ricorso 
in cassazione verso "l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della leg-
ge" (art. 65 della legge sull'ordinamento giudiziario). Se poi una valutazione 
di prevalenza fra la configurazione normativa dei due scopi della revisione deve 
essere fatta, da un angolo visuale italiano la prevalenza sembra da assegnare, 
seppure con cautela, allo scopo di raggiungere una giusta decisione del caso di 
specie. In primo luogo, non esiste nell'ordinamento tedesco una disposizione im-
pegnativa come l'art. 65 dell'ordinamento giudiziario italiano: il § 132, comma 
4° della legge sulla costituzione degli organi giudiziari (Gerichtsverfassun-
gsgesetz - GVG) prevede solo che la sezione del BGH competente sulla causa può 
rimettere la decisione su una questione di significato fondamentale al Großer 
Senat für Zivilsachen (assimilabile alle sezioni unite civili), quando ritenga 
ciò necessario per il perfezionamento del diritto e per la salvaguardia dell'u-
nità della giurisprudenza (
54
). In secondo luogo, non esiste nemmeno un istituto 
paragonabile al ricorso nell'interesse della legge (art. 363 c.p.c. italiano), 
per cui la proposizione del ricorso per revisione dipende esclusivamente dalla 
scelta delle parti. In terzo luogo, la norma tedesca sull'annullamento della 
sentenza impugnata con rinvio al giudice d'appello non prevede l'enunciazione 
del principio di diritto da parte del BGH, ma che il giudice di rinvio deve por-
re a fondamento della propria decisione la stessa "valutazione giuridica" che il 
BGH ha posto a fondamento dell'annullamento (§ 565, comma 2° ZPO). 
Nella dottrina italiana si è sostenuto che dall'evoluzione legislativa re-
cente si ricaverebbe un argomento favorevole alla tesi che il principale fine 
della revisione tedesca è quello di assicurare l'unità della giurisprudenza 
(
55
). Ci si riferisce in particolare all'introduzione, con una legge del 1975, 
di un filtro dei ricorsi, costituito da una valutazione preventiva dell'ammissi-
bilità dell'impugnazione compiuta in base ai criteri del valore della causa e 
del "significatofondamentale" della questione di diritto sollevata con l'impu-
gnazione (cfr. §§ 546, 554b ZPO) (
56
). Si potrebbe osservare però che le pre-
scrizioni che limitano l'ammissibilità della revisione non depongono contro lo 
 
(
54
) L'uniformità dell'interpretazione del diritto nel quadro della plura-
lità di giurisdizioni che caratterizza l'ordinamento tedesco è assicurata dalle 
"Sezioni Unite" (Gemeinsamer Senat) delle Corti supreme della Federazione, isti-
tuite sulla base dell'art. 95, comma 3° del Grundgesetz. Quest'organo decide in 
modo vincolante sulle questioni di diritto che gli vengono rimesse da una delle 
Corti supreme nelle ipotesi in cui quest'ultima voglia deviare da una precedente 
decisione di un'altra Corte suprema o delle stesse Sezioni Unite. 
 
(
55
) Così, V. DENTI, Le riforme della Cassazione civile: qualche ipotesi di 
lavoro, in Foro it., 1988, V, 18 ss., 21. 
 
(
56
) Il § 546, comma 1° ZPO prevede che "nelle controversie relative a di-
ritti patrimoniali, il cui valore non supera sessantamila marchi, e nelle con-
troversie relative a diritti non patrimoniali la revisione ha luogo solo se la 
Corte d'appello l'ha dichiarata ammissibile in sentenza. La Corte d'appello di-
chiara la revisione ammissibile quando la questione giuridica ha un significato 
fondamentale oppure la sentenza diverge da una decisione del BGH o delle sezioni 
unite delle Corti supreme della Federazione e si fonda su questa divergenza. Il 
giudice della revisione è vincolato alla dichiarazione di ammissibilità". Il § 
554b ZPO prevede che "nelle controversie relative a diritti patrimoniali, il cui 
valore supera sessantamila marchi, il giudice della revisione può rifiutare 
l'ammissione della revisione quando la questione giuridica non ha un significato 
fondamentale. Per il rifiuto dell'ammissione è necessaria una maggioranza di due 
terzi dei voti. La decisione può essere presa con decreto fuori udienza". Su 
questa riforma si veda H. PRÜTTING, Die Zulassung der Revision, Köln-Berlin-
Bonn-München, 1977; P. SCHLOSSER, Neues Revisionsrecht in der Bewährung, Berlin-
New York, 1983; nella letteratura italiana si può vedere sul punto la sintesi di 
E. SILVESTRI, L'accesso alle corti di ultima istanza: rilievi comparatistici, in 
Foro it., 1987, V, 284 ss., 287 s.. 
 
 13 
scopo della revisione di assicurare la giusta decisione del caso concreto, ma 
dimostrano solo che questo scopo può essere perseguito in presenza di certi pre-
supposti, in particolare quando coesiste un interesse generale all'interpreta-
zione uniforme di una norma di diritto sostanziale o di diritto processuale 
(
57
). 
 
7. La revisione come istanza di controllo di legittimità della decisione. 
- A differenza dei dati normativi presi in considerazione nel paragrafo prece-
dente, l'attribuzione al BGH del potere di decidere la causa nel merito non de-
pone necessariamente a favore della prevalenza nella revisione dello scopo di 
raggiungere una giusta decisione del caso di specie. La previsione del momento 
rescissorio dinanzi alla Corte suprema è indipendente dalle finalità del con-
trollo esercitato da essa nel momento rescindente ed è coordinato allo scopo di 
evitare un inutile rinvio e un prolungamento del procedimento nelle ipotesi in 
cui il giudice d'appello, a causa del vincolo alla valutazione giuridica compiu-
ta dal BGH, non potrebbe che giungere allo stesso risultato di quest'ultimo 
(
58
). 
E' vero però che la possibilità di decidere la causa nel merito deve fare 
i conti con la limitazione alla questione di diritto del giudizio che si svolge 
innanzi al BGH. Nell'esercitare questo potere, la Corte suprema tedesca diventa 
giudice del merito, ma in linea di principio non diventa giudice del fatto. La 
configurazione del giudizio innanzi al BGH come giudizio di mera legittimità e-
merge da un sommario esame delle norme seguenti. Nell'ordinamento tedesco l'e-
quivalente dell'art. 360 c.p.c. è il § 549, comma 1° ZPO, il quale non prevede 
motivi specifici di ricorso, ma che la revisione può fondarsi solo sull'afferma-
zione che la decisione impugnata si basa sulla violazione di una norma del di-
ritto federale o di una prescrizione il cui ambito di validità si estende al di 
là del distretto di una Corte d'appello. Il § 550 ZPO precisa che la legge è 
violata quando una norma giuridica non è stata applicata o non è stata applicata 
correttamente (
59
). Il § 554 ZPO, nel disciplinare la motivazione della revisio-
ne, dispone al comma 3°, n. 3 che essa deve contenere l'indicazione dei motivi 
di revisione e cioè: a) l'indicazione della norma giuridica che si assume viola-
ta; b) se la revisione si fonda sulla violazione di una legge attinente al pro-
cesso, l'indicazione dei fatti che rivelano il vizio. Il § 561 ZPO prevede al 
primo comma che nel giudizio di revisione non possono essere allegati nuovi fat-
ti rispetto a quelli accertati nella sentenza impugnata, tranne quelli diretti a 
rivelare la violazione di una norma processuale e, al secondo comma, che gli ac-
certamenti di fatto compiuti dal giudice d'appello sono vincolanti (indipenden-
temente dal loro fondamento: valutazione delle prove libere, confessione giudi-
ziale, notorietà, presunzione legale, interpretazione di una dichiarazione di 
volontà), a meno che in relazione a tali accertamenti non sia fatto valere un 
motivo di revisione ammissibile e fondato, con il quale si censuri ad esempio la 
violazione di una regola sull'interpretazione di una dichiarazione di volontà, 
del principio del libero convincimento o di una legge del ragionamento (Denkge-
 
(
57
) Così, W. GRUNSKY, in STEIN-JONAS, Kommentar zur Zivilprozeßordnung21, 
5, 1, supra, nota 27, p. 304. 
 
(
58
) Sullo scopo della decisione nel merito da parte del BGH si veda W. 
GRUNSKY, in STEIN-JONAS, Kommentar zur Zivilprozeßordnung21, 5, 1, supra, nota 
27, p. 439. 
 
(
59
) Per un primo orientamento sui §§ 549 e 550 ZPO si vedano, W. GRUNSKY, 
in STEIN-JONAS, Kommentar zur Zivilprozeßordnung21, 5, 1, supra, nota 27, p. 338 
ss.; A. WALCHSHÖFER, in Münchener Kommentar zur Zivilprozeßordnung, 2, supra, 
nota 28, p. 643 ss.; L. ROSENBERG-K.H. SCHWAB-P. GOTTWALD, Zivilprozessrecht 15, 
supra, nota 52, p. 871 ss.; H. THOMAS-H. PUTZO, Zivilprozeßordnung 19, München, 
1995, p. 841 ss.. 
 
 14 
setz) (
60
). In tali ipotesi il BGH è liberato dal vincolo agli accertamenti di 
fatto compiuti dai giudici delle istanze precedenti (
61
). 
Se il ricorso per revisione è ritenuto fondato, la sentenza impugnata deve 
essere annullata (§ 564, comma 1° ZPO). In tal caso, la causa deve essere rin-
viata alla Corte d'appello che ha emanato la sentenza impugnata. L'annullamento 
con rinvio costituisce la regola generale (
62
). Il § 565, comma 3° ZPO dispone 
che la Corte suprema deve decidere però nel merito (in der Sache) "quando l'an-
nullamento della sentenza ha luogo a causa della violazione della legge nella 
sua applicazione alla fattispecie accertata e, alla stregua di quest'ultima, la 
causa è matura per la decisione definitiva" (n. 1) (
63
). 
 
8. La distinzione tra questione di diritto e questione di fatto nella re-
visione: il criterio teleologico. - Dal complesso di norme passato in rassegna 
nel paragrafo precedente, in particolare dal combinato disposto dei §§ 550 e 561 
ZPO, si ricava che il modello tedesco della revisione si basa sulla distinzione 
tra questione di fatto e questione di diritto. Nonostante i numerosi tentativi 
finora effettuati (
64
), non è ancora riuscita una convincente distinzione sul 
piano logico tra le due questioni,per cui in settori consistenti della lettera-
tura tedesca si è fatta strada l'idea che il criterio di distinzione debba esse-
re cercato sul piano teleologico (
65
). Dal compito della Corte suprema di garan-
tire l'unità e il perfezionamento del diritto discende che deve essere conside-
rata come questione di diritto, e quindi sindacabile da quest'ultima, tutto ciò 
che può avere un significato di direttiva per la decisione di futuri casi, men-
 
(
60
) Per un primo orientamento sull'interpretazione del § 561 ZPO è utile 
vedere le opere citate nella nota precedente. 
 
(
61
) Sul punto si veda, per tutti, W. GRUNSKY, in STEIN-JONAS, Kommentar 
zur Zivilprozeßordnung21, 5, 1, supra, nota 27, p. 422. 
 
(
62
) Si veda il § 565, commi 1° e 2° ZPO. Sul punto, W. GRUNSKY, in STEIN-
JONAS, Kommentar zur Zivilprozeßordnung21, 5, 1, supra, nota 27, p. 432. 
 
(
63
) Il § 565, comma 3° n. 2 ZPO prevede che il giudice della revisione de-
ve decidere nel merito altresì quando l'annullamento della sentenza ha luogo per 
l'incompetenza del giudice o per l'improponibilità assoluta della domanda. Si 
ritiene però che questo numero non abbia una funzione autonoma, poiché i casi 
ivi disciplinati possono essere ricompresi anche nel n. 1. E' pacifico infatti 
che la maturità della causa per la decisione definitiva ai sensi di questo nume-
ro può anche derivare da questioni processuali (ad esempio, contrariamente 
all'opinione del giudice d'appello, la causa è inammissibile per difetto di un 
presupposto processuale). Sul punto si veda, per tutti, W. GRUNSKY, in STEIN-
JONAS, Kommentar zur Zivilprozeßordnung21, 5, 1, supra, nota 27, p. 442. 
 
(
64
) Si veda ad esempio W. SCHEUERLE, Beiträge zum Problem der Trennung von 
Tat- und Rechtsfrage, in AcP (157), 1958/1959, p. 1 ss., p. 4; H. HENKE, Die Ta-
tfrage, Berlin, 1966, p. 138 ss.; ID., Rechtsfrage oder Tatfrage - eine Frage 
ohne Antwort?, in ZZP (81), 1968, p. 196 ss., p. 321 ss.; P. GOTTWALD, Die Revi-
sionsinstanz als Tatsacheninstanz, supra, nota 53, p. 138 ss.. 
 
(
65
) L'elaborazione della concezione teleologica è dovuta essenzialmente 
alle opere di E. SCHWINGE, Grundlagen des Revisionsrechts2, Bonn, 1960, p. 48 
ss. e di K. KUCHINKE, Grenzen der Nachprüfbarkeit tatrichterlicher Würdigung und 
Feststellungen in der Revisionsinstanz, Bielefeld, 1964, specialmente p. 124 
ss.. 
Su questo punto si veda la lucida sintesi di W. GRUNSKY, in STEIN-JONAS, 
Kommentar zur Zivilprozeßordnung21, 5, 1, supra, nota 27, p. 346 s.. . 
 
 15 
tre è questione di fatto tutto ciò che è legato alla particolarità del caso con-
creto (
66
). 
In questo contesto, anche la giurisprudenza della Corte suprema tedesca è 
estremamente pragmatica e si orienta poco secondo criteri di distinzione dogma-
tici. Meritano di essere distesamente riferite le parole che l'autorevole giudi-
ce del BGH Alfred Walchshöfer scriveva, poco prima della sua morte nel 1990, 
sull'atteggiamento della Corte suprema nei confronti della distinzione tra que-
stione di diritto e questione di fatto: "il Bundesgerichtshof muove dall'idea 
che questione di fatto e questione di diritto si influenzino reciprocamente e 
che punti vista giuridici siano significativi anche nell'accertamento della fat-
tispecie concreta. La giurisprudenza del Bundesgerichtshof pertanto non distin-
gue nettamente tra questione di diritto e questione di fatto, tantopiù che una 
distinzione logicamente convincente tra le due è difficilmente operabile. Nella 
differenziazione tra questione di diritto e questione di fatto imposta dai §§ 
549 e 550 ZPO, così come nel vincolo agli accertamenti di fatto del giudice 
d'appello prescritto dal § 561 ZPO, la giurisprudenza del Bundesgerichtshof si 
orienta piuttosto secondo lo scopo della revisione. Quest'ultimo consiste nella 
salvaguardia dell'unità del diritto e nel suo perfezionamento nell'interesse ge-
nerale, ma anche in una giusta decisione del caso concreto nell'interesse delle 
parti. Sono quindi sindacabili secondo la giurisprudenza perlopiù questioni di 
diritto che possono avere una funzione di modello per la decisione futura di al-
tri casi. Il giudice della revisione sottopone a controllo però anche questioni 
di diritto che hanno un significato solamente per la decisione del caso concre-
to. Ciò vale innanzitutto per l'apprezzamento delle prove compiuto dal giudice 
d'appello e per l'interpretazione di dichiarazioni di volontà" (
67
). 
 
9. L'applicazione del criterio teleologico in taluni orientamenti della 
giurisprudenza del BGH. - Si rivela utile a questo punto saggiare la concezione 
teleologica, così come delineata da una parte della dottrina tedesca e dal BGH, 
con riferimento agli orientamenti della giurisprudenza di quest'ultimo in alcuni 
settori esemplari. Ci riferiamo in particolare alla sindacabilità da parte della 
Corte suprema dell'applicazione dei concetti giuridici indeterminati e delle 
clausole generali, della interpretazione delle dichiarazioni di volontà, della 
sufficienza e della congruenza logica della motivazione in fatto della sentenza. 
Saranno esaminate poche pronunce, allo scopo di fornire una prima impressione, 
in attesa di indagini che studino con maggiore ampiezza e profondità, in compa-
razione con l'esperienza della Corte di cassazione italiana, questo interessan-
tissimo aspetto della giurisprudenza del BGH. L'esame di questi tre settori del-
la giurisprudenza tedesca consente di osservare che, se si accoglie la concezio-
ne teleologica dei limiti del giudizio di revisione, così come emerge special-
mente dalla prassi del BGH, non è possibile distinguere i giudizi sindacabili o 
meno sulla base della mera prospettazione del ricorrente. In effetti la Corte 
suprema tedesca rifugge da impegnative affermazioni di principio sulla insinda-
cabilità di certi giudizi o di certe questioni e preferisce piuttosto individua-
re in concreto i limiti del proprio sindacato, dopo aver analizzato integralmen-
te la sentenza impugnata. 
 
(
66
) Così, W. GRUNSKY, in STEIN-JONAS, Kommentar zur Zivilprozeßordnung21, 
5, 1, supra, nota 27, p. 346, il quale ridimensiona la portata pratica del con-
fronto tra coloro che sostengono la distinguibilità logica tra questione di fat-
to e questione di diritto e gli aderenti all'indirizzo teleologico, perché lo 
scopo delle limitazioni poste al giudizio di revisione deve essere tenuto in 
considerazione anche dai primi, per cui ciò che sarebbe sicuramente una questio-
ne di diritto sotto il profilo logico non deve costituire oggetto di revisione 
se non può essere l'occasione per fissare una direttiva valevole per casi futu-
ri. In questa direzione si erano mosse, in precedenza, le riflessioni di H. 
HENKE, Die Tatfrage, supra, nota 64, p. 266 ss.. 
 
(
67
) Così, A. WALCHSHÖFER, in Münchener Kommentar zur Zivilprozeßordnung, 
2, supra, nota 28, p. 650. 
 
 16 
 
10. Il controllo sull'applicazione dei concetti giuridici indeterminati e 
delle clausole generali. - Il BGH afferma che l'applicazione dei concetti giuri-
dici indeterminati (ad esempio: colpa, dolo, giusta causa, ecc.) e delle clauso-
le generali (ad esempio: buona fede, buon costume, ecc.) è in via di principio 
sindacabile in sede di revisione. Così possono essere accertati non solo errori 
di interpretazione, ma anche errori di sussunzione della fattispecie concreta 
sotto un concetto giuridico indeterminato o una clausola generale pur corretta-
mente interpretati. Il BGH ha affermato, ad esempio, che accertare la contrarie-
tà al buon costume di un determinato contratto è una questione di dirittoche 
soggiace al controllo in sede di revisione e che tale giudizio di disvalore im-
plica un apprezzamento complessivo del singolo contratto, in cui devono essere 
prese in considerazione, da un lato, tutte le circostanze esteriori essenziali 
per la stipulazione e, dall'altro lato, l'intenzione delle parti (
68
). La sinda-
cabilità delle operazioni di sussunzione compiute dal giudice del fatto sotto un 
concetto giuridico indeterminato o una clausola generale incontra però un limi-
te, nei casi in cui la decisione non può avere una funzione di direttiva per la 
soluzione di casi futuri. Si è affermato, ad esempio, che il concetto di colpa 
grave è un concetto giuridico ed è, in quanto tale, sindacabile dal giudice del-
la revisione; questi deve verificare se il giudice del fatto ha correttamente 
interpretato il concetto e se lo ha distinto dalla colpa lieve; viceversa il 
giudizio relativo al se il soggetto si è comportato con colpa grave o meno 
nell'acquisto di un bene ai fini dell'applicabilità nel caso concreto del § 932 
BGB sull'acquisto in buona fede da un soggetto non legittimato è una questione 
di fatto sottratta al controllo del giudice della revisione (
69
). In un'altra 
fattispecie, il BGH ha sottoposto a sindacato la sussunzione sotto un concetto 
giuridico indeterminato per verificare che il giudice del fatto avesse preso in 
considerazione tutti i fatti rilevanti: la Corte suprema ha stabilito che è in 
prima linea una questione di fatto, sottratta al controllo in sede di revisione, 
valutare se un certo fatto integra gli estremi della giusta causa per il reces-
so; il giudice della revisione deve verificare però se il giudice del fatto ha 
correttamente interpretato il concetto di giusta causa e se, nell'apprezzamento 
della fattispecie concreta da lui accertata, non ha superato i limiti della di-
screzionalità che gli è attribuita; vi è un errore di valutazione censurabile in 
sede di revisione se il giudice del fatto omette di valutare o non valuta piena-
mente fatti essenziali (
70
). 
L'esame di questa prima serie di pronunce conferma che, nel controllare la 
sussunzione compiuta dal giudice del fatto sotto il concetto giuridico indeter-
minato, il BGH tiene conto in maniera decisiva dello scopo del giudizio di revi-
sione. Non vi è dubbio infatti che, se si muove da un impianto tradizionale di 
distinzione tra questione di diritto e questione di fatto, la sussunzione in 
quanto tale (sia sotto un norma rigida, che sotto una norma elastica) è una ti-
pica questione di diritto che non dovrebbe essere mai sottratta al controllo di 
legittimità (
71
). Invece il BGH, pur affermando in linea di principio la sinda-
 
(
68
) Così, BGH, 30 ottobre 1990, IX ZR 9/90, in NJW, 1991, p. 353 ss., p. 
354, che ha annullato con rinvio la sentenza del giudice d'appello riscontrando 
la mancanza di una tale valutazione d'insieme. 
 
(
69
) Così, BGH, 11 maggio 1953, IV ZR 170/52, in NJW, 1953, p. 1139. Con-
forme sul punto è l'opinione di W. GRUNSKY, in STEIN-JONAS, Kommentar zur Zivil-
prozeßordnung21, 5, 1, supra, nota 27, p. 348, secondo il quale ciò vale "indi-
pendentemente dal punto di vista teorico che si accolga sul se si tratti di una 
questione di diritto o di fatto". 
 
(
70
) Così, BGH, 9 marzo 1992, II ZR 102/91, in NJW-RR, 1992, p. 992. 
 
(
71
) Esemplare, a tale proposito, è la posizione di G. FABBRINI, voce Pote-
re del giudice (dir. proc. civ.), in Enc. del Dir., vol. XXXIV, Milano, 1985, p. 
721 ss., specie p. 742, che distingue tra attività di sussunzione (questione di 
 17 
cabilità dell'applicazione dei concetti giuridici indeterminati e delle clausole 
generali (
72
), si ritiene vincolato al giudizio di sussunzione compiuto dal giu-
dice del fatto, laddove il suo intervento non potrebbe avere la funzione di di-
rettiva per la soluzione di casi futuri (
73
). L'insindacabilità però non si ve-
rifica per il solo fatto che il BGH si trovi di fronte ad una fattispecie con-
creta irripetibile; anche in tali ipotesi il BGH può cogliere l'occasione per 
impartire una direttiva valida per la soluzione di casi futuri, in particolare 
può trarre spunto per impartire una direttiva metodologica sul giudizio di fatto 
valevole indipendentemente dalla particolarità della fattispecie (
74
). 
 
11. Il controllo sull'interpretazione delle dichiarazioni di volontà. - In 
relazione alla interpretazione delle dichiarazioni di volontà, se si muove da 
una concezione tradizionale della distinzione tra questione di diritto e que-
stione di fatto, non vi è dubbio che essa sia una questione di fatto, sottratta 
al controllo in sede di legittimità (
75
). Nonostante ciò si ha l'impressione, 
suscettibile di essere verificata con un'indagine più ampia ed approfondita, che 
il BGH assoggetti l'interpretazione delle dichiarazioni di volontà compiuta dal 
giudice del fatto ad un sindacato penetrante. Ciò vale innanzitutto per l'inter-
pretazione delle condizioni generali di contratto o dei contratti conclusi me-
diante formulari, che, se impiegati in più distretti di corte d'appello, sono 
equiparati alle norme giuridiche sulla base dell'ampia formulazione del § 549, 
comma 1° ZPO (
76
), e sono sottoposte pertanto illimitatamente al controllo in 
sede di revisione (
77
). Ciò vale anche per l'interpretazione delle dichiarazioni 
 
diritto) e attività di ricostruzione storica del fatto concreto (questione di 
fatto). Sul punto si veda anche H. HENKE, Die Tatfrage, supra, nota 64, p. 226. 
 
(
72
) Si veda la prima pronuncia della serie. 
 
(
73
) Si veda la seconda pronuncia della serie. 
 
(
74
) Si veda la terza pronuncia della serie. In Italia ha parlato di norme 
sul metodo del giudizio di fatto, la cui violazione è censurabile in sede di le-
gittimità attraverso il n. 5 dell'art. 360 c.p.c., M. BOVE, Il sindacato della 
Corte di cassazione, contenuto e limiti, Milano, 1983, p. 228, p. 230 ss.. La 
monografia di Mauro Bove è stata recensita da M. DE CRISTOFARO, in Riv. dir. 
civ., 1995, p. 171 ss.. 
 
(
75
) Ci si riferisce in particolare al pensiero di K. HELLWIG, System des 
Deutschen Zivilprozeßrechts, I, Leipzig, 1912, p. 853 s., specie p. 854 e P. 
CALAMANDREI, La cassazione civile, II, supra, nota 27, p. 368 ss., specie p. 370 
s., che a tale proposito distinguono una questione di fatto (stabilire qual è la 
dichiarazione di volontà rilasciata dalle parti e qual è il suo significato) da 
una questione di diritto (quali sono le sue conseguenze giuridiche). In senso 
contrario si veda però E. DANZ, Die Auslegung der Rechtsgeschäfte2, Jena, 1906, 
p. 154, secondo il quale accertare il significato della dichiarazione di volontà 
è una questione di diritto, perché con l'interpretazione viene accertato nello 
stesso tempo anche il verificarsi dell'effetto giuridico. 
 
(
76
) Nella parte in cui tale paragrafo prevede che la revisione può fondar-
si anche sull'affermazione che la decisione impugnata si basa sulla violazione 
di una prescrizione il cui ambito di validità si estende al di là del distretto 
di una Corte d'appello. 
 
(
77
) Si vedano, ad esempio, in tema di condizioni generali di contratto, 
BGH, 19 maggio 1988, I ZR 147/86, in NJW, 1988, p. 2888 ss.; BGH, 19 febbraio 
1992, VIII ZR 65/91, in NJW, 1992, p. 1236 s., specie p. 1237; in tema di con-
tratti conclusi mediante formulari, BGH, 23 giugno 1988, VII ZR 117/87, in NJW, 
1988, p. 2536 ss.. 
 18 
di volontà che, per contrapporle alle prime,si definiscono individuali, in re-
lazione alla quale il BGH non si limita a controllare che siano state rispettate 
le regole di interpretazione legislative, ma verifica che siano stati rispettati 
principi interpretativi generalmente riconosciuti, le leggi del ragionamento, le 
massime di comune esperienza, e - addirittura - che non siano stati tralasciati 
aspetti essenziali della dichiarazione da interpretare (
78
). 
Nel settore dell'interpretazione delle dichiarazioni di volontà troviamo 
una seconda conferma che il BGH, nel discernere le questioni sindacabili da 
quelle insindacabili, non si impegna nella difficile differenziazione tra que-
stione di diritto e questione di fatto, ma impiega sistematicamente e consape-
volmente il criterio teleologico e discerne tra questioni che offrono l'occasio-
ne per impartire una direttiva valida per la soluzione di casi futuri, pertanto 
sindacabili in sede di revisione, e questioni che non hanno questa attitudine, 
pertanto insindacabili. Si ha inoltre una conferma che, nella giurisprudenza del 
BGH, l'alternativa appena delineata non sembra corrispondere a quella tra fatti-
specie ripetibili e fattispecie irripetibili, perché anche il giudizio su una 
fattispecie irripetibile, come è di regola l'interpretazione di una dichiarazio-
ne di volontà individuale, può offrire alla Corte suprema l'occasione per impar-
tire una direttiva sul metodo con il quale deve essere svolto il giudizio di 
fatto (
79
). L'ipotesi in cui il BGH riscontri la violazione di una regola d'in-
terpretazione della dichiarazione di volontà rientra fra quelle in cui, ai sensi 
del § 561, comma 2° ZPO, viene meno il suo vincolo agli accertamenti di fatto 
(in questo caso: all'interpretazione della dichiarazione di volontà) contenuti 
nella sentenza impugnata. 
 
12. Il controllo sulla sufficienza e congruenza logica della motivazione 
in fatto. - Proprio le direttive metodologiche sul giudizio di fatto, alle quali 
abbiamo fatto riferimento in due occasioni, rivelano che l'assenza nell'ordina-
mento tedesco di una norma paragonabile a quella del n. 5 dell'art. 360 c.p.c. 
non ha potuto impedire al BGH di sindacare la sufficienza e la congruenza logica 
della motivazione di fatto della sentenza impugnata. Abbiamo impiegato una ter-
 
 
(
78
) Così, BGH, 12 marzo 1992, IX ZR 141/91, in NJW, 1992, p. 1446 ss., p. 
1446, a cui si fa rinvio per l'indicazione di altri precedenti di quella che lo 
stesso BGH definisce come giurisprudenza costante. L'errore interpretativo che 
il BGH rimprovera in questa fattispecie al giudice del fatto è di avere falsa-
mente interpretato una fideiussione semplice come fideiussione a prima richie-
sta: nonostante il tenore letterale del contratto impiegasse termini che nella 
prassi bancaria si riferiscono alla fideiussione a prima richiesta, il credito-
re, che aveva formulato il testo, non poteva correttamente fare affidamento sul 
fatto che il fideiussore, non al corrente della prassi bancaria, interpretasse 
l'accordo come fideiussione a prima richiesta; per cui esso deve essere inter-
pretato come fideiussione semplice. 
In senso critico nei confronti di questo orientamento si è pronunciato W. 
GRUNSKY, in STEIN-JONAS, Kommentar zur Zivilprozeßordnung21, 5, 1, supra, nota 
27, p. 350 s., secondo il quale sarebbe contraddittorio ritenere, da un lato, 
che il BGH possa controllare che tutto il materiale da interpretare sia stato 
preso in considerazione e negare, dall'altro lato, che esso possa controllare 
che la dichiarazione sia stata correttamente valutata; contraddizione che condu-
ce l'Autore a ritenere che, in ipotesi di dichiarazioni di volontà individuali, 
il BGH dovrebbe essere illimitatamente vincolato all'interpretazione compiuta 
dal giudice del fatto. 
 
(
79
) In senso contrario, W. GRUNSKY, in STEIN-JONAS, Kommentar zur Zivil-
prozeßordnung21, 5, 1, supra, nota 27, p. 351, secondo il quale l'atipicità del-
la dichiarazione di volontà individuale impedisce al BGH di esercitare una fun-
zione di direttiva per la soluzione di casi futuri, per cui in tali ipotesi il 
BGH dovrebbe essere vincolato all'interpretazione compiuta dal giudice del fatto 
(si veda anche supra, nota precedente). 
 
 19 
minologia italiana, che certamente non tradisce la realtà alla quale ci troviamo 
di fronte. La norma che si assume violata ai sensi del § 549, comma 1° ZPO è, in 
tal caso, la stessa norma che fissa il principio del libero convincimento (il § 
286 ZPO) (
80
). Essa prevede che "il giudice, considerando l'intero contenuto dei 
dibattimenti e il risultato di un'eventuale assunzione di mezzi di prova, deve 
decidere secondo il suo libero convincimento se un'affermazione di fatto sia da 
ritenere vera o non vera. Nella sentenza si devono indicare i motivi che hanno 
guidato il giudice nella formazione del suo convincimento". In una prima deci-
sione il BGH ha ritenuto ad esempio che il giudice del fatto è in linea di prin-
cipio libero nello stabilire il grado di inferenza probatoria di un indizio o di 
un complesso di indizi; egli deve però rendere adeguatamente conto dei punti di 
vista essenziali per la formazione del suo convincimento; è riscontrabile un er-
rore logico censurabile in sede di revisione nelle ipotesi in cui il giudice non 
riconosce l'equivocità di un indizio o attribuisce ad esso un'inferenza probato-
ria che esso non può avere (
81
). In un giudizio di risarcimento del danno provo-
cato da un evento in cui c'era stato un concorso di colpa del danneggiato (§ 254 
BGB), il BGH ha stabilito che il riparto di responsabilità tra danneggiante e 
danneggiato è essenzialmente una questione di fatto ed è pertanto censurabile in 
sede di revisione solo in misura limitata; il giudice della revisione può solo 
verificare che tale riparto si basi su valide ragioni giuridiche, che siano sta-
te adeguatamente considerate tutte le circostanze, che il giudice non abbia vio-
lato la logica e le massime di esperienza; nel caso concreto il BGH ha annullato 
la sentenza di rigetto perché la motivazione secondo la quale l'attore si era 
procurato il danno da solo era contraddittoria con una precedente affermazione 
secondo la quale il danno era sorto anche a seguito del fatto colposo del conve-
nuto (
82
). In una terza decisione, già ricordata, il BGH ha affermato che il 
giudizio relativo al se il soggetto si è comportato con colpa grave o meno 
nell'acquisto di un bene ai fini dell'applicabilità nel caso concreto del § 932 
BGB sull'acquisto in buona fede da un soggetto non legittimato è una questione 
di fatto, che è però sindacabile per controllare che il giudice abbia rispettato 
le leggi del ragionamento o le massime di comune esperienza (
83
). Frequente è, 
in generale, l'affermazione che può essere censurata in sede di revisione la 
mancata applicazione o l'applicazione manifestamente scorretta di una massima di 
esperienza generalmente riconosciuta (
84
). 
Anche quest'ultima serie di decisioni può essere adeguatamente compresa 
non sulla base di un'astratta distinzione tra questione di diritto e questione 
di fatto, ma alla stregua della concezione che individua le questioni sindacabi-
li in quelle che forniscono alla Corte suprema l'occasione per impartire una di-
rettiva valevole per la soluzione di casi futuri, occasione che si verifica sem-
pre nelle ipotesi in cui la Corte suprema riscontra un vizio di metodo inerente 
al giudizio di fatto. Il sindacato sulla sufficienza e congruenza logica della 
motivazione effettuato dal BGH è particolarmente penetrante,

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