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Quaderni d’italianistica, Volume XXXIII, No. 2, 2012, 27-75
LA CreAzIoNe DI uNA FIgurA PoLITICA: 
L’eNTrATA IN NAPoLI DI IPPoLITA MArIA SForzA VISCoNTI
D’ArAgoNA, 
DuCheSSA DI CALAbrIA.* 
VeroNICA MeLe
Riassunto: Il momento più alto di elaborazione e manifestazione dell’im-
magine pubblica di Ippolita Maria Sforza, duchessa di Calabria, si rea-
lizzò in occasione del viaggio che nell’estate 1465, da Milano a Napoli,
doveva condurla sposa ad Alfonso d’Aragona. Il lungo itinerario attra-
verso quasi tutti gli stati della Penisola fu caricato sia da parte sforzesca
che aragonese di molteplici valenze politiche, collegate alle relazioni tra il
ducato e il regno, così che l’imponente corteo che scortò Ippolita si con-
figurò come una vera e propria ambasceria con la missione di rinforzare
l’asse Napoli-Milano. Ma quella che doveva essere un’autentica marcia
trionfale fu invece puntellata di ritardi, intimidazioni di arresto e minac-
ce di dietro front, prima dell’ingresso trionfale nella capitale che, con la
complessa e suggestiva simbologia del cerimoniale aragonese, doveva infi-
ne consacrare il ruolo politico della futura (ma prematuramente morta)
regina di Napoli.
Il destino politico di Ippolita Maria, secondogenita del duca di Milano
Francesco Sforza, era stato decretato quando ella aveva appena dieci anni,
ma il momento più alto di elaborazione e manifestazione della sua imma-
gine pubblica si realizzò in occasione del viaggio che nell’estate 1465, da
Milano a Napoli, doveva condurla ormai ventenne finalmente sposa ad
Alfonso d’Aragona, duca di Calabria ed erede al trono di Napoli1. un iti-
* La tavola delle abbreviazioni per le fonti citate è riportata in calce all’articolo. I
criteri di edizione adottati sono conformi a quelli adottati nella serie dei Dispacci
Sforzeschi da Napoli, coordinata da Francesco Senatore e Francesco Storti e com-
presa nella collana di Fonti per la storia di Napoli aragonese, diretta da Mario Del
Treppo, rispetto ai quali questo studio rappresenta un momento di riflessione, e
ai quali, pertanto si rimanda.
1 Segnaliamo gli articoli e i contributi che hanno tracciato di Ippolita (18 marzo
1445, Pesaro o Iesi – 19 agosto 1488, Napoli) un profilo ampio, ma generico, se
non addirittura, soprattutto nella storiografia più antica, stereotipato, tralascian-
do qui la produzione letteraria coeva che ne ha cantato le lodi: Degli Arienti,
Gynevera, 336-352; Foresti, De plurimis claris, col. 225; Della Chiesa, Theatro,
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VERONICA MELE
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nerario minuziosamente programmato, attraverso quasi tutti gli stati della
Penisola, che voleva significare, innanzitutto, l’approvazione universale del-
l’unione dinastica tra gli Sforza e gli Aragona, in secondo luogo il ricono-
scimento da parte di quei principi italiani della legittimità dei governi del
duca Francesco e di re Ferrante, ancora, la ratifica dei nuovi equilibri inter-
nazionali creatisi all’indomani della guerra di successione nel regno, ed infi-
ne, la convalida della politica di pacificazione patrocinata dallo stesso duca
di Milano. Il profondo e delicato valore politico connesso alla discesa della
comitiva di Ippolita è inequivocabilmente testimoniato dalla redazione
multipla di istruzioni e “ricordi” de tuti li modi et ordini se hano a servare
per quelli che vano nel reame in compagnia de la illustrissima Hippolita
Maria, duchessa de Calabria, nostra inclyta figliola2. Le tappe previste lungo
l’itinerario dovevano toccare il ducato estense di Modena3, il reggimento
bolognese dei bentivoglio e dei Malvezzi4, la Firenze medicea di Piero5, la
182; bandiera, Trattato, 123-124; Volpicella, “Note biografiche”, 443-444;
baccelli, “Ippolita Sforza”; De Marinis, La biblioteca napoletana, vol. I, 97-115;
Cutolo, “La giovinezza di Ippolita Maria Sforza”; Cutolo, “Vita familiare di
Ippolita Sforza”; bentivogli, “un omaggio poetico bolognese”; Ferrari,
L’educazione dei bambini Sforza; bryce, “Ippolita Sforza and her books”; Welch,
“Ippolita Maria Sforza”; Castaldo, Ippolita Maria Sforza; Mangione, “una mila-
nese alla corte di Napoli”. Mi permetto di aggiungere gli studi condotti da chi
scrive: la tesi di dottorato discussa nel 2012 presso l’Istituto Italiano di Scienze
umane (SuM) di Firenze, e eadem, “Meccanismi di patronage”.
2 Instructione, Pavia 10.VI.1465, bNF, Italien, 1591, 56-62, ed. in app. n. 5;
Instructio, Pavia 10.VI.1465, ASM, Sforzesco, Ippolita, 1479, s. n., ed. in app. n.
6, che contiene una lista dettagliata dei personaggi da raccomandare a re
Ferrante, specificando per ciascuno il motivo della mediazione ducale.
All’ambasciatore napoletano Antonio Cicinello furono invece consegnati una
Memoria, Milano 22.XI.1464, bNF, Italien, 1590, 478, ed. in app. n. 1, un
Ricordo, [Milano, febbraio 1465], bNF, Italien, 1591, 3-4, ed. in app. n. 2, e un
secondo allegato di cui si è conservata la Copia de capituli, [Milano, marzo
1465], bNF, Italien, 1591, 6, ed. in app. n. 3.
3 Al duca este i fratelli Sforza avrebbero dovuto raccomandare il condottiero di
tradizionale fede caldoresca raimondo Annechino, che insieme al fratello Cola
deteneva feudi e castelli in alcune zone strategiche dell’Abruzzo (DbI 3, 325-
326, voce a cura di raffaele giamminelli; Cozzetto, Mezzogiorno e demografia,
78; Dispacci IV, 260n; Storti, L’esercito napoletano, 23) e che nella guerra di suc-
cessione aveva guidato alcune squadre angioine (Dispacci IV, 4n), arrendendosi
solo nel giugno 1464 (Volpicella, “Note biografiche”, 319, Dispacci V, 296n).
4 Le feste in onore della giovane duchessa, che sostò a bologna dal 17 al 19 giu-
gno, sono narrate nel Corpus Chronicorum Bononiensium, 342-343, e nel Diario
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LA CREAZIONE DI UNA FIGURA POLITICA
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comunità di Siena6 e la signoria di Perugia, saltando la sosta a roma a causa
bolognese di Nadi, 59-60. La presenza della compagnia sforzesca mise in grande
agitazione il reggimento che aveva appena ricevuto una risposta negativa dal
papa circa la revisione dei capitoli del 1447 che regolavano il regime misto della
città; era ora quanto mai necessaria la influente mediazione di Francesco Sforza
che da un quindicennio teneva la città sotto la sua protezione militare e diplo-
matica, e il passaggio di Ippolita Sforza era un’occasione propizia per dimostra-
zioni di fedeltà da parte del signore giovanni II bentivoglio, il quale si era tra
l’altro affrettato a sposare la vedova del cugino Sante, ginevra Sforza, figlia di
Alessandro Sforza (bentivogli, “un omaggio poetico bolognese”, 33-45; DbI 7,
622-623, voce a cura di gaspare De Caro). La leadership della città era contesa
dalla prestigiosa famiglia dei Malvezzi, di cui alcuni membri si erano opportu-
namente già imparentati con gli Sforza (giulio impalmò Camilla di Michelotto
Attendoli, mentre il fratello Virgilio, già imparentato con bosio Sforza, era stato
un autorevole sostenitore in città degli interessi degli Sforza, Carteggio oratori
mantovani II, 359n). Nell’Instructione il duca raccomandava di rendere onore ad
entrambe le famiglie («Andando poi a bologna […] Volemo apresso faciati grata
acoglientia a domino zohanne di bentivoglii et a domina zenevra soa mogliere,
et cossì a Virgilio de Malvezo et ali fratelli et a Camilla figliola de Marcheto di
Attendoli, maritata in casa di Malvezi») e così fu fatto: Ippolita e le sue donne
alloggiarono presso la dimora di giovanni bentivoglio, mentre i fratelli Sforza
furono ospitati da Virgilio Malvezzi.
5 La sosta della compagnia di Ippolita, costituita «da trenta nobili done e molti altri
principi e signori e lombardi e del regno più che 300 cavagli», e che durò appena
dal 22 al 27 giugno, in tempo per presenziare alla festa di San giovanni, costò alla
Signoria ben 32 995 fiorini, ASF, Carte di Corredo, registro 61, f. 8v, ed. in app.
n. 7. Il seguito fu ragionevolmente ridotto rispetto a quanto preventivato dal duca
qualche mese prima: «Avisando che quelli veniranno de qua, computando la
famigliade casa de madonna principessa che ha ad remanere di là, similiter li illu-
stri Philippo et Sforza con li loro famigli et compagni, li gentilhomini et donne
che gli faranno compagnia, carriagi et altri, non se vede possano essere mancho
de cavalli 500 alla scarsa», Ricordo. La nuova lista, corredata dal numero di fami-
gli e cavalli, è conservata in copia in bNF, Italien, 1591, 5, ed. in app. n. 4.
Antonio da Trezzo aveva invece notificato al duca che la comitiva di Federico
d’Aragona, inviato dal sovrano a prelevare e sposare per procura la principessa
milanese in nome del fratello Alfonso, e accompagnato dal principe di Salerno
roberto Sanseverino e dal duca di Melfi giovanni Caracciolo, viaggiava con circa
400 cavalli (Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli 18.III.1465, ASM, Sforzesco,
Napoli, 214, 4). Il concreto spirito mercantile fiorentino, incarnato da Alessandra
Macinghi Strozzi, le fa confezionare in questi termini l’informazione del passag-
gio di Ippolita a Firenze ai figli Filippo e Lorenzo Strozzi, esuli a Napoli: «Sete
avvisati dalla venuta qui della duchessa e di don Federigo, e dell’onore s’è fatto
loro. grande ispesa s’è fatta; ma colla medesima si poteva fare loro maggiore
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VERONICA MELE
della peste7; il passaggio per roma avrebbe dovuto prevedere che si cele-
onore. Lascianci governare!»; riprendo la citazione della lettera, datata 5
luglio1465, da Castaldo, Ippolita Maria Sforza, IX.
6 La compagnia arrivò a Siena il 29 giugno (Marrese, Marco Parenti, 82; Allegretti,
“Diario delle cose sanesi”, coll. 771-772) e ne ripartì solo il 26 agosto (F. Sforza
a Ferrante, Milano 19.VIII.1465, ASM, Sforzesco, Napoli, 215, 90-91), intratte-
nuta da feste, danze e banchetti organizzati dalle Arti della città. In occasione del
suo ingresso in città la duchessa fu salutata con fuochi d’artificio, «fessi uno bello
apparato a piè il Palazzo [vescovile, dove alloggiava il gruppo napoletano] e fuvvi
200 giovane sanesi e molti giovani, e la Signoria di Siena e della Civiltà e i
Signori forestieri, e lì si fé bellissimi balli e una bella e onorata colazione. e poi
si fé uno bello apparato alla Casa [dei Pecci, dove alloggiava Ippolita con le sue
dame] in strada con balli, suoni, canti e collazioni e a tutti [si dettero] infinitis-
simi confetti e migliori vini» (Cronache senesi di Tommaso Fecini, manoscritto
della biblioteca dell’Archivio di Stato di Siena, cit. in Lisini, Le feste fatte in
Napoli nel 1465, 10, al quale rimandiamo per la ricostruzione dettagliata del
lungo soggiorno che Ippolita e la sua comitiva dovettero trascorrere a Siena e
delle feste organizzate dalla repubblica per la nobile e numerosa compagnia).
Nella sua cronaca, Allegretto Allegretti ricorda anche un «bellissimo Apparato e
ballo, a piei el Palazzo de’ Signori, e furono convitate quante giovane da bene e
fanciulle aveva Siena, le quali andorono molto bene ornate di veste e gioie, e gio-
vani da danzare, e fecesi una Lupa grande tutta dorata della quale uscì una more-
sca di dodici persone molto bene e riccamente ornate e una vestita a monaca, e
ballavano a una canzona che dice: ‘hora may che fora son/ non vogl’essere più
monica/ arsa le sia la tonica/ chi se la veste più’» (Allegretti, “Diario delle cose
sanesi”, col. 772). Il testo della canzone si trova nel manoscritto Escorial IV.a.24
con la designazione “canzona napoletana” (Atlas, Music at the Aragonese court,
144). Il significato immediato che ne ricaviamo è che i senesi intendessero con
quelle performance onorare la nuova duchessa di Calabria e futura regina di
Napoli, la cui abilità ed eleganza nell’arte della danza erano ben note; ma pos-
siamo spingerci oltre nella lettura e suggerire che Ippolita inaugurava in quel
modo la sua immagine di “ambasciatrice” della cultura meridionale, giacché il
credito di cui godeva come donna colta e sensibile alle espressioni artistiche le
consentì di svolgere un ruolo non secondario nella diffusione anche al setten-
trione della produzione artistica napoletana. La tappa senese non fu solo una
sosta forzata condizionata dagli eventi e dalle notizie che giungevano da Napoli:
Siena aveva rappresentato dai tempi di Alfonso il Magnanimo il tasto strategico
su cui pigiare per forzare gli equilibri interni della Signoria di Firenze nonché per
destabilizzare la politica estera della Chiesa, e anche negli anni successivi
Ippolita, ormai membro della casata regale, avrebbe continuato a coltivare una
cordiale amicizia con il reggimento senese, in particolare nei mesi in cui era viva
la crisi tra Napoli e Firenze apertasi con la fallita congiura dei Pazzi.
7 «et perché è dicto che a roma è incomenzao la peste, volemo che a Firenza con-
sultate molto ben con el prefato don Fedrico et soi deputati, et con chi altri ve
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LA CREAZIONE DI UNA FIGURA POLITICA
brassero le nozze alla presenza del pontefice, in quanto signore feudale del
regno di Sicilia, ma Ferrante addusse dapprima una conveniente giustifica-
zione di ordine politico-militare per glissare la proposta del papa, e cioè che
la situazione in Calabria non era ancora pacificata, per cui nella Provincia
occorreva la presenza del duca Alfonso; in seguito, nonostante la replica del
duca di Milano al re a venire a più ragionevoli conclusioni8, Alfonso rima-
se a Napoli ad attendere la sposa, questa volta giustificandosi appunto con
il pericolo della peste9. 
Quella che doveva essere, dunque, un’autentica marcia trionfale fu
invece puntellata di ritardi, intimidazioni di arresto e minacce di dietro
front. Il rischio che le nozze fossero rinviate era stato paventato dapprima
dalle notizie che erano giunte a Milano, in marzo, sulle gravi condizioni di
salute della regina Isabella di Chiaromonte10, per quanto il sovrano arago-
nese, con la dovuta cautela suggerita dalla situazione politica internaziona-
le sempre incerta, rassicurava che sarebbero stati differiti solo i festeggia-
menti, ma che le nozze si sarebbero celebrate regolarmente a Milano in
maggio «che facendo el contrario dice se crederia per ogniuno che ce fosse
discordia tra la vostra signoria et sua maiestà et che dicta parenteza may
parirà, la via che havereti a tenere, o quella de Siena o quella de Perosa»,
Instructione. Il tutto è delucidato dal solito Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli
11.IV.1465, ASM, Sforzesco, Napoli, 214, 51.
8 «Perché la sanctità de nostro signore desydera et insta molto che lo illustrissimo
signor duca de Calabria nostro genero venghi ad roma ad spoxare al suo con-
spetto hippolyta nostra figliola con quelle cerimonie et ordini che per altre
nostre haveray inteso, et credemo che hormay quelle cose de Calabria serano
assettate […] pregaray et supplicaray ad sua maeiestà che la se degni compiace-
re ad questo desyderio dela prefata sanctità perché ad nuy per tutti li predicti
respecti serà gratissimo », F. Sforza a Antonio da Trezzo, Milano 5.V.1465, ASM,
Sforzesco, Ippolita, 1479, s. n.
9 Così lo Sforza si preoccupava di avvisare i propri oratori a roma e a Firenze: «las-
sarano de vegnire ad roma per schiffare li lochi dubiosi, siché ve ne habbiamo
voluto avisare aciò che possiati informare la sanctità de nostro signore del tuto et
etiam quelli ano cura de provedere ali apparechii lì», F. Sforza a Agostino rossi e
Nicodemo Tranchedini, Milano 8.VI.1465, ASM, Sforzesco, Ippolita, 1479, s. n.
10 «Del che se havevano varie opinione, et che la maiestà del re dice che se Dio
chiamasse la regina deliberaria prolungare la festa fino ad sectembre proximo», F.
Sforza a Antonio da Trezzo, Milano 6.III.1465, ASM, Sforzesco, Napoli, 214, 237-
238. Il duca comunque istruiva adeguatamente Cicinello per ogni eventualità: «Se
accadesse quello caso ut supra, et sua maiestà per questo deliberasse non solo de
non fare festa ma etiandio de prorogare la cosa, voriano le loro signorie essere avi-
sate de tale deliberatione al mancho de doy mesi inanzi», Copia de capituli.
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VERONICA MELE
dovesse havere effecto, che seria cosa molto scandalosa et perniciosa ali
comuni stati»11; giungevano infatti già preoccupanti insinuazioni dalla
Francia, da Firenze e dall’interno del regno su un presunto raffreddamen-
to tra Milano e Napoli12. Invero, quando la regina decedette la sera del 30
marzo, l’unica variazione sul programma fu che a Milano, come a Napoli,
l’intera corte avrebbe indossato gli abiti listati a lutto fino al giorno dello
sposalizio et in quello mutarse li pani de leticia13. 
Celebrate, dunque, le nozze per procura a Milano, con il beneplacito
regio ed il sollievo ducale, agli inizi di giugno l’imponente corteo congiun-
to dei fratelli Sforza e della scorta aragonese si mise in marcia verso Napoli,
ma lungo il cammino giunse la notizia, che rimbalzò prontamente in tutti
gli stati italiani, dell’arresto prima e poi della morte “accidentale” nelle car-
ceri di Castelnuovo del conte giacomo Piccinino14, protagonista della
guerra di successione, ma nello schieramento angioino, oltre che genero di
Francesco Sforza per averne sposato la figlia naturale Drusiana. L’evento
indusse lo Sforza a protestare formalmente nei confronti di Ferrante, dispo-
nendo l’arresto della compagnia di Ippolita a Siena; e la prima ad essere
informata dallo stesso duca della cattura di Piccinino e del dietro front della
comitiva era stata immancabilmente la Signoria di Firenze, che si affrettò
ad inviare presso la duchessa di Calabria una delegazione capeggiata da
Dietisalvi Nerone, tradizionale partigiano filo-francese15. La risoluzione del
11 Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli 21.III.1465, ASM, Sforzesco, Napoli,
214, 9-10. 
12 «Che de qua è sparsa fama che per niente essa vostra figliola ha ad venire ad
marito, perché vostra signoria non gli la vole dare, et fra l’altri dice che el reve-
rendissimo cardinale d’Avignone ha havuto a dire questo medesmo cum multi,
et così a me ha dicto el conte brocardo haverli dicto Juliano [gundi] noviter
venuto da Firenza», Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli 31.III.1465, ASM,
Sforzesco, Napoli, 214, 30-31. 
13 F. Sforza ad Antonio da Trezzo, Milano 11.IV. 1465, ASM, Sforzesco, Napoli,
214, 47-50; le nuove disposizioni furono comunicate contemporaneamente al
primogenito galeazzo che doveva accogliere a Pavia la comitiva aragonese, F.
Sforza a galeazzo Maria, Milano 28.IV.1465, ASM, Sforzesco, Napoli, 214, 79.
La preoccupazione di Ferrante per la delicatezza della situazione è tutta fermata
in una bella immagine dipinta dall’oratore sforzesco: «sua maiestà immediate se
trasse sola in uno suo retrecto, loco molto solitario et quasi sotterraneo», Antonio
da Trezzo a F. Sforza, Napoli 31.III.1465, cit. nota precedente.
14 Su di lui si veda Ferente, La sfortuna di Jacopo Piccinino.
15 Firenze 11.VII.1465, ASF, Signori, registro 16, ff. 4v-6r.
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LA CREAZIONE DI UNA FIGURA POLITICA
duca di Milano sollevò inevitabilmente altrettante proteste da parte dell’a-
ragonese, cui si univa con più veemenza la reazione del principe di Salerno,
roberto Sanseverino, che suggeriva addirittura al sovrano di abbandonare
Ippolita a Siena ed ordinare ai suoi di imbarcarsi per Napoli, tanto più che
Ferrante sembra che non facesse mistero che ad suo figlio non mancarà
moglie, probabilmente pensando già a qualche unione con un potente
barone: la preoccupazione del re era infatti, a quel punto, più ancora che
l’equilibrio politico della Penisola, risanare le finanze del regno, esauste per
lo sforzo bellico, ed il ritardo di Ippolita comportava anche il differimento
del Parlamento generale, indispensabile per «ordinare le nostre intrate con
consentimento de tucto lo regno»16. Alla corte aragonese correvano poi
insistenti voci sulla tardità del duca Sforza «perché quela voleva prima
vedere como se adaptaveno le cose de Franza»17. La gravità della situazione
innescò una frenetica attività epistolare tra gli Sforza e gli aragonesi, com-
presa una lettera manu propria che il re decise di inviare direttamente ad
Ippolita ferma a Siena, coinvolgendo la nuora nelle sue motivazioni e giu-
stificazioni politiche sull’opportunità della detenzione del Piccinino per il
bene e la pace di tutta l’Italia, como per infinite vie se provano li soi perversi
studii et machinatione18.
Adempiute le formalità del caso, da una parte con proteste ufficiali e
dall’altra con l’invio delle prove e delle deposizioni dei detenuti19,
Francesco Sforza, soddisfatto delle spiegazioni addotte da Ferrante, si per-
suase ad ordinare che la comitiva di Ippolita riprendesse il viaggio per
Napoli, constatato causticamente che oramai «tale nostra rechiesta non
potere havere loco et el caso inrimediabile»20; tuttavia, il duca raccomandò
alla comitiva sforzesca di non fare la via di Perugia, poiché era stato avver-
16 Instructio magnifico domino Tristano Sfortie, Napoli 11.VIII.1465, bNF, Italien,
1591, 121-125, ed. in app. n. 8.
17 Queste insinuazioni erano comunicate da Tristano Sforza al padre Francesco,
Napoli 7.VIII.1465, ASM, Sforzesco, Napoli, 215, 72.
18 Ippolita a bianca Maria, Siena 13.VIII.1465, ASM, Sforzesco, Napoli, 215, 82-
83, ed. in app. n. 9; si tratta della copia, prodotta dalla cancelleria sforzesca, sia
della lettera di Ippolita alla madre, sia di quella del re, che Ippolita ritenne di
inoltrare a bianca Maria, con la preghiera che le venisse restituita.
19 Contenute nel cosiddetto “Dossier Piccinino”, sono gli interrogatori cui furo-
no sottoposti brocardo da Persico e Aluise da Terzago e inviate dall’oratore sfor-
zesco residente a Napoli, Antonio da Trezzo, al duca Francesco Sforza, Napoli
ottobre-novembre 1465, ASM, Sforzesco, Napoli, 215, 101-123.
20 F. Sforza a Ferrante, Milano 19.VIII.1465, cit. nota 6.
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tito dal papa che i cittadini perugini avrebbero potuto attentare alla vita di
Federico d’Aragona, come protesta e ritorsione di fronte all’arresto e alla
morte del conte Piccinino21. Sembra che lo Sforza avesse anche accolto «li
prudentissimi consigli et amorevoli recordi» della Signoria fiorentina a con-
sentire la ripresa del viaggio «et perseverare in l’amicitia et parentato con-
tracti con el serenissimo signor re Ferrando»22: si profilava evidentemente
già fin da allora l’avvicinamento fiorentino all’asse aragonese-sforzesco che
avrebbe portato alla triplice alleanza del 1467. La figura di Ippolita comin-
ciava, dunque, ad essere caricata di delicati significati politici, così che quel-
li che vano nel reame in compagnia de la illustrissima Hippolita Maria, tutti
nomi eccellenti della nobiltà lombarda e del notabilato milanese, costitui-
vano una vera e propria ambasceria con la missione di rinforzare l’alleanza
Napoli-Milano attraverso i duplici matrimoni Alfonso-Ippolita, eleonora
d’Aragona-Sforza Maria Sforza, sigillati dall’investitura di Sforza Maria a
duca di bari23. 
VERONICA MELE
21 Marrese, Marco Parenti, 89; rosmini, Dell’istoria di Milano IV, p.45
22 F. Sforza a Nicodemo Tranchedini, Milano 20.VIII.1465, ASM, Sforzesco,
Ippolita, 1479, s. n.
23 La minuta della lista della compagnia che il duca Sforza spedì al proprio amba-
sciatore a Napoli, e che da Trezzo diligentemente presentò al re per gli opportu-
ni preparativi degli alloggi, è indicata tra le carte sforzesche come Superiores in
nuptiis illustris dominae Yppolite, Sforzesco, Ippolita, 1479, s. n. La lista conta ben
38 nomi, di cui solo tre indicati come “superiores”: Andreotto del Maino, conte
di borgofranco, Pietro Cotta, giureconsulto e consigliere segreto, e Tommaso
Tebaldi da bologna, consigliere segreto e utilizzato in numeroso ambascerie; i
restanti erano indicati come “inferiores”. La compagnia tuttavia era ben più cor-
posa e i nomi si possono facilmente ricavare innanzitutto dalla Instructione che il
duca consegnò ai figli, integrata dal testo dell’Instrumentum dotale registrato
dalla cancelleria sforzesca (Instrumentum dotale illustrissimeHippolyte Marie
Sfortie Vicecomitis uxoris legitime illustrissimi Alfonsi de Aragonia ducis Calabrie
etc. rogatum et traditum per Candidum de Porris sindicum et notarum illustrissimi
domini nostri domini ducis Mediolani, Napoli 14 settembre 1465, ASM,
Sforzesco, Ippolita, 1479, s. n.). Il gruppo fondamentale era costituito dai notai e
giudici: Candido Porri causidicus et notarius publicus, Iri da Venegono, bonifacio
Aliprando, cancelliere segreto, e Nicola Pizono, ufficiale ducale di Pavia, tutti
iudices ad contractus et notarii imperiali ac regia auctoritate; l’istruzione generale
e quelle particolari specificavano che Candido Porro e Iri da Venegono avevano-
la responsabilità di rogare «tuti li instrumenti cossì de la dote de la illustrissima
hipolita Maria, nostra figliola et de domina elionora con Sforza et de Drusiana
con el conte Jacomo» (F. Sforza a Candido Porro, Pavia 10.VI.1465, ASM,
Sforzesco, Napoli, 214, 151). Andreotto del Maino, l’aulico Pietro da gallarate e
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LA CREAZIONE DI UNA FIGURA POLITICA
Il progetto di creazione e di gestione dell’immagine pubblica di
Ippolita, conforme al suo status istituzionale di figlia del duca di Milano,
moglie del duca di Calabria ed eventualmente futura regina di Napoli, che
era stato condotto con cura dai genitori in uno sforzo pedagogico funzio-
nale al ruolo politico che la giovane avrebbe dovuto ricoprire, fu prosegui-
to e alimentato a Napoli mediante l’elaborazione di una complessa e poli-
semica simbologia. La prima potente occasione di manifestazione della per-
sona pubblica di Ippolita fu, dunque, l’ingresso trionfale in Napoli il 14
settembre 146524. L’entrata nella capitale era stata anticipata da quella in
e il giureconsulto parmense giovanni Arcimboldi, compresi tutti nel corteo degli
alti dignitari insieme alle ambascerie internazionali, agirono come procuratori
del duca di Milano e della novella duchessa di Calabria (Ordine ad intrare dela
illustrissima duchessa de Calabria, [settembre 1465], ASM, Sforzesco, Ippolita,
1479, s. n., ed. Motta, Nozze principesche del Quattrocento, 89-91); il contratto
venne sottoscritto, per parte degli Sforza dai seguenti testimoni: Filippo
Visconti, il conte Manfredo Landi, giovan Francesco Pallavicino, Franchino
Caimi, aulico e tesoriere di bianca Maria Visconti, Francesco Castiglione,
Antonio Mirabile, giovan gabriele Crivelli, Pietro da Landriano, Thomenus
beccaria. La nobile comitiva era infine completata dai siniscalchi giovanni da
Castelnovate e gabriele della Croce, dal condottiero roberto Sanseverino, conte
di Caiazza e cugino di Francesco Sforza, con la consorte giovanna da Correggio,
da Antonio Carbone, giacomo Malaspina, marchese di Fosdenovo, Fiore
beccaria, e da alcune dame di corte, Maria de royer, moglie di Pietro da
gallarate, rosana del Maino, consorte di Francesco Castiglione e cugina di
bianca Maria, Margherita Visconti, moglie di giovan gabriele Crivelli, elena
del Maino, Chiara degli Attendoli, moglie del conte di sant’Angelo Marino
Caracciolo, cugina di Francesco Sforza e sorella dei condottieri Foschino e
Marco Attendolo. Tutti, ad eccezione dei conti di Caiazzo, fecero ritorno a
Milano dopo i festeggiamenti (Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli
16.IX.1465, bNF, Italien, 1591, 154, ed. in app. n. 10; la copia circolare che
Francesco Sforza inviò a Siena è stata edita in Lisini, Le feste fatte in Napoli nel
1465, 33-35). Nel protocollo, tra i rappresentanti del ducato sforzesco, sono
nominati, oltre ai nomi che compaiono come procuratori e testimoni della roga-
tio dell’Instrumentum, anche Antonio da Trezzo, Costanzo Sforza, giovanluigi
Visconti, Azzo Visconti (che avrebbe dovuto assumere l’incarico di governatore
del ducato di bari, Antonio da Trezzo a F. Sforza, campo presso Penne
17.VII.1464, bNF, Italien, 1590, 286; Instructione) e i medici ducali guido da
Crema e Dionigi da Norcia.
24 Le cronache raccontano che in quel giorno ci fu un’eclissi di sole, intesa dal
popolo come segno di cattivo augurio per la nuova duchessa: «Set die sabbati
quartodecimo semptembris hora XX in transfiguratione solis in colorem azuri
dicta sponsa attinsit Neapolim de Aversa […] ob quod signum nunquam alias a
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Capua e in Aversa25, città spesso scelte dal sovrano per andare incontro a
persone di riguardo26, e dove l’ingresso fu celebrato con l’onore del bal-
dacchino, como era facto nele altre terre doppo ch’ella intrò nel reame27. Tra
Aversa e Napoli poi avvenne la prima accoglienza di Ippolita da parte del
sovrano aragonese, e il rituale è così suggestivo e carico di valenze simboli-
che che è necessario soffermarvisi per cogliere i significati di ciascun
gesto28. L’accoglienza anticipata ad un miglio fuori dalle mura di Napoli,
così come il corteo di musici, di donne e di zenthilomini connotavano già
l’alto rango dell’ospite; la presenza congiunta del re e del legato pontificio
VERONICA MELE
modernis superviventibus visum omnes perterriti dicebant et timebant Deum
contra nos iratum aut in brevi tempore aliquod magnum omnem in hoc mundo
ostensurum», De Tummulillis, Notabilia temporum, 133-135; «scorò lo sole et fo
incolore de azuro», Della Morte, Cronica di Napoli, 167; «et in l’airo fo quisto
signio quillo dì che intrao scorao lo sole, che per quatto dì di sole non parze
mai», Ferraiolo, Una Cronaca Napoletana, 32; «et in questo dì ei scurato lo sole
in colore azurro et oro et durò così per tutta la domenica venente», Passero,
Giornali del regno di Napoli, 27; solo Loise de rosa ne dà un’interpretazione pro-
piziatoria: «tuta la terra era cilestro […]. No’ te pare grande signo de bene? […]
Io non saccio mai per nulla scrittura che Dio facesse sinne in cielo de allegrezze,
se no’ quando nassìo Cristo, e mo’ a la duchessa», De rosa, Ricordi, 217. Non
c’è invece alcuna traccia di questo evento nei dispacci dei corrispondenti mila-
nesi, e solo gli oratori senesi giovanni bichi e Andrea Capacci riferiscono alla
repubblica: «el sole si mutò in colore azurro chiaro che ogni homo dice non
avere mai più vista simile cosa», Lisini, Le feste fatte in Napoli nel 1465, 39. Il
fenomeno fu, al contrario, oggetto di una tenzone letteraria tra il Panormita e
Porcellio Pandoni, Coppini, “un’eclisse, una duchessa, due poeti”, la quale rie-
sce a spiegare l’incongruenza delle fonti col fatto che un’eclissi parziale di sole
avvenne in realtà il giorno 20, ma che evidentemente i cronisti “anticiparono” al
14 settembre per enfatizzare l’avvenimento con un prodigium astronomico.
25 Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli 13.IX.1465, ASM, Sforzesco, Napoli,
215, 138. 
26 Senatore, “Cerimonie regie e cerimonie civiche”, 165. Anche a Milano era uso
accogliere gli ospiti illustri alle porte della città o alcune miglia fuori, privile-
giando Abbiategrasso, Vigevano e Pavia, dove sorgevano le amene residenze
ducali, e modulando «i gesti e lo sfarzo secondo le occasioni e secondo la dignità
degli ospiti», Covini, “Feste e cerimonie milanesi”, 131 e 141.
27 Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli 13.IX.1465, cit. nota 25.
28 Filippo Maria e Sforza Maria a F. Sforza, Napoli 14.IX.1465, ASM, Sforzesco,
Napoli, 215, 141-142, la copia circolare che Francesco inviò a Siena è stata edita
in Lisini, Le feste fatte in Napoli nel 1465, 29-32.
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LA CREAZIONE DI UNA FIGURA POLITICA
doveva poi ricordare il dominium eminens del papa sul regno29, ed in parti-
colare la scorta di Alessandro Sforza, gran connestabile e viceré d’Abruzzo,
con la spada, e di bartolomeo roverella, cardinale di ravenna e legato pon-
tificio nel regno, con la croce, simboleggiavano la difesa militare e la pro-
tezione celeste che agivano sul regno di Sicilia, nonché naturalmente l’in-
tesa con il ducato sforzesco e lo stato della Chiesa30. Infine il tocco e il
bacio della mano del re da parte della duchessa erano comunque segno
inconfondibile di un onore tributato da un inferiore digrado rispetto ad
un superiore; immediatamente fuori Aversa, infatti, presso l’Annunziata,
Ippolita era stata accolta già dalle cognate eleonora e Maria d’Aragona, e al
momento dell’incontro ancora il rito del bacio della mano aveva scandito
la posizione gerarchica tra le principesse: in quell’occasione fu infatti
eleonora che «tochò et basiò la mano» ad Ippolita, mentre la duchessa
«basò domina elionora per mezo la bocha»31.
Il medesimo onore del pallio venne conferito ad Ippolita il giorno
seguente, sabato 14 settembre, quando entrò trionfalmente in Napoli attra-
verso la Porta del Carmine sotto un baldechino de drappo d’oro, affiancata a
destra dal legato pontificio e a sinistra dal sovrano aragonese32, «licet haves-
29 Senatore, “Cerimonie regie e cerimonie civiche”, 167.
30 Non avendo mai visto la giovane sposa, Ferrante se la fece indicare da
Alessandro Sforza, zio di Ippolita, il quale «puose la bocha a l’orechia del re». È
interessante notare come, mentre il sovrano annullava le distanze gerarchiche nei
confronti della duchessa di Calabria e futura regina, smontando da cavallo e
abbracciando e baciando gli ospiti milanesi amorevolmente, specificavano i fra-
telli Sforza nel loro resoconto, il cardinale, restando sempre a cavallo, mantene-
va rigide quelle distanze, Filippo Maria e Sforza Maria a F. Sforza, Napoli
14.IX.1465, cit. nota 28; d’altra parte tutti gli inviati milanesi erano soliti regi-
strare l’informalità che si respirava alla corte aragonese e che strideva con il costu-
me lombardo.
31 Anche in questo passaggio i due fratelli Sforza non mancarono di notare le dif-
ferenze tra i costumi lombardi e quelli napoletani: eleonora e Maria d’Aragona
infatti si presentarono «vestite de bruna o berretino o morello, al habito napole-
tano e con el mantello ale spalle. Madonna elionora era la prima vestita de una
camora de drappo d’oro morello et una turcha de velluto morello de sopra et una
cathena d’oro a parecchie fille al collo, como è quella che porta domino Antonio
Cincinello», ibidem. Il colore bruno o morello delle due sorelle aragonesi era
dovuto al lutto recente per la morte della regina madre.
32 «Se seguirono li ordini presi, prima li trombetti et pifferi, dappoy XV copie delli
nostri gentilhomini cum li baroni del reame, dende XII vescovi, acobiati poy li
araldi et mazeri, poy alcuni principali signori et signore Alexandro con li imbas-
satori venetiani, fierentini et altri, dende nuy.», ibidem e cfr. anche l’Ordine ad
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se scripto che non intraria cum baldechino per non acostumarse de fare
dove se trova la persona del re»33. La duchessa, il re e il legato pontificio
erano scortati da otto baroni che reggevano le aste del pallio, un onore dal
profondo significato politico, poiché se il baldacchino individuava lo spa-
zio consacrato dell’autorità sovrana, il controllo delle aste simboleggiava
esercizio di tutela su quei poteri34. Mentre i fratelli Filippo e Sforza Maria
sorvolarono su questo dettaglio, mostrando la loro estraneità a quel siste-
ma di segni e la loro incapacità di comprenderli, Antonio da Trezzo, al con-
VERONICA MELE
intrare, cit. nota 23. L’ingresso attraverso la Porta del Carmine, all’estremità sud-
orientale della città, piuttosto che attraverso la Porta Capuana dove conduceva
direttamente la via Appia percorsa dalla comitiva proveniente da Capua e da
Aversa, era stata scelta dagli organizzatori napoletani perché richiamava espres-
samente l’ingresso trionfale di Alfonso il Magnanimo; i fratelli Filippo e Sforza
Maria annotarono, infatti, ma senza esplicitarne il significato, che la numerosa
comitiva passò sotto castello Capoano per deviare verso la Porta del Carmine.
33 Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli 16.IX.1465, cit. nota 23. L’episodio rical-
ca esattamente quello narrato da bartolomeo Facio e poi da Angelo Di Costanzo,
a proposito dell’ingresso a Napoli, nel 1453, dell’imperatore Federico III, il
quale si rifiutò di incedere da solo sotto il baldacchino senza essere accompa-
gnato dal re Alfonso, cit. in Vitale, Ritualità monarchica, pp. 68-69. Infatti, «la
presenza del pallio è l’elemento essenziale che distingue l’entrata dell’autorità
sovrana» (Senatore, “Cerimonie regie e cerimonie civiche”, 166), in quanto
«delimitava al suo interno uno spazio consacrato» (Vitale, Ritualità monarchica,
66). Per il collegamento del pallio regale con il baldacchino del Corpus Christi,
cfr. bertelli, Il corpo del re, 94-95. Il gesto di Ippolita probabilmente era, però,
una consapevole citazione del medesimo rifiuto espresso dal padre Francesco in
occasione del su ingresso trionfale in Milano il 22 marzo 1450 quando «recusò
il carro e lo balduchino» secondo un preciso calcolo politico intendendo così
presentarsi come campione della libertà milanese (Covini, “Feste e cerimonie
milanesi”, 131, la citazione è tratta da bernardino Corio, Storia di Milano, a cura
di A. Morisi guerra, Torino 1978, 2 voll, 1334): se la nostra ipotesi è corretta,
il rifiuto, anche se non accolto, di Ippolita esprimerebbe immediatamente una
chiara volontà di affermazione della propria identità dinastica.
34 Vitale, Ritualità monarchica, 66. L’inevitabile confronto con il magnifico pre-
cedente di Alfonso V ci porta a sottolineare che Ippolita non fu fatta salire su un
carro – evidentemente riservato alle celebrazioni strettamente militari per il suo
richiamo alla pompa triumphalis romana –, ma rimase in sella al suo destriero
così come Ferrante e bartolomeo roverella: non sappiamo se, oltre ad eleonora
e Maria, anche la lunga teoria di 90 donne che chiudeva il corteo era dotata di
cavalcatura, in omaggio al costume milanese (sulla presenza femminile a cavallo
nelle cerimonie milanesi cfr. Covini, “Feste e cerimonie milanesi”, 141).
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LA CREAZIONE DI UNA FIGURA POLITICA
trario, ambasciatore sforzesco residente a Napoli da dieci anni e ormai eser-
citato a cogliere la valenza simbolica che connotava le cerimonie regie,
ritenne giustamente fondamentale specificare i nomi dei prescelti: gli otto
uomini rappresentavano l’universalità della Corona (c’erano cinque dei
setti grandi ufficiali), del regno (oltre ad essere tutti condottieri, essi erano
anche baroni) e della città (alcuni di essi erano ascritti ai Seggi nobiliari)35,
mentre tra essi non comparivano lombardi, che presero, invece, posto nel
corteo insieme agli ambasciatori stranieri convenuti per l’occasione. Siamo
propensi a credere che l’assenza di rappresentanti sforzeschi tra i reggitori
del baldacchino non volesse essere un misconoscimento della figura e del-
l’autorità politica di Francesco Sforza, ma piuttosto che la cerimonia fosse
tutta tesa a mostrarsi come momento di proiezione pubblica dell’immagi-
ne della regalità di Ferrante. 
Il rito dell’incedere sotto il baldacchino fu seguito dalla cavalcata per
tuti li Seggi nobiliari, Porta Nuova, Porto, Nido, Montagna, Capuana, altro
momento pregno di significato, che sanciva il riconoscimento “popolare”
della nuova duchessa, che solo assimilandosi alla tradizione cittadina pote-
va ottenere una “patente di napoletanità”. L’instaurazione di un rapporto
del tutto nuovo tra i napoletani e la principessa milanese doveva essere
stretto innanzitutto fisicamente, nel senso che gli astanti dovevano adire la
persona fisica della duchessa, toccarle e baciarle le mani36. Anche questo
gesto, riferito dai fratelli Sforza probabilmente senza coglierne la portata,
venne in seguito spiegato, con non poca soddisfazione, da Antonio da
Trezzo: «tuti li signori et duchesse et altre madone che vanno alla sua pre-
35 Questi i nomi dei prescelti: «Da l’una banda alla dextra lo principe de Salerno
[roberto Sanseverino, grande ammiraglio], lo conte camerlingo [Iñigo d’Avalos,
conte di Monteodorisio], lo conte de Nolla [orso orsini, gran cancelliere] et lo
conte de Sanct’Angello [Marino Caracciolo], da l’altra, cioè da la sinistra, c’erano lo
signor conte de Fundi [onorato Caetani,protonotario], lo gran siniscalco [Pedro
de guevara, marchese del Vasto], lo conte Orso como conte de Tagliacozzo [proba-
bilmente si tratta di una confusione con il cavalero Orsini, cioè roberto orsini]
et lo signor Matheo de Capua [conte di Palena]», Antonio da Trezzo a F. Sforza,
Napoli 16.IX.1465, cit. nota 23. Antonio beccadelli sottolineava che, quando
Alfonso il Magnanimo entrò trionfalmente in Napoli, l’onore di reggere le aste
fu concesso alla sola nobiltà di Seggio, finanziatrice di una delle tre sezioni del
corteo, Vitale, Ritualità monarchica, 68; Pinelli, “Fatti, parole, immagini”, 39.
36 «Incomenzarono a venire de molti zentilhomi et signori al’incontro, quali
dismontavano et tochata et basiata la mano ad domina duchessa tutti remonta-
vano et se mettevano inante», Filippo Maria e Sforza Maria a F. Sforza, Napoli
14.IX.1465, cit. nota 28.
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sentia, tuti gli basano la mano in quello modo che se proprie fusse regi-
na»37, come a dire un’approvazione ufficiale e definitiva del ruolo istituzio-
nale di Ippolita. La prospettiva che la Sforza sarebbe stata trattata come una
regina si era palesata già all’indomani della scomparsa di Isabella di
Chiaromonte: «sua maiestà vole et fermamente intende che la prefata
vostra figliola tenga lo loco, arbitrio et auctorità che haveva la prefata regi-
na, et che dal titolo in fora che non se gli po’ dare, essa sia regina et hono-
rata come regina», aveva annunciato da Trezzo38. L’attraversamento della
città implicava, infine, anche il riconoscimento dell’insediamento della
nuova duchessa di Calabria: la cavalcata, infatti, iniziata dalla Porta del
Carmine, terminò a Castel Capuano, la sede designata per gli eredi al trono
di Napoli39. La prima faticosa giornata si concluse nella Camera degli sposi
a Castel Capuano con la rogatio dell’Instrumentum dotale «in conspecto de
tutte le donne et de molti signori»40: la fase più delicata dal punto di vista
strettamente diplomatico, che vedeva finalmente l’esito delle lunghe tratta-
tive condotte tra i due stati negli ultimi dieci anni.
Il programma delle cerimonie culminò la domenica 15 settembre, con
il rito religioso officiato dal cardinale roverella sul sagrato antistante il
Duomo41: benché il matrimonio fosse già stato celebrato per procura a
Milano, il duca Francesco voleva infatti avere la assoluta sicurezza che si
celebrasse «un’altra fiata a Napoli […] col prefato duca de Calabria per
verba de presente» per annullare ogni possibile difetto di forma degli spon-
salia per verba de futuro stipulati nel lontano 145542. Nella cattedrale
37 Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli 4.X.1465, ASM, Sforzesco, Napoli, 215,
198-199. 
38 Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli 11.IV.1465, bNF, Italien, 1591, 31.
39 Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli 4.X.1465, cit. nota 37. Il rituale della
cavalcata venne ripetuto anche il giorno seguente, cioè il giorno della celebra-
zione religiosa del matrimonio, con itinerario da Castel Capuano a Castelnuovo,
dove si diede inizio ai festeggiamenti, Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli
16.IX.1465, cit. nota 23.
40 «Alle hore XXIII fu facto l’instrumento de la dotte et la protexta de le cose dona-
te de verbo ad verbum, como se contene in le minute portate da Milano»,
Filippo Maria e Sforza Maria a F. Sforza, Napoli 14.IX.1465, cit. nota 28.
41 Il resoconto puntuale è garantito dal solito Antonio da Trezzo a F. Sforza,
Napoli 16.IX.1465, cit. nota 23. 
42 L’istruzione del duca ai figli fu al riguardo perentoria «perche ’l matrimonio è
uno stretto sacramento et cosa ordinata da Dio et da Sancta Chiesa per conser-
vatione et multiplicatione de la natura humana», Instructione.
VERONICA MELE
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Ippolita si recò vestita in habito regale, cioè cum la corona in testa: l’abito da
sposa, secondo l’Inventarium bonorum parafrenalium, valeva 5600 ducati,
mentre la corona era una ghirlanda di 310 perle del valore di più di 3000
ducati43. Ciò che colpisce nel resoconto di Antonio da Trezzo è però l’e-
straneità milanese rispetto al rito celebrato a Napoli: «lo reverendissimo
cardinale fece certa cerimonia assueta de farse qua in benedicere lo anello
de la fede».
Anche la funzione religiosa venne caricata di un duplice significato
politico: da un lato concerneva il rapporto, sempre teso, tra il regno e la
Chiesa di roma, dall’altro dava luogo ad una vera e propria spettacolariz-
zazione dell’evento che la dinastia regia offriva di sé stessa al popolo, con il
chiaro scopo di suscitare consenso corale e di rendere visibile a tutta la cit-
tadinanza quella manifestazione in cui si dispiegavano insieme tutti quan-
ti i simboli della regalità: il sovrano presente, il suo successore con la legit-
tima consorte, che avrebbero a loro volta assicurato la continuazione della
dinastia, il delegato pontificio a porre il sigillo della consacrazione papale
su quella discendenza regale contestata, la tutela della nobiltà regnicola ad
obliterare l’ipoteca dell’illegittimità di nascita. 
La benedizione papale, poiché non era stata impartita a roma, venne
concessa tramite una bolla letta dallo stesso roverella, che consegnò anche i
doni che Paolo II inviava agli sposi: tra gli altri preziosi doni il pontefice rega-
lava ad Ippolita spiccavano certi Agnus Dei bene ornati d’oro et perle44 e un’an-
43 In effetti la figura di Ippolita non doveva essere molto lontana dall’immagine
regale, considerato l’abito che indossava: «madonna duchessa haveva in dosso el
vestito de dalmaschino brochato con le maniche strette, con il lavaro allistato,
haveva in testa la ghirlanda de perle, el ballasso grande in fronte, li duy da canto,
un altro in pecto et un altro suso la spalla, faceva un bel vedere», Filippo Maria
e Sforza Maria a F. Sforza, Napoli 14.IX.1465, cit. nota 28. Confrontando la
descrizione nella lettera con l’elenco del corredo, possiamo identificare l’abito da
sposa di Ippolita con «uno vestito de zetonino raso cremesino cum le maneche
ad ale foderate da broccato d’oro in damaschino verde et lo busto foderato de
sendale verde recamato de perle et de argentaria li è suso perle VIIIIMDCCCCLXVI
estimato ducati IIIIMCCCCLXXXXII ½ et in lo recamo gli è onze LXX d’oro et d’ar-
gente filato estimato cum lo drappo d’oro zetonino raso et sendale ducati MCVII
½ monta in tutto in somma: ducati VMDC», Inventarium bonorum parafrenalium
illustrissimę domine Hippolytę Marie ducisse Calabrie, [Milano] 1 luglio 1465,
ASM, Registri ducali, registro 24, ff. 275-286, ed. Motta, Nozze principesche del
Quattrocento, 71-81.
44 gli Agnus Dei erano dischetti di cera, le cui dimensioni variavano a seconda
della posizione gerarchica di chi le riceveva; «su entrambe le facce di quei dischi
era raffigurato l’agnello giacente sul mistico libro chiuso da sette sigilli, e aven-
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coneta raffigurante una Madonna col bambino, affinché la Vergine «gli con-
ceda gracia a ley anchora da havere un bel figliuolo in capo de l’anno»45.
Sia le cronache che i più dettagliati resoconti degli ambasciatori pre-
senti alla corte napoletana, che pure sono noti come accorti osservatori
delle consuetudini cerimoniali in uso presso gli altri principati, non ripor-
tano notizie relative a manifestazioni popolari di giubilo o carnascialate
allegoriche inscenate per le strade della città, né arredi effimeri o addobbi
floreali, la cui memoria legata all’ingresso trionfale di Alfonso il
Magnanimo era ancora vivissima nei contemporanei, e non solo napoleta-
ni46. Il motivo risiede nel fatto che la corte e la città tutta era ancora stret-
ta nel lutto per la recente scomparsa dell’amata regina Isabella di
Chiaromonte47, per cui i festeggiamenti per le strade cittadine furono
ridotti ai soli momenti cerimoniali essenziali e fortemente simbolici,
do nella zampa destra lo stendardo trionfale crociato». I dischi si ricavavano dal
Cero Pasquale dell’anno precedente,e il loro dono simboleggiava la distribuzio-
ne eucaristica del Corpo di Cristo. Al solo pontefice erano riservate la loro distri-
buzione e fabbricazione, che richiedeva il crisma dell’unzione, cioè lo stesso uti-
lizzato per le incoronazioni. Nella credenza comune, quei dischetti assunsero
valore apotropaico, ad esempio a protezione delle donne contro le complicanze
della gravidanza e del parto, bertelli, Il corpo del re, 124-129.
45 Il duca Alfonso riceveva invece in dono un Agnus Dei, una coppa e un salarolo
d’oro, un’anconeta con un crocifisso, «una bellissima spada lavorata con oro et
altre zoie, quale mandò la maiestà del re de ungaria a donare a sua beatitudine,
et se dice fe’ del gran Turco etc., scrivando alo reverendissimo legato ut supra
che l’amonisca sua illustrissima signoria con quella spada essere prompta a defen-
dere la fede de quel crucifixo che sta depincto ne l’anchoneta donatagli»: i doni
che Paolo II inviò agli sposi erano stati descritti e spiegati nel loro valore simbo-
lico dall’oratore sforzesco residente a roma, Agostino rossi a F. Sforza, roma
15.IX.1465, bNF, Italien, 1591, 152-153, ed. parzialmente da Welch, “Ippolita
Maria Sforza”, 130-131 e 377-378, nota 8, la quale però erroneamente attribui-
sce a Ferrante i doni offerti dal pontefice. Si noti, al di là della ovvia e tradizio-
nale simbologia dei doni papali offerti ad una coppia regale, l’insistenza sul ruolo
e in un certo senso il destino di un sovrano cristiano in qualità di difensore della
fede, il che valeva come esplicita sollecitazione da parte del papa ad organizzare
finalmente la Crociata contro i Turchi.
46 A circa vent’anni dalle magnifiche cerimonie, l’ingresso del Magnanimo veni-
va rappresentato sui due fronti di un cassone matrimoniale fiorentino, sulla cui
datazione e sul significato politico del richiamo al trionfo napoletano cfr. Alisio
et alii, Arte e Politica tra Napoli e Firenze.
47 Lo stesso Ferrante indossava un abito de velluto negro, Filippo Maria e Sforza
Maria a F. Sforza, Napoli 14.IX.1465, cit. nota 28. 
VERONICA MELE
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desunti dalla tradizione dell’adventus piuttosto che dal repertorio delle ceri-
monie delle entrate regali e dell’incoronazione di più recente elaborazione;
le giostre secundo el modo qui e i banchetti a Castelnuovo — che furono
ricordati dagli scriventi lombardi soprattutto per la smodatezza48 — furo-
no, invece, riservati alla sola nobiltà regnicola convenuta, agli ambasciato-
ri residenti e agli ospiti stranieri49. La città fu, comunque, allietata da due
48 Così racconta bonifacio Aliprandi a F. Sforza, Napoli 22.IX.1465, bNF,
Italien, 1591, 165: « fu portata la collatione supretiosa al modo usato ma male
distribuita perché, antequam sia gionta, fo posta ad sacomano» e ancora: «fu por-
tata la collatione bellissima, ma pur sachezata como heri (che in vero è cosa ver-
gognosa)». Il comportamento rissoso e smodato dei convitati doveva essere una
costante nelle feste napoletane: «a Napoli, spesso, lo spettacolo si riduce quasi
esclusivamente all’esibizione di ricchezza e di abbondanza […] la smodatezza e
l’eccesso sono dati che saltano subito agli occhi», osserva Marzia Pieri, commen-
tando le feste del 1473 in occasione del matrimonio di eleonora d’Aragona,
Pieri, “Sumptuosissime pompe”, 50-51.
49 Franchino Caimi a F. Sforza, Napoli 19.IX.1465, ASM, Sforzesco, Napoli, 215,
151; bonifacio Aliprandi a F. Sforza, Napoli 22.IX.1465, cit. nota precedente.
Negli Annales Ludovici de Raimo editi da Muratori (col. 233) è specificato che le
giostre si tennero nell’ampia area tra Castel Nuovo e l’Incoronata, uno dei nuovi
spazi, cioè, che la Corona stava riorganizzando sia dal punto di vista strutturale
che funzionale (l’area intorno alla chiesa dell’Incoronata sarebbe stata, infatti,
scelta dal duca di Calabria Alfonso per riunirvi gli uffici del Tribunale: per le
prove archeologiche di questo progetto e per il programma politico di ristruttu-
razione dello “spazio del re” cfr. Mele-Senatore, “Il regno di Napoli”). Dato il
gusto prevalentemente equestre-cavalleresco della società iberica, l’Aragona era
stata da tempo un luogo di produzione di giostre, tornei e passi d’arme: per i
significati politici connessi all’autorappresentazione militare-cavalleresca della
monarchia aragonese, e realizzati in particolare nelle coreografie delle finte bat-
taglie, il juego de cañas, in occasione del trionfo del Magnanimo, cfr. bertelli, Il
corpo del re, 12-21, Pinelli, “Fatti, parole, immagini”, 48-49, Id. 1985, 325,Pieri,
“Sumptuosissime pompe”, 41-42. D’altra parte, nel trionfo del 1443 il
Magnanimo si richiamò ad un proprio precedente, la magna et solemne giostra
tenutasi a Carbonara nel 1423, ricordata nei Diurnali del duca di Monteleone
per la magnificenza delle architetture effimere, Diurnali, 109. Le puntuali cita-
zioni dall’ingresso trionfale di Alfonso V (l’ingresso attraverso la porta del
Carmine, il baldacchino coperto da drappo dorato, i reggitori delle aste del pal-
lio, la cavalcata attraverso i Seggi napoletani conclusasi a Castel Capuano, le gio-
stre) nell’ingresso in città di Ippolita, che crediamo essere stato interamente orga-
nizzato dai napoletani, erano intese ad immettere non solo la novella sposa ma
la coppia ducale nel solco della discendenza legittima dei Trastámara, un inten-
to tutto politico che finì per annullare — al di là della sobrietà dei festeggiamenti
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settimane di alegreza et festa de falledii50 che si conclusero con «uno acon-
cio parlamento ad dicti vostri figlioli presente la duchessa et tuti altri zen-
tilhomini vostri et signori et baroni del reame», con cui ufficialmente si
sanciva l’ingresso di Ippolita nella sfera politica degli aragonesi.
Dopo il primo impatto solenne della neo-duchessa di Calabria sul
suolo napoletano, Ferrante capitalizzò quel momento di manifestazione
collettiva, fondendo il rito sacro con lo spettacolo profano: dapprima fu
organizzato uno facto d’arme sive torniamento per marcare le profonde radi-
ci cavalleresche catalane e il vero fondamento della legittimità del potere
richiesta sia dal lutto recente sia dalla difficile congiuntura politica da cui il regno
stava appena emergendo — i momenti goliardici e teatrali, che sarebbero stati
invece ripresi per le nozze di eleonora e beatrice d’Aragona, per lasciare spazio
solo alla matrice classica dei trionfi all’antica (sui trionfi all’antica alla corte ara-
gonese di Napoli cfr. D’urso, “Il Trionfo all’antica”; Pinelli, “Il trionfo meticcio
di Alfonso d’Aragona”; helas, “Der Triumph von Alfonso d’Aragona”; Iacono, “Il
Trionfo di Alfonso il Magnanimo”; Alisio et alii, Alisio et alii, Arte e Politica tra
Napoli e Firenze; Pinelli, “Feste e Trionfi”). Sia a Milano che a Napoli furono,
infatti, recitate orazioni in latino: il Carmen nuptilae in divam Hippolytam et
Alphonsum Brutiorum ducem di elisio Calenzio, un’orazione composta dal vesco-
vo di gaeta, Francesco Patrizi, l’Oratio in nuptiis illustrissimorum Alphonsi ducis
Calabriae et Hippolitae Sfortiae coniugis habita pronunciata il 20 settembre nella
cattedrale di Napoli da Francesco bertini, segretario del cardinale di ravenna
bartolomeo roverella, per il quale il bertini compose anche il breve discorso
tenuto in occasione della cerimonia nuziale; la tenzone letteraria tra Antonio
beccadelli e Porcellio Pandone. un ingresso, insomma, che, nonostante i chiari
calchi, fu alquanto diverso dal trionfo “meticcio” del Magnanimo, minuziosa-
mente organizzato, in cui si erano avvicendate sequenze di trionfi all’antica e di
royal entry, di pageants e tableaux vivants fiorentini e di entremés cathalan; un
ingresso, quello di Ippolita, che, al contrario, predilesse la componente classica,
forse anche per omaggiare la colta duchessa, la cui fama di oratrice si era diffusa
al tempo della sua orazione latina recitata alla dieta di Mantova al cospetto del
pontefice Pio II (poichél’orazione circolò in numerose copie, debitamente corre-
data del commento lusinghiero del papa, esistono negli archivi italiani e interna-
zionali numerosi codici miscellanei che contengono il testo, rimandiamo pertan-
to soltanto all’edizione di Angelo De Tummulillis, “Oratio inclite ducisse Calabrie
filie illustrissimi Francesci ducis Mediolani facta coram S. D. papa Pio in Concistoro
cardinalium Mantue 1459 mense iunii”. Notabilia temporum, 231-232). 
50 Antonio da Trezzo a F. Sforza, Napoli 16.IX.1465, cit. nota 23; cfr. anche «’nce
foro facte iostre et feste per XV dì», Della Morte, Cronica di Napoli, 112; «e durao
undice dì la festa», De rosa , Ricordi, 217. Le alegreze e i falledi o fallodii «consi-
stevano in genere in luminarie: falò per le strade, torce e candele a finestre e bal-
coni o sulle fortificazioni», Senatore, “Cerimonie regie e cerimonie civiche”, 177.
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aragonese a Napoli (oltre che offrire un mero appagamento all’entusiasmo
popolare), culminato con l’istituzione dell’ordine militare dell’ermellino,
in concomitanza con l’imminente festa dell’arcangelo Michele (29 settem-
bre), il capitano della milizia celeste e referente della dinastia per la sua
significativa connessione con la cultura cavalleresca e militare, in nome del
quale l’ordine cavalleresco veniva fondato. Il sovrano si manifestò al popo-
lo addobbato con il collare, dotando, così, la cerimonia militare di un’in-
dubbia carica sacrale: «fece bandire la impresa del colaro del Armelino con
certi capitoli da gir observati per quelli a chi serà data tale impresa et tamen
lege che non fosse licito ad niuno poterlo domandare né fare domandare,
et alhora se fece metere dicto collaro»51. 
Seguì la celebrazione di una messa, significativamente officiata non già
in chiesa ma a Castelnuovo, per preparare la scena alla duplice cerimonia
di investitura cavalleresca e feudale: il sovrano conferì la militia al figlio
Francesco, a Filippo e Sforza Maria e al figlio dell’ammiraglio di Sicilia, e
procedette all’investitura feudale di sei baroni52: i sei nominativi rappre-
sentavano idealmente tutte le parti sociali, la nobiltà di Seggio (Diomede
Carafa, del Seggio di Nido, intitolato conte di Maddaloni), la grande feu-
dalità (Luca Sanseverino, già duca di San Marco, intitolato principe di
bisignano, e Angilberto di Francesco Del balzo, creato conte), l’aristocra-
zia militare (ben quattro orsini: orso, come duca d’Ascoli, giacomo, che
permutava il titolo di conte con quello di duca di gravina, roberto e
Napoleone che acquisirono le contee di Tagliacozzo e Albe)53. La parte di
Ippolita in queste cerimonie fu senz’altro marginale, riducendosi essenzial-
mente a figura di spettatrice, mentre Ferrante dispiegava tutta «la pienezza
dell’esercizio dell’autorità sovrana»54, sottolineando come egli fosse l’unico
depositario del potere di regolare la mobilità sociale, conferendo cingoli
cavallereschi e titoli baronali; eppure la presenza di Ippolita voleva consa-
crare il radicamento della nuova duchessa di Calabria nel Paese e la sua
nuova identità istituzionale, che riceveva, e poteva ricevere il sigillo, solo
attraverso la celebrazione del legame di solidarietà tra Corona e nobiltà.
51 bonifacio Aliprando a F. Sforza, Napoli 22.IX.1465, cit. nota 48; cfr. Statuti
dell’Ordine dell’Ermellino, in De Marinis-Perosa, Nuovi documenti, 130-143. Per
l’analisi dei capitoli istituitivi del sodalizio, cfr. Vitale, Araldica e politica.
52 Per l’interpretazione e la valutazione delle cerimonie di investitura come «occa-
sioni di propaganda ideologica e come momento di esaltazione del potere
monarchico», cfr. Vitale, Élite burocratica e famiglia, 187-205. 
53 bonifacio Aliprando a F. Sforza, Napoli 22.IX.1465, cit. nota 48. 
54 Vitale, Élite burocratica e famiglia, 196.
LA CREAZIONE DI UNA FIGURA POLITICA
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Il rapporto tra la duchessa il ceto dirigente politico-amministrativo si
costruì, invece, durante occasioni meno visibili alla collettività. La prima
testimonianza, all’indomani dei lunghi giorni di festeggiamenti ufficiali, ci
viene restituita dal solito da Trezzo: Ippolita volle prontamente organizza-
re per il re una festicciola «cum questa, ch’ella vole che ’l vada cum pochi»,
e i pochi “intimi” ammessi furono: lo zio e gran connestabile del regno,
Alessandro Sforza, il segretario regio Antonello Petrucci, i catalani Pascasio
Diaz garlón, castellano di Castelnuovo, e il consigliere regio giovanni
Sanç. Lontano dagli spettacoli celebrativi dal primario significato propa-
gandistico, la duchessa sembra aver compreso immediatamente quali fos-
sero i principali e più vicini collaboratori del sovrano aragonese: non già i
baroni regnicoli autoctoni, ma il primo segretario, una vera creatura della
dinastia aragonese, innalzato dalle sue umili origini fino ai titoli comitali,
ma soprattutto i conterranei dei sovrani. L’intervento dell’entourage arago-
nese in quell’intima riunione, che fu allietata da canti e balli in cui sicura-
mente Ippolita sfoggiò le proprie doti coreutiche55, garantiva il riconosci-
mento e la legittimità della nuova posizione istituzionale di Ippolita Sforza
d’Aragona; d’altra parte la funzione “aggregativa” della musica sarebbe stata
sfruttata da Ippolita anche in altre occasioni56, quando al castello riceveva
le visite della cognata eleonora d’Aragona, accompagnata da Alessandro
Sforza, il gran camerlengo Iñigo d’Avalos e il potente Diomede Carafa,
l’uomo più vicino a Ferrante e al duce Alfonso, tale da essere appellato “un
secundo re”.
Tra le doti che Ippolita portò con sé, fu soprattutto la propria educa-
zione letteraria e diplomatica a rappresentare, dunque, un fondamentale
strumento per esercitare un rilevante ruolo politico, riconosciutole già
dagli osservatori del tempo. Discepola precoce e intelligente dei precetti
paterni57, Ippolita giunta a Napoli ventenne non mostrò immediatamente
VERONICA MELE
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55 «et vole che ogniuno de quisti ballano et cantano», Antonio da Trezzo a F.
Sforza, Napoli 29.IX.1465, ASM, Sforzesco, Napoli, 215, 169.
56 «ha imparato certe chanzonete, le quale piaquano a tuti questi zintilhomini»,
Piera della Mirandola a bianca Maria, Napoli 2.I.1466, ASM, Sforzesco, Napoli,
215, 98; «Ave facto duy balli novii supra duy canzuni francese de sua fantasia
[…] et quando la maestà del re vuole fare honore a qualche gran signore e qual-
che gran maestro la fa danzare et cantare secretamente», giovanni Ambrogio da
Pesaro a bianca Maria Visconti, Napoli 15.VII.1466, ed. in Motta, “Musici alla
corte degli Sforza”, 61-62.
57 Non è un caso se l’ambito su cui i duchi insistettero per il curriculum diplo-
matico dei figli fu quello della retorica e della scrittura epistolare, individuati
come gli strumenti più potenti per l’esercizio della politica e per imbastire le
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le proprie potenzialità diplomatiche. I primi anni di matrimonio furono
puntellati piuttosto da scene di gelosia, dalla nostalgia per la terra natia, da
un’intima corrispondenza familiare, dall’inesperienza della giovane sposa
nel governo economico della casa ducale. Le morti in successione del padre
e della madre, il coinvolgimento nella rete informativa clandestina imba-
stita da bianca Maria e Ferrante, l’insanabile conflitto sempre meno laten-
te tra Napoli e Milano, durante gli anni del governo sia di galeazzo Maria
che di Ludovico il Moro, accelerarono la maturità politica della Nostra
immettendola nel vivo dell’agone politico. L’intelligente e lungimirante
educazione impartitale dai genitori e la maturità anche anagrafica della
duchessa, affiancata per un triennio dall’esperto oratore sforzesco
Francesco Maletta, affiatato compagno di sottili strategie informative, la
promossero a quel ruolo di preminenza diplomatica che sarebbe riuscita ad
alimentare perfino in discreta autonomia. 
L’alta stima che non di rado gli Aragonesi le riconobbero,persuadendoli
ad esempio ad interpellarla per ottenere notizie attendibili o suggerimenti e
consigli strategici, consentì alla duchessa di riscuotere un credito indiscusso
a corte presso le più influenti figure, grazie anche all’autorevole guida di
giovanni Pontano, che le fu assegnato nelle vesti di segretario e consigliere
politico, e alla proficua collaborazione con l’uomo più potente alla corte ara-
gonese, Diomede Carafa, conte di Maddaloni e castellano di Castel
Capuano, incarico che lo portava a diretto e quotidiano rapporto con la
indispensabili reti di amicizia su cui pure si reggono le sorti delle corti. L’esercizio
epistolare per i giovani Sforza non si può, infatti, restringere alla classica defini-
zione ciceroniana di amicorum colloquia in absentia, ma fu intesa sempre dai loro
genitori innanzitutto come esercitazione quotidiana alla comunicazione diplo-
matica, indispensabile per la vita politica che veniva preparata ai due primoge-
niti. Se si considera che Ippolita all’età di dieci era già stata destinata ad una
famiglia reale, l’unica famiglia reale della Penisola, si comprende facilmente che
la sua formazione doveva avere una tendenza spiccatamente politica; di più,
Ippolita doveva essere educata a diventare una vera e propria ambasciatrice della
famiglia sforzesca presso una corte straniera, un ruolo che non aveva affatto un
mero significato simbolico, ma che al contrario nella realtà dei fatti si dimostrò
in più d’una occasione problematicamente spinoso. Il matrimonio tra Alfonso e
Ippolita, era chiaro in tutti gli ambienti cortigiani europei, si sarebbe arricchito
del valore politico di una vera alleanza interstatale, in palese violazione dello spi-
rito della Lega generale appena nata. Non era invece preventivato che quello stes-
so matrimonio da fattore di sanzione del sodalizio aragonese-sforzesco sarebbe
diventato l’ultimo appiglio per salvare il decennale connubio tra Milano e
Napoli, e che la preparazione diplomatica cui era stata sottoposta la duchessa di
Calabria sarebbe diventato l’estremo strumento di pacificazione.
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duchessa e che — crediamo — con la sua azione mediatrice, contribuì più
di tutti a fare di Ippolita una protagonista della corte napoletana58.
Il prestigio politico e la capacità diplomatica, acquisiti con l’esperien-
za di anni trascorsi alla corte napoletana e riconosciuti in tutti gli ambien-
ti ufficiali, la resero ben presto un punto di riferimento anche per i gover-
nanti milanesi per la risoluzione di svariate questioni. Invero la condotta
diplomatica di Ippolita si segnalava spesso per comportamenti contraddit-
tori, accorte strategie diplomatiche alternate a scatti istintivi e imprudenti,
che possono trovare una spiegazione nella tenace volontà di compiere ad
ogni costo la missione per cui il padre l’aveva destinata agli aragonesi, esse-
re il pegno e la garanzia della perpetua alleanza tra i due stati, che sola
avrebbe garantito ad entrambi di esercitare una concordata egemonia sul
sistema degli stati italiani59.
Le competenze che Ippolita aveva potuto accumulare in uno degli
ambienti politici più prestigiosi d’europa – approfittando del fatto che per
ben dodici anni era stata la principale donna alla corte aragonese, fino
all’arrivo nel 1477 di giovanna d’Aragona, cugina e seconda moglie di
Ferrante – furono infine, e indiscutibilmente, coronate dall’amicizia e dalla
sincera stima reciproca con una delle figure più influenti del panorama
politico del secondo Quattrocento, Lorenzo de’ Medici. Il loro fruttuoso
affiatamento confermava soprattutto le intelligenti doti diplomatiche di
Ippolita, che sarebbero state dispiegate in piena autonomia d’azione duran-
te i negoziati di pace del 1479-80 e nel delicato campo della coordinazio-
ne delle informazioni per favorire la ricomposizione dell’asse Napoli-
Milano-Firenze60.
58 Perfettamente a conoscenza dell’alto credito di cui godeva il conte di
Maddaloni, Francesco Sforza si preoccupò di agganciare immediatamente la sua
figura a quella della figlia, quasi affidandola alla sua tutela «perché ley se gover-
narà sempre sigondo el parere et conseglio de la magnificantia vostra, in la quale
et nuy et ley havemo posto ogni nostra confidentia», provvedendo così perso-
nalmente a porre il sigillo tra la casa Sforza e le alte sfere della corte regia, e sug-
gerendo sottilmente al conte di esercitare una strategica opera di mediazione tra
la duchessa e il sovrano aragonese, F. Sforza a Diomede Carafa, Milano,
22.XI.1465, ASM, Sforzesco, Napoli, 215, 34.
59 L’ambasciatore napoletano in Savoia osservò lucidamente che «l’uno sensa l’al-
tro non poria aconsequire quello che uniti tucti duy insieme poriano», giovanni
Palomar a galeazzo Maria, Monte Calerio 1.VII.1475, ASM, Sforzesco, Napoli,
227, 85-86.
60 Sull’intesa politica tra Ippolita e il Magnifico mi permetto di rinviare allo stu-
dio di chi scrive, Dietro la politica delle potenze: la ventennale collaborazione tra
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L’azione diplomatica di Ippolita raggiunse gradualmente un pregevole
grado di raffinatezza tale da procedere nelle direzioni più disparate. già
durante le convulse settimane, nell’autunno del 1475, in cui si temette per
l’imminente morte del re e del duca Alfonso, Ippolita forse per la prima
volta diede davvero prova di notevole forza politica, riuscendo a coagulare
attorno a sé le figure più eminenti del governo – ed erano i maggiorenti del
governo aragonese — Diomede Carafa, Antonello Petrucci, onorato
Caetani, Iñigo d’Avalos, Antonio Cicinello, compresi molti catalani e qual-
che barone61. La morte anche del fratello galeazzo Maria, che seguì poche
settimane più tardi, segnò la definitiva promozione a protagonista sulla
scena politica internazionale, dimostrando di essere finalmente pronta a
governare come regina del proprio regno, realizzando così il sogno pater-
no62. Soprattutto nei lunghi mesi in cui il duca Alfonso fu impegnato dap-
prima in Puglia a respingere i turchi da otranto e poi in romagna, non-
ché durante le settimane più drammatiche della sollevazione dei baroni
regnicoli, la Nostra si assunse persino la responsabilità di smistare le missi-
ve, di gestire e controllare il flusso di notizie, portato del prezioso insegna-
mento paterno. L’ultima occasione, prima della sua prematura morte, che
fu offerta a Ippolita di salire alla ribalta internazionale, con la sua consape-
volezza di aver inaugurato la decennale alleanza tra le due famiglie e insie-
me con la responsabilità di mantenere quell’unione, fu la «sublevacione»
del baronato napoletano, quando sfoggiò inconsuete doti di decrittatrice
svelando alcuni dei nomi più scottanti tra i baroni ribelli.
Nell’ambito degli studi biografici sulle donne del rinascimento, la vita
politica di Ippolita Maria conferma la “normalità” del nesso tra le donne
dell’aristocrazia italiana e la lotta politica, ma nel caso della duchessa di
Calabria non fu solo e non tanto un potere informale legato alla socialità
femminile, ma fu l’autentica abilità di raffinata mediazione diplomatica di
un’affascinante e ancora enigmatica figura del rinascimento italiano.
ISTITuTo ITALIANo DI SCIeNze uMANe (SuM) DI FIreNze
Ippolita Sforza e Lorenzo de’ Medici, in preparazione per il «bullettino dell’Istituto
Storico Italiano per il Medioevo».
61 Sacramoro a galeazzo Maria, Napoli 7.XII.1475, ASM, Sforzesco, Napoli, 227,
217-220.
62 Ippolita si spense prematuramente all’età di 43 anni a causa di un’infezione
cutanea che i medici napoletani diagnosticarono come Erisipila flemonides,
branda Castiglioni a Ludovico Sforza, Napoli 28.IV.1487, ASM, Sforzesco,
Napoli, 247, s. n., cfr. anche Leostello, Effemeridi, 153-155, alle date 5, 7, 12,
13, 18 e 19 agosto 1488.
LA CREAZIONE DI UNA FIGURA POLITICA
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APPeNDICe DoCuMeNTArIA
1
MeMorIA MAgNIFICo DoMINo ANToNIo CICINeLLo regIo orATorIDe hIS Que
Agere hAbeT CuM SereNISSIMo DoMINo Suo DoMINo regI FerDINANDo
SICILIe eTC. CIrCA NegoTIA DoTIS ILLuSTrISSIMA DoMINe IPPoLITe DuCISSe
CALAbrIe eTC.
Milano, 22 novembre 1464
bNF, Italien, 1590, 478. Minuta.
Primo dirite alla maiestà del signor re che la dote de la prefata illustrissima
madona hyppolita è de fiorini ducentomillia de Millano da soldi XXXII l’uno
secundo le conventione altre volte facte de le quale appare publici instrumenti, de
li quali fiorini CCm, el terzo vidilicet fiorini 66666 et duy terzi se degono spende-
re in iocalibus et altri ornamenti et già sono spesi in le cose qui infrascripte:
primo per zoye ducati XIIm
item per paramenti et ornamenti de la camera ducati IIIIm
item per argento ducati IIIm
item per fornimento da altare ducati. Im
item per para XXIV de capse ducati Vc
item per vestiti XII mantelline X
camorre XII para X di maniche
di brocato de veluto panni ducati.Vm
item per libri ducati Vc
item per altri diversi fornimenti etc. deli quali non se pone summa
summa: duc. XXXVIm
Li altri duy terzi de dicta dote che sono fiorini 133333 et uno terzo che fano
ducati d’oro LIIm XXXII vel circa a soldi LXXXII per ducato como correno de presen-
te in Milano, se scontarano in la summa deli denari li quali lo illustrissimo signor
duca de Milano ha spesi per la prefata maestà del re nelli facti de genova como
appare per confessioni de mano propria de li agenti per sua maestà.
et de tutta questa summa de fiorini ducento millia ut supra la prefata maestà
del signore re et lo illustrissimo signore Alphonso duca de Calabria suo primoge-
nito et marito de la prefata illustrissima madona hippolita se haverano ad obbli-
gare et fare instrumenti de dote secundo la consuetudine del regno et la forma de
li dictati che de qua gli serà mandata, et che per la dicta dote sia la illustrissima
madonna Ypolita assecurata in el regno in genere et in spetie, secundo che serà
notato in la dicta forma et como sarà de piacere de soa maestà.
Item, ultra le predicte cose, perché la illustrissima madonna duchessa de
Milano intende donare alla predicta illustrissima madonna hyppolita sua figliola,
ultra la sua dote, tante gioye et altre cose che pigliaranno bona summa de dinari
con condicione che essa ilustrissima madonna hyppolita liberamente ne possa
VERONICA MELE
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disponere et fare como gli piacerà, domanda essa illustrissima madonna duchessa
de Milano che la prefata maestà del re et lo illustrissimo signor duca suo figliolo
gli faciano uno strumento et chiareza che delle predicte cose essa madonna
hyppolita ne possa disponere e donare et farne suo piacere senza altra licentia né
consentimento de la prefata maiestà del re et de lo illustrissimo suo figliolo sud-
detto et secondo la forma et dictato che di qua se manderà.
Item direte ala prefata che gli piacia ordinare che l’illustrissimo don Federico
o altri che parerà alla sua maestà habia oportuna carta et procura in solenne forma
dal illustrissimo signor Alfons duca de Calabria et confermata et roborata per la
maestà soa de potere quando sarano qua de potere sposare solennemente Ipolita
nostra figliola in nome et vice d’esso illustrissimo signore don Alfons suo marito,
intendendo ancora che quando Dio dante, essa Ipolita sarà gionta ad Napoli, la
debia esso signore don Alfons personalmente sposare con solennità.
2
rICorDo FACTo AL MAgNIFICo DoMINo ANToNIo CINCINeLLo DeLe CoSe hA
AD reFerIre ALA MAIeSTà DeL SereNISSIMo SIgNor re FerrANDo Per PArTe DeLI
ILLuSTrISSIMI SIgNor DuCA De MILANo eT MADoNNA DuCheSSA Per Le CoSe
PerTINeNTI ALe Noze DeLA ILLuSTre MADoNNA hIPPoLYTA PrINCIPeSSA eT Per
Lo VeNIre eT reTorNAre De QueLLI hANNo AD VeNIre Per eSSA
[Milano, febbraio 1465]
bNF, Italien, 1591, 3-4. [Copia].
Primo. Circa quanto hanno ragionato del facto dela serenissima regina non se
dice altro perché, Dio gratia, sua maiestà è reducta da bona convalescentia, salvo
che ve piacia recommandare le loro signorie a sua maiestà et dirgli che dela sua
liberatione et convalescentia non hanno mancho contenteza, consolatione et pia-
cere quanto hanno havuto affanno et dispiacere dela infirmitate, et che pregano
Dio la conservi longamente in bona sanitate et prosperitate.
Secundo. Piacciavi dire ala maiestà del re che per satisfare a sua requisitione
sonno contenti che la illustre madonna Leonora resta de là anchora per uno anno,
et quello più et manco piacerà a sua maiestà in cui dispositione remettono questa
cosa.
Tertio. Perché havendose ad celebrare li sponsalitii al tempo determinato non
vole manco tempo ad fare le provisione necessarie, voriano sue signorie essere avi-
sate saltem de duy mesy inanzi per una lista particularmente et chiaramente lo
numero deli cavalli et boche veniranno di là et lo nome de li principali, et la con-
ditione et grado loro, et l’ordine come degono precedere l’uno al’altro, perché il
simile faranno sue signorie de quelli mandaranno loro. Avisando che quelli veni-
ranno de qua, computando la famiglia de casa de madonna principessa che ha ad
remanere di là, similiter li illustri Philippo et Sforza con li loro famigli et compa-
gni, li gentilhomini et donne che gli faranno compagnia, carriagi et altri, non se
vede possano essere mancho de cavalli 500 alla scarsa.
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Quarto. Perché per lo suspecto dela peste è stata quest’anno in molti lochi,
pur se dubita de l’anno a venire, ricordano sue signorie che la sua maiestà guardi
ad elegere quella via gli parerà più sana et con mancho suspecto de peste per con-
servatione de l’uno stato et de l’altro, perché da Parma in là lassano il carcho a sua
maiestà, et se per caso el morbo fusse de qua o de là o vero per camino, in modo
male se potesse caminare se non per lochi infecti, voriano essere avisati de quello
delibererà sua maiestà de fare in questo caso. ben recordano non se facia la via per
mare.
Quinto. Voriano essere avisati d’uno pezo inanzi del dì che delibera se parti-
no de là quelli manda sua maiestà, et cossì del tempo se hanno ad partire de qua
per essere ad casa al designo de sua maiestà, del qual tempo sue signorie non fanno
caso purché il matrimonio non se consumi in el mese di magio per contenteza
loro. Se fusse bene el primo dì de iunio o il secondo o il terzo o come gli piace non
se ne curano. bene recordano che se habia advertentia al mancho al moverse de là
elegere uno bono dì, perché similiter faranno loro signorie al moverse de qua et a
consumare el matrimonio.
Sexto. Le signorie loro hanno facto una lista de quelle persone gli piace siano
necessarie al servitio de madonna principessa, et l’hanno facta un pocho scarsa per
non sapere el stilo se costuma de là: voriano sue signorie che voy monstransti dicta
lista a sua maiestà subito come giongerite là et che sapiati se gli pare de agiongere
o de diminuire a quello ordine, et se sua maiestà vole deputare lei queste persone
de soy o tutte o parte, et particulariter et distincte ad quali officii et servitii sua
maiestà delibere mettere de soy et ad quali le loro signorie hanno ad fare provisio-
ne, et che volontissime et senza dilatione vogliati chiarire del tutto le loro signorie
perché possano providerse de quelli che gli mancassero. Similiter vogliati chiarire
que salario è limitato per ordine a quelli officiali haveranno ad providere loro
signorie, et se sopra quello se hanno ad fare le spexe o glie saranno facte da corte
ultra el salario, et ciò che se costuma de là.
3
CoPIA De CAPITuLI FACTI IN eL PrIMo rICorDo Se DoVeVA DAre AL MAgNIFICo
MISSer ANToNIo CINCINeLLo LI QuALI SoNo LASSATI gIoSo
IN Lo Suo rICorDo Per rISPeCTo Che LuY SA
[Milano, marzo 1465]
bNF, Italien, 1591, 6. [Copia]
Primo. Se accadendo che Dio non voglia che interim che venirà el tempo de
fare le noze la serenisisma madonna regina manchasse, la maiestà del signor re deli-
bera de far festa o non, ricordando a sua maiestà che ale signorie loro non pareria
se dovessefare, sì per honestà quanto per pietà et honore de sua maiestà, nondi-
manco questo remetteno in deliberatione de sua maiestà, ne lo recordano perché
per questo se retardi el menare de madonna principessa perché questo non l’ha ad
retardare più come voglia sua maiestà, perché dal canto loro saranno in puncto al
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tempo determinato ad darla.
Secundo. Se accadesse quello caso ut supra et sua maiestà per questo delibe-
rasse non solo de non fare festa ma etiandio de prorogare la cosa voriano le loro
signorie essere avisate de tale deliberatione al mancho de doy mesi inanzi.
Quinto. Se contentano loro signorie ad contemplatione de sua maiestà che
stando la maiestà dela regina in vita la illustre madonna Leonora resti de là per uno
anno anchora et quello piacerà a sua maiestà ma accadendo come è dicto la morte
de la prefata regina in questo mezo se contentariano le loro signorie che la venisse
in qua con li loro figlioli ad stare qui ad presso la signoria de madonna fin al tempo
debito de celebrare le noze perché poy celebrato et consumato il matrimonio pia-
cendo a sua maiestà che Sforza insieme xon ley andasse ad stare de là per uno
tempo gli lo mandaranno. Nondimeno questo anche remetteno in dispositione de
sua maiestà.
4
QueSTo È L’orDINe DeLA FAMIgLIA QuALe Se hA AD DAre
ALA ILLuSTre MADoNNA PrINCIPeSSA
[Milano, maggio 1465]
bNF, Italien, 1591, 5. In alto al centro: «In nomine Christi». [Copia]
Primo. La illustre madonna principessa per la persona sua ___ cavalli V, boche
I
Madonna Petra dala Mirandola computati doy famigli et doe femine ___
cavalli V, boche V
un’altra gentildonna computata una femina ___ cavalli II, boche II
Donne dece ___ cavalli X, boche X
Carav‹a›ze quattro ___ cavalli IIII, boche IIII°
Pagi quattro ___ cavalli 0, boche IIII°
Provisionati sive staferi quattro ___ cavalli 0, boche IIII°
Capellano uno con el cherico ___ cavalli II, boche II
Medico uno ___ cavalli III, boche III
gentilhomini doy de reputatione per compagnia de sua signoria ___ cavalli
VIII, boche VIII
Cancellero ___ cavalli III, boche III
uno che gli dia da bevere ___ cavalli II, boche II
uno che gli tagli in tavola ___ cavalli II, boche II
uno che porti el piatello ___ cavalli II, boche II
uno credenzero et sottocredenzero ___ cavalli III, boche III
uno apparechiatore da tavola per sua signoria ___ cavalli II, boche II
uno expenditore ___ cavalli II, boche II
Doy apparechiatori per le donne et per la credenza ___ cavalli II, boche II
Doy servitori per le donne ___ cavalli II, boche II
Tre portatori per piatelli et minestre per le donne ___ cavalli III, boche III
LA CREAZIONE DI UNA FIGURA POLITICA
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uno dispensatore ___ cavalli I, boche I
Doy chochi et doy guattari ___ cavalli II, boche IIII°
uno magistro da stalla ___ cavalli II, boche II
Famigli XIIIIce da stalla ___ cavalli VI, boche XIIII
Ministreri tre con uno famiglio ___ cavalli III, boche IIII°
uno marescalcho ___ cavalli II, boche II
uno soprastante per le capse et per la guardarobba ___ cavalli II, boche II
Tre mulatteri con sey muli ___ muli VI, boche III
Summa ___ cavalli LXXXX, boche CI.
5
INSTruCTIoNe De TuTI LI MoDI eT orDINI Se hANo A SerVAre Per QueLLI
Che VANo NeL reAMe IN CoMPAgNIA De LA ILLuSTrISSIMA
hIPPoLITA MArIA DuCheSSA De CALAbrIA NoSTrA INCLYTA FIgLIoLA
Pavia, 10 giugno 1465
bNF, Italien, 1591, 56-62. Minuta. in alto a destra: «Papie X° iunii 1465».
Primo volemo che vuy, roberto, domino Andrioto dal Mayno, domino
Filippo Vesconte, Petro da gallara, domino Johanne Arcimboldo et Franchino
Cayme, siati quelli che faciati li consegli, conclusione et deliberatione et tractate
tuto quello se ha a fare in questa andata a Napoli et in la retornata.
Item che vuy, Johanne da Castelnove et gabriolo Da La Croce, ve intendati
con li soprascripti in le cose expediente et necessarie circa questa andata et retor-
nata. et cossì vuy, Iri et bonifacio, siati presenti a tute le cose se haverano a trac-
tare, a ciò siati informati de le cose occurreranno a scrivere.
Volemo ancora che vuy, Filippo et Sforza, nostri figlioli, siati presenti a dicti
consegli et deliberatione, a ciò che meglio ve possati indure et imparare le cose
occurrente.
Quando sareti passati Parma et zonti nel territorio del illustrissimo signore
duca de Modena, se la signoria soa ve venerà al incontro (come forse venerà), vole-
mo che vuy Filippo et Sforza, quando gli sareti apresso, subito desmontiati da
cavallo et gli faciati honore et reverentia conveniente, et con dolce, gratiose et amo-
revole parolle salutati et confortati la signoria soa per parte nostra et de la illu-
strissima madona biancha vostra madre. et poi presa la commodità del tempo ve
extendereti più oltra in fare certa la signoria soa che nuy et mandona biancha gli
siamo grandemente affectionati et l’amamo cordialmente come carnale fratello et
saremo sempre prompti et apparechiati a fare in honore, beneficio, amplitudine et
gloria del stato suo (a) quello faressemo per lo stato nostro proprio, perché sapemo
che l’animo et dipsositione de la signoria soa è reciproca verso de nuy, azonzando-
li ancora che de vuy et de li altri vostri fratelli la signoria potrà sempre disponere
come de proprii figlioli.
A Modena siamo contenti, per compiacere ala signoria soa, che stagati fermi
uno dì integro. et poi in la partita, ben che al illustrissimo don Fedrico specti ren-
VERONICA MELE
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graciare la signoria soa de li honori haverà facti a tuta la compagnia, nientedeme-
no volemo che anche vuy, Filippo et Sforza, con cordiale, dolce et affectionate
parolle rengraciati la signora soa, offerendoli de novo, però confortati con el pare-
re del illustre don Fedrico et di soi deputati (b), quanto ve parirà expediente etc. 
Andando poi a bologna per primum sariti desmontati, intesa l’hora commo-
da vuy, Filippo et Sforza, con la compagnia dicta de sopra, andareti a visitare lo
reverendissimo monsignore legato et reccomandandone a la signoria soa nuy,
madona vostra matre et vuy tuti fratelli, l’avisareti del cordiale amore et affectione
gli portiamo et che faciamo stima et capitale de la signoria soa come de proprio
patre, offerendoli nuy et vuy altri a li honori, piaceri et commandamenti de la
signoria soa. et pregandola che la se degni commandarne, se gli pare che per vuy
se habia a fare più una cosa che un’altra, perché gli sarite sempre obedienti come
boni figlioli et che de questo haveti speciale commissione da nuy. Certificandola
apresso che la tegna per fermo et constante, che la potrà sempre disponere de nuy
et de tute le nostre facultate come de le soe proprie.
Facto questo, et in quello medesimo tempo, visitareti quelli magnifici signori
et regimenti et li salutereti et confortareti cordialmente per nostra parte et de la
prefata madona vostra matre, facendoli intendere quanto cordialmente nuy li
amamo et desyderamo el bene, tranquilità et quiete de quello stato per la conser-
vatione del quale metteremo sempre zente d’arme, el stato et tuto quello sapemo
et possemo come per quella cità de la quale facemo più stima et per l’amore che
ne portano et per ogni altro respecto che de qualunch’altra cità sia fora del domi-
nio nostro. et qui ve extendereti tanto largamente quanto porreti per farli certi del
sincero animo et perfecta dispositione nostra verso de loro, rengranciandoli poi de
li splendidi honori, quali per nostro amore fecero al illustre don Fedrico figliolo de
la maiestà del re et a la compagnia in la loro venuta da nuy, et de quello haverano
facto a vuy tuti.
Volemo apresso faciati grata acoglientia a domino zohanne di bentivoglii et
a domina zenevra soa mogliere, et cossì a Virgilio de Malvezo et ali fratelli et a
Camilla figliola de Marcheto di Attendoli, maritata in casa di Malvezi.
A bologna stareti uno dì intero. 
Se ’l accadesse che ’l prefato monsignore legato ve venesse al incontro (che
non credemo),però volemo che vuy Filippo et Sforza desmontate da cavallo, come
è dicto de sopra al duca de Modena, et fargli con ogni honore et reverentia.
Quando sariti a Firenza vuy acompagnareti don Fedrico et la sposa ale soe
stantie, dapoi remontareti a cavallo et, prima che andagati al logiamneto vostro,
andareti a visitare quella excelsa Signoria, et vuy Filippo et Sforza direti queste
parolle ala prefata Signoria, cioè: «excelsi Signori, li nostri illustrissimi signore
patre et matre salutano et confortano le vostre excelse signorie etc.». Dapoi direti:
«Perché ve notissimo la longa, antiqua et intrinseca benivolentia et amicitia quale
sempre ha havuta et ha (c) lo illustrissimo signore nostro patre, et anche la bona
memoria del signore Sforza nostro avo et tuti quelli de la casa nostra Sforzesca, con
questa excelsa comunità. Non ne pare necessario doverlo narrare, ma solamente
recordarlo, non ne pare ancora necesario fare altre offerte ale vostre excelse signo-
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rie, ma solamente commemorarli et certificarli che li prefati signori nostro patre et
matre, et cossì li illustri conte galeaz et li altri nostri fratelli et nuy, et col stato et
con le persone saremo sempre prompti a tute quelle cose che intenderemo essere
grate et accepte conservatione (d), honore et exaltatione de questa republica.
Certificando le prefate vostre excelse signorie che madona nostra matre mai non
se poria domentecare le grande et cordiale offerte quale gli fecero quando el signo-
re nostro patre era così gravemente amallato et cossì denanzi et doppo a domande
(e) et pregandole che per l’avenire habiano sempre grati et accepti nuy fratelli et le
cose nostre, et ce tengano nel numero de boni, amorevoli et affectionati figlioli».
et in caso che, passando vuy per la piaza de Fiorenza con la compagnia, tro-
vasti li prefati Signori assectati ala scalla del Palazo, como è soa usanza, volemo che
subito debiati desmontare da cavallo tuti duy et tocharli le mane et salutarli et
confortarli per parte nostra et de madona biancha vostra matre, et poi, un’altra
fiata captato tempore andareti a visitare de novo, et gli direti quanto è dicto de
sopra (f ).
Visitareti ancora Petro de Cosmo et gli direti queste parolle formale:
«Quantuncha sia superfluo narrare el paternale amore et carità quale portava el
magnifico Cosmo vostro patre ali illustrissimi signori nostri patre et matre, et
etiam la singulare benivolentia et amicitia sempre stata tra loro perché è cognito a
caduno, nientedemeno è parso fare el debito nostro a reiterarlo, aciò sapiati che l’a-
micitia che era tra el prefato Cosmo et li prefati signori nostri patre et matre inten-
deno haverla con vuy, et el simile intendemo de fare nuy fratelli in tal modo che
possati sempre disponere de nuy (g) tuti et de le cose nostre come de vuy stesso et
de le cose vostre proprie. recordandovi che madona nostra matre mai non se potrà
domenticare le amplissime et cordiale offerte, quale el prefato Cosmo (h) gli fece et
cossì vuy (i), quando el signore nostro patre era cossì gravemete amalato».
La dimora che havereti a fare in Firenza sarà, come intendereti, essere grato a
quella magnifica signoria, et segondo el parere et consentimento del prefato don
Fedrico et di soi deputati. Non passando però quatro o cinque dì.
et perché è dicto che a roma è incommenzato la peste, volemo che a Firenza
consultate molto bon con el prefato don Fedrico et soi deputati, et con chi altri ve
parirà, la via che havereti a tenere o quella de Siena o quella de Perosa (j).
ulterius perché è dicto che da bologna a Firenza è certa casa infecta de peste,
dicemo che omnino debiate schivare la dicta casa et ogni altro loco infecto et non
andereti apresso per modo alcuno.
et andando a Siena, visitareti quella magnifica Signoria per parte nostra et de
madona vostra madre, et gli exponereti l’affectione et l’amore che portamo a quel-
lo stato et quanto siamo soi, sì per l’amore che ne porta quella comunità sì etian-
dio per la intrinseca benivolentia et amicitia che sempre hebero con lo illustrissi-
mo signore duca Filippo nostro patre et con li altri signori Vesconti nostri prede-
cessori. Certificandoli che per bene, quiete, tranquilità et reposso de quella cità et
del stato suo seremo sempre prompti et apparechiati fare come havemo facto per
lo passato et come faressemo per la salute et conservatione del stato nostro.
rengrantiandoli de li honori hano facti al illustre don Fedrico et a la compagnia
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per nostro respecto, in la loro venuta da nuy.
Si vero havesti a fare la via de Perosa, ve intendereti con el magnifico brazo, dal
quale ve sarà facto honore et ogni bon tractamento. et con luy et con li fratelli et
con quelli citadini ve governareti come ve parirà expediente, visitando madona con-
tessa et salutandola per parte nostra, visitando etiamdio monsignore legato et li
signori de Perosa, et offerendoli per nostra parte come parirà expediente, habiate
però bona advertentia, come andarete a Perosa, ve praticate con brazo perché inten-
diamo che è stato novamente a roma acciò non ne havesse a seguire inconvenien-
te alcuno. et perché è stato richesto el magnifico brazo mandasse la contessa soa
mogliere fin ad Napoli in compagnia de hyppolita, parendomi gli mandi volente-
ri, portereti stancia per la via et sopra soe intentione prima siati là etc. (k)
Non andando a roma, et mandandovi la sanctità de nostro signore al incon-
tro qualche cardinale o altri, vuy intendereti quanto dirano et gli respondereti
come serà expediente. et se quello o quelli che venessero al incontro fossero cardi-
nalli, volemo che vuy, Filippo et Sforza, dismontate da cavallo et habiati ancora
advertentia in costoro se venerano da roma, per respecto de la peste, de che ne
havemo anchora avisato domino Augustino.
Se la maiestà del re ve venesse al incontro volemo che non solo vuy, Filippo
et Sforza, desmontate da cavallo, ma etiandio hippolita Maria, et gli farati debito
honore et reverentia. et cossì vuy altri tuti che sareti in compagnia loro et gle dica-
ti queste parolle: «excellentissima illustrissima signoria, nostra padre et madre se
recomandano a la maiestà vostra».
A Napole (l). 
A Napoli vuy participareti con Alexandro nostro fratello, con el conte
Jacomo, con borso nostro fratello, s’el sarà a Napoli, con Petro da Pusterla et con
Antonio da Trezo de quelle cose se conteneno in questa instrumenta et in l’altra
privata quale parirà a vuy (m).
habiate advertentia che ’l se facia un’altra fiata a Napoli el sposamento de
dicta hipolita col prefato duca de Calabria per verba de presente, et con quello
solamente bisognarano, ma dicto sposamento se facia in dì et hora electi (n), de li
quali dì et hore electi (o) vuy, domino Andrioto, ne haveti una lista. et quando sare-
ti congregati ala presentia de la maiestà del re et del signore duca suo figliolo, vuy,
Filippo et Sforza (p), direti queste parolle: «Sacra maiestà, ben che ’l sposamento de
la illustrissima domina hippolita Maria, duchessa de Calabria nostra sorella, sia
facto doe fiate a Milano in presentia de li illustrissimi signori nostri padre et
madre, niente de meno è parso ale signorie loro de mandarne a la maiestà vostra
in compagnia d’essa nostra sorella et ch’el se facia un’altra fiata el dicto sposamen-
to per verba de presente con el prefato illustrissimo signor duca (q), in presentia
dela maiestà vostra et del prefato serenissimo illustrissimo signore duca et de nuy
soi fratelli (r), perche ’l matrimonio è uno stretto sacramento et cosa ordinata da
Dio et da Sancta Chiesa per conservatione et multiplicatione de la natura huma-
na. Volemo habiati bona advertentia (s) a fare che dicta hippolita de tri o quatro
dì inante che ’l dicto sposamento se facia, et che la se conzonza col marito, la se
confessi et communichi devotamente come è d’usanza laudende et bona, perché
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cossì facendo è da sperare che dicto matrimonio sarà sempre felice et (t) bon con-
tentamento de l’una parte et de l’altra. 
et cossì siamo apparechiati de fare per satisfare ali comandamenti d’essi signo-
ri nostri padre et madre». et poy vuy fratelli, facto el dicto sposamento, l’uno da
una parte et l’altro da l’altra consignarete dicta vostra sorella alla prefata maiestà
del re cossì al prefato signor duca, et direti queste parolle: «Sacra maiestà, ben che
siamo certi non bisogna reccomandare ala maiestà vostra la illustrissima domina
hippolita Maria nostra sorella, perché (u) sapiamo l’haverà carissima, nientedeme-
no perché l’è una et le più care cose che habiano a questo mondo nostri padre et
matre, et per (v) obedire ai commandamenti de le illustrissime signorie soe (w), et
cossì nuy et li altri illustri nostri fratelli et per satisfactione de la mente nostra, la
reccomendamo con quanta maiore efficacia possemo ala maiestà vostra et cossì al
prefato signore duca suo marito (x)».
Intendereti da la maiestà del re quando se debe fare el sposamento de domi-
na elionora con Sforza et in che modo (y). et quando dicto sposamento se dovrà
fare, volemo se facia in bon dì et bona hora, come è dicto de sopra de hipolita
Maria (z) deli quali dì et hora bona et electi (aa) vuy, dominoAndrioto, haveti una
lista. et in l’acto del sposamento vuy, domino Andrioto, dareti le tre anelle a Sforza
da mettere in ditto ala sposa, cioè uno smerayldo, uno dyamante et uno robino
(bb). Le altre anelle et gioye et drapii (cc), de le quale vuy havesse una lista (dd), siano
presentate (ee) per quelli li quali ha ordinati la illustrissima madona biancha nostra
consorte.
Se la maiestà del re vorrà sapere quando menaremo a casa domino elionora,
respondereti che nuy la mandaremo a tore in primavera proxima che vene, ita che
la se possa retrovare qui del mese d’aprile o al principio de marzo.
Notareti bene tute le cerimonie et solemnità se observarano in creare Sforza
duca de bari.
Se la maiestà del re vorrà fare cavalleri Filipo et Sforza siamo contenti de quel-
lo piacerà ala maiestà soa.
Facte le feste a Napoli, volemo domandati licentia ala maiestà del re, et vor-
riamo ve partiste da Napoli al manco circa ’l fine de Auosto, et se pur la maiestà
del re volesse che gli stesa qualche dì più, havereti ad obedire la maiestà soa.
Deinde andareti a bari a tore la posessione de la cità et forteza de bari et de li
altri lochi et terre de quello ducato, pregando la maiestà del re che se degni essere
contento che le munitione che se trovano de presente in le roche gli siano lassate
(ff ). et in la retornata, se trovaste nel camino (gg) alcuno locho infecto, vedeti de
schivarlo o per via de terra o per via de mare doviente non ve alongati tanto in
mare che ogni dì non prendiate porto. Item se per caso a bari o per la via de bari
fosse contagione (hh) de peste, per modo non la poreste schivare, volemo che non
gli andagati ma retornati a casa (ii) per la via più secura de cità che se possa (jj).
Caso che Filippo o Sforza se amalasseno nel camino, che Idio non voglia,
volemo ch’el remanga con la compagnia soa in qualunche loco se retrovasse, et con
luy resti uno di medici.
VERONICA MELE
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Tu Iri, insieme con Condido Porro, rogareti lo instrumento de la dote de la
prefata hippolita Maria et così lo instrumento de Drusiana, nostra figliola (kk),
mogliere del conte Jacomo, secundo le minute haveti presso de vuy. et cossì quel-
lo del sposamento de domina elionora con Sforza et ogni altro instrumento se
haverà a fare in quella parte. 
Inanze ve partiati da bari, volemo ve intendiate con Azo Vesconte, quale
restarà lo governatore (ll) provedendo che le roche siano ben fornite de munitione
et dando bono ordine al altre cose, recordandovi che ’l sono alcune munitione de
gatalusio che saria da tore et metterle nella rocha perché esendoli cose che se facia-
no per nuy pagandole col tempo siamo certi che ’l ne compiacerà.
Ali lochi de Palo et de Modogno, parendovi, porrete provedere de po(des)tà
de qualche velente homini havimo de bari per farli benevoli et gratificarli.
Item è necessario che a bari se deputi uno thesorero che sia fidato, idoneo et
sufficiente quale habia a rescotere exigere et servare tute l’intrate (mm). et perché là
sono duy nostri citadini et merchadanti milanese, et è dicto che (nn) uno Augustino
da (oo) Cusano, et (pp) guideto suo fratello sariano sufficienti (qq), volemo che insie-
me col dicto governatore vediati (rr) quale de loro fosse più sufficiente. et trovan-
do altro più sufficiente de loro torlo et deputarlo secundo al bisogno, perché qua-
lunche torreti che sia più sufficiente de quelli nostri sarà contento exercire dicto
officio senza salario, per l’honore et beneficio che ’l ne conseguirà. et quando non
trovasi alcuno de li predecti sufficiente al bisogno, non dareti la cura ad uno fin a
Callende zanario che vene, perché quando sareti ritornati da nuy ne mandaremo
uno da le parti de qua, provedendo che quello che sarà constituito thesorero venga
da nuy, perché gli vorremo parlare.
Mettereti castellano in la rocha de bari Cristofaro et Fedrico, fratelli di
Favagrossa da Cremona, nostri provisionati, et in la rocha de Pallo Nicolò da
Foligno, secundo l’ordine preso, et gli dareti li contrasegni et zuramento in le mane
de Sforza come è d’usanza.
Domicio Carbone (ss).
Tu Iri (tt) farai uno quaterneto et metteray in scripto tuti li honori sarano facti
da Parma in là cossì in l’andare come in stare et retornare a casa, et fa che de dì in
dì siamo avisati de tuto et ulterius tenerai tute le instructione et scripture presso
de ti. et recordare et solicitare la expeditione de quanto se contene in esse.
et in la expeditione dele cosse soprascritte operate Antonio da Trezo, et cossì
in la expeditione de la instructione particulare opererà dicto Antonio et anchora
domino Antonio Cincinello, per ché de tuto cum luy ne havemo parlato. 
Cichus
(a) agg. nell’inter. su nostro dep. (b) però … deputati agg. al margine destro
con segno di richiamo. (c) ha havuta et ha agg. al margine destro, segue facta et et
è facta dep. (d) segue et dep. (e) et cossì … domande agg. nell’inter. con segno
di richiamo. (f ) et in caso … de sopra agg. nell’inter. (g) segue et de dep. (h)
segue et cossì agg. nell’inter. e dep. (i) et cussì vuy agg. nell’inter. con segno di richia-
mo. (j) segue volemo dep. (k) et perché è stato … prima siati là etc. agg. nel-
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l’inter e al margine destro. (l) segue A Napoli vuy ve intendereti circa quanto sarà
expediente con li illustri signori Alexandro et col conte Jacomo, et cossì coli signo-
ri boso nostro fratello, s’el sarà a Napoli, et con Petro da Pusterla et con Antonio
da Trezo. et ve consigliareti con loro in quelle cose che parirano a vuy come con
quelli che soo meglio informati de le cose de là dep. (m) segue vuy Filippo et
Sforza l’uno da uno canto et l’altro da l’altro havereti a consegnare dicta hippolita
Maria vostra sorella a la maiestà del re et al duca de Calabria suo mariot dep. (n)
segue segondo l’astrologia dep. (o) segue sono questi dep. (p) segue ve dep. (q)
con el … duca agg. al margine sinistro con segno di richiamo. (r) et de nuy … fra-
telli agg. al margine destro. (s) segue che dep. (t) segue conten dep. (u) agg.
nel’inter. con segno di richiamo. (v) segue fare dep. (w) agg. nell’inter. su nostri
padre et madre dep. (x) et cossì siamo apparechiati … suo marito agg. al margi-
ne destro e sotto. (y) segue et se la maiestà soa è contenta se aspecti a fare dicto
sposamento fin a tanto che Sforza habia XIIII° anni o prima. Avisando la maiestà
soa che dicto Sforza haverà XIIII° anni a dì XVIII delo mese de Auosto proximo
che vene dep. (z) agg. nell’inter. (aa) segue sarano a dì dep.(bb) segue et item
gli presentereti facto el sposamento le cose infrascritte: dui altri diamanti et duy
robini et certe verghete. Item uno fermalio dep. (cc) segue et drapii agg. nell’in-
ter. con segno di richiamo. (dd) segue volemo gli dep. (ee) segue per come sarà
per nuy ordinato dep. (ff ) pregando … lassate agg. al margine sinistro con segno
di richiamo. (gg) segue contagione dep. (hh) segue per dep. (ii) segue de retor-
nare a casa ve gite per mare per la via de zenoa … per casone de corsari dep. (jj)
per la via più secura … se possa agg. al margine sinistro con segno di richiamo. (kk)
nostra filgiola agg. nell’inter. con segno di richiamo. (ll) segue dando bono ordine
… dep. (mm) quale … l’intrate agg. nell’inter. con segno di richiamo. (nn) segue
tra li altri dep. (oo) segue cu- dep. (pp) segue de dep. (qq) sariano sufficien-
ti agg. nell’inter. con segno di richiamo su vedereti che quale sarà più apto et suffi-
ciente dep. (rr) agg. nell’inter. (ss) segue de tute queste instructione cossì de la
presente come de le private volemo quando ve partireti da Napoli ne lassati una
copia ad hippolita Maria duchessa de Calabria per maiore instructione sua dep.
(tt) segue de’ dep. 
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INSTruCTIo eoruM QuI uNA CuM ILLuSTrISSIMA DuCISSA CALAbrIe
ProFeCTI SuNT (a) regeM FerDNANDuM
Pavia, 10 giugno 1465
ASM, SPS, Ippolita, 1479, s. n. Minuta. Sul foglio di guardia: «Papie X iunii 1465». 
Instructio seperata pro particularibus personis
A Firenza debiate (b) recomandare (c) al apto nostro compare (d) Petro de
Cosmo Francesco de Ayello, conductero de la maiestà del re (e), et pregarlo che gli
voglia essere favorevele in la consequutione de alcuni soi crediti.
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Primo vogliamo debiate (f ) recomandare (g) al (h) illustrissimo signore duca de
Modena domino raymondo Anichino circa le soe facende, et se veda de adaptare
el facto suo nel modo ve havemo commisso a bocca, in che farete ogni bona [et]
(i) honesta instantia (j) per che l’haveremo grandissimo piacere, perché è nostro
amicissimo e persona vertuosa et che merita ogni bene.
A Napole rengraciare la maiestà del re che per nostro respecto habia accepta-
to a soi serviti domino (l) Petro Trotto dal Castellatio, et recommendarglielo quan-
to ve piacerà expediente.
Item pregarete (m) la maiestà del re se degni provedere che a madona Isabetha
di Vesconte, olim mogliere de Collella de Napoli nostro conductero, sia satisfacto
de la dote et beni soi palefrenali sopra li beni che forono del dicto Collella, perché
oltra che le cose dotale meritano essere favorite (n) nuy etiam per essere ley de la
casa nostra di Vesconti l’haverano gratissimo. 
Item recommandare ala maiestà soa henrigo, Carlo et Francesco Merdiville
et tuti quelli de casa soa, quali al tempo de la bona memoria de Sforza nostro patre
gli portavano singulare amore et affectione, et cossì sempre hano portato a nuy,
adeo che siamo obligati fare cosa che gli piacia, pregando la maiestà soa che cossì
nel facto loro de eboli come in tute le altre loro facende se degni haverli recom-
mendati et tractarli come convene ala clementia et benignità regale, et come siamo
certi farà per nostro amore.
In le parte del reame se retrova domino Francesco da Foligno cavalero et doc-
tore, parente et cosino del nostro ser Andrea da Foligno, quale domino Francesco
sempre fo nostro et non solamente luy, ma etiandio el patre, avo et tuti quelli de
casa soa. Quando dicto domino Francesco andò a quelle parte el recommendasse-
mo strettamente ala maiestà del re, et gli fecimo tal favore che la maiestà soa non
gli mancharà ancora in l’avenire, deportandosse luy bene come farà.
Nientedemeno a nostra satisfactione volemo de novo lo recommendiati stretta-
mente per nostra parte, nedum ala prefata maiestà del re ma a qualunch’altro sarà
expediente. et etiam dareti carico ad Antonio da Trezo et a quelli remanerano de
là che in ogni caso gli accadesse et in ogni soa facenda el voglino sempre favore-
zarlo presso la maiestà del re, in tal modo che ’l intenda la fede et devotione soa et
di soi verso de nuy esserli zovata.
ben che a domino Antonio Cincinello habiamo dato speciale instructione de
quanto diremo qui de sotto, nientedemeno volemo che vuy ancora per nostra
parte recommendiati strettamente ala maiestà del re Francesco Aciapacia per la
restitutione di soi beni. La casone quale ne move a questo sie che la casa di
Aciapaci sempre fo affectionata a nuy et ala casa nostra, et con la bona memoria
de Sforza nostro patre hebero singulare amicitia et benovolentia, et presertim mon-
signore cardinale de Capoa suo barba, adeo che nuy ne tenemo obligati fare cosa
che gli piacia. La roba gli è tolta, uno fratello gli è morto in presone: se per lo pas-
sato quella casa ha comisso errore aluno ha facto la penitentia, et per l’avenire sara-
no fidelissimi servitori de la maiestà soa; però oltra quello facemo dire dal dicto
domino Antonio, volemo che vuy ancora recommendiati dicto Francesco ala sere-
nità soa et per nostra parte la pregati se degni farli restituire la roba soa, facendo
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in questo facto per tal modo che ’l se satisfatia al nostro desyderio che ne sarà gra-
tissimo.
De Francesco Carazolo recordateve de etc.
De Angelo gatulo da gayeta
De Domicio Carbono.
Perché domino restayno, figliolo del conte Antonio Candola, è debitore de
gabriolo et fratelli di Tanzi, nostri citadini et mercadanti milanese, de CCCC° duca-
ti per certe arme quale gli tolse tri anni passati, facendole condure ala Serra
Capriola con promessa de pagarle, et per robe de botega et fornimento gli tolse al
guasto in l’anno passato contra la voluntà del suo factore, et mai non ha possuto
conseguire el debito, quantunche habia scripto de mano dal dicto domino
restayno. Pur volemo recommendiati ala maiestà del re queso nostro citadino,
supplicandoli che la se degni provedere ala satisfactione soa per quello modo che
sia più presto et più favorevele. Quando dicto scripto fo facto, domino restayno
fece el termino a suo modo contra la voluntà del fratello d’esso gabriolo, siché
bisogna haverli degna consyderatione, maxime che a perdere questi dinari saria
desfactione d’essi fratelli di Tanzi.
Domino zohanne Antonio Candola recommendareti ala maiestà del re, et per
luy fati quella opera che ve parirà opportuna et necessaria perché del facto suo ne
segua qualche bona conclusione, perché grandissimo piacere haveremo che questo
zentilhomi consegua qualche bona gratia et bono effecto per mezanità et opera
nostra, et in qesto non gli machati de opera né diligentia alcuna, perché qualche
bona conclusione et effecto ne segua come dicto che l’havemo molto più caro che
se fosse facto (o) de nuy proprii (p). 
Item volemo recommedati ala maiestà del re Jacomo da Monteagano, pre-
gandola che per nostro amore se degni fare in honore et beneficio d’esso come spe-
ramo in la maiestà soa, et rigratiare la maiestà soa de quanto per nostro rispecto gli
ha facto, che teneremo l’habia facto ala persona nostra propria (q).
el conte de Sancto Angelo volemo recommendiati a la maiestà del re in tute
le soe facende, et cossì domina Clara soa consorte nostra parente, pregando la
maiestà soa se degni provedere non siano molostati da zanoto gentile et da li fra-
telli de quello loco quale la tene etc.
Vuy intendereti per la memoria quale havereti con vuy quello che domanda
el magnifico domino Ludovico Malvozo, perché desyderamo che gli sia compia-
ciuto, sì per respecto de la virtute soe sì etiam per respecto di fratelli che sono di
principali de bologna. et perché quella cità è de tanta importantia al stato nostro
quanto sapeti, volemo lo debiati recommendare strettamente ala maiestà soa et
pregarla che la se degna farli provisione che ’l habia a remanere contento, perché
tuto quello se farà al dicto domino Ludovico per li rispecti alegati reputaremofacto
a nuy stessi: sforzative per ogni modo e con bona tanquam honestate sia esso
domino Ludovico expedito con bono effecto in quel che resti ben contento de la
maiestà del re et de nuy, facendoli sempre grate acoglienze (r).
Domino Francesco Carrazolo sempre è stato bono amico et benivolo de la
bona memoria de Sforza nostro patre et tuto nostro, et ben che sapiamo (s) che l’è
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grato et caro ala maiestà del re, el che ha demonstrato in haverlo deputato ali ser-
vitii de la illustrissima hipolita Maria nostra figliola; nientedemeno volemo lo
recommendiati ala maiestà del re, certificandola che ogni honore et beneficio che
gli farà la maiestà del re ne sarà tanto caro et accepto quanto se ’l fosse facto ala
persona nostra propria.
Vuy trovareti a Napoli Angelo gatulo da gayeta, el quale è antiquissimo
amico de la casa nostra, al quale la maiestà del re ha usato clementia et benignità
grandissima, et molto se ne loda; pur, perché gli restino alcuni beni quali sono pos-
seduti per altri, volemo lo debiati recommendare ala maiestà del re et pregarla per
nostro amore (t) circa la restitutione deli beni soi, se degni farli tale demonstratio-
ne che ’l cognosca l’amicitia nostra esserli giovata.
Volemo apresso recommendiati ala maiestà soa Domicio Carbone, et pregar-
la (u) che in tute le soe facende se degni tractarlo bene et demonstrarli che le recom-
mendatione nostre gle siano zovate.
Anchora volemo che recommendati a la maiestà de re domino Nicolò
branchazo secundo la instructione che da luy ve sarà data.
Anchora volemo che pregati et supplicati alla maiestà del re che se degni have-
re recommendato lo illustre duca de Melfi, secundo che a bocha ve havymo dicto
a compimento, et cossì el magnifico suo fratello conte de Avellino; et se forse ala
maiestà soa (v) gli fosse rimasto nel animo alcuno rancore per le cose passate (w), se
voglia dignare per nostra contemplatione levarlo in tuto via et acceptare dicti fra-
telli per soi boni vassalli et sevitori come desyderano essere et nuy li (x) cognosce-
mo, per quanto come […] de la voluntà del dicto duca (y), benissimo desposti et
devotissimi de soa maiestà; et se forse intendesse volesse essere securo, offeriteli per
securtà el principe de Salerno et conte de Caiaza: se domandasse rocha o forteza (z)
alcuna de quelle del contato, farete ogni possibile instantia cum soa maiestà che
per nostro amore la se degni essere contenta de le securtate offerte. Ma quando pur
perseverasse in proposito et non volesse condescendere ad questo nostro desiderio,
pregaretela che saltem non li voglia innovare cosa alcuna fin che non ne siamo avi-
sati de la difficultà che gli restasse, perché porria essere tale che nuy la traressemo
f[…] stira (aa), et habiati da nuy resposta sopra ciò. et cossì subito per vostre lette-
re (bb) ne avisareti destinctamente del tuto, et de quanto exequireti ne conferirete
cum el prefato illustre duca de Melfi et fratello, et se da essi vi fosse ricordato più
una cosa come un’altra per condure questa cosa al bisogno loro (cc), volemo la facia-
ti et non gli manchati in cosa alcuna dal canto vostro. et tuto ve sforzareti de fare
cum bona gratia de la maiestà del re (dd). 
Cichus
(a) segue ad partes inferis dep. (b) agg. nell’inter. su se dep. (c) -re agg. nel-
l’inter. (d) …to nostro compare agg. nell’inter. con segno di richiamo. (e) segue
per co- dep. (f ) vogliamo debiate agg. nell’inter. su item dep. (g) -re agg. nel-
l’inter. (h) segue prefato signore dep. (i) macchia di inchiostro. (j) segue per
mandarla ad executione lo facto suo dep. (k) perché è nostro … ogni bene agg.
al margine destro con segno di richiamo. (l) d(omino) agg. nell’inter. (m) -te
agg. nell’inter. (n) -i- corr. su -e- e -te agg. nell’inter. su -vele dep. (o) segue nostro
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proprio dep. (p) et in questo … proprii agg. da altra mano con inchiostro diver-
so. (q) et regratiare … propria agg. da altra mano con inchiostro diverso. (r)
perché tuto … acoglienze agg. da altra mano con inchiostro diverso. (s) -o corr. su
lettera illegibile. (t) segue se degni dep. (u) agg. nell’inter. su che la prefata maie-
stà dep. (v) ala maiestà soa agg. nell’inter. (w) per le cose passate agg. al mar-
gine sinistro con segno di richiamo. (x) segue havemo cognosciuti dep. (y) cogno-
scemo … duca agg. al margine destro. (z) nel testo forteza o rocha con le lettere b
e a sovrapposte come segni di inversione … (aa) de la difficultà … f…are agg. nel-
l’inter. e al margine destro con segno di richiamo. (bb) agg. nell’inter. (cc) biso-
gno loro agg. nell’inter. su desiderato fine dep. (dd) anchora volemo che recom-
mendati … la maiestà del re agg. da altra mano con inchiostro diverso. 
7
Cronaca delle cerimonie di accoglienza per Ippolita e Federico d’Aragona 
da parte della Repubblica di Firenze
Firenze, giugno 1465
ASF, Carte di Corredo, registro 61, f. 8v. registrazione. [registro cartaceo di
ff. 46. Sul foglio di guardia: «N. 413. Ceremoniale della repubblica fiorentina, e
memoria de trattamenti e rinfreschi facti dalla medesima, scritto per Francesco
Filarete, araldo della repubblica dall’anno 1450 al 1522, e da Angelo Manfidio
araldo similmente originale. Del senatore Carlo di Tommaso Strozzi. 1670. cc. 1-
21, Cronaca di cerimonie avvenute in Firenze, quali per esempio, passaggio dalla
città di sovrani, arrivi di ambasciatori, cardinali, capi di stato, etc. Dal 1451 mag-
gio 14 al 1492 maggio 20. cc. 22-29, elenco di personalità arrivate a Firenze o pas-
sate dalla città, con indicazione della somma delle spese incontrate dal Comune, nei
festeggiamenti dati in tali occasioni. Dal 1457 novembre 18 al 1476 aprile 13».]. 
Yppolita duchessa. 1465 
e qui delle cose più da notare seguirà Yppolita figluola dello illustrissimo
principe Francesco Sforza duca di Milano et donna del nobilissimo principe
Alfonso duca di Calabria primogenito di Ferdinando re di Sicilia. Mandassi incon-
tra alla nobilissima donna e nuova sposa e duchessa al suo venne assai numero di
cittadini e assai giovani con bella famiglia in loro compagnia e concestori (a) Venne
in sabato a dì 22 di giugno e visitò alla ringhiera e nostro sommo magistrato e
andò a sua posata a casa e’ Medici; era con seco in compagnia don Federigo suo
congnato e dui suoi fratelli e da trenta nobili done e molti altri principi e signori
e lombardi e del regno più che 300 cavagli. Trovossi qui per la festa de Sancto
Johanni che fu e llunedì seguente fulle facto grandissimo honore e partì a dì 27
detto mese. Fu la spesa di questa honoranza fiorini 32995.4.6 (b). 
Don Federigo 
non ho ffatto menzione in prima della venuta di don Federigo perché quan-
do partì da Napoli, per andare per la nuova sposa del fratello, ivi a pochi dì di sua
mossa morì la reina madre e per ché a ccamino e alla venuta sua sendo in abito di
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corrocto non si fece alcuna pompa; a sua venuta fu ricevuto a Sancta Maria
Novella, niente di meno montò la spesa a dì 17 di aprile fiorini 15273.
(a) e concestori aggiunto al margine sinistro con segno di richiamo. (b) primo 9 corr. su 6. 
8
INSTruCTIo MAgNIFICo DoMINo TrISTANo SForTIe VICeCoMITI, FILIo ILLu-
STrISSIMI DoMINI DuCIS MeDIoLANI eTC., De IIS Que regIe MAIeSTATIS NoMINe
reFerre DICTo DoMINo DuCI.
Napoli, 11 agosto 1465
bNF, Italien, 1591, 121-125. originale. grafia di Antonello Petrucci.
Sottoscrizione autografa. Sul verso si legge il soprascritto «Instructio magnifico
domino Tristano Sfortie Vicecomiti filio illustrissimi domini ducis Mediolani etc.
de iis que sunt dicto domino duci. Maiestatis nomine referenda».
Magnifico messer Tristano. havendome lo illustrissimo signor duca nostro
comune patre mandato ad nuy con commissione de instare,requedere et suppli-
carte per la liberatione del conte Jacobo, et essendo sequito el caso de la morte de
quillo prima la vostra venuta, de la quale, como havimo scripto et dicto, ne dolse
et dole grandemente, non per lo male de quillo, chi non ne haveria possuto have-
re mai tanto che multo qui non ne meritasse, ma per ché per sua propria confes-
sione pubblicamente havissemo possuto tanto più iustificare la causa nostra et fare-
li patere etiam publicamente la pena digna de le soe opere. Ne requidisteno de
volere videre lo corpo de ipso conte Jacobo, el che per satisfactione vostra et del
dicto signore duca fecimo et perciò è cessata la facultà de satisfare a la instantia et
requesta de la sua signoria circa la dicta liberatione, et fo per nui scripto ad quella
et factoli intendere multe de le ragione et cagione ne indussero ad devere proce-
dere a la dicta detentione, sencza volerene nen posserene consultare con sua signo-
ria, che sa Dio non fo si non per salvetia del stato nostro et per la quiete de tucta
Italia, la quale, vivendo lo conte Jacobo, era impossibile fosse se non per tornare
in tribulatione et affanni, como non desiderasse altro che guerre, con le quale spe-
rava devere consequire quello desiderava et satisfare al suo insaciabile appetito et
etiam per bene de la nostra sancta fede, la quale se intende multo bene in quanto
periculo versava si in questo tempo fusse sequita qualcuna novità o guerra in Italia,
essendo le cose del Turco lo essere che sono.
et a benché speramo et confidamo che la excellentia del signor duca, intesa
dicta nostra lettera et viste le nostre iustificatione, restarà con l’animo quieto et
reposato, parendoli essere satisfacto al suo et nostro honore, como fin qui se è assai
inteso per la sanctità de nostro signore, per la comunità de Sena, per quella de
Fiorencza et per tucte le altre, ad noticia de le quale so’ venute dicte nostre iustifi-
catione, et persuademone sua signoria habbia ordinato che la illustrissima duches-
sa de Calabria nostra comune figliola, tornata indereto per questa causa, essendo
presertim cessata la principale cagione per ché sua signoria se mosse ad farla torna-
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re, cioè per obtenere la dicta liberatione del conte Jacobo, venga qua ad sua casa et
marito, como omne ragione et honestà requede. Niente de meno, parendone che
da poi sentio la morte del conte Jacobo, la habbia facto suprastare più che la hone-
stà et bisogno de l’uno et de l’altro requide, et dubitando etiam de più longa dimo-
ra, de la quale non videmo possa nascere alcuno bono fructo ma più tosto scanda-
lo, havimo deliberato darene carico confidentemente, como farriamo ad uno de
nostri figlioli, de referire al dicto signor duca alcune cose per nostra parte, le quale,
volendole la signoria sua intendere con quella directura et sincerità de animo che se
dicono, non dubitamo produceranno bon fructo ad l’una parte et l’altra.
Nui, per fareli intendere et possere monstrare ad omne homo la urgente causa
ne mosse ad detener lo conte Jacobo, mandamo de presente al dicto signore duca
la lettera originale che’l conte Jacobo scrivea al conte de Iscla, de la quale mandai-
mo copia con la dicta nostra lettera: per quella sua signoria porrà comprendere l’a-
nimo del dicto conte Jacobo quale era verso nui.
Mandamo etiam la depositione facta per Loise, cancellere del dicto conte
Jacobo, per la quale intenderà la signoria sua lo studio et desiderio del conte Jacobo
al bene et pace de Italia. 
havimo ancora ordinato che venne portate copia de la dicta nostra lettera
contenente le dicte nostre iustificatione per la captura del dicto conte, le quale,
como havete visto, so’ de tal natura che se devino extimare non solum iuste ma
necessarie a moverene ala dicta detentione.
Tucte le predicte cose volimo communicate con lo illustrissimo signore duca
et con tucti quilli sua signoria volerà et, havendo quella ordinato lo venire de la
dicta duchessa ad suo marito, como speramo, non bisognarà fare altro; quando
però non lo havesse cussì ordinato, a benché l’altro dì li scrivessimo una lettera de
la quale ne donamo copia, et per quella intenderà con omne honestà la nostra mala
contenteza de questa cosa, la quale ad nui è incomportabile, ut pregamo li dicate
da nostra parte le cose infrascripte.
Che lo nostro amore et obedientia verso la signoria sua è tale che quella non
porria dire nen fare cosa, per evidente che fusse, contraria ad nui che non credes-
simo fusse a bon fine per lo nostro stato, sì per la sua infinita prudentia et sapien-
tia, sì per li continui faticosi affanni passati per nuy, sì etiam per lo amore et affec-
tione nuy li portamo et per la sua naturale bontà. Niente de meno parlando con
quella reverentia parlariamo de la bona memoria del signor re nostro patre, ne pare
essere non necessaria nen conveniente questa tanta demonstratione de despiacere
pigliato per la captura del conte Jacobo, havendo nui scripto haverelo pigliato per
iusta cagione et necessità de nostro stato, che parlando con sua reverentia non
devea crederne lo contrario. et per ché li piacque ad satisfactione de sua voluntà,
non però che fusse iusto nen conveniente fare suprasedere et tornare indereto la
duchessa, non contenti ma piacenti restaimo, sperando mediante la prudentia de
sua signoria et quilli primi moti et dolore presto deverenose sfocare et la duchessa
non devere tanto suprastare sencza sequirene utilità nen honore ad sua signoria,
ma più presto ad nui grande carrico et ad sua excellentia non poco biasemo.
Per ché quale ragione volea che, essendo facta la celebratione de lo sposare
solennemente per don Federico, fratello et procuratore del illustre duca de
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Calabria, nostro figlio primogenito, et assignata la dicta duchessa ad quillo in
nome del dicto duca de Calabria et conducendola qui llui ad nostre spese et con
nostro ordine al marito, che per lo dicto caso del conte Jacobo né altro qualunca,
lo signore duca ha facta tornare la duchessa? Ma che la signoria sua non have
voluntà fare sequire dicto matrimonio per essere succese le novità de Francza, in la
forma che so, et che questa ordinacione de suprastare et tornare indereto serria
facta per omne modo, etiam che’l conte Jacobo non fusse stato per nui detenuto,
per aspectare lo exito de quelle cose de Francza et secundo quillo declinare ad l’una
parte o ad l’altra, et tanto più havendo li angioini facto pregare et scrivere al signor
duca che suprasedesse quisto anno in mandare la duchessa a marito, et havendo
etiam lo cardinale de Avignone, poi la passata de roma de don Frederico, dicto ad
più persone “Quillo se ne tornaria sencza la duchessa”, et veramente nui non pos-
simo persuaderene sia alcuno de dicti respecti, recordandonce de le grandissime
offerte non una fiata facte ad sua signoria al tempo che li angioini erano in quisto
regno in grandissimo favore et nui in extremità, ma solum per lo dolore have del
caso del conte Jacobo per li respecti ha scripti sua signoria. Tamen non possimo
fare che cordialmente non ce ne dogliamo per vedere et intendere nui, et etiam
omne persona de intellecto, lo gran mancamento de reputacione ne seque ala
nostra fama, per direse quanto più suprasta la duchessa più cose in detrimento del
honore de l’uno et de l’altro, che già multi dicono non essere verisimile si lo signor
duca et nuy non ce intendissimo insieme, nui tolerassimo la iniuria n’è facta con
tanta paciencia, el che farimo sempre in omne cosa possibile che da sua signoria se
ordenerà.
Dolene etiam per li grandi nocumenti ne sequitao a nui et tucte nostre cose,
ultra la spesa incomportabile n’è occorsa et occorre, la quale aliquo pace non por-
riamo più durare et dolence per desconciarence omne nostro designo et ordine
haveamo determinato, per ché, facta la festa, era nostra intentione celebrare parla-
mento generale ad tucto lo regno et ordenare omne intrate, le quale fin alpresen-
te son state confuse per li multi privilegii et gratie n’è bisogno fare in questa guer-
ra, che non ce possimo valere se non de poca cosa de le intrate nostre. et per ciò
ce bisognia omnino celebrare lo dicto parlamento et in quilo ordinare le nostre
intrate con consentimento de tucto lo regno, acciò che possamo fare extima de
quello serà ordinato et concluso deveremo havere, che fin al presente non porria-
mo affirmare de alcuna cosa certa, et, como havimo per dicta ultima lettera scrip-
to a la signoria sua per la superstata de la duchessa, non so’ venuti tucti quilli erano
invitati ale nocze et chiamati al parlamento, non etiam aspectare le altre nostre
cose per quiete del regno, non dare l’ordine se convene ad nuy per la administra-
tione de la iusticia, la quale fin al presente non s’è possuta administrare con quil-
lo ordine se deve et è nostro desiderio et debito. Non volimo dire li periculi et
scandali so’ per possere sequire quando più se donasse dilatatione ad questa mate-
ria, che, como li serà stato scripto per messer Antonio de Treczo, tucta la provin-
tia de Abruczo sta sullevata et dicesse publicamente tra la signoria del duca et nuy
essere non amicitia ma odio et presto deverimo essere in guerra, et già questa fama
se sparge per lo regno. et essendo le nostre cose ancora tenere et non essendo omne
homo contento, non è che non ce dare assay mala condicione et omne dì serrà per
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darene la peiore, et presertim non venendo subito la dicta duchessa et tornando-
sende don Frederico con li altri nostri, como bisognarà senne torneno sì presta-
mente, lo signor duca non haverà ordinato che la duchessa vegna ad lo marito, et
perciò ne piace multo et volimo andare con la nostra armata, perché speramo
nostro signore Dio ne concederà felice et presto viagio. et quando serrite ala pre-
sentia del signore duca, da poi de la recommendatione debita, drerite ad sua signo-
ria le cose predicte et la supplicarite voglia scrivere volando parteno incontinente
la duchessa con don Frederico, si primo non lo haverà ordinato, che ne serà duris-
simo et molestissimo per li predicti et assay altri et digni respecti non necessari
referirli, che altramente ve certificamo nui per non possere più con gravissimo
dolore et excessiva molestia et maiore che mai sentissemo, ordinarimo che don
Frederico senne torne che pensate quanto sia ad proposito dele cose del signor
duca et nostre, como ve havemo facto toccare con le mano.
Nui haveriamo assai disposta materia ad più dire supra ciò per farene intende-
re lo bisogno de l’uno et de l’altro, et che non mandando la duchessa subito non è
per sequirene alcuno bon fructo, ma havendono cussì diffusamente communicato
con vuy et essendo vuy de quella prudentia che site et cussì amatore del stato del
signore duca et nostro, non ne pare necessario allargarence più, però remettimo
quello più bisognasse ala prudentia vostra, che satisfarà ad tucto quello nuy haves-
semo mancato. Datae in Castello nostro Novo Neapolis die XI augusti MCCCCLXV.
Indictione VIII°. Dominus rex mandato mihi Antonello de Petrutiis.
9
Ippolita a bianca Maria
Siena, 13 agosto 1465
Sforzesco, Napoli, 215, 82-83. Copia eseguita dalla cancelleria sforzesca. In
alto al centro l’intestazione: «Copia litterarum illustrissime ducisse Calabrie ad
illustrissimam ducissam Mediolani genitricem suam». Segue la copia di una lette-
ra inviata da Ferrante a Ippolita il 5 agosto; l’intestazione che precede la lettera del
re è: «Copia litterarum serenissimi regis Ferdinandi ad illustrissimam ducissam
Calabrie».
heri misser raynaldo de lo Duce mi vene (a) ad visitare da parte del signore
don Federico et me disse da parte de soa signoria che ’l signore re gli haveva scrip-
to che mi presentasse una lettera de soa maiestà scripta de soa propria mano, ma
per che ’l camino è un pocho troppo longho, mandò esso miser raynaldo. La
quale è tanto gratiosa et digna che m’è parso mandarla ad vostra signoria, et se
parirà ad quella la potrà monstrare al signore. Me ricommando sempre a vostra
illustrissima signoria. ex Sieno XIII augusti 1465. Prego vostra signoria se ’l ni pare
me la rimandi.
Duchessa figlia. Non ve porria scrivere quanta molestia habia havuto del
dispiacere haveti preso per lo soprasedimento de vostra venuta, secundo ho inteso
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per don Federico mio figlio et vostro fratello, per lo conte de Cayaza et per tutti li
altri mei, et Dio sa, io non poria fare cosa più me rincrescesse che quando alcune
de le mie facende non satisfacessero all’animo del duca vostro et mio patre, per ché
già doveti sapere quanto tempo è che, essendo morto la bona memoria del signor
re mio patre, messi luy in quello medesmo loco et cossì lo servarò mentre la vita
me dure. et se de li facti del conte Jacomo se ne havesse possuto fare de meno per
lo stato mio non sariano venute le cose dove sonno, ma havendo trovate tante cap-
tivitate de esso conte et tanta mala intentione contra di me et lo stato mio, me è
stato forza provederli, acciò ad uno tratto non havesse ricevuto damno insuporta-
bile et anche grandissima vergogna et manchamento per havere tochato cum le
mane tante altre cose passate che sonno notorie ad tutto el mondo; et se per alcu-
ni fosse pigliato a male che de una tanta novitate io non havesse communicato
cum lo nostro patre lo duca, questo fo facto ad bon fine, per ché, cognoscendo io
la natura del duca essere de quella directura et bontà, quale era certissima, non se
li haveria mai possuto persuadere la mala intentione del (b) conte Jacobo, la quale
per processo et depositione de li soi medesimi et lettere proprie soe claramente se
demonstrarà. Me delibera, vedento (c) un tanto periculo, mettere più tosto la per-
sona mia, lo stato et li figlioli in potere et voluntà del duca che de uno tyranno de
mala natura come era quello. Per la quale cosa, essendo io de presente vero signo-
re et re de questo reame, et havendo io gran tempo fa (d) deliberato de la persona
mia et de tuto questo stato non se ne havere ad fare altro se non quanto sia lo biso-
gno del duca et de tutti soi figlioli, non haverà facto pocho aquisto de servo ch’io
era haverme libero, facendone certissima che non meno sarò io de niuna altra
voluntà et piacere del ducha nostro patre che lo conte galeazo, né niuno altro suo
figliolo lo più obediente che habia. una sola cosa è ad me rincressuta in questo
facto: la morte del conte Jacomo cossì desastrosa, per ché, come per infinite vie se
provano li soi perversi studii et machinatione, cossì anche per soa bocha fosse
publicamente dicto. Pregovi quanto so et posso per mio amore non pigliati nulla
malinchonia, per che cum lo adiuto de Dio la mia deliberatione è in loco vostro
non havere altra figliola che vuy et cossì sarà; et son certo che, havendo visto lo
duca una bona parte de le cagione et ragione me indussero ad detenire lo conte
Jacomo, darà modo venga ad fine quello che tuti desideramo, et vuy sarite subito
qua dove, essendo per le guerre passate pigliate dele fatiche et affani assai, cum la
vostra felice venuta, de la quale già havemo cominzato ad sentirne fructo de la
pigliata de Iscla et del Castello del’ovo, attenderemo ad darne festa, piacere et bon
tempo, et recuperare lo perduto. una sola cosa ve voglio ricordare, che in questa
delectatione non li dovessero intervenire alcuni fossero horamay de tempo, et chi
sarano questi de quelli di qua, io et don Ferrando de guivara ve ne darimo bona
informatione, de quelli havete in vostra compagnia ne lassaremo iudicare a vuy.
Non vi voglio più fastidire de longa scriptura se non che un’altra volta vi prego,
per quanto amore portate ad chi più amate in questo mondo, che uno minimo
pensiero non vi donate né malinconia, per ché tutte le cose verrano al vostro modo
et come vuy desiderati, et anchora che io non dubito del soprascripto. Me pariria
ne doveste scrivere anchora, che so lo havetefacto altra volta, al ducha et alla
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duchessa mia matre che ve debiano subito levarvi de tanti periculi de moria et
infectione, et lassarvi venire a casa vostra dove, se non (d) sareti veduta in quello
modo che vuy meritassevo, serite pur quanto al mondo se pò pensare et dire, et
cum tanto amore et affectione quanto porria essere al mondo. Scripta de mia pro-
pria mano in lo Castello Novo de Napoli a V del mese d’augusto. Salutatemi assai
li fratelli. rex Ferdinandus.
(a) agg. nell’inter. su man- dep. (b) segue duca dep. (c) sic. (d) precede s- prin-
cipiato e non dep. (e) segue fo- dep. 
10
Antonio da Trezzo a Francesco Sforza
Napoli, 16 settembre 1465
bNF, Italien, 1591, 154. originale autografa. In ASM, Sforzesco, Napoli, 215,
143-144, esiste una copia della versione circolare che Francesco Sforza inviò a
diversi Stati italiani e che è stata edita da Lisini 1898, 33-35. 
Illustrissimo signore mio. Per le mie de dì XIII del presente fo avisata la illu-
strissima signoria vostra del giungere de la illustrissima madona duchessa de
Calabria vostra figliola ad Aversa, et come la signoria sua a le XIIII° che fu sabbato
passato doveva intrare in Napoli etc. Mo’ aviso vostra excellentia come al dicto dì
sabbato la illustrissima madama elionora cum circa LXXXX° done partete de qua ali
XII hore et andò ad incontrarla ad Aversa, accompagnata da molti signori et zen-
tilhomi; giunssero qua circa le XXI hora et intrarono per la porta del Carmeno, alias
del Mercato, honorata de baldechino, licet havesse scripto che non intraria cum
baldechino per non acostumarse de fare dove se trova la persona del re. Sotto el
baldechino intrarono la maiestà del re et lo reverendissimo cardinale de ravenna
et la prefata vostra figliola in mezo che pareva una dea, et cavalcarono per tuti li
seggi de Napoli intervenendoli tuti ambassatori et signori, secundo l’ordine anno-
tato in la cedula inclusa, et andarono nel castello de Capuana dove essa madona
stete quella nocte. La matina sequente, ciò è heri, la maiestà prefata cum tuta la
corte et ambassatori venne ad dicto castello de Capuana et a pede acompagnò la
prefata madama vostra figliola alla chiesa Archiepiscopale in habito regale, cioè
cum la corona in testa, che certamente ad altri né ad me parse mai vedere la più
digna et ornata madona, la quale tanto ha satisfacto ad la oppinione de tuti che
meglio non se poria dire. Alla porta de la chiesa se fermarono la prefata maiestà del
re, el duca, duchessa et ogniuno et quivi, venuto lo reverendissimo cardinale, fece
certa cerimonia assueta de farse qua in benedicere lo anello de la fede et poi cum
esso el prefato duca la sposò et basola alegramente et, facto questo, intrarono in la
chiesa et, posto ogniuno cum ordine a sedere denante l’altare grande, el prefato
cardinale cantò la messa stando li prefati consorti cum una torgia benedicta in
mano al basso de lo altare finché fo fornita la messa. Ma, dicto el Pater Noster, fo
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portato el baldechino et posto sopra li sposi finché per el prefato cardinale furono
sopra loro dicte alcune oratione secondo l’ordine de la Chiesa. el baldechino se
teneva, cioè li bastoni, per li signori infrascripti: cioè da l’una banda alla dextra lo
principe de Salerno, lo conte camerlingo, lo conte de Nolla et lo conte de
Sanct’Angello, da l’altra cioè da la sinistra c’erano lo signor conte de Fundi, lo gran
siniscalco, lo conte orso como conte de Tagliacozzo et lo signor Matheo de Capua.
Poi finita la messa se lexe una bolla papale venuta alhora, de la quale mando la
copia alligata, et per mano del prefato reverendissimo cardinale furono donati certi
Agnus Dei bene ornati d’oro et perle alli prefati vostri genero et figliola per parte
de la sanctità de nostro signore, due pace63 ornatissime, uno fermaglio de certi dia-
manti de pretio de circa mille ducati, et alcun’altre cose zentile più che de precio.
Poi se andò ad castello de Capuana come de prima, et disnato che se hebbe la
maiestà del re, che haveva disnato in Castellonovo, venne ad Capuana et fece mon-
tare a cavallo la prefata vostra figliola cum la corona in testa et cavalcarono per tuti
li Seggi et andarono ad Castellonovo, che era hora assai tarda, dove se ballò finché
se andò a tavolla che erano più de due hore et meza de nocte. Andarono poi, quan-
do fo l’hora ordinata, a lecto; quello che habiano facto insieme li prefati illustris-
simi consorti non lo so ché non ce so’ stato presente, ma ben ve dico, illustrissimo
signore mio, che ogniuno de loro questa matina so’ comparse polliti, belli, alegri
et de bona voglia et talle che non se po’ indicare altramente se non che l’uno sia
ben ben contento de l’altro. La maiestà del re me dice ch’el non se poria trovare
più contento de nora come fa de questa, per li honesti et alegri suoi gesti et depor-
tamenti. De la venuta sua qua s’è facta alegreza et festa de falledii, et tuti li vostri
servitori se doglieno che non ve sia possibile ritrovarne qua insieme cum la illu-
strissima mia madona vostra consorte ad vedere cum quanta alegreza è stata vedu-
ta questa vostra figliola. Questa matina el signor re ha mangiato al tribunale appa-
richiato per la festa, et ha convitato lo cardinale et in quel’hora intendo che li
ambassatori et comunità fanno li doni loro, li quali non ho veduti altramente per-
ché ne ritrovo in casa per expedire queste lettere, per le quale ho voluto succinta-
mente avisare vostra signoria de quello è seguito, remetendone il scrivere de que-
sti altri vostri che ne scrivono più difusamente. Alla vostra excellentia me reco-
mando et conforto ad stare de bona voglia de questa sua figliola. Neapolis XVI sep-
tembris 1465.
Celsitudinis vestre servus Antonius de Tricio.
FoNTI MANoSCrITTe
ASF Archivio di Stato di Firenze
— Carte di Corredo — Carte di Corredo 
— Signori — Signori. Legazioni e Commissarie, elezioni,
istruzioni, lettere 
ASM Archivio di Stato di Milano
— Sforzesco, Napoli — Fondo Sforzesco, Potenze Estere, cartelle
63 “patena”.
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Napoli
— Sforzesco, Ippolita — Fondo Sforzesco, Potenze Sovrane, cartella
Ippolita
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